Senato, subito la riforma in Aula

Il Corriere della sera: “‘Sul Senato non ci sono rischi’. Boschi: abbiamo i voti, con la riforma più flessibilità Ue. Grasso? Regole chiare”. “Oggi la legge va in Aula. Scontro con l’opposizione. Padoan: via la Tasi anche per chi è in affitto”.
In alto una intervista al governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco: “Più Europa, i Paesi superino le differenze”.
A centro pagina: “Isis, Putin cerca l’asse con Obama”. “I leader si vedranno all’Onu”.
La grande foto è per gli immigrati al confine ungherese: “L’Ungheria usa la forza, lacrimogeni sui migranti”.

La Repubblica: “Niente intesa, oggi in aula sfida sul Senato”, “La Lega: via 500mila emendamenti”. “Ma Renzi gela le opposizioni: ‘Nessun rinvio in commissione’”.
In prima una foto di profughi a Rozske, attaccati dalla polizia ungherese: “Ungheria, gas e idranti contro i profughi. Fuga in Croazia, allarme per le mine”.
A centro pagina: “La mappa degli sprechi di Stato, la stampante costa il 70% in più”.
In evidenza anche il richiamo all’inchiesta di Carlo Verdelli: “Milano, se la destra è senza candidato”.
Sulla colonna a destra, la “copertina” dell’inserto R2: “La scienza non è donna (per colpa dei maschi)”, “Nel mondo della ricerca il 97% dei premi Nobel assegnato agli uomini”, di Anais Ginori.
E un intervento di Enzo Bianchi: “Il Papa riscatta Eva la tentatrice”.

La Stampa: “Riforme, Renzi sfida tutti gli oppositori. Legge subito in aula”, “Il premier: se Grasso riapre i giochi abolisco il Senato e ci faccio un museo”.
Sulla crisi dei profughi, con foto di respingimenti da parte dei poliziotti ungheresi: “Ungheria, gas contro i profughi. Intesa Italia-Austria: l’Ue ci aiuti”, “Centinaia di feriti al confine con la Serbia. La Croazia apre un corridoio”.
Attenzione in prima anche per le scelte del governo su fisco ed esercizi commerciali: “Fisco e negozi, così rischiamo la retromarcia” (di Stefano Lepri) e “Le chiusure che piacciono a tutti i partiti”, “Consenso trasversale sulle domeniche di fermo obbligatorio” (con i servizi di Paolo Baroni e Stefano Rizzato).

Il Fatto, con foto di Matteo Renzi: “Il Parlamento sono io”, “Renzi se ne frega di Grasso e delle opposizioni: nuovo Senato in aula oggi”, “Nessun accordo in commissione sulla riforma della Costituzione. Il premier ha fretta e forza i tempi, portando il testo subito al voto finale. Pressing syl presidente dell’Assemblea perché non ammetta gli emendamenti sull’elezione dei senatori. Le minoranze insorgono: ‘Violata la Carta’”.
“Presidente, fermi lo scempio”, è il titolo di un appello al capo dello Stato firmato da Sandra Bonsanti, presidente di ‘Libertà e Giustizia’, affinché non consenta “lo scempio della Costituzione a colpi di forzature e minacce al Parlamento”.
A centro pagina, l’inchiesta Mafia Capitale e le dichiarazioni nel verbale dell’interrogatorio di Luca Odevaine: “Ncd, un partito costruito su Mineo. ‘Do ut des tra Lupi e Pizzarotti’”, “L’ex capo segreteria di Veltroni racconta di un accordo tacito tra il costruttore proprietario della struttura siciliana e l’ex ministro delle Infrastrutture. In cambio dello sblocco dei cantieri, l’imprenditore avrebbe dovuto condividere con la coop La Cascina (vicina a Cl) gli edifici del Cara per far partire il business”.

