Il Pd teme il pareggio?

l Corriere della Sera: “Caso derivati, Mussari lascia. Inchiesta sul Monte dei Paschi, si dimette l’ex numero uno ora presidente dell’Abi. ‘Sono innocente, ma non posso coinvolgere le banche’”. In alto, le elezioni israeliane: “Netanyahu vince ma arretra. Balzo a sorpresa del centro”.

 

Il Fatto quotidiano: “Il buco c’è, Mps crolla, e Mussari lascia l’Abi”. A centro pagina: “Cosentino vuota il sacco: ‘Ora gliela faccio pagare’”.

 

La Repubblica: “Pdl in rivolta per le liste”, e nel sottotitolo: “Berlusconi alla ricerca di un salvacondotto giudiziario”. Nell’occhiello: “Cosentino attacca Alfano. Il leader del centrodestra: colpa dei magistrati”. E poi: “Monti: come Grillo non mi fido del Cavaliere e di Bersani”.

A centro pagina le dimissioni di Mussari, di spalla la “sorpresa nelle urne” israeliane.

 

Europa: “Obama-Netanyahu, una relazione complicata”. Il titolo più grande, con foto, è per le dichiarazioni del segretario Bersani sugli F35: “Bisogna rivedere quell’impegno”; ha detto ieri. “F35, Bersani chiude” titola il quotidiano

 

L’Unità: “Bersani: taglierò gli F35. Il leader Pd: ridurre il piano militare, la priorità è il lavoro. Il 1 febbraio con Renzi”.

 

Libero: “Trombati e contenti. Non entreranno più in Parlamento, ma non possono lamentarsi: vitalizi tra i 5 e i 6500 euro al mese e liquidazioni fino a 278 mila. Somme nette, ovviamente. Alla faccia degli esodati”. Le foto sono quelle di D’Alema, Scajola, Rutelli, Castelli, Veltroni, Pisanu.

 

Il Giornale: “Compagno Monti. Esalta la ‘gloriosa storia del Pci’. Ma con lui ha chiuso un’azienda al minuto. Sondaggi: Pdl su, Pd giù. Cosentino attacca Alfano e Bocchino, non Berlusconi”.

 

Il Sole 24 Ore: “Produttività, via agli sgravi. Sale a 40 mila euro il tetto di reddito per applicare l’imposta al 10 per cento” sui premi di risultato. “Monti firma il decreto che stanzia 1,35 miliardi. Definiti gli indicatori per fissare i premi in azienda”. A centro pagina: “Tokyo, l’Europa blocca la svalutazione”. La Bank of Japan, con l’obiettivo di arrivare ad una inflazione del 2 per cento, ha dato il via libera a misure di allentamento quantitative illimitate. La scelta di “inondare di liquidità il mercato dei bond per fare scendere lo yen” ha provocato la reazione delle economie europee: “La Bundesbank all’attacco: la Germania chiede l’intervento del G20”. “Da Washington a Bruxelles un ‘muro’ contro il tentativo della Banca del Giappone di far scendere lo yen”.

 

Anche Il Foglio dedica il titolo di apertura a questa notizia: “Nelle Banche centrali torna il demone della politica interventista. Bank of Japan stampa moneta con l’ok di Tokyo per sostenere il pil. La BuBa tedesca inorridisce ma l’America insiste. Draghi: ‘Impossibile inerzia’”.

 

Cosentino

 

