Napolitano: ma quale complotto

Il Corriere della Sera non ha un grande titolo di prima pagina. L’apertura è affidata all’editoriale di Massimo Franco: “L’emergenza dimenticata. Rileggere (bene) i fatti del 2011”. A fianco: “Letta: situazione insostenibile. Il Quirinale media con Renzi”. A centro pagina: “Napolitano: nessun complotto. Dopo la ricostruzione di Friedman sul Corriere sui mesi che precedettero la caduta di Berlusconi”. “FI e Grillo attaccano. Il Pd: agì nell’interesse del Paese”. La lettera di Napolitano è titolata: “Ecco la storia reale di quell’anno difficile”.
Le Repubblica: “Forza Italia, attacco a Napolitano”, “’Complottò contro Berlusconi’. Il Quirinale: solo fumo. Renzi 2 ore sul Colle”. A centro pagina, foto dei due fucilieri Latorre e Girone in India: “Marò, l’Europa contro l’India: inaccettabile l’accusa di terrorismo”. A centro pagina anche le notizie su un esposto che chiamerebbe in causa il braccio destro del ministro Cancellieri: “Carceri, appalti sospetti, un dossier in Procura”.
La Stampa: “Vertice sul futuro del governo”, “Renzi da Napolitano su premier e riforme. Letta: dimettermi? Fantapolitica”. A centro pagina: “Merkel alla Svizzera: ‘Siete un problema’”.
Il Fatto: “Monti, intrigo sul Colle. Ora Napolitano è nei guai”. A centro pagina: “Renzi-Quirinale, due ore di cena per il nuovo governo”.

Il Giornale: “Napolitano non è più il nostro presidente”, “provato il tradimento”. “Nel 2011 Re Giorgio tramò in segreto con Monti per fare fuori Berlusconi e il suo governo”. “Renzi accelera: sale al Colle e chiede elezioni ad ottobre”.

L’Unità: “Giù le mani da Napolitano. Asse Berlusconi-Grillo contro il Colle dopo le ‘rivelazioni’ sui contatti con Monti primadelle dimissioni del Cav. Il Capo dello Stato: è solo fumo. Letta: vergognosa mistificazione della realtà”. A centro pagina: “Renzi, faccia a faccia al Quirinale”.

Il Sole 24 Ore: “Produzione di nuovo in caduta. A dicembre l’attività industriale giù dello 0,7 per cento: nel 2013 il calo è stato del 3 per cento. Crollo dei prestiti (-3,8 per cento. ‘Gelata’ sulle aspettative di ripresa dopo una leggera risalita”. Di spalla: “Monti, da FI a M5S attacco al Colle. Napolitano: complotti? Solo fumo”.

Da oggi è in edicola il quotidiano Pagina 99, 16 pagine con una attenzione particolare all’economia. “Grandi manovre per salvare le banche” è il titolo di apertura di oggi, a partire dalle dichiarazioni della scorsa settimana del governatore di Bankitalia Visco sulla ipotesi di creare una “bad bank” per i crediti in sofferenza del sistema bancario.

