La terrazza sul Vaticano

Il Corriere della sera: “Arrestati i due ‘corvi’ del Vaticano. Un prelato e una consulente sotto accusa. ‘Scelti dal Papa, hanno tradito trafugando documenti’. La donna scarcerata perché ha collaborato. La Santa Sede valuta provvedimenti su due libri in uscita”. Il commento è affidato a Massimo Franco: “Il rischio di una Vatileaks economica. Una manovra torbida”.

In alto: “Regioni e governo allo scontro sulle tasse. Renzi convoca i presidenti: ora ci divertiamo”.

A proposito di governo e dintorni si parla anche di “gelo sul dossier di Boeri”.

A centro pagina, con foto: “Londra ritrova la nebbia e fa felici (solo) i turisti”.

A fondo pagina: “Gli aborti scendono sotto quota 100 mila. Erano 234 mila nel 1982. Tra le cause maggiore consapevolezza (e meno gravidanze)”.

In alto il quotidiano milanese offre una intervista a Barack Obama firmata da Jeff Goodell di Rolling Stone: “Un patto sul clima, poi torno alle Hawaii”. L’intervista sarà in edicola domani anche sulla versione italiana del magazine.

La Repubblica: “Arrestati i corvi del Vaticano”, “Sotto accusa monsignor Balda e la lobbista Chaouqui: ‘Hanno tradito la fiducia del Papa’. Divulgate carte riservate su Ior e scandali economici. Ascoltate conversazioni di Francesco”.

A centro pagina: “Tagli alla Sanità, battaglia tra le Regioni e Renzi”, “I governatori: a rischio i farmaci salvavita. Il premier: troppi sprechi, vi convoco e ci divertiamo”.

In prima anche l’inchiesta della Procura di Palermo: “’Basta pagare il pizzo’. A Bagheria gli imprenditori sfidano le cosche mafiose, ventidue boss in manette”.

A fondo pagina, la vicenda di Keywan Karimi, documentarista curdo iraniano: “’Io, condannato a 223 frustate perché racconto la verità sull’Iran’”. Di Alessandra Baduel.

E “il caso” raccontato da Fabio Scuto: “Marchio della Ue sui prodotti dei Territori. L’ira di Israele”.

Sulla colonna a destra: “Da oggi le donne lavorano gratis”, “La disparità sugli stipendi regala agli uomini un vantaggio di due mesi”. Ne scrivono Maria Novella De Luca e Chiara Saraceno.

La Stampa: “Vaticano, in manette un prelato e una donna. ‘Svelate carte segrete’”, “I documenti finanziari divulgati sono finiti in due libri. Le misure approvate dal Papa. Lei collabora, rilasciata”, “Vallejo Balda e la Chaouqui ora rischiano fino a 8 anni di carcere”.

E il quotidiano ha un “colloquio” con la Chaouqui: “’Colpa sua, io ho provato a fermarlo’”, “Chaouqui scarica le accuse sul sacerdote: ‘Ha fatto tutto da solo’”.

A destra: “Mosca crede all’ipotesi attentato”, “La compagnia dell’aereo precipitato in Egitto: non è stata un’avaria”.

A centro pagina: “Tagli, battaglia Regioni-Renzi”, “L’accusa: sopravvivenza a rischio. Il premier convoca i presidenti”, “Chiesto al governo un miliardo in più per garantire la Sanità. La replica: ora ci divertiamo”.

Su Mafia Capitale: “Quei 101 nomi che terrorizzano il Campidoglio”, di Marcello Sorgi.

Il Fatto: “Il Papa arresta le gole profonde. Ecco il libro sui furti in Vaticano”, “In carcere mons. Balda, rilasciata l’ex consulente Chaouqui: ‘Ha collaborato’”.

E il quotidiano intervista Gianluigi Nuzzi, autore del libro “Via crucis”, basato sui documenti che hanno portato al caso e agli arresti di ieri: “Manette usate per coprire le spese pazze dei cardinali”.

