Hollande. Normal.

In Francia vince Hollande
In Grecia vincono nazisti e sinistra oltranzista
La prossima settimana si vota in NordReno-Westfalia
Dalle 15 urne chiuse in Italia.

Le aperture

Il Corriere della Sera: “Vince Hollande, si apre la sfida in Europa. Il primo socialista presidente dopo Mitterand: basta austerity. La partita di Berlino sulla crescita. Sarkozy lascia anche la guida dell’Ump”. In Grecia crollano le forze pro Ue: c’è il rischio paralisi, neonazisti in Parlamento”. A centro pagina l’Italia: “Affluenza in caduta: meno 6 per cento. Oggi il verdetto sui partiti”.

La Repubblica: “Hollande vince, la Francia va a sinistra. Un socialista all’Eliseo dopo 17 anni. ‘Ora la Ue deve cambiare’. Sarkozy: buona fortuna”. “Svolta storica alle elezioni presidenziali, il candidato del Pd ottiene il 51,7 per cento. Telefonata della Merkel. Monti: adesso pensiamo alla crescita”. Di spalla: “Grecia, voto-caos, salgono i neonazisti, puniti i rigoristi”. A fondo pagina si parla delle elezioni amministrative italiane: affluenza al 49 per cento, “calo di 5,87 punti rispetto al 2007. Oggi seggi aperti fino alle 15. Bagnasco: basta anti-politica”.

La Stampa: “Francia e Grecia cambiano l’Europa. Lo scenario politico dei Ventisette esce profondamente modificato dalla domenica elettorale in vari Paesi”. E poi: “Hollande: l’austerità non basta. Vittoria per lanciare la crescita”; “Atene ora rischia la paralisi. Gli estremisti in netta ascesa”.

Il Giornale: “Elezioni shock”. In Francia “vince Hollande e nessuno ride più”, in Grecia è “il trionfo di chi maledice l’Euro”.

L’Unità: “Maggio francese. E’ svolta in Europa. Hollande conquista l’Eliseo. La Grecia si ribella all’austerity ma è ingovernabile”. L’editoriale, firmato dal direttore Claudio Sardo, è dedicato alla nuova veste grafica del quotidiano: “Un giornale nuovo per voltare pagina”, il titolo.

Francia

Su La Stampa viene intervistato un ricercatore di Sciences-Po, l’esperto di flussi elettorali Jeanc Chiche: se prevedibilmente quasi tutti i suoi voti sono confluiti su Hollande, è interessante osservare come i voti della Le Pen, “escludendo chi si è astenuto, per tre quarti sono andati a Sarkozy e per un quarto ad Hollande”. Dunque la “droitisation” della campagna di Sarkozy ha pagato? “Sicuramente, insistendo su temi come la Nazione o le frontiere, è riuscito a captare molti elettori di madame Le Pen”. I voti centristi “sono andati grosso modo per due terzi a Sarkozy e per un terzo ad Hollande”, nonostante la dichiarazione di Bayrou.

Su La Repubblica Bernardo Valli scrive che l’ambizioso progetto di Hollande è di essere “nell’aspetto, nello stile e nell’azione, l’esatto contrario di Nicolas Sarkozy”: secondo Valli Hollande vince con un voto “tutt’altro che risicato”, poiché nella storia della Quinta Repubblica una sconfitta con quasi 4 punti in meno del vincitore è netta e indiscutibile. Il profilo politico del vincitore è quello di un “seguace di Jacques Delors, il grande europeista”; Hollande considera suo maestro Pierre Mendés France, il liberale progressista rimasto nella storia politica di Francia come un esempio di sobrietà e competenza, Hollande è un socialdemocratico con venature cristiane”.
Sullo stesso quotidiano Marc Lazar descrive il possibile “tramonto di una egemonia”, che è quello delle destre in Europa e del liberismo. LAzar ricorda che c’è una dinamica di ascesa della sinistra in Francia, che va dalle elezioni municipali del 2008 alle regionali del 2010 (è al governo in 22 regioni su 25), dalle cantonali del 2008 a quelle del 2011, con la sola eccezione delle europee del 2009. Se la sinistra socialista (alleata ai verdi) vincesse le legislative del 10 giugno, conquisterebbe una posizione egemonica, con la presidenza della Repubblica, il primo ministro, l’assemblea nazionale, il Senato (passato ai socialisti nel 2011, per la prima volta nella storia francese), le regioni e gran parte dei comuni. Secondo Lazar questa ascesa fa pensare che il PS “sia di nuovo in sintonia con una parte dei francesi”: e tuttavia il politologo non manca di sottolineare che gli elettori hanno espresso, più che una adesione entusiastica ad Hollande, la loro ostilità nei confronti di Sarkozy.
Lazar considera Hollande “deciso e prudente”, poiché ha spiegato che il suo obiettivo è il risanamento delle finanze pubbliche e il rilancio della crescita a livello europeo. Sul piano sociale ha fatto promesse limitate, prospettando l’aumento del salario minimo e delle assunzioni in alcuni settori pubblici come la scuola; ha annunciato una grande riforma fiscale per colpire i redditi più elevati; è stato fermo sull’immigrazione clandestina, ha rifiutato la legalizzazione della cannabis; insomma, ha assunto “una posizione pienamente riformista, inedita in Francia”. Con lui i socialisti francesi sono più vicini ai loro omologhi europei, conservando però alcune delle loro peculiarità, tra cui il ruolo preminente assegnato allo Stato.

