Le dimissioni di Bossi.

Le aperture

La Repubblica: “Lega, è finita l’era di Bossi”, “Travolto dallo scandalo si dimette: ‘Chi sbaglia paga e il cognome non conta’”.
A centro pagina, le carte dell’accusa: “Nella cassaforte i soldi per ‘The family'”.
In taglio basso: “Lavoro, scontro Monti-Confindustria”. E “Per finanziare la riforma, stangata sui voli e sugli affitti”.

Corriere della Sera: “Bossi si dimette, i segreti di un addio”, “‘Ho sbagliato a far entrare i miei figli in politica. Paghino tutti, il cognome non conta’. Nelle telefonate i soldi del partito per familiari e Risy Mauro, spunta anche Calderoli”.
In taglio basso: “Partite Iva e licenziamenti. Lite tra Monti e le imprese”.

Il Sole 24 Ore: “Lavoro, più tasse sulla casa”, “Coperture con nuovi prelievi su abitazioni locate, auto aziendali e biglietti aerei. Confindustria: pronti a disdire i contratti”, “Marcegaglia: riforma pessima. Monti: si assuma le sue responsabilità”.

La Stampa: “terremoto Lega, Bossi lascia”, “Al suo posto un triumvirato. L’inchiesta sull’ex-tesoriere: ‘Fondi neri al senatùr'”.
In taglio basso, un’intervista al ministro del Lavoro Elsa Fornero: “Fornero: ‘Marcegaglia sia responsabile'”, “Intervista al ministro, che critica Confindustria per le accuse (‘Testo pessimo’) alla riforma”.

Il Fatto: “Bossi affondato in un mare di soldi”, “Il fondatore scende dal Carroccio dopo 28 anni: ‘C’è di mezzo la famiglia’. Triukmvirato Maroni-Dal Lago-Calderoli (citato nell’inchiesta). I fans del Senatur contestano il successore: ‘Giuda, buffone'” (ci si riferisce a Roberto Mroni, ndr.).
Poi le intercettazioni, cui il quotidiano dedica un ‘dossier’: “nelle telefonate si parla di denaro anche a Calderoli e al berlusconiano Brancher”, si legge, tra l’altro.

Il Giornale: “Bossi se ne va e salva la Lega”, “Il sacrificio del Senatùr”. “Scandalo Belsito, spuntano soldi alla famiglia. e Umberto si dimette. il partito in mano a un triumvirato, ma chi esulta davvero è Maroni”.

Libero: “La Lega non ce l’ha più”, “Bossi si dimette travolto dalle inchieste. Un triumvirato Maroni-Calderoli-Dal Lago gestirà il partito fino a ottobre. Lotta aperta per la sucecssione. E il futuro è incerto”.

