Putin e l’atomica

Il Corriere della sera: “Risparmio, duello con l’Europa. Sotto la lente UE il piano di Padoan. Un pensionato perde tutto e si uccide”. “Bankitalia interviene: i paletti di Bruxelles hanno impedito un salvataggio meno doloroso”.
Tra i commenti quello di Francesco Giavazzi: “Gli inutili ripensamenti”.
Di spalla: “Angela Merkel persona dell’anno. È la cancelliera del mondo libero”.
A centro pagina, con foto: “L’insopportabile strage dei bambini” sui numeri dei migranti morti in mare, anche bambini.
Accanto: “Putin contro l’Isis: spero non servano le armi nucleari”.

La Repubblica: “La svolta Usa: ‘Siamo in guerra’. Francia, una Guantanamo anti-Is”, “Putin evoca l’atomica. Lavrov: ‘Il Califfo vuole la Libia, attenta Italia’. L’Iran: Al Baghdadi è a Sirte”.
Il quotidiano ha intervistato il ministro degli Esteri russo Lavrov: “Tripoli verso il caos ma Mosca è pronta a sostenere Roma”, dice.
Una seconda intervista sul tema della lotta al terrorismo è quella al Garante della Privacy europeo, Giovanni Buttarelli, che parla del Pnr, Passenger Name Record: “Allarme del garante dei dati europeo: la stretta sui voli non fermerà la Jihad”.
A centro pagina, la copertina di Time: “’Time incorona la Merkel. Trump: dovevo vincere io”.
Più in basso: “Salvabanche: perde tutto, si suicida”, “Bruciati con l’Etruria 110mila euro di risparmi, shock a Civitavecchia”.
In apertura a sinistra, la politica: “Appello dei sindaci, sinistra spiazzata. Renzi: ma la mossa può servire a unire”.
E di questo tema si occupa il retroscena di Tommaso Ciriaco e Goffredo De Marchis: “Il premier pensa già ai ballottaggi”.
Sulla colonna a destra, un intervento dello scrittore Khaled Hosseini: “Fermiamo la strage infinita dei bambini”, “Settecento morti in mare dall’inizio dell’anno. Ieri un altro naufragio”.

La Stampa: “Isis, Putin evoca la bomba atomica”, “Missili da un sommergibile su Rqqa. Mosca offre aiuto sulla Libia, e sul nucleare dice: speriamo di non usarlo”, “Gli Usa accelerano i piani di guerra: truppe speciali ed elicotteri agli iracheni”.
A centro pagina, grande foto di Donald Trump davanti ad uno dei suoi alberghi a New York: “Trump, miliardi di chiacchiere”, “Viaggio nella New York del candidato: le proprietà sono solo un miraggio”, di Gianni Riotta. Di Trump scrive anche Paolo Mastrolilli: “La nemesi di un Paese ‘corretto’”.
In prima anche la scelta del settimanale americano Time, che ha designato la cancelliera Merkel come “persona dell’anno”: “Time incorona Frau Merkel. Ma per lei ora la sfida più dura”, “Berlino, la Cancelliera alla resa dei conti con la minoranza del suo partito su un doppio fronte: rifugiati e frontiere”. Di Tonia Mastrobuoni.
Per quel che riguarda le notizie italiane: “Salva-banche, perde 110 mila euro e si uccide”, “Civitavecchia, pensionato di 68 anni”, “Bankitalia: basta obbligazioni ai risparmiatori”.
In prima anche un editoriale di Stefano Lepri sul petrolio e l’Italia: “Il barile a basso prezzo aiuterà il Pil”.
Il quotidiano oggi arriva in edicola con “Origami”, che questa settimana è dedicato al dibattito sull’orario di lavoro.