Su L’Unità, intervista a Laurent Fabius, che alcuni descrivono come il probabile ministro delle finanze o degli esteri, se non primo ministro. Contesta che la forza di Hollande sia stata soprattutto la debolezza del suo avversario: “non sono di questo avviso. Certo, la maggioranza dei francesi ha giudicato con severità i cinque anni di presidenza Sarkozy, soprattutto per la sua incapacità di far fronte alla crisi. Ma hanno anche premiato il candidato che si è dimostrato più serio”. Quali potrebbero essere le prime mosse della presidenza Hollande? Investimenti sul piano scuola, blocco per tre mesi del prezzo della benzina, riduzione del trenta per cento delle retribuzioni del presidente dei ministri, secondo Fabius. Potrebbe indebolire l’azione di rigore? “E’ una preoccupazione che non ha ragione di essere. Hollande fa proposte che tendono al rafforzamento delle istituzioni politiche ed economiche europee, come un ruolo attivo della Bce, una definizione di una tassa sulle transazioni finanziarie, finalizzate, come i project bond, al lancio di progetti di sviluppo. Proposte fondate su una convinzione: la crescita favorisce, e non minaccia, la disciplina di bilancio”. E’ la fine dell’asse franco-tedesco? “Niente affatto, semmai lo riequilibrerà, rispetto a una dipendenza troppo marcata di Sarkozy rispetto alla Merkel”. Del resto, il rapporto tra Parigi e Berlino “ha radici storiche che non nascono e non si esauriscono con il cosiddetto Merkozy”. Il quotidiano ricorda che Fabius fu per il no alla Costituzione europea. Fabius spiega: “La mia posizione era fondata sulla convinzione che per l’Europa le questioni centrali fossero quella dell’occupazione e delle delocalizzazioni”. Ma “in me non c’è mai stato un sentimento antieuropeo”. Si ricorda poi che il centrista Bayrouy ha preannunciato il suo voto a favore di Hollande. E’ nato il centrosinistra francese? Fabius: “E’ presto per dirlo”, ma “chiunque sostenga il progetto del Presidente eletto è parte della maggioranza presidenziale” e “ciò vale anche per Bayrou”.