Il Giornale: “Immigrati, la proposta. Noi prendiamo i cristiani. Se la Merkel apre le porte solo ai siriani, che le nostre quote siano di cattolici”. E poi: “Squinzi al governo: pensate prima agli italiani”.
A centro pagina: “Renzi compra i senatori e va alla conta. La maggioranza si è ristretta e il premier fa campagna acquisti regalando poltrone”.
A fondo pagina: “Adesso il Papa cancella Eva: la donna non è tentatrice. Revisionismo biblico”.

Il Sole 24 ore: “La Fed decide sui tassi. Salgono Borse e petrolio”. “Balzo di Milano, Shangai e greggio”.
Di spalla: “Senato, Renzi incassa 173 voti: la riforma approda in Aula. Pressione su Grasso, Direzione Pd”.
A centro pagina le parole di ieri di Padoan: “Via la Tasi anche per gli inquilini”. “Sui conti stiamo cercando di ottenere nuovi margini dalla Ue”. E poi: “Si valuta anche una nuova salvaguardia per gli esodati, ma nessun intervento strutturale sulle pensioni”:
In alto: “Scontri in Ungheria, profughi verso la Croazia”.

Riforme

Sul Corriere viene intervistata la ministra Maria Elena Boschi. Perché la riforma deve essere votata entro il 15 dal Senato? “Perché poi dobbiamo presentare la legge di Stabilità” e poi “l’Europa ci riconosce spazi finanziari di flessibilità se in cambio facciamo le riforme”. Sui numeri: “Tutte le volte ci dite che non abbiamo i numeri ma alla fine le riforme passano sempre”. Sulla decisione che dovrà prendere Grasso sulla ammissibilità degli emendamenti all’articolo 2 spiega che Finocchiaro “ci ha già dato l’interpretazione secondo cui non si pu rimettere in discussione la doppia lettura conforme”, “se Camera e Senato hanno già votato un testo nessuno può rimetterlo in discussione”, “è la tesi della Finocchiaro, dei costituzionalisti, della consuetudine”, e “se lo superi vale per tutti gli altri articoli e vorrebbe dire riaprire tutto il provvedimento”. DOmanda: “Il presidente del Senato ha fatto filtrare un certo fastidio per le decisioni del governo”. Risposta: “Se il presidente del Senato ha qualcosa da dire lo dice, non lo fa filtrare. Questa è la Costituzione, non una fiction”.
E’ vero che, se la situazione precipita, avete pronto un ddl con un solo articolo che abolisce il Senato? “No. Ma se si apre il principio della doppia conforme è chiaro che tutto può essere messo in discussione”. Tutti i voti sono buoni, anche quelli di Tosi, Verdini, Berlusconi? “Sì. Se chi le ha votate le rivotasse la riforma avrebbe più valore”, ma in ogni caso poi saranno i cittadini a decidere con il referendum. Sui dissidenti del Pd confida che qualcuno voterà la riforma, ed esclude scissioni.
La Stampa, pagina 2: “Il governo vince il primo round. La riforma va subito in Aula”, “Le opposizioni avevano provato a ritirare gli emendamenti. Proposta rifiutata. Forza Italia si appella al Quirinale. Ottimismo a Palazzo Chigi sui numeri”.
La Repubblica, pagina 2: “Il Senato accelera, la riforma oggi in aula, opposizioni in rivolta”, “Via gli emendamenti, la minoranza Pd: battaglia sull’articolo 2. Zanda: 77 voti di scarto. E Renzi convoca la direzione dem”. Il resoconto della giornata di ieri di Silvio Buzzanca spiega che l’aula del Senato inizierà oggi a discutere della riforma costituzionale: lo ha deciso a maggioranza la conferenza dei presidenti dei gruppi parlamentari e lo ha ratificato l’aula di Palazzo Madama nella serata di ieri con 173 voti a favore. Hanno votato sì anche i senatori della minoranza democratica, che considerano la scelta solo “’un fatto procedurale’”. Ma nella sostanza intendono continuare a dare battaglia: “voteremo li emendamenti presentati e quelli che presenteremo”, ha spiegato il senatore Pd Miguel Gotor. Minaccia estrema, che però Pierluigi Bersani smorza: “Nessuno vuol fare cadere il governo, ma bisognerebbe lasciare un po’ di margini sui grandi temi al Parlamento”. Il capogruppo Pd al Senato Luigi Zanda sottolinea: “Tutte le dieci votazioni sul calendario (molti senatori di vari schieramenti hanno tentato di far inserire altri temi e priorità nel calendario lavori, ndr.) si sono concluse con