Nella conferenza stampa convocata ieri per le 12 e poi rinviata alle 14, per eccesso di giornalisti, Nicola Cosentino – come scrive il Corriere della Sera – ha parlato della sua esclusione dalle liste Pdl. Su Berlusconi: “E’ una persona straordinaria. Certo, credevo che lui e il partito sarebbero stati capaci di sfoggiare una cultura garantista, visto che nel Pdl sono state tante le persone indagate. Purtroppo, secondo le teorie di alcuni colleghi, la mia candidatura avrebbe portato voti a livello locale per farne perdere a livello nazionale. Mah. Dicono che sono il capo degli ‘impresentabili’: in verità, io sono solo vittima di un eccezionale accanimento mediatico e di un caso giudiziario incredibile. Anche Berlusconi è indagato dal 1994, ma ora tutti hanno capito che è un perseguitato dal 1996, però dopo le prime dichiarazioni dei pentiti non si è saputo più niente”. Cosentino spiega che non ha fatto un passo indietro,. “ho lottato fino all’ultimo per avere un posto in lista. Ma non era l’immunità che cercavo, quella avrei potuto trovarla in altri partiti che pure mi avrebbero candidato volentieri. Mi sono battuto per dignità”. Sui Casalesi: “L’unico riferimento dei Casalesi in Parlamento è l’onorevole Bocchino: è lui che nel 1996 fu eletto nel collegio di Casal di Principe. Eppure leggo che sarei io a tenere i rapporti con il clan. Ma deve essere proprio un clan di fessi, se si scelgono un punto di riferimento come il sottoscritto che non potrà più nemmeno essere deputato…”. Sulle parentele: “Uno dei miei otto fratelli si è fidanzato a 16 anni e poi sposato con l’attuale moglie che ha un fratello camorrista. Va beh, e allora? Volete dire che Donate Cattin che aveva un giglio terrorista era terrorista pure lui?”. Sulle liste che avrebbe sottratto: “Le avevo io perché io le ho sempre avute. Avete detto che me le ero rubate per montare il caso finale. La notizia del furto vi è arrivata dal mio partito? Eh… Qualcuno nel mio partito aveva forse paura che

all’ultimo riuscissi a candidarmi. Così hanno cercato di demonizzarmi fino alla fine”.

Da segnalare su La Stampa una intervista al giudice Raffaele Cantone, “il giudice che ha indagato sul clan dei Casalesi”, che preferisce non parlare di Cosentino, “proprio perché ho inizito io l’inchiesta”, ma spiega che i casalesi hanno avuto rapporti con diversi partiti. E che comunque la camorra riesce solo marginalmente ad influenzare le elezioni: “Ricordo ad esempio che alle provinciali di Caserta del 2005 Cosentino perse”. “Per sua natura la Camorra è poco ideologizzata”. Il titolo è: “Attenti, nel casertano la camorra è bipartisan e poco ideologica”.

Pd, sinistra

 

Secondo Il Giornale ci sarebbe “allarme rosso” nel Pd, “dopo gli ultimo sondaggi. I sondaggi fatti da Tecné per Sky Sky Tg 24 danno conto del calo dal 35,3 al 30,5 dei consensi per il Partito Democratico. “Nel 2006 ci siamo già dentro con tutti e due i piedi. Il problema vero è non andare ancora oltre”, dice un anonimo dirigente del Partito Democratico. E secondo il dirigente il problema sarebbe che “l’elettorato di Sel si sta liquefacendo ogni giorno che passa, risucchiato ogni giorno da Ingroia e Grillo, mentre noi siamo scesi sotto i livelli del 2008, attorno al 32 per cento, e Berlusconi è in ripresa”. Questo rischio di pareggio al Senato sarebbe dato praticamente per scontato; e con esso la necessità di fare un accordo con il centro montiano, cedendo la presidenza del Senato e qualche ministero di pregio. L’accordo prevederebbe l’assegnazione a Pierferdinando Casini della presidenza del Senato: il leader Udc ieri avrebbe detto a dirigenti Pd che, dopo le elezioni, disporrà di 14 senatori, ovvero abbastanza per fare un gruppo autonomo. L’Unità intervista Bruno Tabacci, leader di Centro democratico e alleato del Pd, che non crede nella capacità di rimonta del Pdl (“Non avrà neanche una minoranza di blocco in Parlamento”) e, sulla ipotesi di stallo al Senato, dice che “quello è il programma politico di Casini”. Tabacci è convinto che il centrosinistra vincerà in entrambi i rami del Parlamento, ma è necessario ragionare “come se avessimo il 49 per cento”: “Non come Prodi che pensava di poter spartirsi tutto. Penso che questa coalizione di centrosinistra debba ragionare su un vasto arco di forze, non chiudersi a riccio”.

Restiamo a L’Unità, perché racconta come domani Pierluigi Bersani farà partire la “fase due” della sua campagna elettorale, che inizia così: rivedere le spese per gli F35, partecipare ad una manifestazione a Roma domani con Vendola e Tabacci, e poi, la prossima settimana, comizio a Firenze insieme a Matteo Renzi. Ieri Bersani, intervistato dalla Rai, ha detto: “Bisogna assolutamente rivedere il nostro impegno per gli F35. La nostra priorità non sono i caccia, la nostra priorità è il lavoro”. Al quartier generale Pd spiegano questo annuncio come il frutto di un attento esame del bilancio della difesa ma, secondo L’Unità, è di fatto un chiaro segnale all’elettorato di sinistra e ai tanti che giudicano inopportune spese per armamenti in una fase di crisi economica.