A centro pagina: “Le Regioni: ‘A rischio i farmaci salvavita’. Renzi: ‘Ci divertiamo’”, “Chiamparino lancia l’allarme. Il premier: ‘Basta scaricare sui cittadini’”.

In prima anche l’intervista a Massimo Cacciari: “’Pd partito suicida. Tutto è iniziato già con Veltroni’”.

Sul caso Mafia Capitale: “Il ‘rapporto dei 101’ nelle mani dei pm_ presto nuovi indagati”.

Il Giornale: “Manette in Vaticano. Il Papa ne arresta due. Retata contro i ‘corvi’. Monsignor Balda e la pr Chaouqui accusati di aver divugato documenti riservati della Santa Sede.

In alto: “La carica dei 101 nomi di Mafia Capitale. Desecretato l’elenco: ci sono politici, amministratori, funzionari, imprenditori”.

A centro pagina: “Cinque milioni di pensionati derubati”. “In 4 anni assegni svalutati fino al 25 per cento”. E poi: “Manovra, il premier fa il bullo e convoca le Regioni. ‘Ora ci divertiamo. Marino? E’ la democrazia’”.

A fondo pagina: “Unicredit, lettera d’orgoglio. ‘Siamo una banca pulita’. Lettera dell’Ad Ghizzoni ai dipendenti”.

Il Sole 24 ore: “Scontro Renzi-Regioni su sanità e rischio tasse. I governatori: costretti ad aumentare le imposte. Il premier: non toccatele, avete avuto più fondi”. “Squinzi: è una legge espansiva, mancano Sud e ricerca”.

In alto: “Telecom, Padoan vede Recchi. Oggi Niel all’esame Consob”.

A centro pagina: “Borse in rialzo in vista del Qe2”.

Vaticano

Su La Repubblica a pagina 2: “Arrestati i nuovi corvi del Vaticano. ‘Tradita la fiducia di Francesco’”. Un monsignore in cella, Lucio Angel Vallejo Balda, spagnolo, 54 anni, già segretario della Prefettura degli Affari economici della Santa Sede. E una ex collaboratrice laica del Vaticano, Francesca Immacolata Chaouqui, 32 anni, calabrese, di padre franco-marocchino, esperta in pubbliche relazioni ed ex membro della Commissione referente sulle strutture economico-amministrative della Santa Sede, anch’essa arrestata e poi rilasciata perché ha collaborato con le indagini. L’indagine, condotta dal comandante della Gendarmeria vaticana Domenico Giani, era partita lo scorso maggio: aveva preso le mosse dalla pubblicazione di documenti riferiti alla Commissione economica, presenti già in inchieste firmate su L’Espresso dal giornalista Emiliano Fittipaldi. Poi si è accelerata per l’uscita, il prossimo 5 novembre, del volume di Fittipaldi “Avarizia” e di “Via crucis” di Gianluigi Nuzzi. Il primo libro, scrive Marco Ansaldo, è un’inchiesta che, partendo da documenti originali (verbali, bilanci, relazioni), intende svelare la ricchezza della Chiesa, dove il Papa sperimenta la resistenza a un cambiamento nelle gestione del denaro. Il secondo, di Nuzzi, è un’analisi in cui si parte da registrazioni e documenti inediti per raccontare la difficile lotta di Bergoglio per cambiare la Chiesa. Con intercettazioni di Papa Francesco mentre sferra un attacco contro la nomenclatura a capo delle finanze, denunciando: “I costi sono fuori controllo. Ci sono trappole…”.

Su La Stampa, a pagina 2, sui due libri in questione: “Lussi, sprechi e case da 500 metri quadrati. In due libri i documenti imbarazzanti”.

Il Fatto intervista Gianluca Nuzzi: “Racconto le ruberie sulle elemosine dei nemici del Papa”, “Rispondono alla verità perché hanno paura: sono gli stessi monsignori che hanno le berline in garage e continuano a vivere nel lusso”.

La Repubblica dedica le pagine 6 e 7 alle anticipazioni del libro di Fittipaldi: “I soldi della carità spesi dai monsignori e quelli dei bambini per l’attico di Bertone”, “Nonostante l’annunciata operazione pulizia, ci sono ancora imprenditori indagati che nascondono le loro ricchezze allo Ior”.

