Il ritorno del complotto

Il Corriere della Sera: “Tfr in busta, i dubbi di Bankitalia”. “Allarme per le pensioni più basse e per il futuro della previdenza integrativa”. “Sulle previsioni Ue l’ombra della frenata tedesca. L’Italia 2015: crescita ridotta allo 0,5 per cento”.
Sulla “ripresa che non verrà” un commento di Danilo Taino: “Chi ha ragione, Padoan o l’Istat?”.
A centro pagina, con foto: “La leggenda di Rehana, l’angelo di Kobane”, “la guerrigliera che ferma i terroristi” dell’Isis.
E poi: “Polizia, nuove regole. ‘Evitare il contatto con i manifestanti'”.

La Repubblica: “Tfr, Bankitalia frena. Renzi: c’è un disegno per spaccare l’Italia”, “Gli uomini di Visco: rischio impoverimento delle pensioni. Confindustria applaude il premier, scontri a Brescia. Il presidente della Consulta: il Parlamento cambi la Severino”.
La foto a centro pagina è per il presidente Usa e le elezioni di Mid term: “Obama, il giorno più lungo, l’America pronta a tradirlo”, di Federico Rampini.
A centro pagina: “Verdini e la P3 a processo, ‘Condizionavano lo Stato’”.
Nella colonna a destra un commento di Thomas Friedman: “La guerra al buio senza reporter”, “Cosa significa non poter raccontare con fonti dirette il conflitto con l’Is”.

La Stampa: “Bankitalia, allarme pensioni”, “’Più povere col Tfr in busta paga’. Renzi: un disegno per spaccare il Paese”.
Sotto la testata, il richiamo ad un’intervista del quotidiano a Federica Mogherini, ora Alto rappresentante della politica estera e di difesa della Ue: “La mia missione comincia da Gaza e Tel Aviv”.
In prima anche l’intervista al ministro del Lavoro: “Poletti: ‘Il Jobs Act non cambia, questi sono scioperi politici’”.
A centro pagina, fotogramma del nuovo film di Ermanno Olmi: “Olmi rivive i tradimenti della Grande Guerra”, “Il regista dedica il film al padre soldato e a milioni di giovani ‘morti senza perché’”.
A destra: “Il ministero salva i test del concorso di Medicina”.
Sul caso Cucchi: “Il procuratore: ‘Su Cucchi nuove indagini senza pregiudizi’”.

Il Fatto: “Renzi grida al complotto. Sì ma di Bankitalia e Istat”, “Il presidente del Consiglio, sempre più nervoso, si rifugia dagli industriali bresciani. Gli operai lo fischiano e lui replica: ‘Vogliono dividere il mondo del lavoro’. Ma Corte dei conti, Istituto di Statistica e Via Nazionale gli bocciano la manovra”.
In taglio basso: “I furbetti del piumino”, “Le piume strappate di Moncler”, “Polemiche, caduta in Borsa e denunce dopo le rivelazioni di ‘Report’”, “La trasmissione Rai smitizza una delle nostre aziende più esaltate (anche dal renzismo): oche spennate ancora vive per le imbottiture, dislocazioni in Romania, capi che costano 40 euro venduti a 1000. Il patron Ruffini smentisce tutto, ma Piazza Affari lo punisce”.
In prima anche il richiamo al procedimento giudiziario che riguarda Denis Verdini: “A giudizio Verdini, l’uomo della P3 che fa le riforme col leader del Pd”.
Su caso Cucchi: “Cucchi, se il pm Pignatone dà ragione a tutti”, “Nell’incontro con la famiglia, il vertice della procura assicura nuove indagini, ma poi loda i suoi colleghi”.