Scrive La Repubblica che la scelta di Bersani vuole parlare a sinistra, ma non tanto all’alleato Sel, bensì all’avversario Ingroia.

Scrive Stefano Folli sul Sole 24 Ore che Bersani ha tirato fuori dal cassetto un tema che oggi “gli garantisce le prime pagine dei giornali”, perché il possibile futuro premier ha detto una cosa “di sinistra”, promettendo di rivedere i contratti per l’acquisto dei bombardieri F35: “E’ un cavallo di battaglia di Vendola, che infatti se ne rallegra. D’altro canto Sel è alleato del Pd ed ha tutto da guadagnare se l’asse della coalizione si sposta verso sinistra. Chi invece non è affatto contento di questa iniziativa di Bersani è la lista di Ingroia, Rivoluzione Civile, come si può capire che l’attacco che Di Pietro muove subito al Pd, accusandolo di esser stato connivente nell’acquisto degli aeroplani. Ma si capisce: qui c’è una concorrenza elettorale diretta, con parecchi voti contesi”, vuol dire che per Bersani la competizione con Ingroia “non è solo un fastidio ma sta diventando un problema”.

Monti, economia, lavoro

 

Ieri ha parlato anche il presidente del consiglio uscente Monti. In mattinata, parlando a Radio 2, secondo La Repubblica ha continuato la sua strategia di attacco al Cavaliere: “Apprezzo il Pd e Berlusconi ha torto a dire che è comunista. Ha una storia comunista dalla quale si è andato affrancando, mentre la rivoluzione liberale di Berlusconi non è stata né rivoluzionaria né liberale”. Poi, in tarda serata, intervistato a Ballarò, ha menato fendenti a destra e sinistra: “Ho una profonda sfiducia nella capacità di guidare l’Italia da parte della coalizione di Berlusconi e di quella di Bersani”.

Oggi, peraltro, Monti sarà al vertice di Davos, dove terrà un discorso dal titolo “Governare le avversità”. Delle parole pronunciate ieri da Monti Il Sole 24 Ore riassume questo pensiero: “Italia salva? Dipende dal voto”. Ha promesso a Ballarò nuova legge elettorale, riduzione dei parlamentari e dei costi della politica, riforma del Titolo V e delle competenze regionali per una più efficace politica delle infrastrutture. “Non ho la capacità di manipolazione della realtà di Berlusconi, ho visto anche Alfano stasera che, devo dire, non è così spiritoso quando è con il suo capo”, ha detto. E sul Pd: “Non vedo la capacità di Bersani di fare un governo con Vendola e Camusso”. Sono d’accordo con Grillo quando dice che siamo in guerra e come lui ho la profonda sfiducia che Berlusconi o Bersani possano guidare l’Italia”.

Il Foglio ha intervistato la segretaria Cgil Camusso, che illustra quella che il quotidiano definisce “l’agenda Camusso per Bersani”. La segretaria Cgil pensa ad un piano da circa 50 miliardi di euro l’anno per creare nuovi posti di lavoro, “un pacchetto di investimenti da suddividere in alcuni settori che consideriamo cruciali: edilizia scolastica, banda larga, trasporto pubblico, innovazione manifatturiera, green economy e potenti opere di bonifica sul territorio”. Con questo piano si punta a far crescere il Pil del 3,1 per cento nei prossimi anni, e a far rientrare la disoccupazione ai livelli precrisi entro il 2016, quindi entro il 9 per cento. Dove si trovano questi soldi? “Circa 40 miliardi all’anno possono arrivare da una patrimoniale”, e dal recupero dell’evasione, gli altri 10 si possono invece trovare attraverso un mix composto da tagli ai costi della politica, riordino della Pubblica amministrazione, utilizzo più intelligente e lungimirante delle risorse previste dai Fondi strutturali europei, sulla scia e l’esempio e l’ottimo lavoro fatto in questi mesi dal ministro Fabrizio Barca.