Il Manifesto ha in apertura la foto di un gruppo di sindaci in fascia tricolore. Il titolo fa riferimento all’appello lanciato ieri dai sindaci “arancioni” Pisapia di Milano Pisapia, Doria di Genova e Zedda di Cagliari: “Mal Comune”, “Con una lettera-appello, i sindaci arancioni Pisapia, Doria e Zedda chiedono di andare alle elezioni di primavera con un’alleanza di centrosinistra che il governo Renzi ha demolito. In ballo le primarie di Milano, dove la candidatura di sala spacca la sinistra. Fassina al manifesto: il destinatario è il premier”.
Al tema è dedicato l’editoriale del direttore Norma Rangeri: “La campana del voto utile”.
A centro pagina: “Putin evoca l’uso delle atomiche, ma poi frena, ‘non servono’”, “Caos della guerra all’Isis, monito a Califfato e Occidente” .
Di fianco le notizie dall’Afghanistan: “A Kandahar attacco talebano all’aeroporto. E’ una prova di forza con l’Isis e con la Nato”, scrive Giuliano Battiston.
A fondo pagina, il dopo-elezioni in Venezuela, con un’intervista al presidente sconfitto Nicolas Maduro di Geraldina Colotti: “Maduro: ‘Nessuna resa, difendiamo le nostre conquiste”, “Abbiamo fatto errori, ma per il socialismo bolivariano è persa solo una battaglia”.
Sulle elezioni regionali francesi, con foto di Nicolas Sarkozy: “Tasse e migranti. Sarkò ora fa il verso al Front National”, “Secondo turno regionali e corsa all’Eliseo. La brusca virata a destra agita le acque tra Les Républicain”, di Anna Maria Merlo, da Parigi.

Il Giornale: “Salvabanche, ci scappa il morto. Un pensionato perde 110mila euro per il crac di Banca Etruria e si impicca. Renzi intervenga. Bankitalia, governo, Ue: scaricabarile sui clienti ‘fregati’”.
Di spalla: “Ora Putin evoca la bomba atomica. E gli Usa ammettono: ‘Con l’Isis è guerra’”.
Da segnalare anche un articolo di Paolo Guzzanti sugli Usa: “Trump funziona perché scandaloso. È lo zar d’America”.
A centro pagina: “Le toghe su fanno la guerra (per la pensione). Il Consiglio di Stato ‘salva’ i magistrati 70enni dal ritiro. Il CSM fa ricorso”.

Il Sole 24 ore: “Pechino svaluta lo Yuan ai minimi da quattro anni. La Banca centrale cinese ha fissato la quotazione del renminbi a 6,414 dollari. L’euro si rafforza e sfiora 1,1 dollari. Borse in ribasso”.
A centro pagina: “Bankitalia: stop UE sul fondo tutela. Suicida pensionato che aveva investito 100 mila euro in bond bancari. Via Nazionale: l’intervento è stato la scelta meno cruenta. Bruxelles replica: da noi ok a più soluzioni”.
Da segnalare sul quotidiano di Confindustria un forum con Raffaele Cantone: “‘La corruzione colpisce Pmi ed innovazione, ora un rating delle imprese’”.