Il Sole 24 Ore: “Squinzi: la manovra toglie il freno al Paese”. “Confindustria: serve un’azione decisa sugli investimenti”. “Il premier apre su bonus ricerca e Sabatini” (la legge che finanzia l’acquisto di macchinari, ndr). “Renzi: si usa il lavoro per spaccare in due l’Italia”. “Replica Cgil: evoca complotti”. “Scontri a Brescia”.
E poi: “Bankitalia, allarme sul Tfr in busta paga”. “Istat: per due anni effetti nulli sul Pil”.
A centro pagina la notizia del sì di Axa all’aumento di capitale per Mps, alla ricerca di fondi dopo lo stress test Bce: “Pronti anche Fondazione, Btg e Fintech. Giallo sull’offerta cinese di Nit Holding da 10 miliardi”.
In prima anche un richiamo sui rinvii a giudizio per la vicenda P3″: “a giudizio Verdini e Cosentino, stralciato Dell’Utri”.

Il Giornale: “Quelli che spennano l’Italia. Attacco alle aziende del lusso. Il falso scoop di Report fa perdere 140 milioni alla Moncler”. E poi: “Renzi, sul lavoro c’è un patto per dividere il Paese”.
A centro pagina il quotidiano dà rilievo all’annuale rapporto sulla libertà religiosa nel mondo: “Altro che cristiani alle crociate, sono i più perseguitati del mondo”.

Renzi, Jobs act

Su La Stampa il resoconto della visita del presidente del Consiglio a Brescia e del suo intervento all’Assemblea degli Industriali: “Renzi: c’è un disegno per dividere”. Le sue parole: “C’è un disegno per dividere il mondo del lavoro. Ma non esiste una doppia Italia dei lavoratori e dei padroni. Se vogliono contestare il governo lo facciano. Si affrontino le questioni del Jobs Act. Se si vuole attaccare il governo ci sono altre strade, senza sfruttare il dolore dei disoccupati”. Furi dalla fabbrica della Palazzotti, dove il premier parlava, due cortei distinti: Fiom-Cgil e antagonisti. Fiom in quella fabbrica non ha “diritto di cittadinanza”, non avendo sottoscritto i contratti.
E sulla stessa pagina l’analisi di Federico Geremicca: “E la teoria del complotto oscura nel premier la filosofia del sorriso”, “Cambio di clima, il leader si sente braccato”, i renziani “non capiscono se il capo sia in difficoltà o stia solo cambiando schema”, “la novità è che Fiom e Cgil hanno deciso di accettare il corpo a corpo”.
La Repubblica: “Renzi attacca la Cgil: vogliono spaccare il Paese. Non sono un uomo solo al comando” (è un’eco dell’editoriale scritto da Eugenio Scalfari domenica scorsa, ndr.). E il “retroscena” di Valentina Conte e Goffredo de Marchis: “Matteo chiede garanzie sul jobs act. ‘Voglio tempi certi o niente modifiche’”, “Almeno venti deputati del Pd pronti al no. Damiano, presidente della Commissione Lavoro: ‘Vedo in atto un gioco al logoramento’”.
