Eternit, reato prescritto

Il Corriere della Sera: “Nessuno pagherà per Eternit”. “Migliaia di morti per le polveri d’amianto. L’unico imputato era il miliardario svizzero Schmidheiny. Prescritta la condanna a 18 anni. Il grido dei familiari contro i giudici: ‘Vergogna’”.
In alto un “retroscena”: “Minacce e droni, i timori per il Papa. Il rischio di azioni di ‘lupi solitari’ che si ispirano all’Isis”.
A centro pagina, con foto: “Stati Uniti: un decreto presidenziale per cinque milioni di stranieri. Doppio duello Obama-Congresso su Datagate e immigrazione”.
Accanto: “Sciopero generale il 12 dicembre e fischi a Poletti”. “Scontro anche sui tagli alla Rai”.
A fondo pagina: “I duecento anarchici che agitano Milano. Chi sono gli antagonisti degli scontri anti sgomberi. Attentato alla sede dell’Aler”.

La Repubblica: “Tremila morti, nessun colpevole”, “Eternit, la Cassazione annulla condanne e risarcimenti per l’amianto: ‘Reato prescritto’. Cancellato il pagamento di 90 milioni di euro. La rabbia delle famiglie: ‘Vergogna’”. “La giustizia in polvere” è il titolo del commento di Gad Lerner dedicato a questa vicenda. E Paolo Griseri racconta il caso: “Un dolore lungo 40 anni”. Con il richiamo ad un’intervista del quotidiano al pm Guariniello: “Chiedo ai parenti di non arrendersi”.
In taglio basso: “No ai tagli da 150 milioni, caos alla Rai”, “Il cda si oppone alla scure di Palazzo Chigi, il Pd: via i consiglieri”.
A fondo pagina, il caso Asia Bibi, con un appello del marito Ashiq Masih: “Salvate la mia Asia, imprigionata in Pakistan per un po’ d’acqua”.

La Stampa: “Eternit, sentenza beffa”, “La Cassazione: reato prescritto fin dal primo grado. I parenti: vergogna”. “Diritto senza giustizia” è il titolo del commento di Michele Brambilla. E Vladimiro Zagrebelsky, in un altro editoriale su questo tema: “I dubbi sulla scelta dei giudici”.
In taglio basso: “Sì allo sciopero, tensione con Poletti”, “Il ministro lascia un incontro sindacale sopo la scelta dio Cgil e Uil. Dal governo nuovi impegni con l’Ue”.
Nella colonna a destra, il reportage da Israele di Maurizio Molinari: “A Gerusalemme con l’incubo del killer solitario”.
Sotto la testata: “Senato, via libera al divorzio-lampo”, “Ma solo se non sono coinvolti figli minori, disabili o senza risorse. In Commissione è scontro con l’Ncd”.
Poi “Il caos dei costi” sulle intercettazioni: “Nel 2013 spesi 214 milioni”, “Catania paga il doppio di Roma con un terzo delle utenze controllate. Il governo: Serve una gara unica”.
Infine, la sentenza civile sulla strage di Bologna: “Mambro e Fioravanti, risarcimento record”, “Dopo 34 anni arrivato il conto: dovranno pagare 2,1 miliardi. I parenti delle vittime: omertà finita”.

Il Sole 24 Ore: “Manovra, tutte le modifiche”. “Per gli ammortizzatori in arrivo 400 milioni ma in due anni. Nuova lettera dell’Italia a Bruxelles”. “Vertice Renzi-Padoan: mini doto sulla Sabatini e 120 milioni al ‘Made in'”.
Di spalla una intervista a Luigi Gubitosi, direttore generale della Rai: “‘Rai ricapitalizzata con l’Ipo Rai Way. Ora riforme incisive”. E sotto: “Cda Rai contro i tagli del governo. Ok al ricorso sul prelievo. Si dimette Todini”.
A centro pagina: “Terreni, macchinari e capannoni: il conto delle patrimoniali nascoste”. “Dalla vecchia tassa sugli impianti industriali alla stangata retroattiva sui fondi agricoli”.
In prima anche: “Cgil e Uil, sciopero il 12 dicembre. No Cisl, protesta degli statali il 1”.

