Monti in Fiat, applausi e polemiche

Il Corriere della Sera: “Scontro finale sulle liste pulite. Su Monti in campo attacchi da Bersani e Berlusconi. Tensione alle Camere, non c’è intesa neppure sulle firme. Il premier: non dissipare i sacrifici”. A centro pagina le inchieste lombarde. “Rimborsi spese facili: indagati altri 37 consiglieri della Regione Lombardi”.

La Repubblica: “Bersani a Monti: no ai partiti personali. Liste, caos in Parlamento. Berlusconi attacca la Chiesa e il Presidente del Consiglio. Il segretario del Pd: noi sempre leali con il governo. L’Agcom: equilibrio in tv anche prima della par condicio”. In prima anche la notizia della visita di Monti ieri allo stabilimento Fiat di Melfi, con Marchionne: “Il premier a Melfi, nasce l’asse con Marchionne”. Un retroscena a centro pagina è titolato: “Il Professore a Pierluigi: ‘avrai bisogno di me’”.

L’Unità: “La sfida di Bersani a Monti. Il premier apre la campagna in casa Fiat. Il leader Pd: basta partiti personali”:

Europa: “La Fiat vuole vendere il modello Monti Due”.

Il Fatto quotidiano: “Monti, benedizione Fiat”, con Marchionne che “battezza la candidatura del Professore alla guida del Polo moderato”.

Il Foglio, con articolo firmato dall’Elefantino: “Arriva finalmente il governo dei padroni. Monti in corsa è la nuova anomalia. Oltre ai partiti nazionali e territoriali (Pd e Lega) e al movimento carismatico di Berlusconi ora è in campo un gruppo di ottimati e di tecnocrati. Al posto del vecchio centro. Il sostegno di un blocco sociale che da Fiat alla Cisl, passando dalla chiesa, è la cosa più interessante”.

Libero: “I volti nuovi di Monti”, con foto di Casini, Pisanu, Mastella, La Malfa, Fini, Buttiglione”: A centro pagina: “Vittoria: il Colle chiede la grazia per Sallusti”.

La Stampa: “Monti: non sprecare i sacrifici. A Melfi gli operai lo applaudono. Stop di Bersani: no ai partiti persona”. “Il premier nello stabilimento Fiat. Elkann: la stabilità non venga meno. Marchionne: in un anno fatte cose ammirevoli”. A centro pagina: “Lombardia, il Consiglio degli indagati”.

Il Giornale: “Mister tasse ha una casa sospetta”. Si parla del ministro dell’Economia Grilli, che avrebbe un “mega appartamento ai Parioli a prezzo di favore”, e un “mutuo più alto del costo. Qualcosa non torna”. A centro pagina, con foto: “Caso Sallusti, sentenza assurda. Napolitano avvia la grazia”.

Il Sole 24 Ore: “Fisco, pensioni, casa, statali: ecco cosa cambia. Oggi voto finale della Camera sulla manovra di fine anno. Rinnovati fino a luglio i precari della Pubblica Amministrazione”. “Primo parziale passo per la riduzione del cuneo fiscale per il lavoro, aumentano le detrazioni Irpef. Gratuiti i ricongiungimenti previdenziali”.

Monti

 Il Sole 24 Ore sottolinea nel titolo gli “applausi degli operai” per il presidente del Consiglio. Nel fronte sindacale presente alla visita mancava Susanna Camusso. Monti ha detto: “Le forze sociali non siano legate a una catena che le inchioda ad un passato che non tornerà”. Scrive il quotidiano di Confindustria che si tratta di “frasi che non seguono il verso della propaganda, ma che invece vogliono seguire ‘l’essenziale linguaggio della verità’ per affrontare il futuro”. E poi: “Non si può riformare un Paese senza accelerare una evoluzione della mentalità”. “Ci è stato detto che siamo un governo tecnico, che non dovevamo occuparci dell’emergenza ma non spiegare agli italiani che è anche attraverso un cambiamento di mentalità che si riacquista una prospettiva di crescita e fiducia in se stessi”. Chiosa il quotidiano di Confindustria che “sembra un manifesto politico, in effetti. Al quale i vertici Fiat aderiscono tant’è che da sinistra sono piombate le critiche più dure sull’endorsement di Marchionne al Monti politico. E in effetti l’Ad di Fiat non si risparmia in lodi”.

