Europa, l’eterna guerra degli zero virgola

Il Corriere della Sera: “Duello Italia-Ue sui vincoli. Barroso: rispettare gli impegni. Renzi: risolvete i problemi”. “Il sostegno di Schulz: io sto con Matteo. L’idea di escludere i fondi europei dal Patto”. A centro pagina una inchiesta in Lombardia: “Appalti legati all’Expo: otto arresti a Milano. Nel mirino Infrastrutture Lombarde. ‘Turbativa d’asta’”.

 

La Repubblica: “Renzi, braccio di ferro con l’Europa”, “Scontro con Barroso: rispettate i vincoli. I rischi della procedura d’infrazione”.

A centro pagina: “Appalti in Lombardia, tornano le manette”, “Arrestato aon altri 7 l’ex dg Infrastrutture della Regione: associazione per delinquere e truffa. Il Pd: Maroni riferisca”.

In taglio basso ci si occupa del “caso Uva” con un inviato a Varese che è Carlo Verdelli: “Pino, morto in caserma e senza giustizia”, “Varese, si riapre il ‘caso Uva’: due carabinieri e sei poliziotti a processo accusati di violenza”.

 

La Stampa: “Renzi-Ue: sfida sul bilancio”, “Il premier: parlato di riforme, non di conti. Lo scetticismo di Barroso”.

 

Il Fatto: “Renzi è nella tenaglia tra Barroso e Carrai”.

A centro pagina: “Milano, gli otto arresti che fanno tremare l’Expo”.
Il Sole 24 Ore: La Ue: Roma rispetti i vincoli. Renzi: parlato di riforme, non di zero virgola. Ma Bruxelles risolva i problemi. Di spalla la notizia della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del Decreto legge sul lavoro: “Al via i contratti a termine da 36 mesi (senza causale)”. “Squinzi: bene il provvedimento, serve alle imprese”.

 

Il Giornale: “Europa ingrata. Ridono anche di Renzi. Bis dei risolini Merkel Sarkozy a Berlusconi sul piano salva-Italia”. E poi: “Inchiesta sulla casa ‘sospetta’ del premier”.

 

L’Unità: “Europa, la battaglia sui vincoli. Renzi chiede di tenere fuori dal bilancio i fondi Ue. Barroso: rispettate tutti gli impegni. La replica: lo stiamo già facendo, ma la Ue risolva i problemi. Schulz: io sto con Matteo”.

 

Renzi a Bruxelles

Scrive La Repubblica che la giornata di Matteo Renzi a Bruxelles si è aperta con un sorriso amaro: interpellati da un giornalista di Radio Radicale sulla sua intenzione di portare il deficit in Italia dal 2,6 al 3%, il presidente della Commissione Ue Barroso e il presidente del Consiglio Ue Van Rompuy si sono guardati, hanno sorriso, “quasi a non volersi prendere la briga di commentare una proposta che non piace a Bruxelles ma che mette in imbarazzo due dirigenti chiamati dal galateo a essere accomodanti verso un leader al debutto”. Barroso: “È importante per la fiducia nell’Italia e nell’Europa che si rispettino tutti gli impegni firmati e ribaditi in questi anni”. Dunque, spiega il cronista di Repubblica, non solo il 3% ma anche il Fiscal compact, che ingiunge ai governi di tagliare costantemente il deficit per abbassare il debito, grande fardello italiano, pena la procedura d’infrazione. Van Rompuy è ancora più chiaro: “Tutti devono continuare ad applicare le regole concordate, domani mattina ne parlerò con Renzi per capire esattamente quale sia la natura delle sue dichiarazioni e dei suoi propositi”. In quei minuti Renzi è appena arrivato, è al vertice Pse: gli riferiscono delle dichiarazioni dei vertici Ue e risponde, piccato: “L’Italia sta rispettando tutti i vincoli”. Secondo il corrispondente de La Repubblica a Bruxelles Andrea Bonanni, “è un dialogo tra sordi”: Renzi vorrebbe parlare all’Europa delle sue riforme, l’Europa vorrebbe parlargli dei suoi conti pubblici che non tornano. Il premier però ha ragione quando identifica nel grande progetto riformatore la chiave per risolvere queste contraddizioni tra Europa e Italia: se il Paese riesce ad avviare tagli draconiani della spesa pubblica, privatizzazioni e riforme per il rilancio della produttività, probabilmente i mercati continuerebbero a darci credito ma, per l’appunto, “i risultati concreti delle molte misure annunciate” dovrebbero arrivare a strettissimo giro di posta.