Il Giornale: “Contro gli abusi: riprendiamoci le case. Abitazioni sotto attacco tra tasse e occupazioni. A Milano Pisapia blocca gli sgomberi per evitare guai alla prima della Scala. Berlusconi scende in piazza con il doppio No tax day. ‘Giù le mani dal mattone'”. “In nove mesi il governo ci ha dato 170 miliardi. A parole”.
Accanto: “Quanto vale una vita? Dipende da chi uccide”. Dove si parla della richiesta di risarcimento di oltre 2 miliardi di euro a Francesca Mambro e Valerio Fioravanti per la strage di Bologna, dove morirono 85 persone.
A centro pagina: “La Rai denuncia Renzi e il Pd ci mette la firma. Ricorso contro i tagli da 150 milioni”.

Il Fatto: “Volo-taxi al Tribunale dei ministri. Pinotti, Quirinale addio”, “Roma, i pm stanno per trasmettere gli atti su ‘Lady Difesa’ (che sarà iscritta nel registro degli indagati) per l’uso ‘ad personam’ di un aereo militare. Si complica l’operazione per paracadutarla al posto di Napolitano. Oggi il M5S, autore dell’esposto, l’attende al varco in Parlamento”.
Sulla Rai: “Il Cda Rai trascina il governo in tribunale. Renzi: ‘Atto politico’”.
In taglio basso: “Eternit: 2154 morti, tutto prescritto. La Corte cancella pure i risarcimenti”, “La Cassazione annulla la condanna del magnate svizzero Schmidheiny”, “Lo sdegno dei parenti delle vittime dell’amianto. Le parti civili dovranno pagare le spese. Il pm Guariniello: ‘Già pronto il processo-bis per tutti gli omicidi fino ai casi più recenti, che nessuno potrà estinguere’”.
In prima il quotidiano ha anche il richiamo ad un colloquio del giornale con Silvio Berlusconi, nei corridoi dell’ospedale San Raffaele, dove è ricoverato per l’uveite in day hospital e che viene riassunto così: “Berlusconi: ‘Così rottamo il Nazareno’. Intanto sgrida Letta”.