Putin, Isis

La Stampa, pagina 2: “Putin evoca l’arma atomica, ‘Spero di non doverla usare’”, “Missili su Raqqa da un sottomarino. La Russia offre aiuto all’Italia sulla Libia”. Lucia Sgueglia, da Mosca, racconta come il presidente russo abbia “lasciato cadere”, nel corso di un incontro con il ministro della Difesa Shoigu, le frasi seguenti: “potremmo usare l’arma nucleare” contro l’Isis in Siria, “ma naturalmente, spero che non ce ne sarà mai bisogno”. E’ il suo “tipico fraseggio” -nota Sgueglia- che ricorda la crisi ucraina (diceva “se volessi potrei arrivare a Kiev in due settimane”). Quella parola pronunciata da Putin, al secondo mese delle operazioni militari in Siria, “sa di minaccia o flessione dei muscoli, ma è anche un tentativo di soppesare le forze in campo, nel momento in cui le due coalizioni anti-Isis sembrano riformularsi, con l’incontro a Riad di diverse fazioni dell’opposizione siriana e quello dell’International Syrian support group previsto a New York il 18 dicembre, che Mosca potrebbe boicottare per evitare il delinearsi di sgraditi assi trasversali”. Il riferimento fatto da Putin “è ai nuovi missili da crociera Kalibr, sparati per la prima volta utilizzando un sottomarino russo nel Mediterraneo, il Rostov sul Don, con l’ormai usuale video di accompagnamento, per colpire due obiettivi ‘cruciali’ dello Stato islamico nella provincia di Raqqa. I Kalibr, ha commentato allora Putin, ‘possono essere equipaggiati sia con testate convenzionali che con testate speciali, cioè quelle nucleari’. Un messaggio indiretto a Washington, che Mosca ha comunque informato preventivamente dell’attacco di ieri (insieme a Israele), fa sapere il Pentagono”. Sgueglia racconta però che il ministro degli Esteri Lavrov, in un incontro con la stampa italiana a Mosca alla vigilia della sua visita a Roma (dove parteciperà al Forum Med) ha smorzato i toni con queste parole: “Non c’è nessuna necessità di usare l’arma nucleare contro Isis, il Presidente ha detto che ce la possiamo fare con le armi convenzionali. Cosa che corrisponde alla nostra dotrina militare”. Dottrina -sottolinea Sgueglia- che sembra aggiustare il tiro di ora in ora, sulla base delle mosse occidentali: per Lavrov, il problema Isis può essere risolto “abbastanza velocemente -ha detto- se si sommano le potenzialità della coalizione americana e della Russia con la creazione di una chiara cooperazione con le forze di terra” già in Siria. Il che vuol dire, secondo la giornalista: sì alla grande coalizione con gli Usa, ma usando l’esercito di Assad.

La Repubblica, a pagina 2, ha un’intervista al ministro degli Esteri russo Lavrov di Nicola Lombardozzi: “Il Califfato vuole la Libia, una minaccia per l’Italia, ma la Russia è pronta ad aiutarvi”, “Solo una coalizione compatta può sconfiggerli. Chi usa le sue antipatie per Assad come ostacolo, le metta da parte”. Spiega Lavrov a proposito di Libia: “Il Califfato vuole fare di Sirte una filiale di Raqqa. Per l’Italia è un problema serio. Noi siamo pronti ad aiutarvi”. Lombardozzi cita le notizie diffuse dall’agenzia iraniana Fars, secondo cui il Califfo Al Baghdadi sarebbe già in Libia. Lavrov: “Non so dove sia Al Baghdadi. Ma abbiamo informazioni su cellule dell’Is insinuate nelle milizie libiche. Il Califfato vuole mostrare di essere un prodotto di successo e mira a espandersi ancora. Per l’Italia è una forte preoccupazione per motivi geografici e storici. Putin e Renzi ne parlano da più di un anno in utti gli incontri. Faremo del nostro meglio per aiutarvi. E sperimo cje tutti si rendano conto del grande errore commesso in Libia quando si pensò che la fine di un regime fosse la panacea di tutti i mali. Bombardare Gheddafi, destituirlo, giustiziarlo in diretta tv, ma senza un progetto alternativo, fu una grande dimostrazione di irresponsabilità”. Il 13 dicembre ci sarà a Roma una conferenza sulla Libia, che posizione assumerete? Lavrov: “Il piano Onu prevede di scavalcare gli speaker dei parlamenti di Tobruk e Tripoli che si trovano su posizioni opposte. Noi appoggiamo questa soluzione, anche se rischiosa”. In Siria gli sforzi per creare una coalizione continuano a non produrre risultati, che sviluppi prevede? “In Siria, tra forze russe, americane e di alcuni paesi arabi moderati, c’è quanto basta per sconfiggere l’Is. Dovremmo fare come nella Seconda guerra mondiale quando, davanti al pericolo nazista, si superarono tutte le barriere. Noi russi siamo i soli ad agire in Siria in perfetta legalità su richiesta del Presidente siriano Assad che, tra l’altro, guida le sue forze di terra contro l’Is. Se i partner nella possibile coalizione continuano a richiedere una data certa per l’uscita di scena di Assad, noi rispondiamo che tutto ciò è contrario al diritto e alla democrazia”, “le coalizioni diventano possibili solo quando si rinuncia a cercare vantaggi geopolitici unilaterali”. Sul jet russo abbattuto dalla Turchia dice: “Quella è una trappola in cui non siamo caduti. E’ molto strano che Ankara non sapesse che l’aereo fosse nostro”. Sulle accuse alla Turchia su traffici di petrolio con l’Is: “Sapevamo da tempo come i terroristi usino il territorio turco per i loro traffici, ma non potevamo credere che vi fossero coinvolte tutte le autorità di Ankara”.
Sulla “geopolitica del petrolio” Alberto Negri scrive sul Sole che “già da tempo il dipartimento di Stato Usa sapeva che milioni di dollari affluivano ai gruppi qaedisti e poi al Califfato da Arabia Saudita, Qatar, Kuwait (Country report on Terrorism, 2013), ma Washington aspettava che facessero fuori Assad da soli. L’intervento di Putin ha tolto la speranza di una vittoria e l’Iran, che aveva dovuto rinunciare al nucleare, adesso ha un alleato con l’atomica: gli americani devono salvare la faccia dei loro impresentabili alleati, che sono anche nostri clienti”.