Su La Stampa Andrea Tornielli scrive, a proposito di due arrestati, in un’analisi dal titolo “La strana coppia invischiata nelle vecchie trame del potere”, che nel luglio 2013 Vallejo era riuscito a far nominare Chaouqui nella commissione che avrebbe avuto tra le mani le carte più riservate sulle finanze vaticane. Il legame fra di loro è strettissimo: lui si presentava come “l’economo del Papa”, lei come “la commissaria del Papa”.

Su La Repubblica i ritratti dei due personaggi: “Lo spagnolo dell’Opus dei in disgrazia per un party”. Si fa riferimento al ricevimento organizzato sulla terrazza della Prefettura degli affari economici il 27 aprile 2014, giorno della canonizzazione di Giovanni Paolo II: a fare gli onori di casa la Chaouqui e Balda, con il monsignore che porta sedie agli ospiti per l’aperitivo e poi offre la comunione. In Vaticano, scrive Andrea Gualtieri, lo consideravano l’astro nascente delle finanze, ma il Pontefice gli preferì uno dei suoi segretari e il loro rapporto si incrinò. Di fianco: “Ascesa e caduta di Lady Curia: ‘Io tirata dentro ma dirò tutta la verità’”, “Dai tweet contro Tremonti e Bertone alla commissione sull’economia, la rete della ‘pierre’ amica di cardinali, politici e uomini di potere”. Scrive Fabio Tonacci che di lei si è detto di tutto: che è una lobbista, amica di Bisignani (con cui ha collaborato davvero), che è infiltrata dei servizi segreti americani, massona, vicina all’Opus dei, millantatrice. Di sicuro vanta un circolo di amicizie che pochi hanno: una volta ha portato i genitori di Matteo Renzi a Santa Marta con la promessa di un incontro con il Papa (che però poi non poté o non volle riceverli); ha provato poi ad avvicinare anche il sottosegretario Luca Lotti senza trovare considerazione, mentre è entrata nelle grazie di Marco Carrai, l’imprenditore toscano braccio destro di Renzi. Lei e il marito erano invitati al matrimonio di Carrai. E la moglie dell’imprenditore ha voluto la Chaouqui tra i relatori del Festival delle Religioni.

E Francesca Immacolata Chaouqui, in un colloquio su La Stampa, dice: “Ha fatto tutto il monsignore, anzi, io ho cercato di fermarlo”, “Non c’entro niente con corvi e talpe, dimostrerò la mia innocenza”.

Su Il Fatto: “Il prete e la lobbista, la strana coppia”, “L’ascesa della laica nel segno dell’amicizia con l’uomo dell’Opus Dei”. Della Chaouqui Fabrizio D’Esposito scrive che è stata una frequentatrice di Navarro Valls, storico portavoce di Giovanni Paolo II: “eccola lì, sulla terrazza mondanissima per la festa dei due papisanti, nell’aprile di un anno fa. Lui che dà la comunione a Vespa, lei che si fa la foto con Carrai, la mano finanziaria del renzismo”.

In prima su La Repubblica l’analisi di Claudio Tito: “Quell’asse ostile fra Curia e Opus Dei”: non è un caso -si legge- che Vallejo Balda sia un membro dell’Opus dei, poiché una parte di questa organizzazione teme di perdere la sua storica influenza sull’area iberica e latinoamericana, “vuole marcare il territorio”.

Massimo Franco sul Corriere parla di “manovra torbida”, di un “altro tentativo spettacolare di destabilizzare un papato, sfruttando gli errori commessi in nome del rinnovamento, per disdirlo completamente”. Lo fa ricordando che gli arrestati di ieri sono “due persone che aveva scelto papa Francesco” e che tuttavia già dal “novembre del 2014, un esponente vaticano a conoscenza di molti segreti confidava le perplessità diffuse sul comportamento di monsignor Vallejo Balda e della giovane lobbista. ‘Hanno avuto accesso a documenti riservati, e c’è il rischio di una Vatileaks economica’, si diceva già allora. D’altronde, per mesi avevano avuto pieno accesso a Casa Santa Marta, l’albergo dove il Papa ha scelto di risiedere. Garantivano contatti e informazioni riservate, servendosi di siti e giornali compiacenti. E cercavano di accattivarsene altri offrendosi come mediatori. Sostenevano di potere avere contatti diretti col Papa”.