 

Europa

 

I quotidiani raccontano della decisione presa ieri dai ministri finanziari Ue di dare il via libera a 11 Paesi, tra cui l’Italia, per varare la cosiddetta Tobin Tax, tassa sulle transazioni finanziarie. Scrive La Repubblica che è la prima volta che in Europa si rompe il cinquantennale tabù dell’unanimità in materia di tassazione. La decisione di ricorrere a quella che si chiama una “cooperazione rafforzata” nasce dalla necessità di aggirare i veti di Gran Bretagna, Irlanda e Svezia. Gli 11 Paesi che applicheranno la tassa sono: Italia, Francia, Germania, Spagna, Belgio, Austria, Portogallo, Grecia, Slovacchia, Slovenia, Estonia. Secondo Il Sole 24 Ore l’Olanda ha lasciato intendere che potrebbe prender parte all’iniziativa. La Repubblica scrive che deciderà quando vedrà il testo della norma: la Commissione dovrebbe presentare nelle prossime settimane un testo legislativo su cui si negozierà ed a febbraio potrebbe esser pronta la bozza. Il Corriere della Sera riferisce delle valutazioni del ministro dell’economia Grilli che, ricordando come l’Italia abbia già introdotto la Tobin Tax a livello nazionale, ha stimato un introito annuale attorno al miliardo di euro.

 

Trasparenza

 

Il consiglio dei ministri ha approvato ieri un decreto legislativo che obbliga i politici a rendere pubblico il proprio patrimonio e quello dei propri parenti entro il secondo grado: “Politici e funzionari, sanzioni pro-trasparenza”, titola Il Sole, spiegando che sono in arrivo multe e controlli rigidi per politici e funzionari pubblici poco trasparenti su patrimoni personali e conflitti di interesse lavorativi. In particolare, scatta una sanzione amministrativa pecuniaria, da 500 a 100 mila euro nei confronti di membri del governo, parlamentari, assessori, e consiglieri regionali e di tutti i titolari di incarichi ed elettivi e di esercizio politico per la mancata, o non corretta, pubblicazione sui siti istituzionali della situazione patrimoniale complessiva propria e dei parenti fino al secondo grado.

Il decreto dà attuazione alla legge anticorruzione nela Pa, approvato lo scorso autunno. Anche nella Pubblica Amministrazione ci sarà l’obbligo di rendere pubblici gli incarichi ricoperti e la situazione patrimoniale, ma nel loro caso, ove si riscontri una violazione, può scattare anche uno stop agli stipendi. Non manca un capitolo dedicato ai costi della politica a livello locale: regioni e province dovranno pubblicare i rendiconti dei gruppi consiliari regionali e provinciali e gli atti e le relazioni degli organi di controllo, con attenzione particolare alle risorse trasferite ad ogni gruppo consiliare. Il provvedimento introduce anche il principio del diritto di accessi civico agli atti e ai dati della Pubblica Amministrazione, rafforzando il dispositivo contenuto dalla legge 241 del 1990 per garantire ai cittadini la possibilità di visionare documenti e pratiche degli uffici pubblici. Gli utenti della Pubblica Amministrazione potranno ora pretendere la pubblicazione di quelle informazioni che le strutture statali, pur essendo obbligate, non divulgano sui propri siti istituzionali.

Il Corriere della Sera associa in prima pagina la notizia sul varo di questo decreto a quella in arrivo dalla Liguria, relativa al gruppo Idv della Regione Liguria. La Stampa titola: “Biancheria e cibo per gatti con i fondi regionali dell’Idv”. La Guardia di finanza ha perquisito gli uffici del gruppo, e le abitazioni di sei indagati, notificando avvisi di garanzia all’ex capogruppo del partito di Di Pietro, passato a novembre in Diritti e Libertà, formazione fondata dallex Idv Donadi. Gli investigatori ieri cercavano le prove degli acquisti non riguardanti finalità istituzionali fatti dai consiglieri. Secondo gli inquirenti qualcuno degli indagati, “allarmato dalla recente acquisizione dei bilanci 2010 e 2011”, stava tentando di “sistemare e stralciare le spese non attinenti l’attività politica e di rifondere con bonifici bancari le somme già spese”. Gli accertamenti riguardano 130 milioni dei 230 che costituiscono il finanziamento annuale. La capogruppo Piredda, che balzò agli onori delle cronache come pasionaria di Alitalia, dice “non ho mai acquistato né slip né reggiseni e le mie spese sono frutto di cancelleria, qualche ristorante e taxi”.