Pierluigi Bersani, intervistato dal Corriere della Sera, commenta il voto in Francia (“una grande soddisfazione, una bella notizia per l’Europa”) e aggiunge: “Penso possa essere un passo determinante per invertire un ciclo decennale di governo delle destre e per trattenere quelle spinte populiste regressive che, in una crsi così acuta, insorgono in Europa. Ora si può imboccare la strada del cambiamento”. Secondo Bersani la vittoria di Hollande “nasce dalla concludenza di elettorato di sinistra e di centro democratico, contro una destra fortemente condizionata da una pulsione reazionaria. La saldatura tra forze di sinistra e forze moderate costituzionali è un tratto di fondo della situazione europea ed è una alternativa al ripiegamento regressivo della destra. Ma quando ne parlo, in Italia, mi si chiede sempre quale foto preferisco”. Inevitabile la domanda sulla foto di Vasto, a questo punto: “Lo trovo stucchevole”, dice Bersani, “e vorrei far notare che Bayrou e Mélenchon hanno votato tutti e due per Hollande. Io ho fatto appello a un patto di legislatura e ne stiamo costruendo le condizioni”.
Sulla stessa pagina viene intervistato l’ex ministro degli esteri Franco Frattini: “Sarà una Francia più aperta e più vicina a noi”, il titolo dell’intervista. L’intervistatore ricorda a Frattini che Tremonti avrebbe scelto Hollande. I due candidati hanno”commesso errori”, dice Frattini. “Hollande mi ha sorpreso quando ha affermato di voler rinegoziare il fiscal compact, poi ha chiarito che non era la sua intenzione. Sarkozy mi ha colpito molto negativamente quandoha riproposto testi protezionistiche e di chiusura dello spazio Schengen”. In vista del prossimo consiglio di giugno, Frattini dice di aspettarsi “meno vincoli a politiche di crescita. Parlo di misure europee, non di spesa pubblica nazionale”. “Le politiche del liberalismo classico, secondo le quali i mercati si reggono da soli, sono sostanzialmente tramontate”, dice più avanti.

Grecia

Sul Corriere anche una intervista a Nichi Vendola: “La gente ha sfiduciato i tecnocrati”. “Punito chi voleva la mattanza sociale. Ha vinto la sinistra antiliberista”. Secondo Vendola il voto greco e quello francese dimostrano che ha vinto la sinistra che ha impugnato “la bandiera contro il liberismo e i tecnocrati”. In Grecia “la grande sorpresa è la sinistra movimentista di Syriza”, che si oppone all’austerity ma “non all’Europa, al contrario dei comunisti del KKE. E’ fallito il tentativo di commissariare la democrazia. Si rimette in discussione quel capolavoro di violenza e di cialtroneria che ha prodotto un impoverimento senza precedenti della sinistra greca, senza alcun effetto sul contenimento del debito pubblico”.Sul rischio di ingovernabilità in Grecia: “E’ il liberismo a produrre il caos, non il popolo greco. E’ sconcertante che nella culla della democrazia si consideri un impaccio fastidioso l’esercizio della democrazia”.
Su La Stampa viene intervistato l’ex premier George Papandreou, che ricorda di aver chiesto tre anni fa all’Europa di unire all’austerità politiche per la crescita:  ”Serve un New Deal per l’Europa. Altrimenti sara’ la fine. L’Europa del futuro o sarà solidare o non sarà”. Secondo l’esponente socialista il voto gredo non va letto come “pro o contro l’Europa”, ma come ” un voto che riflette la sofferenza di un popolo per le dure misure di
austerity, alimentato molto dal voto di protesta e dal populismo”. Una dinamica che si poteva evitare “se si fosse fatto il referendum che avevo proposto”.
La Repubblica intervista Theodoros Koudounas, membro del comitato centrale della formazione neonazista Alba D’Oro.
Il partito ha ottenuto il 6,9 per cento dei consensi (21 deputati), il partito di sinistra Syriza ha ottenuto il 16,6% dei voti, pari a 51 seggi, Pasok e Nuova Democrazia insieme hanno ottenuto insieme il 32,4% dei voti, che tradotti in seggi significano 150 posti, uno in meno rispetto alla maggioranza assoluta.
Koudounas dice “no all’Europa gestita dei tedeschi e manovrata dai grandi circuiti occulti finanziari e politici, sì alle mine anti-immigrati alla frontiera con la Turchia. In fondo, per quel che ne so io, anche l’Italia usa i cannoni contro le carrette del mare nel Canale di Sicilia”. All’accusa di essere nazisti risponde: “Nazisti no, siamo nazionalisti e socialisti”.
Un lungo reportage dalla Grecia dedicato in particolare alla vittoria degli “estremisti” si trova su La Stampa, che racconta come abbiano trionfato i neonazisti di Alba Dorata e la sinistra oltranzista, con un programma comune: via dall’Euro. Del partito Alba Dorata non si mette affatto in dubbio che sia neonazista, a partire dal simbolo, il meandros, un ornamento dell’antica grecia che richiama la croce uncinata. Non sono mancati elogi ad Hitler, descritto come “un grande personaggio”, da parte del leader della formazione. Fondata nel 1985, è rimasto sempre sotto la soglia di attenzione: nel 2009 ha preso soltanto lo 0,29 per cento. In campagna elettorale ha sfruttato due fattori: l’indebolimento del tradizionale partito di estrema destra, il Laos, macchiatosi del peccato di avere appoggiato per alcuni mesi il governo Papademos; il secondo fattore che ha coagulato il consenso su Alba dorata è stata la paura, il terrore degli immigrati. Ad Atene, dove sono già in consiglio comunale, e ogni mattina si salutano con il braccio destro, i militanti si sono resi popolari tra gli anziani offrendosi di accompagnarli al bancomat o a ritirare la pensione per proteggerli dai criminali. Sulla crisi, Alba dorata propone tout court di non pagare il debito pubblico, che non va restituito perché andrebbe alle banche “controllate da americane ed ebrei”. Sul fronte opposto, ha vinto il più aggressivo antagonista dei socialisti del Pasok, la sinistra federata Syriza, che considera il memorandum stilato con l’Europa ha “barbarie”, insiste per la cancellazione di gran parte del debito greco, la sospensione del pagamento degli interessi, l’introduzione di tasse più pesanti per i ricchi e il taglio delle spese militari.