Napolitano

Il Presidente Napolitano oggi risponde con una lettera al direttore del Corriere, dopo lo “scoop” di ieri, con le anticipazioni del libro di Alan Friedman su Monti, la fine del governo Berlusconi e l’estate del 2011.
“Posso comprendere che l’idea di ‘riscrivere’, o di contribuire a riscrivere, ‘la storia recente del nostro Paese’ possa sedurre grandemente un brillante pubblicista come Alain Friedman. Ma mi sembra sia davvero troppo poco per potervi riuscire l’aver raccolto le confidenze di alcune personalità (Carlo De Benedetti, Romano Prodi) sui colloqui avuti dall’uno e dall’altro – nell’estate 2011 – con Mario Monti, ed egualmente l’avere intervistato, chiedendo conferma, lo stesso Monti.
Naturalmente non poteva abbandonarsi ad analoghe confidenze (anche se sollecitate dal signor Friedman), il Presidente della Repubblica, che ‘deve poter contare sulla riservatezza assoluta’ delle sue attività formali ed egualmente di quelle informali, ‘contatti’, ‘colloqui con le forze politiche’ e ‘con altri soggetti, esponenti della società civile e delle istituzioni’ (vedi la sentenza n. 1 del 2013 della Corte Costituzionale)”. Napolitano ricorda di aver “più volte nel corso del 2011, e non solo in estate”, incontrato Monti, che peraltro era un “prezioso punto di riferimento per le sue analisi e i suoi commenti di politica economico-finanziaria sulle colonne del Corriere della Sera. Egli appariva allora – e di certo non solo a me – una risorsa da tener presente e, se necessario, da acquisire al governo del paese”. E ricorda i “veri fatti, i soli della storia reale del paese nel 2011”: dalla rottura tra Fini e Berlusconi al “manifestarsi di dissensi e tensioni nel governo (tra il Presidente del Consiglio, il ministro dell’economia ed altri ministri”, fino alle “dure sollecitazioni critiche delle autorità europee verso il governo Berlusconi che culminarono dell’agosto 2011 nella lettera inviata al governo dal Presidente della Banca Centrale Europea Trichet e dal governatore di Bankitalia Draghi”. Napolitano poi ricorda che l’8 novembre Berlusconi “da me ricevuto al Quirinale convenne sulla necessità di rassegnare il suo mandato una volta approvata in Parlamento la legge di stabilità. Fu nelle consultazioni successive a quelle dimissioni annunciate che potei riscontrare una larga convergenza sul conferimento a Mario Monti – da me già nominato, senza alcuna obiezione, senatore a vita – dell’incarico di formare il nuovo governo”. Infine: “Mi scuso per aver assorbito spazio prezioso sul giornale da lei diretto per richiamare quel che tutti dovrebbero ricordare circa i fatti reali che costituiscono la sostanza della storia di un anno tormentato, mentre le confidenze personali e l’interpretazione che si pretende di darne in termini di “complotto” sono fumo, soltanto fumo”.

Secondo Alessandro Sallusti Napolitano, incontrando Monti, e “trattando con un privato cittadino il futuro del governo del Paese”, ha “tramato contro il Parlamento e poi mentito agli italiani”. “Ce n’è abbastanza per essere messo sotto stato d’accusa. Ma a prescindere da ciò che farà la politica, da oggi non possiamo più riconoscerlo come nostro presidente”. Sallusti ricorda che – stando alle anticipazioni del libro di Friedman – Monti “corso a St Moritz a spifferare tutto alsuo amico Carlo De Benedetti, finanziere, tessera numero 1 del Pd ed editore di Repubblica. Che uso ha fatto De Benedetti di quella informazione? Ne ha tratto vantaggi economici personali in Borsa? L’ha condivisa con i vertici del Pd favorendo il suo partito di riferimento a scapito dell’ignaro Pdl?”. Per il direttore del Giornale “quella di Napolitano fu una porcata in tutti i sensi”, simile a quelle che tentò prima di lui Fini. Una porcata “fallimentare”, e forse per questo – non certo per riabilitare il nemico Berlusconi – De Benedetti, Monti e Prodi si sono decisi a vuotare il sacco. Stanno scaricando l’ex complice Napolitano diventato non solo inutile ma dannoso, ostinandosi a non agevolare la scalata del nuovo loro idolo Matteo Renzi”.