Stefano Folli commenta sulla stessa pagina: “La scelta di cominciare la campagna elettorale a Melfi nello stabilimento della Fiat, facendosi accompagnare da Marchionne, rivela non solo un certo coraggio in Monti, ma sopratutto la tendenza a sfidare i luoghi comuni. E’ troppo presto per dire che sarà questa la cifra delle prossime settimane, fino al voto del 24 febbraio, ma è pur vero che il premier quasi dimissionario potrebbe stupire tutti, dimostrandosi capace di parlare un linguaggio diverso dagli altri anche su temi spinosi. Con quali risultati è presto dirlo”. Folli sottolinea che due sono i risultati ottenuti da Monti: “Primo: si è fatto applaudire e non poco dagli operai”, e poi “ha ottenuto il primo attacco da Nichi Vendola”, che, dopo qualche giorno di silenzio, “ieri non poteva non intervenire”. Il linguaggio “diretto” di Monti, che “non nasconde la verità, non la edulcora e anzi rivendica l’asprezza delle scelte fatte”, è uno degli elementi di forza di Monti, secondo Folli. Monti attira il Pd verso un “assetto più moderato e centrista” in nome dell’Europa, e questo ovviamente pone problemi a Bersani, “visto che oggi il suo problema è portare alla vittoria l’alleanza con Vendola e con il socialista Nencini. Essere sfidato da Monti sul terreno della coerenza europea lo infastidisce non poco. Ma il segretario del Pd è il primo a sapere che una intesa post-elettorale con le liste pro-Monti è nella logica delle cose, se appena i numeri saranno favorevoli”. Insomma: “in futuro Pd e Monti dovranno reincontrarsi”.

 

Su La Repubblica, alle pagine dell’economia: “Fiat. Un miliardo sull’impianto di Melfi”, “tra un anno in produzione due Suv. Marchionne promette 17 nuovi modelli per il 2016”. L’azienda, secondo quanto si legge sul quotidiano, entro il 2016 garantirà la piena occupazione a tutti i suoi dipendenti, lancerà 17 nuovi modelli, metterà in campo quella che Marchionne ha definito “una autentica innovazione, che ci consentirà di uscire dall’ingorgo delle produzioni generaliste per puntare a quella gamma premium che gli italiani hanno già dimostrato di saper fare”.

 

Susanna Camusso, ieri assente a Melfi, viene intervistata da L’Unità: “Nessuno mi ha invitata”. Si è trattato di un “gigantesco spot elettorale”, un “evidente caso politico per il modo con cui Marchionne e Monti si sono presentati a Melfi, per la volontà discriminatoria verso la Cgil e i nostri metalmeccanici, per la scelta di impedirci di parlare dove parlano gli altri, di essere presenti dove ci sono il governo, l’azienda, le altre confederazioni”. Dice la Camusso che “c’è una coincidenza sospetta tra l’annuncio di Marchionne e la scelta politica del Presidente del Consiglio, e il sospetto è confermato dal messaggio uscito ieri da Melfi, dalla sovrapposizione tra Fiat e governo. La scelta del tecnico Monti di utilizzare le sue funzioni di governo per la competizione elettorale è un fatto grave. Monti, prima, ha forzato la mano per portare ad una conclusione separata il patto sulla produttivit. Poi non ha accolto la nostra richiesta di intervenire sul tema della rappresentanza, e quindi si presenta con Marchionne a Melfi in questo modo, mentre la Cgil viene esclusa. C’è un vulnus democratico, ho la sensazione che su queste basi Monti voglia avviare la sua campagna elettorale”. E la cronaca di fianco dell’inviato a Melfi porta questo titolo: “Marchionne e Monti insieme al voto”.

 

Anche su Il Fatto: “Monti & Marchionne, patto di potere per guidare il Paese”. Il quotidiano intervista il leader della Fiom Maurizio Landini, che ieri era fuori dai cancelli: “Noi tenuti fuori, e il prof zitto”, “ha benedetto con la sua partecipazione il comportamento discriminatorio della Fiat”, “Monti è venuto a Melfi dove ci sono tre operai licenziati ingiustamente, reintegrati dal giudice, ma che non possono lavorare perché la Fiat li paga ma impedisce loro di riprendere il posto di lavoro”. Poi chiede Landini, sul piano Marchionne: “Dove sarà prodotta la nuova Punto? Come pensa di togliere quote di mercato ai concorrenti per vendere i 400 mila miniSuv all’anno necessari a saturare Melfi e far tornare al lavoro i 5500 dipendenti che oggi stanno più in cassa integrazione che al lavoro?”.