Germania

Ieri si votava anche nel piccolo Land dello Schleswig-Holstein, in Germania. Il Corriere della Sera: “Merkel tiene, ma perde un altro Land. La Cdu dovrà cedere il governo alla Spd. Sollievo per i liberali che entrano in Parlamento”. I liberali dell’FDP temevano pesanti perdite. Per il governo regionale è probabile una alleanza tra socialdemocratici, verdi e minoranza danese (si tratta del Land più a Nord della Germania).
Su La Repubblica, che spiega come la Merkel abbia perduto “anche in casa”, si riferiscono le parole del ministro degli esteri tedesco Westerwelle, a commento delle elezioni in Francia: “Adesso con la Francia di Hollande lavoreremo insieme per un patto della crescita”. Il fatto è che tra una settimana si vota anche nel Nord Reno Westfalia, lo Stato più popoloso, cuore industriale-minerario della Germania, dove la Spd è favorita. Il quotidiano sottolinea che i socialdemocratici hanno avuto un successo con guida riformista (il socialdemocratico Albig, che potrebbe essere il nuovo governatore) e che le elezioni hanno segnato un buon risultato per i Verdi (13,6 per cento) così come per i pirati (8,1 per cento); mentre sparisce la sinistra radicale della Linke, che non è entrerà nel nuovo LandTag, essendo crollata al 2,5 per cento.

Turchia

Il Corriere della Sera intervista il premier turco Erdogan, che domani sarà a Roma: “Abbiamo dimostrato che Islam e democrazia possono convivere. Se ci sono dei regimi antidemocratici che opprimono il popolo, allora la gente cercherà di cambiare, e noi possiamo mostrare loro la strada per farlo, cioé quella del sistema parlamentare”. Parla a lungo della Siria, ricorda di aver invitato più volte Assad a scegliere una strada diversa, ricorda anche che la Turchia condivide con questo Paese un confine di 900 chilometri: Finora siamo stati pazienti, ma se il governo commetterà ancora degli errori alla frontiera, questo sarà un problema della Nato, come recita l’articolo 5″ (nei giorni scorsi migliaia di profughi sono passati dalla Siria alla Turchia, e le forze siriani hanno attaccato alcuni campi in cui si erano rifugiati, ndr). “Se penso a un intervento armato? Questo non è solo un problema della Turchia. Servono passi comuni del Consiglio di sicurezza, della Lega Araba”.

E poi

L’Unità intervista Roberto Saviano, che si sofferma su temi come il populismo, la partecipazione alla politica, i movimenti come Occupy Wall Street. Movimenti di contestazione attraverso il mondo che per Saviano sono una nuova forma di democrazia: “Bisogna intendersi sul significato di ‘comunità politica’. Fa politica chi si organizza, ha un programma e dialoga. Non facciamo l’errore di considerare ‘comunità politica’ la ‘partitocrazia’. “Io non temo i populismi e non demonizzerei i movimenti così etichettati. Proverei piuttosto a studiarne la genesi”. Saviano dice che non farebbe mai politica in prima persona, che continuerà a studiare, perché è il suo modo di fare politica.

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