una differenza di 74, 77 se si contano le astensioni, un segnale contro l’astensionismo”. A Palazzo Chigi, scrive Buzzanca, sono convinti di avere i numeri per fare passare il testo del ministro Boschi. Sono state rese vane le mosse delle opposizioni, che cercavano di mantenere il testo in Commissione Affari costituzionali: il leghista Roberto Calderoli, infatti, aveva annunciato il ritiro dei suoi 500 mila emendamenti, subito seguito da Forza Italia e Sel. E anche i grillini si erano detti disponibili ad ammorbidire la loro posizione. Ma la Boschi ha fatto notare che anche così restavano 3mila emendamenti. Dunque, meglio andare in aula, anche se ci si arriva senza relatore. Governo e maggioranza hanno anche respinto la proposta di Calderoli e delle minoranze di creare un “comitato ristretto” per mettere a punto un testo condiviso: Anna Finocchiaro, presidente Pd della Commissione Affari costituzionali del Senato, non ha neanche messo in votazione la proposta.
La Stampa intervista lo stesso Calderoli, che dice: “Ho offerto una mediazione. Ma adesso preparo gli effetti speciali”. Senatore, che fine hanno fatto i suoi 500 mila emendamenti? “Ho fatto un gesto di grande apertura nei confronti della maggioranza. Avevo chiesto l’istituzione di un comitato ristretto e in cambio ho ritirato i miei emendamenti. Non l’hanno voluto? Ben, si aspettino il peggio”. Marco Bresolin, che lo intervista, chiede anche delle accuse di “inciucio” che sono circolate ieri, quando il Senato ha concesso l’autorizzazione a processarlo per diffamazione nei confronti dell’ex ministro Kyenge (le aveva dato dell’orango) ma ha respinto quella per il reato di istigazione all’odio razziale, dopo che alcuni senatori dem avevano tentato peraltro di rinviare i voto. Calderoli: “Ma stiamo scherzando? Mercoledì scadono i termini per presentare gli emendamenti in Aula. Arriverà una bella sorpresina”. Altri emendamenti? “Ho preparato gli effetti speciali” (segnaliamo peraltro l’intervista alla stessa Cécile Kyenge su La Repubblica: “Tradita dal Pd, non so se resto”, “Scambio con le riforme? Non devo indagare io”, “I miei colleghi dem non si rendono conto del messaggio che hanno trasmesso ai giovani”).
Il Giornale: “Emendamenti: Calderoli prepara la trappola. Il leghista ne lascia solo dieci, poi minaccia: ne arriveranno milioni”.
Su La Repubblica il “retroscena” di Goffredo De Marchis: “Il premier: ‘Ho i numeri ma voglio portare tutto il partito con me’. I ribelli: è lo showdown”.
A pagina 4, ancora su La Repubblica, un’intervista a Gianni Cuperlo, leader della minoranza Pd: “Un’intesa è possibile, non vogliamo la crisi, tocca al macchinista evitare di deragliare”, “No lavoriamo per avere posti in un Renzi bis. Ma una rottura indebolisce il partito e la stessa riforma”.
Su La Stampa, il “retroscena” di Carlo Bertini: “La minaccia di Renzi: ‘Abolisco il Senato e ci faccio un museo’”, “Il premier attende Grasso e prepara le contromosse: l’alternativa è l’elezione diretta in collegi uninominali”. E si riferisce così il pensiero del premier a proposito del presidente del Senato Pietro Grasso: “Se Grasso riapre le votazioni su tutto l’articolo due, allora si rimette tutto in gioco e ogni modifica è possibile, pure quella di abolire il Senato del tutto, come chiedono in molti”. E Bertini sottolinea che “non è solo una battuta”: tanto per cominciare, se Grasso dovesse smentire la decisione della Finocchiaro, presidente della Commissione Affari costituzionali, di dichiarare inammissibili tutti gli emendamenti, se dunque rompesse quello che Renzi definisce “il principio intoccabile della doppia lettura conforme” (che c’è stata tanto alla Camera che al Senato), come conseguenza ci sarebbero le dimissioni della stessa Finocchiaro.
Su La Repubblica, pagina 3: “Grasso arbitro per forza: ‘La politica si è ritirata, sarò giudice d’appello”. Francesco Bei scrive che “i renziani lo chiamano ‘la sfinge’ e sapettano di capire se blinderà l’articolo 2 sull’elezione dei senatori o consentirà le modifiche, come chiesto dalla sinistra dem e dalle opposizioni”, “Senza un’intesa, osservano i collaboratori del presidente, l’aula rischia di diventare una corrida, specie sui voti segreti. E con la Finocchiaro ormai è sceso il gelo”.