La Stampa intervista il ministro del Lavoro Giuliano Poletti. Ci saranno modifiche sulla riforma del Lavoro alla Camera? Poletti: “C’è una discussione parlamentare in corso: vediamo come si sviluppa. Peraltro il Partito Democratico ha definito formalmente la sua posizione in una riunione della direzione.”, “per quanto mi riguarda, la legge potrebbe essere approvata nel testo attuale”, “purtroppo si parla solo di articolo 18, poi uno guarda i dati e scopre che su cento contratti di lavoro 85 sono a tempo determinato. La legge di Stabilità prevede la detassazione dei nuovi contratti a tempo indeterminato e l’abolizione della componente lavoro dall’Irap sempre per i contratti a tempo indeterminato”. E sui due scioperi generali convocati da Fiom e Cgil, ritiene siano mossi solo da ragioni politiche? Poletti: “Se uno ritiene di fare uno sciopero per contestare i contenuti di una legge, evidentemente è mosso da ragioni di questo tipo”.
Su Il Fatto: “’Vogliono spaccare il Paese’ (e la colpa è dei sindacati)”, “Ospite degli industriali a Brescia, il premier attacca: ‘Il lavoro diventa il luogo dello scontro’. Fuori presidio Fiom e incidenti con gli autonomi”. Alla pagina seguente, Wanda Marra scrive che “il giovane Matteo è diventato il complottista Renzi”, “Le cronache degli esordi ce lo raccontavano scalzo a Palazzo Chigi. Ora è barricato dentro contro i nemici”.
Da La Repubblica segnaliamo un’analisi di Piero Ignazi: “perché la sola leadership non basta”, “Qualora Renzi diluisse i connotati del suo partito concentrando l’attenzione su di sé, potrebbe distruggere una risorsa identificativa importante”. Alla pagina dei commenti Nadia Urbinati firma un’analisi dal titolo: “Chi aspira oggi a diventare operaio?”. “La dimensione globale dei mercati e la decadenza del valore sociale del lavoro -scrive Urbinati- stanno insieme e si riflettono nella diaspore della sinistra”.
Il Corriere intervista il parlamentare Pd Alfredo D’Attorre, esponente della minoranza Pd: “Chi sbaglia è Matteo, noi così votiamo no”. Sul Jobs Act dice che è “impensabile che la delega sia approvata dalla Camera in una versione fotocopia del Senato, sarebbe insostenibile dal punto di vista costituzionale”, che “ci sono correzioni che vanno assolutamente introdotte” e, se il governo mettesse la fiducia, “lavoreremo fino all’ultimo per una intesa, le condizioni ci sono” e poi “ciascuno si assumerà fino in fondo le proprie responsabilità”.
Un altro articolo del quotidiano, firmato da Enrico Marro, parla dei “mediatori” e del “testo (fantasma) sui licenziamenti disciplinari”, in cui si spiegano i “paradossi” della vicenda, perché dopo il voto su un ordine del giorno alla Direzione Pd tutti si aspettavano che i contenuti di quel testo, che miravano a precisare come sarebbe intervenuto il governo in fase di delega sul tema dei licenziamenti disciplinari, la legge delega fu votata con la fiducia e senza alcuna ulteriore precisazione. Marro scrive che anche Renzi è convinto che occorra mantere il reintegro per i casi di licenziamento “palesemente ingiusto” , “ma non è assolutamente disposto a a far sì che questo appaia un cedimento alle richieste della sinistra e della Fiom. Insomma: una cosa che ha proposto lui non può diventare cavallo di battaglia dei suoi oppositori”.

