La carica dei Brics

Le aperture

Il Corriere della Sera: “Tensione tra Monti e i partiti. Intervento dal Giappone. Corteo unitario dei sindacati contro la riforma delle pensioni. ‘Noi abbiamo il consenso, loro no’. Dura replica di Bersani”. A centro pagina: “Lo scrigno italiano dei Gheddafi: un miliardo di azioni e due moto”

La Repubblica: “Lavoro e giustizia, le mosse di Monti. Il premier: voglio unire, non dividere. Bersani: insieme o cazzotti per tutti”. “Da Tokyo il primo ministro prepara i dossier più caldi per il governo. Sindacati in piazza il 13 aprile. Napolitano: nel Paese non vedo esasperazione”. A centro pagina l’incontro tra il Papa e Fidel Castro”.

La Stampa: “Il Papa vede Castro: più libertà. Poi chiede la fine dell’embargo: pesa negativamente sulla popolazione. Incontro di mezz’ora. Ratzinger: sono anziano, ma posso ancora fare il mio dovere. Fidel ricorda Wojtyla e Madre Teresa”. A centro pagina: “In lite con il Fisco, si dà fuoco”. In alto: “Monti sferza i partiti: ‘Io ho il consenso degli italiani, loro no'”. E poi: “Berlusconi sta con il premier: ‘Ha ragione'”.

Libero: “Giudici a puttane. Il Gip comprato dalla ‘ndrangheta a suon di escort, il pm condannato per falsa testimonianza, quello indagato per corruzione. Tutti protetti dal Csm”. A centro pagina:”Troppe tasse, artigiano si dà fuoco”.

E’ su questa notizia che apre Il Giornale: “A fuoco per le tasse. Un artigiano si dà alle fiamme davanti alla Agenzia delle entrate: è in fin di vita. Il fisco sta uccidendo il Paese. L’urlo dei piccoli imprenditori: ‘Siamo eroi, però non ce la facciamo più”. A centro pagina: “Se il Papa addomestica Fidel. Ratzinger chiede più libertà per Cuba”.

 Monti e i partiti.

Ieri, sollecitato dai giornalisti durante la sua visita in Giappone, il presidente del Consiglio, ha detto: “Noi godiamo di consenso, i partiti no”. E’ un paradosso – scrive il Corriere – che “suscita irritazione a Roma, ma inserito in un contesto più ampio: una difesa del sistema Italia, di fronte agli interlocutori internazionali”. “Se c’è un filo rosso del viaggio asiatico di Monti è la curiosità, insieme all’ansia, che esprimono tutti verso il futuro del nostro Paese quando l’esperienza di questo esecutivo sarà terminata”. Il Corriere racconta che nel suo discorso Monti ha lodato la capacità di Berlusconi di lasciare in anticipo senza aver subito una sfiducia, ma anche la capacità della politica di unirsi intorno ad un progetto, sottolineando il fatto che, pur essendo stati prima “belligeranti” abbiano deciso “un momento di unità nazionale”. Poi, riferendosi agli investitori internazionali, si è messo nei loro panni: “Ok, questo governo non è male, abbiamo deciso di tornare in Italia, ma cosa succederà tra un anno? La mia fiduciosa speranza è che questo sia un anno di trasformazione, non solo sul fronte del bilancio ma anche perché i partiti stanno vedendo che la gente sembra apprezzare un modo moderato di affrontare i problemi, e questo governo sta godendo di un alto consenso nei sondaggi di opinione, i partiti no”.
Il Sole 24 Ore trova conferma del gradimento di Monti da parte dei cittadini, nei sondaggi, malgrado un calo dovuto all’apertura del controverso capitolo sull’articolo 18: Swg dice che il presidente de Consiglio ha perso sette punti negli utlimi giorni, ma comunque la fiducai in lui resta molto alta, visto che si attesta al 57 per cento. E l’istituto ricorda che negli ultimi venti anni l’unico presidente del consiglio con una fiducia sopra il 50 per cento è stato Giulio Andreotti. Lo stesso Silvio Berlusconi, da premier in carica, non superò mai il 40 per cento. L’istituto di Nicola Piepoli stim ail consenso nei confronti di Monti al 60 per cento, ricorda che De Gasperi sfondò quota 60 per cento tra il ’48 e il ’53. Per Ipr Marketing c’è un calo di 4 punti per Monti, ma la fiducia nei suoi confronti è per sempre al 55 per cento.