In prima su La Repubblica un editoriale di Massimo Giannini dal titolo “La politica della paranoia”. Dove si legge che “tra tutti i teoremi complottistici che ingombrano la mente del Cavaliere, quello che riguarda il presidente della Repubblica è, al tempo stesso, il più ridicolo e il più drammatico. E’ il teorema più ridicolo, perché le ‘clamorose rivelazioni’ raccontate da Alan Friedman nel suo libro sono note da tre anni a qualunque italiano medio che abbia letto un giornale. Nell’estate 2011 il governo Berlusconi è già alla frutta e la maggioranza che lo sostiene è già in frantumi”, “che in quella fase Monti sia uno dei possibili candidati alla premiership, contattato da numerosi esponenti dell’establishment politico ed economico, e che il Professore sia uno dei successori che lo stesso Berlusconi già allora teme di più, lo scrivono i quotidiani. Solo ‘Repubblica’, in ben due occasioni: il 4 e l’8 agosto, in altrettanti retroscena”. Poi Giannini ricorda un’intervista dello stesso Monti l’8 agosto al Tg 5, “di proprietà della casata di Arcore”. Al cronista che gli chiede se sia pronto “ad accettare una chiamata in caso di emergenza per l’economia italiana”, il Professore rispondeva, testualmente, “l’emergenza spero venga presto superata”, “se avessi sentito imperativa dentro di me la vocazione di far parte di governi, avrei risposto di sì alla richiesta del centrosinistra, della Lega e del Presidente Scalfaro dopo il ribaltone di fine ’94..Allo stesso modo ho rifiutato l’offerta dello stesso Berlusconi di fare il ministro degli Esteri nel 2001 e di sostituire Tremonti all’Economia nel 2004”.
Il quotidiano intervista Emanuele Macaluso, da sempre vicino al presidente Napolitano. Forza Italia grida al golpe. “Che mascalzoni -risponde Macaluso- Cosa avrebbe dovuto fare il Presidente nell’estate del 2011? La crisi economica era acutissima. Il governo non reggeva più l’urto dello spread. Occorreva una figura affidabile agli occhi dell’Europa. Quella figura era Monti. Napolitano andrebbe piuttosto ringraziato, perché previde quel che stava avvenendo, e che puntualmente si verificò tre mesi dopo: infatti Berlusconi cadde come una pera cotta”.
E alla pagina seguente, intervista a Gaetano Quagliariello, ora esponente del Nuovo Centrodestra e ministro delle Riforme istituzionali, ma all’epoca vicecapogruppo del Pdl: “Eravamo al tracollo, il Colle doveva cautelarsi”, “non avevamo più la forza di andare avanti, altro che complotto”, “quell’estate ci fu una crisi evidente, rapporti complicati del Pdl con Tremonti, con la Lega e l’uscita di molti deputati”. E nella stessa pagina il quotidiano ricostruisce “quei 150 giorni di fuoco che affondarono Berlusconi”, a partire dal maggio del 2011, quando il Cavaliere aveva perso le amministrative e Fini aveva già lasciato la maggioranza, che ora appariva risicata.

L’editoriale del Corriere, firmato da Massimo Franco. invita a “rileggere (bene) i fatti del 2011: “l’idea che di fronte ad una situazione in bilico un capo dello Stato sondi la possibilità di governi alternatvi non deve scandalizzare ma paradossalmente rassicurare”. La tesi “cara a una parte del centrodestra e di colpo a una filiera trasversale di avversari del Quirinale, secondo la quale” il governo Berlusconi “fu vittima di un complotto è comprensibile: permette di scaricare all’esterno le convulsioni e l’epilogo di una fase da dimenticare. Ma suona piuttosto singalere: anche perché se ci fosse stata la congiura Berlusconi non l’avrebbe consentita. Leggere in modo strumentale alcuni episodi avvenuti in quei mesi non basta a restituire credibilità al complotto né a mettere sotto tiro il presidente della Repubblica”.

Il passaggio della lettera di Napolitano con citazione della sentenza della Consulta viene analizzato da Marzio Breda sul Corriere: “La recriminazione del Capo dello Stato sul vincolo della riservatezza assoluta violato”. Dove si ricorda che la sentenza citata è quella relativa al conflitto con la Procura di Palermo sulle intercettazioni.