Eternit

La Repubblica scrive che il maxiprocesso Eternit, frutto di 30 anni di ricostruzione dovuti al lavoro del procuratore di Torino Raffaele Guariniello, che riuscì a dimostrare come i vertici della multinazionale produttrice di amianto fossero del tutto consapevoli dei pericoli cui esponevano gli operai, è stato cancellato ieri con un colpo di spugna e con la complicità dell’oblio del tempo. La tesi del procuratore generale Francesco Iacoviello, fatta propria dalla Corte di Cassazione, è che da quel delitto sono passati troppi anni: visto che la Eternit chiuse nel 1986, le responsabilità dei suoi proprietari si fermano a quella data e dunque, dopo quasi trent’anni, il reato cade in prescrizione. In un’intervista allo stesso quotidiano, Guariniello dice: “Devo ovviamente poter leggere le motivazioni prima di esprimere un giudizio, ma non è detto che si tratti necessariamente di notizie negative”. Perché, chiede il cronista, visto che dieci anni di lavoro sono stati considerati inutili dalla Cassazione? “Non è così -risponde il pm- Se i giudici accoglieranno anche nel merito l’impostazione del procuratore generale Iacoviello, è possibile che questa sentenza abbia risvolti positivi sull’inchiesta per omicidio che è già partita la scorsa primavera”. Si riferisce all’inchiesta sugli oltre 200 decessi per mesotelioma dal 1976? “Sì, siamo pronti per andare avanti”.
Su La Stampa: Guariniello pronto a rilanciare con il processo bi per omicidio”, “Sconfitta la strategia della Procura, ma la battaglia prosegue”. Ricorda il quotidiano che l’inchiesta “Eternit-bis” si era conclusa a luglio con l’avviso di chiusura indagini per 213 morti per amianto: il reato su cui si è lavorato non è disastro, ma omicidio. E sarà omicidio volontario perché il “viatico” è in una frase che il Procuratore generale Iacoviello ha pronunciato nella sua requisitoria: “Per me l’imputato è responsabile di tutte le condotte a lui ascritte”, “di fronte al dilemma tra giustizia e diritto, il giudice deve scegliere il diritto”.
Il Fatto spiega che gli avvocati del manager svizzero Schmideiny (Franco Coppi e Astolfo D’Amato), che ha guidato l’azienda dal 1976 in poi, hanno definito il loro assistito “la vittima di un pregiudizio della magistratura italiana, che ha voluto nei processi di primo e secondo grado a tutti i costi individuare in lui il responsabile di una strage”. La colpa, sostengono i legali secondo il quotidiano, sarebbe invece di chi ha gestito l’azienda prima di lui. Il procuratore generale Iacoviello ha quindi sostenuto la tesi che Schmidheiny è sì responsabile, ma che i reati sono prescritti perché il reato di “disastro ambientale” è terminato con la chiusura degli stabilimenti Eternit nel 1986. Quindi la prescrizione sarebbe già scattata.
Su La Stampa segnaliamo la riflessione di Vladimiro Zagrebelsky sul ruolo attribuito nel nostro ordinamento alla Cassazione, nata per assicurare “l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge”. Tuttavia il giurista sottolinea che “se non è possibile dire che le interpretazioni adottate dai primi giudici fossero ‘esatte’ e sia ‘sbagliata’ quella della Cassazione, è però lecito se non c’era davanti ai giudici una scelta, ragionata e seriamente argomentabile, che metteva d’accordo diritto e giustizia e un’altra che proclamava summum jus, summa injuria”.
Sul Corriere Marco Imarisio scrive: “La prescrizione decorrerà senza dubbio dal momento in cui Eternit chiuse, nel lontano 1976. Ma quelli che conoscono Casale Monferrato e le altre città colpite da questa morte bianca che non conosce prescrizione sanno che l’effetto sarà devastante, allontanerà intere comunità fatte di gente perbene e senza fortuna dalla giustizia”. Lo stesso quotidiano spiega che è crollato il “castello costruito dal pm di Torino Guariniello che però rassicura: ‘Il reato c’è. Non demordiamo. Ora apriremo il capitolo omicidi’. Mentre il magnate assolto dichiara: ‘L’Italia è l’unico Paese che vuole risolvere la catastrofe dell’amianto attraverso processi. Sarebbe meglio abbandonarlo”. Il Pg Francesco Iacoviello, che aveva chiesto l’assoluzione per prescrizione, aveva ammonito: “Per i reati come le morti per amianto, che ha una latenza di decenni, serve un intervento legislativo, perché a volte diritto e giustiza vanno da parti opposte”. “Parole che avevano suscitato l’applauso delle parti civili, convinte di ascoltare la conferma di condanna a 18 anni per Schmidheiny”.
Il Sole 24 Ore ricorda che in questi anni sono state almeno 1500 le persone che hanno accettato una transazione con Stephan Schmidheiny. Hanno rinunciato ad ogni ulteriore azione contro Eternit, e dunque compiuto una “scelta dolorosa”, scrive il quotidiano. La sentenza di ieri ha fatto decadere le richieste di indennizzo decise dai giudici di primo e secondo grado

Sciopero

Sul Sole 24 Ore si legge: “Sciopero generale il 12 dicembre. Barbagallo (Uil) con Camusso. Poletti non parla al congresso Uil. Fischi dei delegati”. Il quotidiano spiega che la Cisl non condivide le ragioni dello sciopero generale. Anna Maria Furlan giudica “le motivazioni troppo generiche ed ha espresso un giudizio diverso sul Jobs act, avendo sostenuto che con le modifiche della Camera il testo sta cambiando in meglio”.
Accanto: “Squinzi: in momenti come questi gli scioperi non risolvono nulla”. Nell’articolo si legge che il presidente di Confindustria ha aggiunto: “‘Le attività produttive sono talmente basse che gli scioperi non fano assolutamente grandi danni, forse è anche un vantaggio'”. Squinzi ha anche ricordato che da un anno e mezzo Confindustria e sindacati hanno fatto un accordo sulla rappresentanza, “ora stiamo aspettando che si mettano d’accordo tutti e tre”.
Il Corriere commenta “quelle parole di Squinzi sullo stop sindacale” e scrive che “probabilmente c’è un fondo di verità da parte di uno che le imprese le conosce bene”. A commento, si cita Giampaolo Galli, parlamentare Pd ed ex capo economista di Confindustria: “Lo sciopero crea molto danno quando la domanda tira e l’impresa rischia di perdere clienti. Ora, invece, in certe aziende e in alcuni settori potrebbe esserci un vantaggio. In ogni caso non creera grandi problemi al sistema produttivo, anche perché credo che la partecipazione dei lavoratori sarà molto bassa perché le motivazioni dello sciopero sono debolissime”.
Da segnalare sulla riforma del lavoro due interviste del Sole 24 Ore a Filippo Taddei, responsabile economico del Pd, ed a Cesare Damiano, presidente della Commissione lavoro della Camera, pure Pd.
Il titolo dell’intervista a Taddei: “Contratti più convenienti”. “Nuovi diritti a chi non li ha come i cocopro e le finte partite Iva”.
Quello dell’intervista a Damiano: “Passi avanti su disciplinari e controlli”.
Il Corriere intervista l’ex ministro Elsa Fornero: “‘Sui licenziamenti si segue la nostra linea. Fi Bersani a frenarci'”. Ma, dice, sui licenziamenti disciplinari “la soluzione trovata mi sembra rischi di essere in parte sbagliata e in parte illusoria”, perchè toglie potere discrezionale al giudice: “Se c’è una controversia a decidere deve essere un terzo. Non vedo chi se non un magistrato”, e comunque il margine di discrezionalità “potrebbe rientrare dalla finestra”.