 

Israele

 

Secondo L’Unità se c’è uno sconfitto nelle elezioni israeliane è il premier Netanyahu, “che sognava il trionfo”: “Israele ha bocciato il patto di ferro tra lui e il leader di Yisrael Beitenu Lieberman”. La lista conquista 31 seggi, ovvero 11 in meno della precedente Knesset. Nelle aree di tradizionale insediamento elettorale del Likud la percentuale di votanti risultava ieri tra le più basse del Paese, e a casa sembrano esser rimasti proprio gli elettori di Netanyahu. Al secondo e al terzo posto si attestano due partiti dell’opposizione di centrosinistra: Yesh Hatid, 19 seggi, formazione di Yair Lapid, e il partito laburista di Shellu Yakomovich (17 seggi). Al quarto posto Habayit Hayehudi, focolare ebraico, del “tecnocolono” Naftali Bennet, 12 seggi. Un buon risultato anche per il Meretz, sinistra laica e pacifista di Zaava Gat-On, con 7 seggi. I tre partiti arabi otterrebbero complessivamente 9 parlamentari.

Due intere pagine de La Stampa sono dedicate alle elezioni in Israele: “Netanyahu crolla, coalizione ampia”. “Likud-Beitenu prende solo 31 seggi, la nuova destra ed i religiosi cruciali per la maggioranza di 61 voti”. Secondo La Stampa il vero vincitore delle elezioni è Lapid, leader dell’esordiente partito centraista Yesh Hatid. Il commento di Netanyhau: “E’ chiaro che gli israeliani hanno voluto me come premier, con un governo di coalizione che sia la più ampia possibile”. Il quotidiano scrive che a scombinare le carte è stata l’alta percentuale di voto, la più elevata degli ultimi 15 anni. E in questa partecipazione di massa alcuni analisti vedono l’onda lunga delle proteste degli “Indignati” che si sono riversati nelle strade di Israele nell’estate del 2011 invocando una maggiore giustizia sociale. Il partito laburista, che ha incluso tra i candidati esponenti di quella protesta, è balzato da 8 a 17 seggi. E lo stesso Lapid incarnerebbe il desiderio di cambiamento della classe media: in particolare la richiesta che gli strati religiosi ortodossi diano un maggiore contributo alla nazione, sia nel servizio militare che nell’ingresso nel mondo del lavoro. Hanno avuto peso anche le rivendicazioni sociali, dal problema di carenza delle abitazioni alla scuola. Kadima, il partito centristra che aveva vinto le elzioni precedenti, con 28 seggi, non entra nemmeno in Parlamento .La sua fondatrice, Tzipi Livini, con la sua nuova lista NaTnua ha guadagnato sette seggi. Restano praticamente immutati il partito religioso Shas, 11 seggi, i comunisti di Hadash, 3 seggi, e la lista araba Balad, 2 seggi.

Un altro articolo del quotidiano scrive che a scalzare Netanyahu non è stato il suo avversario di destra Bennet, ma Lapid, star della tv votatosi alla politica: ha accantonato le queestioni di politica estera e puntato tutto sulle disuguaglianze, l’educazione, il welfare. I politologi pensano che muoia dalla voglia di andare al governo, e per questo entrerà nella coalizione. Ma l’interessato ha fatto sapere di non voler diventare la foglia di fico di Netanyahu, e di esser pronto all’accordo a condizione di non esser solo, vale a dire con Livni e con i laburisti di Yakimovich.

 

E poi

 

L’inserto R2 de La Repubblica si occupa di quella che sembra esser diventata la parola d’ordine dell’economia mondiale e della ripresa, la formula contro la crisi: “Resilienza”. Sarà il tema del forum di Davos, e Obama l’ha invocata al giuramento. Indica la capacità di riprendersi da un forte shock. Un vocabolario che gli ecologisti conoscono bene, e che in economia ha come punto di riferimento Nassim Nikolas Taleb, uno dei massimi esperti del rischio. Federico Rampini riassume così la sua tesi: poiché non riusciremo mai a prevedere adeguatamente il futuro, è molto più utile imparare a migliorare noi stessi sfruttando gli shock. Insomma, se la terapia d’urto non funziona, per ripartire bisogna adattarsi.

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