Oggi le anticipazioni del libro di Friedman offrono una nuova “rivelazione”, con il titolo “Quel piano segreto di Passera per l’economia”. Si tratta di apppunti dell’allora Ad di BancaIntesa Corrado Passera, proposti a napolitano, dal titolo “un grande piano per il rilancio”. Era un elenco di obiettivi da raggiungere e di riforme da fare (c’era anche la reintroduzione dell’Ici, l’aumento dell’Iva al 23 per cento eccetera), che Monti conosceva, e di cui aveva parlato anche con Napolitano, sempre nell’estate del 2011, mesi prima dell’incarico al professore.
“Il Re Badante” è titolo dell’editoriale di Marco Travaglio in prima su Il Fatto: “Soltanto chi si ostina, a dispetto dell’evidenza dei fatti, a ritenere Giorgio Napolitano un presidente super partes devoto alla Costituzione può meravigliarsi per le rivelazioni del nuovo libro di Alan Friedman Ammazziamo il Gattopardo. E cioè del fatto, suffragato da numerose testimonianze, che Sua Maestà contattò Mario Monti per rimpiazzare Berlusconi a Palazzo Chigi fin dal giugno 2011, ben prima dell’impennata estiva dello spread e della conseguente fuga di parlamentari della maggioranza, che l’8 novembre si ritrovò minoranza alla Camera.; l’indomani il Professore bocconiano fu nominato senatore a vita e il giorno 13, subito dopo le dimissioni del Cavaliere, fu incaricato di formare il nuovo governo. Il lettori del Fatto sanno bene di che cosa è stato capace Napolitano in questi otto anni, dunque sono immuni dallo stupore”. E più avanti: “Convinto che l’elettorato sia un bambino immaturo e un po’ scemo da rieducare e accompagnare per mano dove vuole lui, s’è autonominato Badante della Nazione e ha perseguito scientificamente il suo disegno politico a prescindere dal voto degli italiani, e sovente contro di esso. Ma gli alti lai che ora levano i berluscones suonano stonati e infondati: il bilancio delle interferenze e forzature presidenziali è largamente a loro vantaggio , non certo a loro scapito”. A pagina 3 de Il Fatto, intervista a Daniela Santanché, deputata di Forza Italia, di cui si riassume così il pensiero: “’Fu un colpo di Stato: fuori i complici”. E il quotidiano la rubrica sotto il titolo “le trame della finanza”. Ad una domanda sull’impeachment di Napolitano la Santanché risponde: “io spero che ci sia un’azione di Forza Italia per far dimettere Napolitano. Non può più stare al Quirinale”. E sulla stessa pagina un’analisi di Fabrizio D’Esposito spiega che la corsa al Colle è partita. E ci si chiede: cui prodest? La tentazione di Forza Italia di sostenere la richiesta di impeachment dei grillini farebbe saltare “il patto riformista” di Renzi con Berlusconi, che a sua volta va all’attacco del Colle. Poi si cita l’interrogativo posto da Rino Formica, ex socialista e amico di Napolitano: “Il Quirinale fa parte del patto tra Renzi e Berlusconi?”. Alla pagina seguente: “Impeachment, il breve asse Forza Italia si accoda a M5S”, “Fi annuncia l’appoggio alla richiesta di 5Stelle. Ma B frena: non li seguiremo”.
Anche su La Stampa: “’Il Colle preparò in anticipo il dopo-Berlusconi’”, “Forza Italia attacca Napolitano. Ma il Cavaliere sceglie la cautela”. Scrive Ugo Magri che “un assist” alla propaganda berlusconiana è giunto da chi meno Berlusconi si aspettava, ovvero da tre vecchi nemici come Prodi, De Benedetti e Monti. I quali hanno dato conferma a Friedman che Napolitano aveva cominciato a preparare con qualche mese di anticipo il dopo Berlusconi. Si dà conto poi delle reazioni in Forza Italia e si sottolinea che “paradossalmente, a tacere è proprio il leader. Anziché caricare a testa bassa, Berlusconi pare si sia chiesto perché mai De Benedetti e Prodi gli abbiano sventolato davanti un drappo rosso”, tra l’altro proprio mentre il Comitato parlamentare per la messa in stato di accusa sta decidendo se archiviare o meno la richiesta di impeachment avanzata dai Cinque Stelle nei confronti di Napolitano.