 

La pagina seguente de La Repubblica porta questo titolo: “La spending review perde i pezzi, tagli certi solo su dirigenti Fs e Anas”, “Renzi congela la linea Cottarelli: 34 miliardi sono troppi”. Il premier sarebbe orientato a fermarsi a 20-25 miliardi. E se l’ufficio di Cottarelli è stato spostato a Palazzo Chigi, la sua “promozione” somiglia un po’ di più ad una sua parziale “rimozione”: il rapporto sulla revisione della spesa pubblica è visto come un insieme di “spunti”.

Per quel che riguarda gli investimenti, secondo il quotidiano “il governo vuole sbloccare i fondi italiani ed europei senza che pesino sul deficit”: otto miliardi di fondi europei, o meglio, cofinanziati dall’Italia, dovrebbero finire fuori dal Patto di stabilità. Ci sarebbero poi altri 13,7 miliardi di fondi nazionali (ex Fas per le aree depresse): in totale, quasi 22 miliardi da spendere quest’anno e il prossimo, “una manna dal cielo”.

 

Su La Stampa: “Barroso: pronti a sostenervi ma dissipate ogni dubbio”, “Il presidente della Commissione europea rigido sui margini di manovra dell’Italia”. E Marcello Sorgi, nella sua analisi sottolinea che la scommessa del premier è “riforme in cambio di meno vincoli”.

Il Fatto scrive che a Bruxelles ci sono stati “applausi per le riforme annunciate, ma nessuna concessione sull’allentamento dei vincoli di bilancio per pagare il taglio delle tasse”.

 

L’Unità inizia la cronaca dell’incontro di ieri di Renzi con Barroso partendo dal bottone della giacca, perché “questa volta non l’ha sbagliato, come fa notare lui stesso ai giornalisti, mentre stringe la mano al presidente della Commissione Ue Manule Barroso” (con Merkel Renzi aveva ‘sbagliato bottone’ del cappotto). E poi parla – come gli altri quotidiani – della “risatina fra lo stesso Barroso e il presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy “al momento di rispondere alla domanda del corrispondente di Radio Radicale, David Carretta, sulla reale capacità del premier italiano di convincere i vertici europei sulla sostenibilità delle proprie riforme”.

“Un messaggio indiretto, che a molti ha ricordato i sorrisi di Merkel e Sarkozy su Berlusconi, su una presunta inaffidabilità italiana, tanto che entrambi si preoccupano di sottolineare che i vincoli sono da rispettare non solo perché ci sono patti sottoscritti, ma anche perché la parità di bilancio l’Italia l’ha messa in Costituzione”. È stato poi Renzi, di fronte ai giornalisti, a far notare un tweet fatto da Barroso, in cui il Presidente della Commissione “fornisce una apertura di credito alla piattaforma italiana parlando di incontro ‘molto positivo’” e dice che “l’Europa ‘sostiene’ le riforme italiane”.
Dunque “le polemiche sui numeri e le coperture alle sue misure, dice, sono ‘incomprensibili’ e chi non si fida di quello che ha garantito lo scorso con le slides una settimana fa, può aspettare il Documento di economia e finanza. E lì troverà tutti i numeri che cerca. Insomma il premier ci tiene a far sapere che la sua visita al Consiglio europeo non è quella di ‘uno studente fuori corso’, ma di un premier di un Paese che è un fondatore della Ue e che soprattutto è in regola, ma che ora vuole uscire dalla crisi cambiando se stesso in profondità e in poco tempo. Renzi si dice convinto che questo messaggio coi partner europei è ‘passato, ma che adesso il compito più complesso e che riguarda anche i colleghi europei è far passare fra le famiglie italiane il messaggio che l’Europa non è il problema, ma la soluzione ai nostri problemi’”.

L’obiettivo con cui Renzi è salito a Bruxelles, scrive poi L’Unità, è quello su cui ha avuto il sostegno del candidato presidente del’Ue Martin Schultz: “far considerare fuori dal patto di stabilità i fondi comunitari, i soldi per rimettere a posto le scuole e quelli per gli interventi di messa in sicurezza del territorio. Almeno questa è la cartellina che, prima di prendere l’aereo, fa vedere ai presidenti delle regioni guidati da Vasco Errani e alla delegazione dei sindaci con a capo quello di Torino Piero Fassino. Due incontri da cui la strategia renziana esce rafforzata. Tanto che il presidente dell’Anci, Fassino, spiega che i comuni non saranno interlocutori, ma ‘alleati’ del premier in questo cammino”. Dunque, al di là della battuta di Renzi (“abbiamo parlato di riforme, non di 0,1 o 0,2), il lungo faccia a faccia è è stato dedicato a questo.