Il Fatto, pagina 2: “La riforma si fa di corsa. Renzi sgambetta Grasso”. E alla pagina seguente: “La Finocchiaro ‘processata’ per il blitz in commissione”, “Scontro a Palazzo Madama con la senatrice Pd: il presidente del Senato la convoca e la sgrida: ‘Perché non hai cercato di trovare un accordo?’”.
E su La Repubblica, Stefano Folli sottolinea come “il sentiero di Grasso” sia “tra due fuochi” , dopo che la decisione di non ammettere emendamenti se non su punti molto specifici e limitati è stata “anticipata” e di fatto “imposta” dalla presidente Finocchiaro.
Anche secondo il Corriere Renzi comunque avrebbe pronto un “piano B”: “‘Tanto vale abolirlo’. Una battuta? Nemmeno per sogno. Un segno della determinazione assoluta del presidente del Consiglio. Abolire cosa? Il Senato. Del tutto. Si può anche superare il bicameralismo perfetto in modo diverso dall’attuale: non trasformando Palazzo Madama in Camera delle autonomie territoriali, con alcune funzioni di garanzia costituzionale, ma appunto prevedendo nient’altro che una sua chiusura.”. “Se Grasso dovesse decidere di giudicare emendabile l’articolo 2, il discusso e contestato articolo che regola il sistema elettivo dei futuri senatori, su cui le Camere si sono già espresse due volte e che per il premier è sostanzialmente intoccabile, allora la contromossa potrebbe essere più che inattesa, addirittura clamorosa”, scrive il quotidiano.
Sul Giornale si legge di una “campagna acquisti di Renzi: regala poltrone e va alla conta”. “Il premier se ne infischia del bon ton e raschia il fondo del barile a caccia di voti. Offerte a verdiniani, autonomisti e pure Tosi”.
Anche Il Sole 24 ore sottolinea che la prima votazione sulla riforma del Senato c’è stata ieri: quella sul calendario dei lavori e sulla scelta di iniziare da oggi in Aula. “I voti a favore sono stati 173. Con oltre 70 voti di scarto. Certo, si è trattato della votazione sul calendario, ma comunque a Palazzo Chigi è considerato un ottimo segnale”. Si ricorda che la riforma costituzionale che abolisce il Senato elettivo e riforma il Titolo V della Costituzione andrà dunque in Aula subito, già oggi, saltando l’esame e il voto in commissione. “E il termine per la presentazione degli emendamenti è fissato per mercoledì 23 settembre”. Anche secondo Il Sole “il governo e i vertici del Pd vogliono mettere subito il presidente Grasso di fronte alla scelta dirimente, ossia dichiarare ammissibili o meno gli emendamenti all’articolo 2 del Ddl Boschi tesi a reintrodurre l’elettività dei futuri senatori, come chiede a gran voce la minoranza del Pd forte sulla carta di 29 senatori, dopo che la presidente Finocchiaro li ha già dichiarati inammissibili secondo la regola della doppia conforme (l’articolo è stato già votato nello stesso testo sia dal Senato sia dalla Camera, salvo una piccola variazione introdotta a Montecitorio sulla durata del mandato dei senatori)”. I numeri: “Il pendolo oscilla tra i 155 e i 160. Ma manca ancora tempo, e comunque non è necessaria la maggioranza assoluta (161)”. In ogni caso si comincerà con gli emendamenti all’articolo 1, che saranno numerosi. Il quotidiano di Confindustria parla di un “paio di settimane” prima di arrivare all’articolo 2.
Da segnalare sul Sole un intervento del politologo Roberto D’Alimonte che spiega perché è preferibile che l’elezione dei senatori sia “indiretta”. Spiega che dei 28 Paesi europei 15 hanno una sola Camera. Degli altri 13, solo cinque hanno l’elezione diretta. “Da questo punto di vista la proposta in discussione al Senato non è affatto una anomalia”. Per D’Alimonte insomma “il sistema previsto attualmente dall’art. 2 ha pregi e difetti. Come altri in giro per l’Europa. Il fatto è che, arrivati a questo punto, rimetterlo in discussione vuol dire rinviare sine die una riforma che il paese attende da più di trenta anni. Non ne vale la pena”.