Sulla prima pagina de Il Foglio il direttore Ferrara sottolinea le due anomalie legate alla figura di Monti. Ve n’era una originaria, nel “governo del Presidente della Repubblica”, composto da ministri non designati dai partiti, arrivato quando nel novembre 2011 la coalizione eletta nel 2008 si è dissolta nei numeri e nella credibilità internazionale”. Ora, con Monti “a capo di una coalizione, l’anomalia raddoppia, e non solo o non tanto per la questione della non candidabilità diretta di un senatore a vita. Raddoppia, l’anomalia, perché oltre ai partiti nazionali (il Pd) e territoriali (la Lega), oltre al movimento carismatico personale (Pdl di Berlusconi), ora è in campo un gruppo di ottimati e di tecnocrati che prendono il posto da tempo in esaurimento del vecchio centro politico post-democristiano, e tentano da posizioni di potere e di governo non democraticamente legittimate” la “scalata al potere democratico, quello legittimato dagli elettori, con una scelta di blocco sociale (in sostegno di Fiat e sindacati non classisti) e un programma riformatore che Mario Monti dovrà esporre tra qualche giorno”.

Decreto salva firme

 Il Sole 24 Ore scrive che, quasi archiviato il capitolo legge di Stabilità, in via di approvazione alla Camera, i partiti “se le danno di santa ragione sui testi del governo che riguardano le liste pulite e le firme per la presentazione delle candidature”. Sul primo fronte, la decisione del presidente della Commissione Bilancio del Senato Antonio Azzollini, Pdl, di non dare il parere, non solo ha fatto saltare il Consiglio dei ministri di ieri, che avrebbe dovuto dare il parere definitivo, ma rischia di vanificare la delega al governo per vietare che si candidino condannati a più di due anni di carcere. Complicata la situazione per il decreto firme, dove c’è una guerra “di tutti contro tutti”, e il sospetto che si facciano “regali a qualcuno” è generale. La bagarre è scoppiata ieri alla Camera sull’emendamento La Russa che, secondo il Pd, sarebbe tagliato su misura per lui, ma esonererebbe del tutto dalla raccolta firme anche Fli, Udc, Coesione Nazionale, Popolo e Territorio.

L’emendamento, firmato dal Pdl Ignazio Abbrignani, prevede che non deve raccogliere le firme chi, alla data del 20 dicembre, ha un gruppo parlamentare in uno dei rami del Parlamento. Il Sole riferisce dell’ironia che circola in casa Pd, dove si sottolinea che, guarda caso, proprio in queste ore nasce il gruppo “centrodestra nazionale” di La Russa (insieme a Crosetto e Meloni).

La Stampa: “La Russa dà vita a “Fratelli D’Italia. Con lui i ribelli Crosetto e Meloni”. Nel simbolo, riprodotto ad illustrare l’articolo, si legge: “Fratelli D’Italia”, “nel centrodestra”.

E La Stampa sottolinea come manchi l’accordo in Parlamento sul decreto che riduce il numero di firme necessarie a presentare le liste, facendo osservare che senza chiarezza in proposito sarebbe impossibile andare al voto, a meno di un complicato dietrofront del governo (dovrebbe ritirare il decreto o, secondo alcuni varare un decreto soppressivo di quello già approvato).

L’articolo spiega poi come la norma proposta divida in qualche modo in “figli e figliastri”: “I primi sono quei partiti che per presentare le liste non hanno bisogno di raccogliere le 120 mila firme previste dalla Legge: Pd, Pdl, Idv e Lega. ‘Figliastri’ sonoi tutti gli altri, Grillo compreso. Al fine di renderli meno svantaggiati il governo ha decretato che stavolta le firme si dimezzino”. C’è stato l’k preventivo dai grandi partiti, senonché si sarebbe scoperto che nel decreto è stato inserito a sorpresa un codicillo che in pratica esenta dalla raccolta firme l’Udc e forse, a seconda delle interpretazioni, i radicali. Destra e sinistra vi hanno letto un conflitto di interessi tra il Monti premier e il Monti potenziale capo di una coalizione comprendente Casini. Con la differenza che il Pd si è limitato a mugugnare, e il Pdl ha pensato invece di farsi giustizia da sé, perché, secondo la Stampa, “i berlusconiani si sono accordati con i centristi per far passare un emendamento al decreto che salvi pure La Russa e il suo nuovo movimento alleato con il Pdl”. A questo punto il Pd è insorto ed ha dato via ad un vero e proprio ostruzionismo alla Camera, a cui La Russa ha replicato minacciando di bloccare a sua volta il decreto oggi in Senato. Se La Russa dovesse spuntarla, chi resterebbe a raccogliere le firme? Sicuramente Vendola, i Verdi, la Destra di Storace e il Movimento 5 Stelle.