Islamisti

Su La Repubblica: “Bataclan, identificato il terzo killer”. Foued Mohamed Aggad, questo il suo nome, aveva 23 anni e viveva a Strasburgo. Era quindi un francese tornato dalla Siria. Esattamente come gli altri due. Il padre racconta di averlo visto per l’ultima volta due anni fa: “se avessi saputo, l’avrei ucciso prima”, ha detto. Secondo l’avvocato della famiglia è stato un sms inviato dalla Siria alla madre dieci giorni fa a consentire di risalire alla sua identità: “tuo figlio è morto da martire come gli altri fratelli il 13 novembre”, le hanno scritto.
Da La Repubblica segnaliamo anche un’analisi di Renzo Guolo: “L’Is, anatomia di una radicalizzazione”. Guolo sottolinea che, per parlare della strage del Bataclan o di San Bernardino, il termine “radicalizzazione” ricorre spesso, in particolare nel mondo anglosassone o francese, “da sempre attento alle fasi che precedono il passaggio alle formazioni, o alle azioni, di tipo jihadista. Nella discussione italiana, invece, è ancora dominante il termine terrorismo, spesso legato, più che all’efficacia descrittiva, a una concezione rovesciata del political correct. Una confusione che impedisce di distinguere il prima e il dopo, la fase che conduce a imboccare la via del jihad con la pratica del jihad”. Il rimando alla radicalizzazione, insomma, “concentra l’attenzione sul prima, sulle fasi che precedono la scelta jihadista. Lo sguardo è rivolto non solo alle cause politiche, ma anche alle componenti sociologiche, antropologiche, psicologiche, che conducono l’individuo all’azione”. E “il focus sui processi di radicalizzazione chiama in causa lo spazio della politica”.

Trump

“Donald stile Putin funziona perché scandalizza gli Usa” scrive Paolo Guzzanti su Il Giornale. Nei sondaggi “seguita a crescere” sia perché è “di sua natura un capobranco aggressivo e spudorato” ma anche perché “osa varcare ogni regola della buona creanza”. Le sue dichiarazioni “non più un solo islamico entri negli Usa” fatta dopo San Bernardino è una cosa che “tutti pensavano” ma nessuno osava dire.
Sul Corriere si parla di Huma Abedin, la vicepresidente del comitato elettorale per Hillary Clinton che in una mail “diffusa a tappeto” ha scritto di essere “orgogliosa di essere musulmana” ma che non c’è bisogno di condividere la sua fede per condividere il suo disgusto per le affermazioni di Trump. Il messaggio implicito nella scelta della mail, scrive il quotidiano milanese, è che l’immagine di Clinton competente e razionale “non basta più” contro Trump. E se è il momento di Trump “allora è anche il momento di Huma Abedin” nata nel Michigan da un professore indiano e da una sociologa pakistana, cresciuta a Jedda, laureata alla George Washington University. “Se avessi una seconda figlia sarebbe Huma”, disse di lei Hillary.