Riforme, Consulta (e Verdini)

Sul Sole 24 Ore Roberto D’Alimonte scrive che “la questione non è tanto l’art.18” ma “la capacità della sinistra sindacalista di continuare a condizionare l’azione di governo esercitando a volte un potere di iniziativa e più spesso un potere di veto che per anni le ha consentito di essere uno degli attori decisivi del sistema”. D’Alimonte ricorda che il Pd di Renzi continua ad essere, secondo i sondaggi, al 40 per cento, “una percentuale straordinaria di questi tempi che si spiega solo con l’appeal che il premier ha in settori dell’elettorato che non hanno mai votato Pd o altre formazioni di centro-sinistra”, e che a questo punto “solo una cosa” manca al premier “per completare il suo disegno strategico: una riforma elettorale che trasformi il suo 40% di voti in una maggioranza assoluta di seggi”. E questa “la vera posta in gioco”.
Sullo stesso quotidiano si ricorda che “da settimane si parla di un nuovo incontro tra Matteo Renzi e Silvio Berlusconi sulla legge elettorale. Invece non solo il vis a vis non c’è stato, ma i segnali lanciati negli ultimi giorni lasciano intendere che il patto del Nazareno non è più così saldo”, ma anche che “Verdini ieri è stato rinviato a giudizio per corruzione assieme all’ex sottosegretario Nicola Cosentino nell’ambito dell’inchiesta sulla P3”. Sulla riforma si spiega che “Renzi vuole il premio di lista ma Berlusconi, dopo averglielo concesso, adesso sta tentando una retromarcia per evitare che il Nazareno si traduca in un ‘patto leonino’ (Brunetta dixit)”. “Ma sul prendere o lasciare di queste c’è anche un’altra interpretazione. Una foto con Berlusconi e Verdini di questi tempi non sarebbe molto popolare per il premier già alle prese con Jobs act, moti di piazza e Legge di stabilità”.
“Verdini a processo, a rischio l’asse Pd-Fi”, titola La Stampa: “gli sviluppi dell’inchiesta sulla P3. I dem: Forza Italia cambi l’interlocutore con noi. Toti: ‘No, resta lui’”.
Il Fatto: “P3 grana per il Nazareno. Verini va a processo”, “Luomo del patto rinviato a giudizio: ‘Mi sento perseguitato’. Procedimento anch eper l’ex sottosegretario Cosentino”. In taglio basso: “E in Forza Italia è già guerra di successione”, “Silvio lo difende ancora, ma è corsa per sostituire il senatore come tramite tra B. e Renzi. In prima fila Romani (Paolo, capogruppo al Senato, ndr.) e Toti” (consigliere politico di Berlusconi).
Due pagine de La Repubblica si occupano di questa vicenda giudiziaria e delle sue ripercussioni politiche: “P3, Verdini e Cosentino a processo, ‘Volevano condizionare lo Stato’”, “Accusati di associazione segreta, corruzione e violenza privata. Stralcio per Dell’Utri: si attende che il Libano dia il via libera”. Il “retroscena” di Carmelo Lopapa: “’Nei guai per tre millantatori ma l’obiettivo sono le riforme’. E Denis ora vede vacillare il ruolo di mediatore col Pd”.
Ancora dal Sole 24 Ore: “Per il Quirinale necessari i voti di Forza Italia”. Si dà conto delle dichiarazioni di Berlusconi a Vespa, per il suo libro invernale. Il Cav ha detto che un patto con Renzi sarebbe superfluo perché per eleggere il nuovo capo dello Stato comunque servono i voti del suo partito. Sul premier Berlusconi dice che “un eccezionale comunicatore e un grande lavoratore”, ed è “molto coraggioso”. Inoltre ha altre “due doti che io non ho mai avuto: la fortuna e la temerarietà” che “in politica sono molto importanti”.
Su Il Giornale si legge che Berlusconi “esclude nuovi patti dopo il Nazareno: i nostri voti indispensabili per eleggere il Capo dello Stato”. L’articolo dà anche conto delle parole di Renato Brunetta sulla legge elettorale: “Renzi ha chiesto per nove volte la modifica dell’Italicum e gli è stata concessa sulla base di una convergenza comune” con FI, spiega il capogruppo. “Questa sarebbe la decima. E, indipendentemente dalle intenzioni di Berlusconi, non si possono usare con Forza Italia questi toni sprezzanti”. Brunetta dice che un premio alla lista vuol dire ridiscutere di soglie e premi di maggioranza e anche della riforma istituzionale, perché “il bipartitismo contiene in sé il presidenzialismo o il semipresidenzialismo”.
Il Corriere offre un articolo di Dino Martirano sulla professoressa Sandulli, che ieri ha annunciato di non volersi candidare alla carica di giudice costituzionale votata dal Parlamento. “‘Sono un tecnico, non rispondo a un partito'”. La professoressa aveva firmato alcuni anni fa un documento contro la riforma della giustizia proposta dal governo Berlusconi, e per questo era stata criticata dai parlamentari di Fi, che avevano annunciato che non l’avrebbero votata. “Alla corte avrei svolto con serenità l’incarico di giudice costituzionale”, ha detto ieri ad un convegno ma ha rinunciato perché non c’era accordo sul suo nome, e “il mio profilo è quello di un tecnico indipendente”. Firmerebbe ancora la petizione contro la riforma Berlusconi della giustizia? “Sì, lo rifarei. Il mio faro è la legge”.