Anche Franco cita la “’festa’ data dal duo sulla terrazza della Prefettura degli Affari economici, affacciata su piazza San Pietro” anche se la colloca “a fine febbraio del 2014” in occasione della canonizzazione di Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II in cui “Monsignor Balda distribuiva la Comunione agli ospiti tirando fuori le ostie da bicchierini di carta; unendo sacro e profano senza essere attraversato da un solo dubbio” mentre “la Chaouqui accoglieva gli invitati come una specie di padrona di casa. Su quel balcone c’era la marmellata politico-religiosa della Roma vecchia e nuova, del potere economico del passato e del presente: di nuovo, la metafora involontaria di una rivoluzione inevitabilmente contraddittoria”. Il papa non apprezzò, “fece convocare Vallejo Balda, e gli chiese conto di quanto era accaduto. Il seguito è arrivato a cascata. Si parla di ingresso in Vaticano interdetto alla Chaouqui da mesi, ormai. Di un Francesco addolorato ma costretto a prendere tempo, perché gli si faceva presente che i sospettati potevano far filtrare i documenti della commissione della quale erano membri”.

Sul Sole si legge che “oggetto del provvedimento restrittivo quindi la divulgazione di documenti (e il contenuto di registrazioni di colloqui)in particolare riferiti a due libri in uscita i prossimi giorni: Avarizia di Emiliano Fittipaldi e Via Crucis di Gianluigi Nuzzi, il primo pubblicato da Feltrinelli, il secondo da Chiarelettere. Immediato è quindi il collegamento con il caso Vatileaks-1 del 2012, quando il maggiordomo del Papa Benedetto XVI, Paolo Gabriele, fu arrestato e poi processato per un caso simile, e sempre legato alla pubblicazione del libro di Nuzzi Sua Santità”. I due libri sono “’frutto di un grave tradimento della fiducia accordata dal Papa e, per quanto riguarda gli autori, di una operazione per trarre vantaggio da un atto gravemente illecito di consegna di documentazione riservata’, afferma il Vaticano nella nota sottolineando che il Pm vaticano sta riflettendo su azioni di natura penale con l’Italia e chiarendo che ‘bisogna assolutamente evitare l’equivoco di pensare che ciò sia un modo per aiutare la missione del Papa’”. La Chaouqui ha parlato con l’agenzia Ansa, ha detto di confidare di uscire innocente dalla vicenda ed ha avuto un colloquio con l’avvocato Giulia Bongiorno.

Sul Corriere Gian Antonio Stella offre anticipazioni dal libro Via crucis che cita un documento “intestato alla Segreteria di Stato che cortesemente rigetta la richiesta della ‘Cosea’ d’avere notizie sull’uso dell’Obolo di San Pietro, che per il 79,4% se ne andrebbe per l’apparato: ‘Se, da un lato, viene pubblicato un analitico rendiconto annuale delle entrate (…) dall’altro si è mantenuto finora un assoluto riserbo, nel rispetto delle superiori indicazioni circa il suo utilizzo, in quanto escluso dal bilancio consolidato della Santa Sede’. Una risposta, accusa Nuzzi, incredibile: al punto 3 dell’atto con cui istituiva la commissione, ‘il pontefice è chiaro: le amministrazioni investigate ‘sono tenute a una sollecita collaborazione con la commissione stessa. Il segreto d’ufficio e altre eventuali restrizioni stabilite dall’ordinamento giuridico non inibiscono o limitano l’accesso della commissione a documenti, dati e informazioni necessari allo svolgimento dei compiti affidati’ E se lo dice il Papa…”. Stella scrive insomma che “o i documenti pubblicati in ‘Via crucis’ (a volte anche in fotocopia) sono falsi, e allora non si capirebbero le manette e le gravissime accuse a monsignor Lucio Angel Vallejo Balda e Francesca Immacolata Chaouqui che potrebbero essere liquidate con una risata, o sono autentici. E allora il quadro è fosco. Perché da quei documenti emerge un ostracismo calloso di una parte delle burocrazie vaticane alla scelta di Francesco di trasparenza, chiarezza, pulizia”. Tra i documenti del libro, Stella segnala su tutte una “registrazione clandestina di Francesco del luglio 2013, in cui – dopo una lettera dei revisori contabili della Prefettura – il papa convoca una riunione per discutere il bilancio e dice che “bisogna chiarire meglio le finanze della Santa Sede e renderle più trasparenti”.