Profughi, migranti, Siria

La Repubblica, alle pagine 6 e 7: “Ungheria, manganelli e lacrimogeni contro i migranti. L’Ue: inaccettabile”, “Scontri al confine con la Serbia, 300 feriti e 29 arresti. Mattarella: ‘Ora serve un’azione di tutta l’Unione”. E il reportage di Daniele Mastrogiacomo da Tovarnik, in Croazia: “Tra i profughi in marcia: ‘Proviamo in Croazia’. Ma i campi minati minacciano l’esodo”, “per aggirare il muro di Orbàn si va a Ovest, ma ci sono le bombe della guerra in Jugoslavia”.
La Stampa: “Getti d’acqua, gas, spray urticanti. In Ungheria è guerra ai profughi”, “Centinaia di feriti a Rozske. Ue e Onu: scioccati, contro i nostri valori. La Croazia apre un corridoio verso Nord. Balcani ‘a rischio implosione’”. Il premier Orban ha annunciato di voler costruire un muro anche con la Croazia, che ieri ha annunciato che lascerà passare i profughi. Giordano Stabile evidenzia anche come crescano le preoccupazioni della diplomazia occidentale per la Bosnia, una “polveriera”, visto che sarebbe questo il Paese più esposto a effetti destabilizzanti per il passaggio di profughi in gran parte musulmani. Le frontiere bosniache sono molto “permeabili”, c’è il rischio di speculazioni politiche sugli equilibri etnici, perché l’arrivo di 30-40 mila profughi di religione islamica potrebbe essere visto dai serbi come un tentativo di cambiare la composizione etnica del Paese. Infine, si segnalano i rischi di infiltrazioni jihadiste in un Paese la cui comunità musulmana viene considerata moderata ma con frange estremiste.
Su La Repubblica, le interviste a Jacques Attali, economista, già consigliere del presidente Mitterrand (“Grazie ai migranti l’Europa diventerà la prima potenza”, “Accoglierli ed essere altruisti è nostro interesse. Serve una politica di integrazione”) e allo scrittore anglo-pakistano Hanif Kureishi (“Basta con i muri, tradiscono i valori della democrazia”, “Siamo un popolo di profughi, ma con la memoria corta”, “Il boom di Londra è il risultato di un mix di etnie e di culture”).
E a pagina 11 un reportage da Bodrum di Fabio Tonacci: “Sulla spiaggia di Alan tra i disperati in gommone che sognano l’Europa”, “I profughi a Bodrum: ‘Pronti come il bimbo curdo’”, “’Sono pronto a tutto pur di arrivare in Germania. Il canotto ci è costato 1.400 dollari, motore incluso’”, “’Abbiamo avuto paura, c’è vento e la corrente è troppo forte. Non ho mai guidato una cosa del genere’”.
Sul Sole Lina Palmerini scrive da Vienna dell’incontro del presidente Mattarella con il suo omologo austriaco Fischer. “‘Serve una risposta corale della Ue'”. Non bastano gli hot spot chiesti dall’Europa, “‘bisogna arrivare al più presto a regole comuni sull’accettazione delle quote, asilo europeo unico e rimpatri'”.
E’ sempre Il Sole a fare il punto sulla applicazione, in Ungheria, delle norme appena votate che penalizzano l’immigrazione clandestina: la polizia ha arrestato circa 400 migranti entrati senza permesso nel Paese e ieri i tribunali ungheresi hanno emesso la prima condanna, “con conseguente espulsione, nei confronti di un migrante iracheno”.
Sul Giornale una intervista al vescovo di Aleppo monsignor Antoine Audo, in questi giorni a Roma per un incontro organizzato da Aiuto alla Chiesa che soffre. Dice: “Voi europei dovreste battervi per impedire che i cristiani abbandonino la Siria. Damasco, la predicazione di San Paolo, Antiochia sono elementi fondanti della nostra comune tradizione cristiana. Invece sembrate aver dimenticato i valori, la fede e la moralità “. “Regalando al fanatismo islamista e ai suoi seguaci la convinzione di poter cacciare i cristiani dal Medioriente li convincerete di poter aspirare alla conquista dell’Europa. Perché voi forse non ci fate caso, ma loro perseguono proprio questo disegno”. Ad Aleppo i cristiani “sopravvivono da quattro anni nella morsa di un assedio spietato. Siamo a soli 40 chilometri dalla Turchia, dalla nazione che ospita i ribelli, li finanzia e li aiuta ad attaccarci. La città è divisa in due, i ribelli sono nella città vecchia e da due mesi mancano completamente acqua ed elettricità mentre le bombe piovono ovunque. In quattro anni d’assedio l’80 per cento degli abitanti ha perso il lavoro. E due terzi dei cristiani hanno