Cortei

Il Corriere parla di “nuove regole per gli agenti” impegnati nei cortei: “Il contatto fisico con i manifestanti ‘deve essere l’extrema ratio'” secondo le “nuove regole d’ingaggio” varate dai vertici della Polizia. In sostanza entra in vigore in anticipo un “regolamento per correggere le attuali storture, frenando gli eccessi di chi va in servizio di ordine pubblico, in modo da tutelare ‘l’incolumità dei cittadini, ma anche degli agenti chiamati a garantire la sicurezza’”. Il provvedimento riguarda tuttta l’attività della polizia, ma è puntato sui cortei. Gli agenti “a protezione delle istituzioni o delle zone vietate devono essere sistemati lontano dal corteo”. Intanto domani si vota alla Camera la mozione di sfiducia nei confronti di Alfano presentata da Sel, Lega e M5S. Nuove immagini, diffuse dalla trasmissione tv Gazebo, alimentano le polemiche.

Economia

“Manovra flop, la rivincita dei gufi di Bankitalia e Istat”, titola Il Fatto dando conto delle audizioni in Parlamento ieri dei due istituti, che ieri hanno segnalato gli effetti collaterali di due misure fondanti della Legge di Stabilità: il taglio dell’Irap e l’anticipo del trattamento di fine rapporto in busta paga. Il vicedirettore di Bankitalia Luigi Federico Signorini ha fatto rilevare che la spesa pubblica continua ad aumentare (+0,7% nel 2015) e che l’incidenza delle entrate sul Pli “resta invariata”. La riduzione delle tasse annunciata dal presidente del Consiglio viene poi compensata da aumenti fiscali che alla fine dovrebbero lasciare la pressione del fisco invariata, anche se redistribuita tra diversi soggetti (scende il carico per le imprese, sale quello sui risparmi dei fondi pensione). E se non si raggiungerà un accordo tra Regioni e Governo, le riduzioni lineari dei trasferimenti alla Regioni si tradurranno in aumenti alle tesse. Sull’anticipo del Tfr in busta paga Bankitalia ha spiegato che “è cruciale che la temporaneità del provvedimento, motivata dalla fase congiunturale eccezionalmente avversa, venga mantenuta”, altrimenti si aggraverà il rischio che i lavoratori a basso reddito “abbiano in futuro pensioni non adeguate”.
Su La Repubblica: “Bankitalia: ‘Pensioni a rischio con Tfr in busta paga’”, “’La misura sia solo temporanea. E i tagli alle Regioni potranno determinare l’aumento della pressione fiscale’. Istat: ‘La manovra non poterà benefici nel prossimo biennio. L’effetto del bonus annullato dalla clausola di salvaguardia’”.
La Stampa: “Bankitalia: ‘Bene la legge di stabilità’. MA frena sul Tfr”, “Palazzo Koch: l’anticipo mette a rischio le pensioni. L’Istat: effetti espansivi sol nel 2014, poi si annullano”.
E il quotidiano intervista Giuliano Cazzola, esperto di previdenza, ex sindacalista. Non ha dubbi sul Tfr in busta paga: “E’ proprio una mossa sbagliata”, “è come usare banconote da 100 euro al posto della carta igienica”, “Il Tfr è una risorsa molto importante, molto diffusa, ma andrebbe utilizzata per bisogni più strutturali, che riguardano la vita delle persone, come del resto prevedono le attuali regole sugli anticipi. Non per risollevare i consumi”. E “la cosa più folle”, secondo Cazzola, è “il raddoppio delle tasse sui fondi pensione. Salire dall’11,5% al 20% significa ridurre in maniera considerevole il montante delle pensioni future”. Inoltre il Tfr “rappresenta una risorsa importante, è salario differito, ricordiamolo, e viene facile dire ‘usiamola, non lasciamola alle imprese’. Ma è anche diventata a risorsa principale della previdenza complementare, per questo dirottarla altrove crea problema”.
La Repubblica intervista il presidente della Regione Piemonte Sergio Chiamparino, all’indomani della pubblicazione sullo stesso quotidiano del Rapporto della Corte dei conti sulle anomalie dei bilanci delle Regioni :”I costi sono una giungla -dice- partiranno le verifiche ma nelle Regioni il risanamento è iniziato”, “necessari controlli per individuare eventuali sacche di malfunzionamento che non nego ci possano essere”, “noi non toccheremo l’Irap, ma sarà inevitabile aumentare l’Irpef senza penalizzare i redditi bassi”.
Sul Corriere una intervista all’Amministratore delegato di Unicredit Ghizzoni, dopo il passaggio dello stress test della Bce. Dice che le norme del Financial Stability Board che mirano ad un ulteriore rafforzamento del capitale delle banche, per elevarlo al 16 o 20 per cento, rischiano di essere un freno alla crescita. “Certo, i regolatori sostengono giustamente che bisogna aiutare le imprese ad aumentare il loro capitale e a rivolgersi ai mercati finanziari. Già oggi lo stiamo facendo. Ma in Europa il credito vale il 60 per cento del totale, il 40 per cento viene dal mercato azionario e finanziario. Non siamo gli Stati Uniti, dove Borsa e bond valgono il 70 per cento delle risorse finanziarie delle aziende”. Ghizzoni si esprime anche sulle misure del governo Renzi: “Il taglio dell’Irap aumenterà le assunzioni e la flessibilità del Jobs Act darà effetti sul lavoro. Credo che molte aziende potrebbero rivedere in positivo le loro scelte”.