 

Massimo Franco, sul Corriere (“Il tentativo di contrastare i dubbi della Ue”) scrive che i sorrisi tra premier e autorità europee diventano “più forzati” quando Renzi passa ai “dettagli”. Franco scrive che il fatto che Renzi stesso abbia ribadito che l’Italia rispetta il vincolo del 3 per cento dovrebbe tagliare la testa al toro, ma il fatto che lo stesso premier abbia definito “anacronistico” quel tetto solo due giorni fa ha “aumentato i timori” in quanti temono che l’Italia prenda misure per la crescita “aumentando il deficit e non tagliando la spesa”. E che il sorrisino di Van Rompuy e Barroso sia il segnale che le cose non siano andate molto bene – scrive Franco – sembra confermato dal giudizio di Angelo Rughetti, sottosegretario alla Semplificazione e uomo vicinissimo a Renzi: secondo lui la Commissione dovrà “valutare con maggiore umiltà quello ce stiamo cercando di fare. E dare indicazioni e suggerimenti per migliorare eventualmente le proposte”. Segno che “almeno per Palazzo Chigi, l’Europa non lo ha ancora fatto” e che “esistono dunque temi di potenziale contrasto da approfondire”.

Guido Gentili, sul Sole 24 Ore, scrive che “sarà anacronistico quel 3 per cento intangibile ma per Bruxelles gli ‘impegni vanno rispettati’” e “il calendario della governance europea a partire da aprile” con la presentazione del Def “ricomincerà a farsi incalzante”, sfociando ad ottobre con la presentazione della legge di stabilità e di bilancio. Gentili evidenzia “tre problemi”: il primo è che lo 0,4 che separa il 2,6 al 3 per cento vale 6,4 miliardi sulla carta, che serve una legge per autorizzare questo passo e serve chiedere l’ok all’Europa, e che non sarà comunque facile far stare i fondi strutturali europei fuori dal Patto di stabilità. Insomma, secondo Gentili Renzi dovrà trovare subito una copertura alle sue promesse, innanzitutto “attuando la spending review” e trovando le coperture necessarie, unico viatico per imporre a Bruxelles “un confronto serio su come cambiare le regole”.

Da segnalare sullo stesso quotidiano un intervento del Presidente dell’Ance (costruttori) Buzzetti, che invita l’Europa ad avere “più coraggio” sugli investimenti, e dunque ad un “intelligente allentamento del patto di stabilità, come chiediamo da tempo insieme all’Anci” che consentirebbe da subito di “smobilizzare 5 miliardi” che gli Enti Locali “hanno in cassa ma non possono spendere per non sforare i parametri di quel patto”. Si tratta degli investimenti per la messa in sicurezza delle scuole e del territorio.

 

Renzi e la casa

La Stampa: “Fascicolo dei pm su casa Renzi, ‘Non pagavo perché ero ospite’”, “L’alloggio a Firenze era affittato dall’amico Carrai, M5S e Lega all’attacco”. L’appartamento era stato scelto come residenza dal premier tra il 14 marzo 2011 al 22 gennaio scorso: non ci sono indagati né ipotesi di reato, scrive La Stampa, “solo veleni”. La nota delle presidenza del Consiglio sottolinea: “Renzi ha usufruito in alcune circostanze dell’ospitalità di Carrai”. L’uomo che ha sollevato il polverone è un dipendente del comune di Firenze, Alessandro Maiorano, verso cui l’allora sindaco di Firenze aveva sporto querela e che viene considerato una sorta di ‘stalker’. Ma al momento in cui Renzi decide di ritirare la querela, Maiorano si accorge del cambio di residenza dell’oggi premier.

La Repubblica: “Renzi: ‘Ospite a casa Carrai solo a volte’”, “M5S e Lega: ‘Venga a riferire in Parlamento’. Inchiesta della Procura”.

“Carrai e Renzi nei guai, si muove anche la Finanza”, titola Il Fatto spiegando che le Fiamme Gialle hanno acquisito “carte su società vicine al premier”.