Rai

Dopo il buon inizio della Ipo di Rai Way, Il Sole 24 Ore intervista il direttore generale dell’azienda Luigi Gubitosi, alla luce della “spaccatura nel consiglio della Rai (con le dimissioni di Luisa Todini) sulla decisione di fare causa al Governo contro il prelievo di 150 milioni di euro dal canone degli abbonati alla tv pubblica”. Nella giornata di ieri le azioni collocate a 2,95 e salite fino a 3,12 euro, sono scese di nuovo attorno ai 3 euro. Dice Gubitosi: “La scelta del ricorso contro il Governo proprio il giorno del debutto di Rai Way non può farmi certamente piacere e non manda un bel segnale al mercato. Ma un’operazione ben gestita in ogni fase e il cui valore è stato immediatamente recepito dagli investitori non può passare in secondo piano per eventi che nulla hanno a che fare con le logiche industriali e finanziarie che le sono alle spalle”. E ancora: “Nella mia esperienza professionale e nelle grandi aziende in cui ho lavorato, come Fiat, Wind e Merrill Lynch, le decisioni dell’azionista sono legge e i suoi rappresentanti nel board non fanno ricorsi giudiziari per bloccarle”. Il prelievo deciso dal governo è pesante, ma “la quotazione di Rai Way ha risolto più di un problema, compreso questo”. Gubitosi definisce anche “fondate” le critiche sulla eccessiva presenza di giornalisti Rai al seguito del premier al vertice australiano G20: “Ciò che è successo è esattamente il motivo per cui stiamo cercando di superare una struttura dell’informazione che posso definire senza esagerazione la più complessa del mondo. Una riforma seria dei modelli operativi della nostra struttura giornalistica permetterebbe di eviatare inutili duplicazioni e sprechi di risorse”.

Su La Repubblica: “Rai, il Cda si ribella al governo, ‘No al taglio di 150 milioni’. Todini lascia: ‘E’ immorale’”, “Anche il dg Gubitosi attacca: un atto inopportuno. Il Pd chiede le dimissioni di Colombo e Tobagi”. In basso, il “retroscena” di Annalisa Cuzzocrea e Aldo Fontanarosa: “Il direttore generale alza il tiro: ‘Chi vota contro l’azionista ha il dovere di dimettersi’”. E il quotidiano intervista Luisa Todini, dimessasi ieri dal Cda, essendosi dissociata dal voto della maggioranza dei consiglieri contro il prelievo da 150 milioni alla Rai chiesto dal governo. Il quotidiano ricorda che è stata eletta in Cda in quota Pdl-Lega nel 2012 e sei mesi fa è stata nominata dal presidente del Consiglio presidente di Poste Italiane. Il presidente della Commissione Vigilanza Rai Roberto Fico (M5S) ne chiedeva le dimissioni per “conflitto di interessi”. Dice che il voto del Cda è una “decisione irresponsabile” e che è “giusto ridurre le spese anche accorpando i tg”. Spiega Todini: “L’articolo 21 delle legge 89 del giugno scorso all’articolo 21 prevede un contributo di 150 milioni a carico della concessionaria pubblica del servizio radiotelevisivo nel quadro della politica di spending review. Il governo è il nostro azionista, la richiesta è legittima”.
La Stampa intervista il presidente della Commissione Vigilanza Fico, che commenta così la scelta del Cda di ricorrere contro la decisione del governo: “Ce lo aspettavamo. Adesso bisogna liberare il Consiglio dai partiti”. Se lo aspettava “per come andavano le cose” perché, dice, “era un procedimento che andava avanti da tempo ormai. Voglio sottolineare che ci sono stati atti di diffida da parte dei sindacati per fare pressione sul Cda. Insomma, l’azienda è rimasta uniota e il Consiglio non se l’è sentita di dire no”.
Il Fatto: “Rai fa ricorso e il governo va in guerra: ‘Via tutti’”.
Su Il Giornale: “Viale Mazzini vota il ricorso contro il taglio di 150 milioni e i bersaniani ne approfittano per fare lo sgambetto al premier. Intanto il cda Rai si spacca e Luisa Todini lascia mettendo in minoranza il dg Gubitosi”. Secondo il quotidiano Renzi dovrebbe “tenere ‘d’occhio” la Rai, che sarebbe “cartina di tornasole dei rapporti di forza più reconditi”. Quello che è successo ieri sarebbe il segno che le elezioni a primavera sono più vicine.