Anche il quotidiano milanese offre anche una intervista a Gianluigi Nuzzi ed una a Emiliano Fittipaldi: “Sono terrorizzati ma non temo censure”, dice quest’ultimo. “Non si risponde a un libro con le manette”, dice il primo.

Sul Mattino di Napoli da segnalare una intervista all’ex presidente dello Ior Ettore Gotti Tedeschi: “Ora vogliono colpire Francesco. Indaghi lui con uomini di fiducia”. Dice che aveva dato lo stesso consiglio ai tempi di Vatileaks 1 “ma non fui ascoltato”. “Non sono dispute teologiche o dottrinali ma guerre per affari economici”. Gotti Tedeschi ricorda una frase di Francesco da poco papa, quando disse che San Pietro non aveva un conto in banca e si chiedeva se al Vaticano servisse davvero una banca (come lo Ior). “E’ curioso che questa risposta sia sempre stata negata al Papa e – sono certo – al cardinal Pell tanto da non permettergli di avere una visione chiara su queste domande”.

Sul Sole Carlo Marroni (“L’ombra dei precedenti”) scrive che i due “organizzavano eventi un po’ da generone romano (censurati direttamente dal papa) ed erano al centro di un reticolo di interessi che poi è rapidamente evaporato”. Si legge anche di un “filo rosso” che “lega quanto accaduto ieri, il falso scoop della malattia del papa e la lettera dei 13 cardinali conservatori al Sinodo”.

L’aereo russo

Sul Corriere Fabrizio Dragosei: “’L’aereo distrutto da un oggetto esterno’. I vertici della compagnia russa: ‘La dinamica esclude un errore del pilota o un cedimento del jet’. Il Cremlino: non si può scartare la pista dell’attentato. La Cia: nessuna prova che sia terrorismo”. Si legge che “gli specialisti tendono ad escludere la possibilità di un missile lanciato dal gruppo terroristico” fiancheggiatore dell’Isis che occupa quella parte di Sinai, perché non avrebbe le tecnologie necessarie.

Sullo stesso quotidiano l’analisi di Guido Olimpio: “Ipotesi bomba. E tanti misteri”. Dove si legge che se la compagnia e le autorità russe sembrano propendere per il gesto criminale perché “li solleverebbe da responsabilità dirette”, mentre gli egiziani “sono più cauti” anche perché un attentato sarebbe un “colpo devastante” per l’economia e il turismo del Paese. Olimpio riepiloga le possibili cause e ricorda anche che il mistero potrebbe rimanere tale (ancora oggi non sappiamo perché è caduto l’aereo 777 della Malaysia Airlines).

Sul Sole Gianandrea Gaiani: “Una bomba a bordo, perché questa è la sola pista credibile”. Gaiani scrive che un guasto tecnico avrebbe lasciato all’equipaggio il tempo di lanciare un Sos che non c’è stato, e che “appaiono poco fondate anche le tesi del lancio di un missile terra-aria ad opera dei miliziani dello Stato islamico nella provincia del Sinai”. Costoro dispongono di missili antiaerei sofisticati come gli SA 24 “trafficati dalla Libia dopo la caduta di Gheddafi) ma sono “armi portatili che colpiscono i velivoli dopo aver seguito il calore emesso dai motori ad una altezza massima di 5 mila metri”, troppo poco per le rotte degli aerei civili. Se fosse partito un missile diverso, simile a quello usato per abbattere il Boeing malese nei cieli ucraini, i radar egiziani e israeliani ne avrebbero registrato base di lancio e traiettoria.