Svizzera

Sul Corriere un commento di Fulvio Pelli, consigliere nazionale del Parlamento svizzero, dedicato al voto di domenica sulle politiche di immigrazione. Pelli dice che è “una svolta radicale”, perché “ha rotto con una tradizione di pragmatico adattamento delle regole alle contingenze internazionali che ha caratterizzato la politica del nostro Pase negli ultimi 150 anni”. Pelli ricorda che in passato “per ben tre volte” gli accordi e le regole europee sulla libera circolazione sono stati approvati dal popolo svizzero. Stavolta “la musica è cambiata” per due ragioni: la prima è “di natura economica”, perché “troppi Paesi intorno alla Svizzera sono finiti in una profonda crisi finanziaria e di sviluppo economico”, e dunque il Paese “ha visto aumentare in modo sproporzionato l’affluenza di lavoratori europei sul suo territorio: tedeschi, francesi, italiani, spagnoli e portoghesi, qualificati e quindi anche alternativa professionale ai residenti”. In Svizzera la presenza straniera è al 25 per cento. La seconda ragione è politica: da diversi anni la comunità internazionale preme per un “cambiamento di costumi” e la Ue “manifesta una notevole aggressività vers il nostro Paese, al quale vuole imporre le proprie regole”. E viene citata anche l’Italia, dopo l’ultima visita del ministro Saccomanni a Berna, che “ci ha detto di voler concludere gli accordi in discussione entro maggio ma contemporaneamente che nel contenuto essi devono essere come li vuole  la politica italiana”. “Non è stato un segnale di grande rispetto”, dice Pelli.
Anche La Stampa dedica una pagina al referendum svizzero che ha dato il via libera alle quote sugli ingressi di stranieri. E racconta “l’ira dei tedeschi su Berna”, che viene ammonita sui rischi di isolamento. La cancelliera Merkel: “prendiamo atto del risultato del referendum e lo rispettiamo, ma dal nostro punto di vista crea notevoli problemi”. Il ministro degli Esteri tedesco Steinmeier, in sintonia con l’omologo francese Fabius: “Credo che la Svizzera si sia fatta male da sola”. Il quotidiano intervista la leader del Front National Marine Le Pen: “Se il popolo può scegliere vota contro gli stranieri. L’Europa dovrà capirlo”.
Sul Sole 24 Ore Adriana Cerretelli forma un commento dal titolo: “La campana svizzera suona per l’Europa”. Si ricorda che il no svizzero, 22 anni fa, allo Spazio economico europeo era stato “clamoroso almeno quanto l’attuale sì al ripristino delle quote all’aimmigrazione. Due voti anti-storici”. Quello di domenica riflete “il malessere euroscettico e xenofobo diffuso in tutta l’Unione” e costituisce un “tonico inatteso” per le forze nazionalistie ed euroscettiche, già pronte ad occupare almeno un quinto dei seggi del prossimo Europarlamento.

Cancellieri, Renzi

In prima su La Repubblica, a firma di Liana Milella: “C’è un dossier che scotta sui tavoli di Palazzo Chigi. Riguarda le carceri e Angelo Sinesio, il commissario che le controlla. Prefetto di carriera caro al Guardasigilli Anna Maria Cancellieri. Era il suo vice a Catania quando lei era prefetto. Era il capo della sua segreteria tecnica quando lei era al Viminale. Ora è il suo uomo di fiducia per i penitenziari”. Un esposto contro di lui parlerebbe di cattiva gestione negli appalti del Piano carceri: “Appalti sospetti e consulenze d’oro, ecco il dossier sulle carceri che imbarazza Palazzo Chigi”. Cancellieri è uno dei ministri che potrebbero uscire dall’esecutivo in caso di rimpasto, secondo i quotidiani delle ultime settimane.
Tutti i quotidiani danno conto dell’incontro di ieri di Renzi con Napolitano (“per il nodo governo”, come scrive L’Unità). Il quotidiano Pd si chiede: “Si allontana il rimpasto, si avvicina la staffetta? Richetti: un governo Renzi inlulso di cambiamento. Forse anticipata a giovedì la direzione”. Lo stesso quotidiano intervista Aldredo D’Attorre: “Per approvare le riforme serve subito un nuovo esecutivo”.
Sul Corriere: “Per Letta ‘situazine insostenibile’. Ma rilancia: io non mi dimetto”. “Il premier vuole garantire di poter puntare fino al 2015 e oltre”. Sulla stessa pagina: “Il sindaco: se è rimpastino meglio le elezioni. Il segretario mantiene il riserbo sull’incontro con il capo dello Stato. I suoi: fra i temi anche la staffetta”. “Secondo il leader Pd il premier vuole dimostrare che non ci sono alternative. ‘Ora si va sull’ottovolante'”.