Internazionale

Il Corriere: “La leggenda dell’angelo di Kobane, la guerrigliera curda terrore dell’Isis”. “La giovane Rehana spopola su Twitter: avrebbe ucciso più di cento miliziani”. Data per morta, uccisa dai miliziani dell’Isis secondo una foto postata su Twitter, sarebbe “riapparsa”pochi giorni dopo, secondo la BBC e un blogger indiano, Pawan Durani. I curdi di Kobane, in inferiorità numerica, resistono anche con le donne soldato o lo icone come Rehana, “vera o finta che sia”, a rappresentare le sue compagne.
Sul Sole 24 Ore un articolo sullo “scontro Londra-Berlino” sul tema dell’immigrazione in Europa e della libera circolazione. Cameron da tempo chiede di mettere limiti alla circolazione e propone di mettere tetti al numero di immigrati Ue che possono andare nel Regno Unito. La libertà di movimento non può essere un “diritto incondizionato”, dice Londra. Berlino non ha intenzione di scendere a compromessi sull’argomento.
Sul Corriere un articolo di Enzo Moavero Milanesi si sofferma sulle sfide che ha di fronte la nuova Commissione presieduta da Juncker: i 300 miliardi di investimenti promessi per la crescita e anche il tema dei migranti, problema oggi “scandito da tragedie”, e con un “impatto asimmetrico sui diversi Stati della Ue”.
Sul Sole Mario Platero parla del voto di midterm oggi negli Usa: “Per Obama il giorno della verità. Il Presidente rischia di diventare ostaggio dell’agenda politica repubblicana”. Scontata la vittoria alla Camera, se i Rep vincessero anche al Senato si porrebbero per Obama problemi per le prossime nomine, anche alla Corte Suprema.
Sul Giornale: “Su Obama scommessa da 4 miliardi”. Si parla delle “spese record” per la campagna elettorale. I repubblicani avrebbero investito un po’ di più dei democratici. Si tratta di una cifra dieci volte superiore a quella donata dagli Usa ai Paesi africani alle prese con il virus Ebola.
Da segnalare sul Corriere un intervento di Bernard-Herny Lévy, che interviene sulla Libia. “Il nostro dovere è non lasciare solo il popolo al cui fianco siamo stati nella lotta per la liberazione dalla dittatura”. “Un’assemblea di pace per la Libia dilaniata”, il titolo.

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