Turchia

La pagina 6 de La Stampa è interamente dedicata alla Turchia, all’indomani delle elezioni del trionfo dell’Akp di Erdogan: “Erdogan, dopo il trionfo l’offensiva in Siria, ‘Via i terroristi curdi’”, “Il presidente accelera su conflitto e riforma costituzionale. L’Osce: elezioni caratterizzate da paura e ingiustizie”. A scriverne da Istanbul è Maurizio Molinari. Sulla stessa pagina, intervista di Marta Ottaviani a Cengiz Aktar, analista ed esperto di relazioni Turchia-Ue: è stato, tra l’altro, tra i promotori della campagna per il riconoscimento del genocidio armeno. Parlando di Erdogan, dice: “Vuole essere un uomo solo al comando. Ha sedotto anche la classe media curda”. Si tratta di un “modello autocratico”. Spiega: “Credo che l’Akp abbia puntato in modo efficace sulla leva nazionalista, della sicurezza interna e della stabilità, con la quale si è assicurato i voti anche di una parte della classe curda media. C’è poi da considerare anche l’elettorato islamico, che è convogliato tutto sul partito di maggioranza”. Per Aktar la Turchia di oggi, quella di “un uomo solo al comando” è “sempre più somigliante alla Russia di Putin, con tutte le conseguenze sull’assetto pienamente democratico”. Quanto al processo di adesione all’Ue “è morto da tempo e per di più non mi pare proprio che il governo si stia attivando per riattivarlo”. La questione curda? “Temo rimarrà irrisolta, anche perché il Pkk mi pare molto lontano al momento dal deporre per sempre le armi”.

Su La Repubblica, le pagine 18 e 19: “La rivincita di Erdogan: ‘Il mondo deve rispettarci’. L’allarme della Casa Bianca”, “Il presidente dopo il voto anticipato: ‘La nazione ha scelto la stabilità’. Gli Usa ‘profondamente preoccupati’ per le intimidazioni alla stampa”. A questo proposito il quotidiano riferisce del blocco della diffusione della rivista di sinistra “Nokta”, scattata dopo la pubblicazione del numero dopo le elezioni: “L’inizio della guerra civile” era il titolo di copertina.

Alla pagina seguente, intervista alla scrittrice Elif Shafak, autrice de “La bastarda di Istanbul”: “Ora chi dissente vivrà come in esilio. Anche l’Europa ha aiutato il Sultano”, “Dopo il risultato elettorale i democratici si sentono il cuore spezzato. Ma sono arrabbiata anche con il Pkk: per colpa della sua violenza e del sangue versato, il partito curdo di Demirtas ha perso molto sostegno”. Cosa ha sbagliato l’Hdp, il partito filocurdo di Demirtas, dopo la vittoria che aveva ottenuto nel giugno scorso? “L’Hdp è stato messo in una posizione molto difficile. E la violenza del Pkk contro civili, polizia e soldati, ha creato una grande reazione di rigetto. Il Pkk ha sabotato il cammino democratico dell’Hdp. Il cui leader, Selahttin Demirtas, ha criticato la violenza del Pkk, ma non è stato sufficiente. Così il partito si è trovato schiacciato fra gli ultranazionalisti turchi e quelli curdi”. Inoltre, fa notare Marco Ansaldo che la intervista, i curdi, dopo la bomba di Ankara, hanno docuto fermare i comizi. Shafak: “Immagini un partito che non possa fare campagna elettorale prima delle elezioni! Non gli è stata data la possibilità di parlare ai canali tv”.