E poi

Su Il Giornale una intera pagina è dedicata ad una intervista al cardinale Tarcisio Bertone, ex Segretario di Stato del Vaticano: “Vatileaks non è colpa mia. E non influenzò Ratzinger”. “Benedetto aveva già deciso di lasciare a metà 2012. Solo io sapevo e lo spinsi a rinviare”. Bertone racconta che Ratzinger “sentiva il peso dell’età”, e questo “è il motivo fondamentale della sua decisione. Pensava alla giornata mondiale della gioventù in Brasile e diceva: non mi sento di fare questo viaggio alla mia età. Avrebbe voluto annunciarlo prima di Natale ma io, che ero l’unico a sapere, gli dicevo: deve pubblicare il volume sull’infanzia di Gesù, non intralciamo questo dono che fa alla Chiesa. C’era l’enciciclica sulla fede in cantiere, e l’anno della Fede appena iniziato, cercavo di insistere sul rinvio. Ma egli, dopo ulteriore riflessione e preghiera, prese la decisione dell’annuncio nella festa della Madonna di Lourdes”. Bertone parla poi del suo rapporto con Ratzinger, e su Bergoglio dice: “La continuità è di sostanza tra questi due papi. I caratteri sono diversi, come la provenienza e l’esperienza pastorale, ma qui sta il bello!. Il Signore è veramente stupefacente nello scegliere i suoi vicari, originale…”. Su Vatileaks: “Non capisco di cosa dovrei fare ammenda in relazione alla fuga dei documenti riservati che erano sul tavolo del Papa. Mi rammarico di non essere riuscito a frenare lo scandalo. Con Papa Benedetto abbiamo condiviso questa sofferenza e devo dire che mi sono sentito sostenuto dalla sua fiducia. Era un esempio di pazienza e di rettitudine di giudizio”. Sullo scandalo Ior: “Si è esagerato molto. Nei decenni scorsi ci sono stati comportamenti deplorevoli che hanno gettato ombre sullo Ior, ma negli ultimi anni si è avviato un percorso di buona amministrazione e adeguata verifica dei clienti, secondo le leggi antiriciclaggio. Per quanto mi riguarda ho notato che a volte si è attribuito un potere quasi assoluto al Segretario di Stato, come se tutto derivasse da una sua volontà di accentramento, mentre ci sono competenze specifiche esercitate a norma di Statuto. Il board laico del Consiglio di Sovrintendenza, la Direzione generale e la Commissione cardinalizia di vigilanza svolgono ciascuno delle specifiche mansioni”. Infine, alla domanda se sui temi etici in Francesco ci sia un cambio di direzione, Bertone risponde: “Non c’è alcun cambiamenoo della dottrina morale ma un approccio pastorale rivolto alle situazioni del nostro tempo e alle sfide che la cultura dominante ci pone. La Chiesa Madre viene incontro con misericordia ma con chiarezza alle difficoltà che attraversano giovani, famiglie e la società tutta”.
Sul Corriere oggi si racconta del’incontro previsto per venerdì 14 febbraio: Papa Francesco incontrerà in piazza San Pietro i fidanzati che si stanno avvicinando al matrimonio. L’incontro era inizialmente previsto in sala Nervi, ma coloro che hanno aderito sono stati oltr 25 mila, e per questo è stato spostato in piazza, e anche sul web: “Il San Valentino di Papa Francesco, in piazza con 25 mila fidanzati”, il titolo.
Alle pagine R2 de La Repubblica il direttore di Reset Giancarlo Bosetti ricorda Robert Dahl, decano dei politologi americani scomparso ieri. Le sue idee -ricorda Bosetti – avevano molto in comune con quelle di Norberto Bobbio. Il punto fondamentale è la pluralità di poteri in perenne competizione fra loro: si tratta di una “poliarchia inclusiva” che prevede una competizione non solo al momento del voto, ma ad ogni livello della negoziazione sociale.
La Repubblica si occupa di uno studio pubblicato da ‘Critica liberale’, mensile di sinistra liberale diretto da Enzo Marzo, di cui sintetizza così i risultati: “Meno battesimi e matrimoni in chiesa, in vent’anni l’Italia è diventata più laica”, “Rapporto sulla secolarizzazione: in aumento i no all’ora di religione”

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