Politica
Su La Repubblica, un’intera pagina è dedicata alla legge elettorale, dando evidenza alle considerazioni espresse dall’ex presidente della Corte costituzionale Gaetano Silvestri nel corso di un’audizione al Senato: “’L’Italicum deve valere anche al Senato’”, “L’ex presidente della Consulta, Silvestri: non si può votare con una legge che vale solo per la Camera”. Il tema viene ripreso anche nella rubrica “Il punto” di Stefano Folli, sulla stessa pagina: “Il rischio del cortocircuito tra bicameralismo e legge elettorale”, “Pensato per il monocameralismo, il nuovo sistema di voto dovrà essere applicabile anche per la Camera Alta”.
Sarebbe “più lontano il voto anticipato” per Il Sole 24 Ore, che considera “decisiva” l’audizione, ieri, dell’ex presidente della Consulta Silvestri. Silvestri ha detto “senza giri di parole” che serve una norma che estenda l’applicazione dell’Italicum anche al Senato, “ipotesi che il testo attuale non prevede perché alla Camera la minoranza Pd, sostenuta dal Ncd, ottenne la soppressione dell’articolo 2 che regolava l’elezione per Palazzo Madama”. Allora la scelta fu fatta per impedire un rapido ritorno alle urne. Ora, dice Silvestri, se si andasse a votare l’unica via sarebbe quella di votare in entrambi i rami con il “Consultellum”, “ovvero il sistema uscito dalla sentenza ella Corte Costituzionale, un proporzionale pure con preferenza unico”. Sarebbe insomma “impossibile” votare con due sistemi diversi, uno per la Camera e uno per il Senato.
Il Fatto ha a pagina 2 un “colloquio” con Berlusconi al San Raffaele, dove cura un’uveite: “Berlusconi in corsia: ‘Io non ci sto più. Il Patto è rottamato’”. E si spiega l’addio: “Colpa del premier, cambiate le carte in tavola”. Dice l’ex Cavaliere: “Il problema è il premio di maggioranza alla lista anziché alla coalizione. Il Nazareno era un accordo tra persone interessate al bene del Paese. Se dopo ogni incontro c’è qualcosa che deve essere rivisto, le modifiche devono essere fatte da entrambe le parti”. Un articolo nella pagina accanto spiega poi che Berlusconi avrebbe litigato con Gianni Letta proprio sulla questione del proseguimento o meno del Patto del Nazareno, che Letta vorrebbe non fosse rotto. Per questo avrebbe ingiunto a Letta di non recarsi ad un incontro cui avrebbe partecipato Walter Veltroni (“finiresti per parlare bene delle larghe intese”, avrebbe detto Berlusconi). Il titolo dell’articolo: “Litigata con B., Letta rinuncia a Veltroni”, “Zio Gianni costretto a cancellare l’incontro con il ‘suo’ candidato alla presidenza della Repubblica”.