abbandonato la città. Un tempo eravamo 150mila, oggi non superiamo i 50mila. Chi resta è condannato a vivere in un clima di violenza e paura costante. Del resto questo è il compito assegnato a quei fanatici. Devono terrorizzarci e farci partire”. “Puntano a svuotare il Medioriente dai Cristiani. Questa minaccia rappresenta un pericolo straordinario non solo per noi, ma per tutta la cristianità”. Dice che questo è “opera dei Fratelli Musulmani, dei gruppi salafiti e degli stati che li appoggiano”, mentre l’Isis “è solo una messa in scena, una grande commedia per coprire una strategia ben più vasta e segreta. Il cosiddetto Stato Islamico ha una missione limitata nel tempo, ma per ora serve ai loro scopi”. Domanda: I cristiani sono accusati di appoggiare Bashar Assad…Risposta: “Esser contro l’estremismo islamista, non significa essere a favore del regime”. L’Europa “deve battersi perché i cristiani restino in Siria e non abbandonino città e case. Dovete bloccare chi finanzia e arma gli estremisti islamisti”. “Aiutate tutti quelli che hanno bisogno, ma non incoraggiateli a venir da voi”.
Su La Stampa Maurizio Molinari dà conto delle dichiarazioni del presidente siriano Assad (che ha concesso un’intervista ai media russi) e del presidente russo Putin (che si trovava ieri in Tagikistan per il vertice della conferenza sulla sicurezza): “La sfida di Assad all’Europa: ‘Il caos migranti è colpa vostra’”, “Il raiss: basta aiuti ai terroristi. E Mosca propone all’America un’alleanza anti-Isis”.
Sul Sole Alberto Negri cita l’intervista, scrive che “è sicuramente vero” perché “la Turchia ha fatto passare qualcosa come 30 mila jihadisti per fare la guerra a Damasco”, ma “quello che omette Assad è che ha dato un contributo decisivo con una repressione sanguinosa” e se oggi non c’è una opposizione democratica in Siria “lo si deve soprattutto al clan che ha tenuto in pugno il Paese”.
Sul Corriere Paolo Valentino si sofferma sul “grande gioco di Putin”. L’articolo da Mosca racconta che Putin ha deciso di intensificare l’impegno del suo Paese dopo gli allarmi degli 007 sulla situazione sul campo siriano ma soprattutto per il fatto che nell’Isis combattono ormai – secondo una fonte governativa russa citata nell’articolo – tra gli 800 e i 1500 russi. Il timore di Mosca è insomma che il terrorismo islamico torni a tracimare dentro i confini della Federazione russa. Questo non vuol dire partecipare direttamente ai combattimenti, ma – per ora – rafforzare la propria presenza nelle basi di Latakia e di Tartus e fornire regolarmente ai siriani sistemi d’arma avanzati. Secondo gli analisti citati nell’articolo insomma quello di Putin non è un azzardo ma una mossa calcolata per “ampliare il contesto diplomatico e forzare Washington a un dialogo che vada oltre l’orizzonte ormai asfittico degli accordi di Misk e dell’Ucraina dove il conflitto è congelato. “Magari punta a un ‘grande baratto'”, come dice Dmitri Trenin, direttore del Carnegie Moscow Center, citato dal quotidiano.
Sullo stesso quotidiano, Massimo Gaggi da New York: “Il Cremlino offre agli Usa una allenza anti Isis. Una coalizione ampia e ‘alternativa’ con un ruolo per Assad. Il leader russo pronto a parlarne all’Onu”.
Anche su La Stampa, pagina 7, si riferisce delle “indiscrezioni della Casa Bianca”: Obama sarebbe pronto a incontrare Putin in occasione della 70esima Assemblea generale dell’Onu.
Su La Repubblica “lo scenario” tracciato da Adriano Sofri relativo alla guerra al terrorismo: “Così l’Is avanza in Iraq, la verità dietro ai rapporti manipolati dai servizi”, “Notizie edulcorate per placare l’opinione pubblica mentre l’esercito sul campo è impreparato”. Sofri ricorda che il New York Times ha anticipato i contenuti di un’inchiesta sulla manipolazione delle informazioni fornite dai comandanti militari in Iraq e Siria al Pentagono e alla Casa Bianca. L’inchiesta constata che l’Is “arretra meno del previsto”. Sofri sottolinea che la coalizione ha annunciato che avrebbe riconquistato Ramadi, Mosul e Palmira, ma sono tuttora in mano ai jihadisti. E i raid aerei non possono batterli. Il Califfato non usa l’artiglieria pesante allo scoperto, dove è facile bersaglio, ma la riserva ai luoghi abitati dove si fa scudo dei civili.