E poi

 Ieri l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato una risoluzione per la messa al bando della pratica delle mutilazioni genitali femminili. Su La Repubblica segnaliamo anche una intera pagina sulla questione. Una decisione adottata “per consenso”, contro questa pratica che, secondo alcune stime, ha colpito 140 milioni di donne: “Hanno vinto il coraggio e la tenacia, e la convinzione che non tutte le tradizioni sono giuste”, ha commentato la vicepresidente del Senato Emma Bonino che da anni si batte contro le mutilazioni. Soltanto in Africa ogni anno circa 3 milioni di ragazze subisocno questo supplizio, e in alcuni Paesi, come Somalia, Sudan, Eritrea, Gibuti, Egitto, Sierra Leone, Mali, Guinea, è una usanza quasi universale. Il quotidiano riferisce che le mutilazioni sono abbondantemente praticate anche nello Yemen, nel Kurdistan iracheno, in Indonesia. Le vittime sono perlopiù bambine o adolescenti, le mutilazioni vengono effettuate con rasoi, forbici, schegge di vetro, pezzi di latta appositamente affilati. Il quotidiano intervista Assetou Billanonkane, nativa del Burkina Faso e attivista contro le mutilazioni genitali in Italia, con le immigrate. Aveva tre mesi quando sua madre la sottopose alla mutilazione.

 

Da La Stampa: “La Borsa del petrolio compra Wall Street”. Scrive il quotidiano che dopo oltre due secoli di vita, Wall Street ha perso la sua indipendenza, poiché ha accettato di farsi acquistare per otto miliardi di dollari da ICE, Intercontinental Exchange, compagnia di Atlanta specializzata negli scambi di futures legati all’energia. Anche La Repubblica se ne occupa, spiegando che la Ice ha una “ricchezza recente”, legata al business dei derivati sul petrolio e altre materie prime. Il quotidiano ricorda i grandi eventi della finanza americana che hanno attraversato Wall Street, le scene di euforia e di panico degli operatori, e commenta: “Sono comunque già relegate nel passato. L’informatica ha trasferito da tempo la maggior parte delle operazioni fuori dalla Borsa fisica, su reti di computer”. Il New York Stock Exchange ha creduto troppo a lungo di poter dormire sugli allori, mentre altri rivali capivano l’importanza della innovazione, sottraendole quote di mercato e offrendo agli investitori transazioni più rapide e tariffe più basse: “Oggi l’insieme delle piattaforme di scambio che fanno parte del NYSE cattura solo un quarto di tutte le compravendite di azioni sui mercati americani. Inoltre, le azioni non sono il business più grosso né il più redditizio. La vera ragione per cui l’Ice vuole assorbire il NYSE è che vuole acquisire il controllo del LIFFE di Londra, che è una filiale del NYSE. Il Liffe è prevalentemente un mercato di derivati sui bond. E’ proprio qusto il business più importante in termini di volumi di capitali e e di redditività. I titoli derivati sulle obbligazioni, in particolare futures sui titoli di Stato”.

La Stampa sottolinea che la fusione potrebbe ancora esser bloccata dalle autorità di controllo americane ed europee, preoccupate dalla creazione di posizioni di monopolio. Ma le due strutture hanno poche attività che si sovrappongono. E questo potrebbe favorire il via libera all’operazione.

Il quotidiano ricorda anche che una operazione analoga era stata tentata dalla Ice l’anno scorso, alleandosi con il Nasdaq, ma il dipartimento alla giustizia aveva bloccato l’operazione.

Se ne occupa in prima pagina anche Il Sole 24 Ore sotttolineando i riflessi della operazione sui mercati europei, poiché il gruppo Ice-Nyse potrebbe far concorrenza vera all’attuale leader indiscusso dei derivati in Europa, ovvero il listino Eurex.

Lo stesso quotidiano ricorda che l’Ice è un gruppo fortissimo nell’intermediazione delle materie prime che, da qualche anno, tirano più delle azioni.

 

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