Lega

L’editoriale del Corriere della Sera è firmato da Pierluigi Battista: a Bossi va riconosciuta “la grandezza di un leader che ha imposto nell’agenda politica nazionale la ‘questione settentrionale'” ed ha interpretatto “i sentimenti di un popolo che non aveva rappresentanza politica”. La frattura tra il Nord e il Palazzo “non si è ricomposta”. Termina la sua carriera “prigioniero di un partito diventato proiezione di un vcapo circondato da figure mediocri ai quali chiedeva fiducia incondizionata e protezione psicologica”. Era il leader “dell’unico partito ‘vero’ della seconda Repubblica”. Anche alle pagine interne, nelle ricostruzioni del personaggio: “intuì il malessere del Nord, tenne testa alla Dc e a Craxi. Ma con riti celtici e Padania ha lacerato il Paese. Due volte con Berlusconi, più di tutti l’ha insultato e difeso”. Nel triumvirato entra la parlamentare veneta Manuela Dal Lago, che il Corriere descrive come una fedelissima di Bossi (“voluta dai cerchisti veneti”, in riferimento al ‘cerchio magico’ che circondava il Senatur) e di cui si ricordano gli scontri con il sindaco di Verona Flavio Tosi. Tutto nasce, secondo il quotidiano, nel marzo 2004, con la malattia del leader: in quei giorni si crea il ‘cerchio magico’, un ‘cordone’ che rende Bossi sempre più inaccessibile. Quattro pagine interamente dedicate alle intercettazioni. La responsabile contabile Nadia Dagrada, che dice al tesoriere Belsito: “Lui (Bossi, ndr.) non ha idea del cumulo di spese, fidati, tu gli devi far capire che se questi vanno a vedere quelle che sono le spese, lui e la sua famiglia sono finiti” (siamo a febbraio, quando Belsito era sotto pressione, anche nella lega, per lo scandalo degli investimenti in Tanzania, ndr.). Poi Roberto Castelli che fa pressioni per verificare la regolarità degli investimenti, i soldi a Calderoli (Belsito: “Quelli di Cald cone faccio? Come giustifico quelli?”). Antonio Politto, ancora sul Corriere, ricorda che ai tempi di Tangentopoli i partiti “non rubavano, estrocevano”, cercavano i soldi fuori dallo Stato, ricattavano le imprese: oggi, invece, ricevono senza sforzi molto più di quanto serva loro per finanziare anche la più opulenta vita politicae i soldi non vengono dagli imprenditori, ma dallo Stato, dai contribuenti.
Ezio Mauro, su La Repubblica: “Cadono ad uno ad uno gli idoli della destra italiana”., “Bossi viveva se stesso come il Capo indiscusso e perenne di una potenza straniera, che aveva ricevuto dalla decadenza del sistema italiano di rappresentanza politica l’occasione di governare l’Italia come una colonia da spolpare”: “si è finalmente capito di che pasta era fatto quel ‘cerchio magico’ che proteggeva e ingabbiava il Capo, e quale cemento lo univa, lubrificando a spese del contribuente italiano”. Resta, secondo Mauro, “il problema enorme della rappresentanza del Nord, storica, culturale, politica”. Rappresentanza simbollica e di interessi concreti. Non è affatto detto che questi interessi debbano coniugarsi per forza alla xenofobia, alle paure per la globalizzazione”.
Il commento del direttore de Il Giornale Alessandro Sallusti è intitolato “Forza Carroccio”: “detto che dalle carte emerge più un’armata Brancaleone che un’associaizone a delinquere”, Sallusti si interroga sulla “tempistica dell’operazione”, poiché “se una Procura, per una Porsche e spese sospette, intercetta e perquisisce in forze la sede della Lega, che cosa avrebbe dovuto fare, di fronte all’evidenza delle tangenti Penati, delle cozze e dei Rolex di Emiliano in Puglia, nei confronti dei vertici Pd?”. Vittorio Feltri ricorda che “la caduta della Prima Repubblica è anche merito, o demerito, della Lega” e che in questo senso è memprabile in faccia a faccia televisivo Bossi-De Mita, concluso dal ledaer leghista con un ‘ma tchés al tram’ (ma attaccati al tram): “mai nessuno era riuscito a smontare con un verbo e un sostantivo l’intellettuale della Magna Grecia”. Per Feltri, Bossi, dopo la malattia, è stato “tradito dagli affetti”.
Il Fatto intervista il sindaco di Verona Flavio Tosi, che viene sollecitatto a rispondere agli interrogativi relativi alla presenza di Calderoli nel triumvirato. Dice Tosi: “In tre mesi non farà troppi danni”, visto che ci si avvia al congresso federale e comunque che il nome di Calderoli sia evocato in una telefonata “non significa che è colpevole di qualcosa”. Poche pagine più avanti, sul quotidiano, le intercettazioni riguardanti Calderoli e Aldo Brancher e quelle tra la dirigente amministrativa Nadia Dagrada e l’ex tesoriere Belsito.
La Stampa : “Nelle intercettazioni Belsito cita Calderoli. E’ l’unico di cui si fidava: ‘Anche perché lui sa, il casino l’ha fatto lui”. E poi, sull’imprenditore veneto Bonet: “Gli affari di Bonet portano in Vaticano. Il socio del tesoriere in rapporti con le cliniche della Chiesa”.

Lavoro

“The text is very bad, it’s not what we agreed”, ovvero ‘il testo è pessimo, non è quello che abbiamo concordato. Questo il giudizio espresso dalla presidente uscente di Confindustria Marcegaglia al Financial Times. Secondo il Corriere è stata la reazione della base degli imprenditori alla riforma del lavoro prospettata a provocare “lo strappo di Emma”.
Su La Stampa, intervista al ministro del Lavoro Elsa Fornero, che viene descritta come ‘delusa’ dalla leder confindustriale Marcegaglia. Dice: “Per anni hanno biasimato il ‘teatrino della politica’ e ora ci tocca assistere al ‘tetarino delle parti sociali’: io sono sconcertata da questi cambi di fronte e dal fatto che sia sempre necessario demonizzare qualcuno, è davvero un segno di immaturità del Paese”. E poi sottolinea: “il governo ha pensato al Paese, non a favorire una o l’altra parte”. Gli imprenditori “sembrano dimenticare” che si è venuti incontro anche alle esigenze delle imprese “allungando da un lato i tempi e dall’altro allentando le restrizioni messe sui contratti non a tempo indeterminato”. Per esempio, le aziende avranno un anno di tempo per fare emergere “i rapporti a tempo indeterminato che oggi sono presentati come partite Iva”.
Sulla pagina di fianco, intervista alla segretaria Cgil Camusso: “va bene sull’articolo 18, male sul precariato”.
Maurizio Landini, segretario della Fiom-Cgil, intervistato dal Corriere, dice: “Smantellato l’articolo 18, la Camusso troppo soft”. “E’ bene che Fornero si confronti con le tute blu di Alenia. Più tutele ai precari? Restano 46 titpi di contratto di prima”.
Sulla prima de Il Foglio: “Camusso si smarca dalal Fiom e loda il compromesso sul lavoro”, “per Cgil positivo il reintegro nei licenziamenti economici insussistenti. Landini contesta la confederazione”. Monti rassicura le aziende”.
Da leggere, su Repubblica e Corriere, due analisi di commento a doppia firma entrambi, sulla riforma del lavoro Fornero-Monti: Tito Boeri e Pietro Garibaldi (su La Repubblica, “Aspettando un’altra legge”) e Alberto Alesina e Andrea Ichino (“Contratti flessibili: errore grave”, sul Corriere).

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