Visco, Weidmann

Sul Corriere una intervista ad Ignazio Visco, governatore della Banca d’Italia. Parla di innovazione e del fatto che porta a perdere occupazione come è avvenuto in passato: “l’avvento di nuove tecnologie porta con sé la perdita di taluni lavori alla quale ha però di norma corrisposto la nascita di nuovi, in quantità maggiore e di migliore qualità. L’attuale ondata di innovazione in campi come la robotica, la genomica, l’intelligenza artificiale potrà influire notevolmente sulla domanda di impieghi non di routine a qualificazione sia alta che bassa”. Dice che in molti parlano di Uber e dei tassisti mentre “non molti si sono preoccupati degli effetti della chiusura di molte librerie a causa di Amazon o di tante agenzie di viaggio dopo l’avvento di Trip Advisor. I cambiamenti comportano costi, anche sociali, quali la perdita di quote di lavoro importanti, ma tendono a prevalere i benefici privati”. Sulla crisi iniziata a fine 2007: “Miti come il mercato che si autoregola o la necessità di avere un light touch sulla regolamentazione finanziaria si sono sgretolati e istituzioni come le banche centrali si sono mostrate decisive per superare la crisi”. In America la ripresa e l’aumento della occupazione sono arrivati prima che in Europa: “Intanto perché in America davanti alle crisi i primi a reagire sono i privati, in Europa i privati aspettano il pubblico. Il grado di flessibilità dell’economia, che determina anche la velocità di reagire agli choc, è poi notoriamente maggiore. Nell’area dell’euro, la crisi dei debiti sovrani ha minato la fiducia tra Paesi membri”. Sull’Europa e la proposta dei “cinque presidenti” nostra che il il dibattito prosegue “forse con l’equivoco di interpretare le proposte come ulteriori cessioni di sovranità nel medio periodo, mentre l’integrazione europea richiede oggi maggiore condivisione di sovranità e di responsabilità. Ci si dovrebbe parlare più chiaramente”. Le riforme che servono all’Italia: “innanzitutto una giustizia civile che funzioni, una burocrazia efficiente, un ambiente favorevole alle imprese e rispettoso della legalità”. Quanto al “credito per le aziende”, in Italia “le imprese sono troppo dipendenti dal credito bancario e hanno una scarsa patrimonializzazione. Avrebbero bisogno di più capitali dal mercato ma anche dagli imprenditori. Va agevolato l’uso di mezzi propri, non il debito, e bisogna dire che le misure tributarie degli ultimi anni sono andate in questa direzione”.
La Repubblica riproduce, con copyright Suddeutsche Zeitung, un’intervista al presidente della Bundesbank Jens Weidmann: “Caro Draghi, la politica espansiva sta indebolendo la spinta riformista”, “La Bce non si dovrebbe fare influenzare dai saliscendi dei singoli indicatori congiunturali”, “Non possiamo usare la leva monetaria per estorcere la misure politiche consone alle nostre convinzioni”.