Su Il Giornale: “L’alloggio gratis di Matteo. L’amico sponsor presto dai Pm. La Procura di Firenze apre un fascicolo sull’affitto pagato da Carrai all’ex sindaco. Anche la Finanza indaga sulla operazione, Renzi si difende: ospite in poche occasioni”.

 

Berlusconi, Grillo

Il Giornale: “Il Cav punta tutti sui club e pensa di non candidarsi”. “Berlusconi non vorrebbe forzare la mano in vista del 10 aprile, resta l’ipotesi del nome nel simbolo. Lo sfogo sul partito: uno schifo. Bossi: ‘Darà battaglia’”. Secondo il quotidiano il Cavaliere, che doveva tornare oggi ad Arcore, si fermerebbe a Roma fino a domani, per partecipare ad una convention del Club Forza Silvio, “l’ala movimentista di Forza Italia su cui il premier punta molto per cercare di recuperare un rapporto con il territorio”, mentre sarebbe “ormai ai minimi termini” il rapporto con il partito. Per esempio l’ex premier “nonostante le insistenze” si è “ben guardato dal convocare (e quindi formalizzare) quell’ufficio di presidenza cui tenevano tanto i big azzurri”, e “nelle sue conversazioni private” considera il partito “’uno schifo’”.

Il Corriere della Sera oggi scrive che anche Pier Silvio Berlusconi ha detto di no alla candidatura, dopo aver riflettuto e letto tutto quello che è stato scritto nelle ultime ore sul tema. “Il no ha deluso una parte degli azzurri che speravano nell’ingresso di un familiare come lui, dal profilo moderato, dall’atteggiamento tranquillo, forse neppure così interessato a rivoluzionare il partito”, e “spaventato chi teme” che a questo punto potrebbe toccare alla “meno gestibile” Barbara Berlusconi, che “rischierebbe di rivoluzionare il partito” e “ridimensionare” eventuali “cerchi magici”. Infine il quotidiano scrive che gli avvocati di Berlusconi sarebbero perplessi anche sul nome dell’ex Cav nella lista: potrebbe irritare i giudici di sorveglianza. Secondo Il Giornale inoltre c’è sempre il rischio che gli elettori “scrivano il nome di Berlusconi” sulle schede, rendendole nulle.

La Repubblica intervista Francesca Pascale, che auspica che sia Marina a candidarsi, a “Io spero, sommessamente, anche egoisticamente, che Marina Berlusconi pensi davvero a questa incredibile sfida: anche se, da donna, mi rendo conto di quale sacrificio possa rappresentare”. A chi dice che oggi sia lei a comandare nel partito, risponde: “Sciocchezze. Il presidente ascolta tutti, poi decide sempre e soltanto lui. Chi dice queste cose tradisce la sua lontananza dal presidente: non solo non conosce bene Berlusconi, ma non gli vuole bene. Io mi attribuisco un solo merito, invece: quello di aver introdotto elementi di semplicità estremi, popolari”. Su Renzi: “Scimmiotta un po’ Silvio, sì, ma non ha nulla di lui, anzi con le sue slide somiglia più a Mike Bongiorno”.

 

Su La Repubblica, intervista a Beppe Grillo: “In Europa prenderemo più voti del Pd, noi a Strasburgo con 25 parlamentari”, “Grillo in tour elettorale: dei dissidenti si occupa Casaleggio”

 

Appalti

Sul Corriere della Sera: “Appalti legati all’Expo: otto arresti a Milano”. A partire da Giulio Rognoni, fino a gennaio a capo di Infrastrutture Lombarde, holding regionale, 11 miliardi di investimenti nelle grandi opere, e il responsabile dell’ufficio gare e contratti della stessa Regione, Pier Paolo Perez, per aver creato una “struttura parallela”, e affidato sempre ad avvocati esterni i servizi legali di supporto tecnico-ammnistrativo alla stazione appaltante Expo 2015. Le cifre contestate arrivano a oltre 8 milioni di euro per servizi legali. Oltre ai due arrestati in carcere, ci sono altre sei persone agli arresti domiciliari. Gli appalti contestati sono 68, dal 2008 al 2013. La vicenda nasce su denuncia di un imprenditore escluso da un appalto. Secondo l’accusa – scrive Il Sole 24 Ore – il sistema escogitato era quello di frazionare in maniera artificiosa le gare, per poter evitare di indire bandi pubblici, redigere falsi contratti, anche retrodatati, concordare compensi fuori da ogni regola e soprattutto arbitrari.