Banche

Il Corriere della sera: “Braccio di ferro tra Bruxelles e Roma sul fondo per aiutare i risparmiatori” . Il quotidiano cita le dichiarazioni della Commissaria Vestager che ieri ha fatto sapere al Corriere che “la Ue ha applicato le stesse regole sui salvataggi di Stato ‘valutando nuovi aiuti di Stato in Italia e in Germania’”, replicando così alle critiche su una presunta disparità di trattamento contro il nostro Paese rispetto alle “centinaia di miliardi di fondi pubblici a banche tedesche durante la crisi finanziaria”; critiche arrivate anche dal presidente dell’Abi.
Sul Sole 24 ore Rossella Bocciarelli ricorda che “se ha certamente un senso che il governo ragioni oggi su come dare un aiuto di tipo assistenziale a chi si è trovato di colpo di fronte al baratro della miseria per un investimento sbagliato”, la logica della direttiva europea sul bail in serve ad evitare che “a pagare il conto più salato” di una crisi bancaria non siano i contribuenti e che in caso di salvataggio “debbano essere lasciati fuori sia gli azionisti che gli obbligazionisti subordinati”, proprio perché loro condividono il rischio di impresa. Quello che serve è “un’opera di educazione finanziaria”.
Per tornare al Corriere Daniele Manca e Francesco Giavazzi scrivono che “sarebbe bene non scordare che le regole sul bail in che impongono perdite ad azionisti ed obbligazionisti” oltre che ai possessori di obbligazioni subordinate “sono state votate dalla maggioranza dei deputati italiani al Parlamento Ue”

Francia

Su La Repubblica: “Centri di detenzione per sospetti jihadisti, adesso anche Parigi vuole una Guantanamo”. Ne scrive da Parigi Anais Ginori, dando conto del “progetto shock del premier Valls per rafforzare lo stato d’emergenza dopo le stragi: arrestare in via preventiva, in base a semplici indizi e senza passare per la normale giurisdizione, i potenziali terroristi schedati con la ‘fiche S’. Nella lista dell’intelligence 10.550 persone segnalate per i loro rapporti con organizzazioni islamiste”. Il governo, si legge ancora, ha chiesto un parere del Consiglio di Stato, la carcerazione potrebbe essere rinnovabili di sei mesi. E la proposta non vale solo per gli stranieri ma anche per tutti i cittadini francesi. Rispetto a Guantanamo, scrive Ginori, per i “combattenti nemici” non ci sarebbero tribunali militari: sarebbero i magistrati amministrativi a dover convalidare o meno la detenzione preventiva, fuori però da un procedimento ordinario che preveda l’apertura di un’inchiesta e la difesa dell’indagato.
Sul Manifesto, un articolo di Anna Maria Merlo da Parigi: “Sarkozy sbanda a destra. Buona notizia per Hollande”, “Guerra a tasse e migranti per sedurre gli elettori del Front National”. Sul secondo turno delle regionali di domenica prossima e corsa all’Eliseo Merlo do conto della resa dei conti in vista tra Les Républicains.
Sul Sole, a proposito di elezioni francesi: “Il Front National rischia di restare senza regioni”. “Nonostante sia il primo partito di Francia e nonostante sia arrivato in testa in metà delle regioni potrebbe non conquistarne neppure una”, si legge sul quotidiano che dà conto di un sondaggio del Figaro. Sia nel Nord-Pas-de-Calais che al sud vincerebbe “abbastanza nettamente” il candidato del centrodestra, grazie al “sacrificio” del Ps, il cui leader Valls ha “solennemente invitato gli elettori socialisti a votare per il candidato di centrodestra”; secondo il sondaggio il suo appello è stato ascoltato. Solo in Alsazia-Lorena, dove il candidato socialista non si è ritirato, potrebbe spuntarla il candidato della Le Pen.