Milano dopo Pisapia

Su La Repubblica, due intere pagine dedicate alle elezioni a Milano nel 2016, per la successione a Giuliano Pisapia: “Il rifiuto di Del Debbio inguaia la destra, per il dopo Pisapia non c’è un candidato”, “Il conduttore Mediaset metterebbe d’accordo tutti ma si tira indietro. Allarme Maroni: siamo in ritardo”, “A otto mesi dal voto Lega e Forza Italia non hanno un nome per il Comune. Feltri, Rocca e De Albertis rifiutano”, “L’ex ministro Gelmini: io sono fuori perché vengo dalla Bassa Bresciana, allora meglio Romani o Lupi”. Il presidente della Regione Roberto Maroni sottolinea che “stavolta Renzi non farà l’errore commesso in Liguria, perché sa di giocarsi Palazzo Chigi”.

Grecia

Alle pagine 18 e 19 de La Repubblica, attenzione per le elezioni in Grecia, domenica prossima: “Syriza e Nea Demokratia testa a testa ma alla fine è l’austerity che vincerà”. Ne scrive Ettore Livini, secondo cui Tsipras arriva al voto di domenica “ferito ma non domato” e il centrodestra gli promette l’appoggio all’accordo con i creditori. Nea demokratia avrebbe addirittura superato il partito del premier, secondo due nuovi sondaggi elettorali.
Su Il Fatto: “Atene ha troppi aghi della bilancia: rischia il ri-voto”, “Syriza e Nuova Democrazia verso il pareggio: i ‘partitini’ non basteranno per formare un governo stabile”. Di Roberta Zunini. Che riferisce della “profezia” dell’ex ministro Lafazanis, fuoriuscito da Syriza: i risultati saranno così frammentati che si dovrà tornare alle urne.

Bergoglio

Sul Corriere due pagine dedicate alla imminente visita del Papa negli Usa e a Cuba: “Francesco in America”, di Massimo Franco. “La doppia visita del Papa a Castro e Congresso Usa, da capo spirituale di un continente a leadership cattolica”. Si cita il libro “Imperi paralleli”, scritto dallo stesso Franco, in uscita nei prossimi giorni, in cui si “ripercorre la lunga marcia di avvicinamento alle Americhe svolta dagli ultimo pontificati”.
Alla pagina successiva le parole del Pontefice ieri da piazza San Pietro, nell’ultima delle catechesi dedicate alla famiglia. “Bergoglio demolisce i luoghi comuni. ‘La donna tentatrice? E’ offensivo’. Il Pontefice: c’è spazio per una teologia diversa. Scaraffia: cade uno stereotipo secolare”.
Sul Sole Guido Gentili torna sulla questione Imu per gli edifici di proprietà della Chiesa.

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