Il Corriere intervista l’avvocatessa dissidente Fetiyhe Cetin, che ha difeso Hrant Dink, il giornalista assassinato nel 2007. Dice di aver ascoltato il discorso della vittoria del premier Davutoglu, “parole che non avevo sentito in bocca a Erdogan in questi anni: a favore della libertà di stampa, contro qualunque discriminazione per etnia, fede religiosa o politica. Davutoglu ha promesso di risolvere rabbia e polarizzazione della società. Sono parole importanti”. Cetin auspica che “la crescita del partito possa ammorbidire toni e linguaggio”. Il titolo: “’Hanno avuto il loro trionfo. Ora possono essere generosi’”.

Sul Sole: “I mercati premiano Erdogan. Balzo della Borsa e della lira. L’Osce: campagna elettorale segnata da ingiustizie”. Alberto Negri cita il presidente onorario di Tusiad, la Confindustria turca. Dice Aldo Kaslowski: “I mercati amano la stabilità e gli esecutivi autorevoli, ora speriamo che un Erdogan più forte torni anche a essere un presidente più ragionevole, come nei primi anni di governo, superando la polarizzazione politica e sociale del Paese. Abbiamo bisogno di tornare a crescere”.

Il Messaggero intervista l’ambasciatore turco in Italia Adnan Segzyn: “’Ora il governo userà i prossimi 4 anni per rafforzare le libertà democratiche’”. Dice che quello che la Turchia chiede “come Paese che vuol entrare da molti anni nella Ue è di affrontare da subito i capitoli 23 e 24 dei negoziati sulle regole del diritto. Vogliamo più democrazia”.

Il Giornale: “Perché il trionfo di Erdogan deve spaventare l’Europa. Il ‘Sultano’ già alza la voce con la comunità internazionale e continua a far passare jihadisti e a ricattarci con i profughi”. Si legge che ieri il settimanale turco Nokta si è visto recapitare l’ordine del tribunale penale di Istanbul di ritirare tutte le copie del numero in edicola con una copertina che – sotto il ritratto di Erdogan – scriveva del 2 novembre come “inizio della guerra civile in Turchia” mentre i vertici della testata hanno “passato la notte in gattabuia”.

Sullo stesso quotidiano: “Ottobre mese record di arrivi dalla Turchia. Entrati 218 mila immigrati, quasi tutti in Grecia: come nell’intero 2014”.

Roma, Mafia Capitale

Il Fatto: “Lista dei 1010, altri indagati in arrivo per Mafia Capitale”, “Oggi in tribunale le prime sentenze sul Mondo di Mezzo. Il prefetto decide: la lista non sarà agli atti, ‘è solo una guida’”.

Su La Repubblica: “Coi boss anche politici e funzionari, la ‘lista dei 101’ di Mafia Capitale. Commentano il documento Carlo Bonini e Giovanna Vitale. La lista contiene i nomi di tutti coloro che, nel dicembre 2014, si ritrovarono nelle pagine della mastodontica ordinanza di custodia cautelare della Procura di Roma (“a titolo e con responsabilità diverse”, sottolineano i due giornalisti, “ora penali, ora squisitamente amministrative”, ora perché, come è il caso della deputata Pd Micaela Campana, era al telefono con Buzzi per vai di una interrogazione parlamentare sulla cooperativa da lui gestita, la 29 giugno). Alla pagina seguente, intervista a Lionello Cosentino, fino a 12 mesi fa segretario del Pd romano: “Sì, sono nell’elenco, conosco Buzzi da anni ma non ci facevo affari”, “in tre anni di inchiesta non c’è nulla su di me, lasciai l’incarico per motivi politici”.

Su La Stampa ne scrivono Carlo Bertini e Francesco Grignetti: “Funzionari ed ex consiglieri nella lista dei 101 di Mafia Capitale”, “Giovedì al via il processo: la relazione prefettizia fa tremare il Campidoglio. Renzi: ‘Dobbiamo riorganizzare il Pd romano che è dilaniato dalle correnti”. Al tema è dedicato il lungo commento di Marcello Sorgi, che sottolinea come il documento sia “abbastanza esplicito”, laddove evidenzia che “il condizionamento mafioso si è realizzato secondo schemi e copioni non intaccati dal cambio di amministrazione”. Della lista si occuperà il Procuratore di Roma Pignatone, che vorrebbe portarla già alla terza udienza di Mafia Capitale e si tratterà si distinguere opportunamente le responsabilità personali da quelle oggettive, i reati veri dalle omissioni e dalle intimidazioni, separando i colpevoli dagli innocenti: ma la lista comunque “si trasformerà in un caso politico a tutto tondo. Che anticiperà l’apertura della campagna elettorale per il nuovo sindaco della Capitale e terremoterà l’amministrazione del Campidoglio già in precario stato di salute”.