Internazionale

Sul Corriere Massimo Gaggi si sofferma sulla “doppia sfida di Obama con il Congresso”. Il Presidente ha annunciato per domani il decreto per legalizzare cinque milioni di immigrati clandestini. “Non è la sanatoria definitiva che aveva promesso per risolvere una volta per tutte il problema degli 11 milioni di immigrati clandestini che vivono negli Usa”, visto che “per una riforma del genere era necessario il voto del Parlamento che non è mai arrivato”, ma “benché temporanea e di portata assai più limitata”, la norma segnerà una svolta. Si tratta di una “sospensione temporanea delle deportazioni”, campo nel quale le Corti riconoscono al governo ampia discrezionalità. E’ una misura amministrativa che non intacca il potere del Parlamento, e riguarda circa 5 milioni di immigrati, 4 dei quali individuati secondo la durata della loro permanenza e sui legami con persone regolarmente residenti.
L’annuncio è arrivato ieri, mentre il Senato, con un voto a sorpresa, bocciava il provvedimento sulla limitazione della sorveglianza della Nsa sul traffico telefonico e internet, norma che aveva raccolto anche il consenso di alcuni senatori della destra.
Il Giornale: “Bocciato Obama, l’America può continuare a spiare. Riforma delle intercettazioni, batosta per la Casa Bianca: la sicurezza vale più della privacy”. “Il datagate finisce nel nulla”.
Ancora sul Corriere si legge che negli Usa i “cyber guerrieri mascherati” di Anonymous ieri si sono schierati “contri i razzisti con il cappuccio” del Ku Klux Klan, diffondendo i loro nomi e le loro identità, e dati sulla loro vita privata. “In alcuni casi hanno anche assunto il controllo degli account su Twitter o lasciato foto per ridicolizzare gli avversari”.
Sul Sole 24 Ore: “Gerusalemme, Israele prepara la risposta. Rasa al suolo la casa di un palestinese responsabile di un attentato. Al via nuovi insediamenti”. “Il governo valuta un’azione militare sul modello di quella della seconda Intifada”. La proposta è del ministro Naftali Bennet. L’ex direttore dello Shin Bet Ami Ayalon l’ha definita “irrealizzabile”.
Sul Giornale: “Israele non ci sta. Demolite le case dei jihadisti solitari. Non accadeva dal 2009: torna la politica degli abbattimenti per colpire i terroristi. Ma il problema è la cecità dell’Occidente”, scrive il quotidiano.
Su La Repubblica il lungo reportage da Gerusalemme di Fabio Scuto: “Check point e soldati, ecco il nuovo ‘Muro’. Netanyahu fa distruggere le case degli attentatori”. E’ la risposta di Israele all’attacco alla sinagoga ma, scrive Scuto, “persino i Servizi temono ritorsioni”. E sono stati rafforzati i controlli alle fermate dei bus. Rosalba Castelletti, sulle stesse pagine, intervista lo scrittore israeliano Etgar Keret: “Più il conflitto diventa religioso, più si allontana la soluzione”, dice.
La Stampa, con il corrispondente Maurizio Molinari, scrive che “Israele adesso teme un’Intifada religiosa, ‘C’è il virus dell’Isis’”, “Escalation di violenza, il consigliere di Rivlin lancia l’allarme: ‘Gli attentatori hanno agito ispirati dai messaggi del Califfo’”. E la storia raccontata a fondo pagina: “Così Gerusalemme impara a convivere con i ‘lupi solitari’”, “le regole base: conoscere la mappa della città ed evitare la folla”.

E poi

Un “retroscena” occupa le prime tre pagine del Corriere della Sera. Si parla dei timori di un attentato al Papa, e si parte da una mancata visita del Papa in Kurdistan, dove avrebbe voluto recarsi al ritorno da un viaggio in Corea del sud. : “I servizi segreti lo hanno fermato, elencandogli i pericoli che il cambio di programma avrebbe rappresentato. L’episodio riaffiora in questo autunno inoltrato, mentre i timori sulla sua sicurezza si sono impercettibilmente impennati”. Si scrive che “Francesco vive con una punta di insofferenza le misure di sicurezza. Ne sanno qualcosa alla Gendarmeria vaticana, che all’inizio ha faticato per convincere il primo pontefice argentino ad accettare un minimo di prevenzione”, non è “un Papa molto gestibile”. Il timore è soprattutto che “qualche affiliato europeo, per imitazione prepari un’azione dimostrativa fai-da-te: magari utilizzando un drone da pilotare su piazza San Pietro durante un’udienza. ‘Per ora’, viene spiegato, ‘il pericolo non è quello di grandi attentati ma dell’atomizzazione dell’eversione'”.
Ancora sul Corriere, alle pagine della cultura, si dà conto dell’intenzione del ministro Franceschini, con un emendamento alla legge di Stabilità, di fissare al 4 per cento l’Iva anche per i libri elettronici, tema molto popolare sulla rete. “Iva al 4 per cento per i libri digitali. L’emendamento di Franceschini. La norma dovrebbe entrare nella legge di Stabilità. Ma c’è l’ostilità dell’Europa”.

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