Politica italiana 

Il Manifesto dedica molto spazio (le prime tre pagine, sostanzialmente) all’appello lanciato ieri dai sindaci “arancioni” Pisapia, Zedda e Doria a ritrovare “l’unità larga e aperta nel centrosinistra”, in vista delle amministrative. In prima l’editoriale del direttore Norma Rangeri parla di una “lettera mal congegnata” dei sindaci arancioni alla sinistra perché ritrovi le ragioni di un’alleanza con il Pd: “nel tentativo di uscire dalla telenovela delle primarie per scegliere i candidati” alle amministrative, i tre esponenti politici firmano un appello in cui propongono “di replicare l’alleanza di centrosinistra che quattro anni fa li portò al governo delle loro città”. E “nel tentativo di risultare convincenti agitano l’esito delle amministrative francesi. Come se proprio il malgoverno dei socialisti Valls e Hollande non fosse tra le cause dell’accresciuto consenso al Front National di Marine Le Pen. Insomma, ci risiamo con il voto utile”.
A pagina 2: “L’arancione fuori moda”, “La lettera dei sindaci Pisapia, Doria e Zedda, che invitano a ritrovare ‘l’unità larga del centrosinistra’, accolta dal gelo dei renziani e della sinistra. Cofferati: ‘Quella stagione è finita’. Civati: ‘Il dentifricio non rientra nel tubetto’”.
A pagina 3, intervista a Stefano Fassina, che dice: “L’errore è la subalternità”, “Gli apelli vanno bene, ma si rivolgano al premier. E’ lui che ha rotto”.
Oggi è il giorno dello “scontro nel centrosinistra”, come scrive Il Sole che parla di una proposta di alleanza “di stampo bersaniano incentrata su Pd e Sel, vista come alternativa al presunto “partito della Nazione” rivolto al centro”, è dunque anche “prima piattaforma verso il congresso del Pd che si celebrerà a fine 2017 (e c’è già chi ritiene che lo stesso Pisapia possa essere il candidato segretario anti-Renzi, ruolo per il quale sono in campo anche i governatori di Toscana e Lazio Rossi e Zingaretti)”.
La Repubblica, pagina 14: “I sindaci spiazzano i partiti. Sel si divide sull’appello. Pd: ‘Alleanza rotta da loro’”, “Pisapia: ‘E’ un messaggio alla base per aprire un dibattito’. Fava: ‘Va sostenuto’. Fassina: ‘A Roma unità impossibile’”.
Il retroscena di Tommaso Ciriaco e Goffredo De Marchis: “Renzi non chiude la porta, ‘Quella mossa è utile per vincere i ballottaggi’”.
Poi le interviste a Giorgio Airaudo, candidato di Sel a Torino: sfida Fassino. Respinge l’appello dei sindaci e dice: “A Torino no ai dem, solo una sinistra forte può fermare le destre”, “Bisogna ricostruire una rappresentanza, non si può aspettare che Renzi si ricreda”. E a Maurizio Martina, ministro dell’Agricoltura, tra gli sponsor di Giuseppe Sala per le elezioni a Milano: “Facile l’opposizione -dice- ma se ci chiudiamo prepariamo sconfitte”, “Il centrosinistra nelle nostre città deve allargarsi al civismo e rinnovarsi”.
Anche La Stampa intervista Giorgio Airaudo: “Mettere insieme il centrosinistra? Sì, ma a Torino votate per me”.

Sul Giornale viene intervistato Francantonio Genovese, passato da Pd a Forza Italia. È stato segretario regionale Pd in Sicilia, poi indagato e arrestato per una inchiesta sui fondi di formazione regionali, oggi entra in FI e si dice “amareggiato” per il silenzio del PD “che in nessuna sede ha prestato ascolto alla mia rivendicazione di innocenza”. Dice che il 90 per cento “dei miei riferimenti mi resteranno accanto” nella nuova collocazione.

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