Il Corriere scrive che per la terza volta negli ultimi giorni la Commissione europea ha affermato il suo sostegno alla riforma italiana del mercato del lavoro. Sostegno ma anche preoccupazione per il tormentato rapporto tra il governo e le parti sociali, e per le sorti dell’imminente dibattito al Parlamento di Roma. Il Commissario Ue al Lavoro Lazslo Andor, attraverso il suo portavoce, nota che la riforma è “necessaria per aumentare l’occupazione, incentivare la competitività e assicurare equità”, ma “il suo passo deve essere mantenuto. La responsabilità per la rapida adozione di una riforma effettiva è adesso del Parlamento”. Il Sole 24 Ore intervista sullo stesso tema la vicepresidente della Commissione e responsabile per la giustizia Viviane Reding: “In origine le regole a protezione del lavoratore sono nate per evitare forme di sfruttamento – dice la Reding. Ma “la protezione è diventata eccessiva con il risultato che si sono create gravi disparità. Le imprese sono talmente riluttanti ad assumere che la disoccupazione giovanile è elevata, i contratti temporanei sono spesso la regola, il lavoro nero è molto presente”. La Reding parla anche di una riforma che considera indispensabile della funzione pubblica, visto che il ritardo dei pagamenti pubblici in Italia è di 180 giorni. Avere una amministrazione efficiente – dice – significa liberare risorse ed energie. La gente non deve trascorrere un tempo ‘in line’, in coda, ma ‘on line’, collegata ad internet. In questo senso “dare certezza legale alle imprese è indispensabile. Sono 5.5 milioni le cause civili e commerciali pendenti davanti ai tribunali italiani. Velocizzare le pratiche giudiziarie potrebbe tradursi in un aumento del Pil dell’1 per cento.

Riforma elettorale

La Repubblica si occupa dell’ipotesi di riforma elettorale caldeggiata dai tre leader Bersani, Alfano e Casini, con una intervista alla presidente Pd Rosy Bindi, che appare decisamente critica, poiché dice: “Questo accordo, se resta così, espropria i cittadini, che non sceglieranno i parlamentari, non voteranno per la coalizione. E’ la tomba del bipolarismo e non darà stabilità al governo del Paese”. La Bindi contesta che con collegi grandi come due province e liste bloccate si possa restituire la scelta dei parlamentari anche perché – dice – “resta il problema di chi indica le candidature”. Il sistema chiederebbe all’elettore di votare il partito e non la coalizione il che significherebbe, per la presidente Pd, tornare ai partiti con le mani libere. Significherebbe ingovernabilità, e l’ingovernabilità “non può che produrre le larghe intese”, che avvantaggerebbero Pdl e Udc

Internazionale 

Oggi in India si riuniscono per un vertice i Paesi Brics (Brasile, India, Russia, Cina, Sudafrica) e, secondo il Corriere, hanno tutta l’intenzione di costituire una alternativa al modello di crescita dominato fino ad ora dall’occidente. Si danno per la prima volta obiettivi concreti, primo fra tutti la creazione di una banca per lo sviluppo in qualche modo alternativa alla Banca Mondiale dominata dagli Usa. Una banca magari aperta ad altre economie emergenti che in futuro vogliano aderire: suo scopo sarà finanziare il commercio tra i cinque con valute dei Brics e non in dollari. E con crediti denominati nelle stesse monete, non più con quella americana dominante negli scambi mondiali. Pechino ha già fatto sapere di esser disposta ad erogare ai partner crediti commerciali in Renmibi e anche gli altri 4 Paesi sono intenzionati a prendere questa strada. Insieme, i Paesi Brics contano per quasi il 50 per cento della popolazione mondiale. E – secondo l’inventore dell’acronimo Jim O’Neil, tra tre anni le loro economie sommate supereranno quella degli Usa.