Sul Corriere si legge dei “dubbi di Gabrielli” sulla “composizione del ‘dream team’ che dovrebbe affiancare il prefetto Tronca. Dubbi che avrebbe estenato ieri al sottosegretario De Vincenti, che si sta occupando di Roma. “Gabrielli avrebbe voluto al Campidoglio il prefetto Bruno Frattasi” e gli esperti di cui si parla (Fuortes, Malagò eccetera) avrebbe dovuto far parte della squadra di Gabrielli. Oggi sarebbe “dubbioso” perché lui “alla fine non è di fatto ‘commissario’ all’Anno Santo ma solo un ‘coordinatore’ tra le Amministrazioni”, senza alcun potere speciale.

Il Messaggero: “Giubileo, regia a Gabrielli. Tronca avrà sette ‘vice’”. Il quotidiano scrive: “Attenzione: niente ‘dream team’ di renziana narrazione” ma subcommissari al Campidoglio, ovvero “funzionari” di vari ministeri “chiamati ad occuparsi della macchina capitolina”, “una sorta di assessori tecnici”. Il “dream team” invece dovrebbe essere “una struttura direttamente coordinata dal governo, più vicina a Gabrielli che a Tronca”.

Sul Sole: “Arriva la squadra, il nodo dei poteri”. “Giubileo: Gabrielli coordinatore o commissario. Per Rettighieri, Fourtes e Malagò si mettono a punto le competenze”. “Oggi riunione del comitato di sicurezza con Alfano per vagliare le misure necessarie allo svolgimento dell’Anno Santo”.

Berlusconi, Lega

Sul Giornale si legge che Berlusconi “molto probabilmente parteciperà alla manifestazione di Bologna, dove, come successo per la Festa di Atreju organizzata da Fratelli d’Italia, interverrà come ospite di un evento, questa volta targato Lega. Una presenza che comporta dei rischi, visto che ci si confronterà con una platea di un’altra forza politica. Ma l’ opportunità di vedere i leader nuovamente riuniti insieme su uno stesso palco è importante e bisogna valutare al meglio questa opportunità”. Inoltre – secondo il qotidiano – “nelle prossime ore potrebbe esserci un decisivo faccia a faccia” tra il leader di Fi e quello della Lega. Quanto a Roma, “’Berlusconi ha semplicemente espresso simpatia verso Marchini in quanto imprenditore che da due anni si è impegnato politicamente per Roma’ dice Licia Ronzulli a Tgcom24 “. Non si trattava di un enodorsement, e “’se Meloni dovesse decidere di candidarsi, ça va sans dire che il nostro candidato sarà lei, perché è segretario di un partito con cui Forza Italia è alleata’”.

Sul Corriere: “Sindaci: summit Berlusconi-Salvini. La Lega vende la sua sede storica” (quella di via Bellerio). E poi: “Il nodo Marchini divide. Bossi chiama in causa i successori sul processo sui rimborsi”. “L’Avvocatura dello Stato ha chiesto al Carroccio di restituire 59 milioni di euro”. Quanto alle comunali: “L’intesa per evitare contrasti. Tajani: ‘A loro non piace Merkel? Noi diversi da Le Pen’”. Anche il quotidiano milanese cita le dichiarazioni della azzurra Ronzulli. Sulla situazione della Lega il quotidiano scrive che gli avvocati di Bossi hanno “chiamato in causa sia Roberto Maroni che lo stesso Salvini”, come segretari che negli anni successivi alla gestione del senatur hanno continuato a ricevere i finanziamenti pubblici che l’Avvocatura dello Stato chiede di restituire alla Lega.

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