Il Sole 24 dedica due intere pagine al sequestro dei beni di Gheddafi in Italia. Le Fiamme Gialle hanno bloccato azioni di Unicredit, Eni, Fiat, Finmeccanica e Juventus. Si tratta di una massa di investimenti che è ammontata via via a 4 miliardi. Il punto massimo fu toccato nel settembre 2010, quando fu superato il 7.5 per cento di Unicredit. Le partecipazioni azionarie erano detenute in Italia dai fondi LIA e Lafico. Il sequestro preventivo per un valoro di 1,1 miliardi di Euro è stato disposto dalla Corte d’Appello di Roma, su espressa richiesta della Corte Penale Internazionale de L’Aja.  Il quotidiano sottolinea che a Tripoli, in attesa che affluiscano le disponibilità ancora in attesa di sblocco, si sta formando una classe dirigente che dovrà gestire queste risorse. L’ambasciatore in Italia della Libia dice: “Lia e Lafico non sono di Gheddafi ma dello Stato. Se invece sono una sorta di cauzione per proteggere le nostre proprietà allora va bene, ma vanno subito sbloccate e trovare una soluzione. Quello che contestiamo è la decisione dell’Aja, non il provvedimento della Guardia di Finanza.

Il giurista internazionale Fausto Pocar, sullo stesso quotidiano, evidenzia come sia iniziato un iter dagli esiti imprevedibili: la Corte dell’Aja potrebbe decretare che i beni e i crediti sequestrati vengano versati in un fondo apposito presso la corte stessa, e, concluso il processo, elargiti alle vittime. In un’altra ipotesi, se la Corte decidesse a favore della giurisdizione penale libica, i fondi potrebbero esser messi a disposizione delle autorità giudiziarie di quel Paese. Un’altra analisi del quotidiano sottolinea quanto siano cruciali quei fondi per la nuova Libia, quanto il governo provvisorio sia ancora diviso, sotto pressione delle varie tribù, e per giunta alle prese con i crescenti rigurgiti indipendentistici provenienti dalla Cirenaica (ricca di petrolio, l’80 per cento di tutto quello libico).

La Repubblica scrive del viaggio del Papa a Cuba e racconta che ad assistere alla messa a L’Avana c’era una folla di 600 mila persone. Nella sua omelia Benedetto XVI ha sottolineato che “Cuba e il mondo hanno bisogno di cambiamenti”, poi ha ricordato che sono stati fatti passi in avanti a Cuba a seguito dell’apertura di Chiese e scuole, ma ha anche fatto un riferimento all’embargo contro Cuba, allorché ha detto che la situazione resta aggravata quando misure economiche restrittive imposte dal di fuori del Paese pesano negativamente sulla popolazione.

La dissidente cubana Yoani Sanchez, su La Stampa, scrive che il governo ha voluto dare una immagine di controllo, e per far questo ha praticato una sorta di “pulizia ideologica” in tutta l’isola, convocando i suoi fedeli per le messe di Santiago e de L’Avana. Contemporaneamente ha fatto in modo che molti dissidenti non potessero avvicinarsi alle piazze dove Benedetto XVI parlerà, ricorrendo ad arresti, controlli, minacce, linee telefoniche interrotte e carcerazioni preventive. Questa ondata repressiva è stata popolarmente battezzata come l’operazione ‘voto di silenzio'”. Non sono mancati gli imprevisti: un gruppo di dissidenti si è rinchiuso in una chiesa, due giorni dopo la gerarchia religiosa ha autorizzato l’evacuazione con la forza; le damas de blanco hanno chiesto un incontro di un minuto al Papa, ma non saranno ricevute, al pari di altri esponenti della società civile. La Sanchez ricorda che la Chiesa ha già ottenuto il permesso di costruire un nuovo seminario e di trasmettere le messe più importanti in televisione.

Roberto Cotroneo sul Corriere della Sera racconta invece come le piazze siano state riempite dai cosiddetti “mobilitati”: costituirebbero oltre la metà delle persone affluite, dicono di perdere un giorno di paga se non partecipano. Le damas de blanco sono state fermate o bloccate in casa.

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