Il quotidiano di via Solferino spiega che era questa l’inchiesta cui si riferiva il Pm Robledo, nel suo esposto su asserite violazioni del suo capo Bruti Liberati, esposto portato al Csm. Ieri i due erano seduti uno accanto all’altro a spiegare l’inchiesta, e non hanno risposto a domande sul loro dissidio.

E sullo stesso quotidiano in un altro articolo Luigi Ferrarella scrive della inchiesta sugli appalti a Milano. “Gli indagati al telefono dicevano: ‘Sono tutte turbative, sono tutti abusi’”.

La Stampa: “Truffa alla Regione. In manette l’uomo degli appalti Expo”, “L’accusa: consulenze e contratti affidati in modo illecito”.

La Repubblica: “Lombardia, otto arresti per gli appalti, decapitata la ‘cabina’ dei lavori Expo”, “In cella Rognoni, ex dg di Infrastruttura. Pisapia attacca Maroni”. E poi:“’Gare truccate per favorire l’ex Ros De Donno. Alle figlie di Daccò incarichi da 318mila euro”, “Retrodatati i contatti. E i promotori della truffa dicevano: chi se ne frega”. Il quotidiano evidenzia anche che il procuratore di Milano Bruti Liberati e il pm Alfredo Robledo, che nei giorni scorsi aveva redatto un esposto al Consiglio superiore della Magistratura per “violazione dei criteri di organizzazione” nella gestione delle inchieste, si sono mostrati ieri insieme in conferenza stampa. La conduzione dell’inchiesta su Infrastrutture era tra quelle indicate nell’esposto all’origine dello scontro .

“Benedette manette” è il titolo dell’editoriale di Marco Travaglio che compare in prima su Il Fatto: chi si era illuso che bastasse “un uomo solo al comando” per “cambiare verso” all’Italia, dovrà presto ammettere di aver preso un altro abbaglio. Ci si riferisce ai casi giudiziari degli ultimi giorni, dal caso Genovese a quello della Barracciu, per finire alla “retata di Milano che decapita Infrastrutture lombarde, la struttura che appalta i lavori miliardari di Expo”.

 

Crimea, Russia

La Repubblica, con copyright New York Times, pubblica oggi una lettera di Alexej Navalny dal titolo: “Affaristi, oligarchi, boiardi ecco il clan del Cremlino che l’Occidente deve colpire”, dove si raccomandano all’occidente “due opzioni che penso che sarebbero accolte con favore dalla maggior parte dei russi, se applicate efficacemente. Ecco la prima: l’invasione putiniana della Crimea ha già indotto l’Ue e gli Usa a imporre sanzioni a funzionari del governo russo (21 nel caso dell’Europa, 7 nel caso degli Stati Uniti), ma la maggior parte di questi personaggi non ha un reale potere. Non hanno grandi patrimoni fuori dalla Russia e sono irrilevanti per Putin. Non è sanzionando queste persone che si può sperare di convincere la Russia. Questa iniziativa così morbida è stata oggetto di sberleffi in Russia, e c’è addirittura chi l’ha vista come un tacito incoraggiamento a Putin e al suo entourage, che sembrano possedere una qualche magica immunità.

Le nazioni occidentali potrebbero infliggere invece un colpo pesante al lussuoso stile di vita dei compari del Cremlino che fanno la spola tra la Russia e l’Occidente: sto parlando di congelare i beni finanziari degli oligarchi, di confiscare le loro proprietà”. Navalnyj cita “gente come Gennadij Timcenko, capo del Volga Group, i potenti uomini d’affari Arkadij R. e Boris Rotenberg, exsparring partnerdi Putin nel judo, e il finanziere Jurij Kovalchuk, considerato il banchiere del presidente. Altri obbiettivi primari dovrebbero essere Vladimir Yakunin, presidente delle ferrovie russe, gli oligarchi Roman Abramovic e Alisher Usmanov, e Igor Secin e Aleksej Miller, a capo rispettivamente della Rosneft e della Gazprom”.

 

Il Corriere della Sera: “Putin fa costruire il ponte che gli zar sognavano” per meglio unire la penisola di Crimea alla Russia. Sullo stretto di Kerc, tra il mar Nero e il Mar d’Azov, sette chilometri di strada su rotaia e forse un tunnel sottomarino. Il progetto è stato deciso nel novembre scorso, “quando Yanukovich aveva voltato le spalle all’Europa”, e costerà a Mosca 2 miliardi di euro. Il ponto è stato sognato da molti, da Nicola II a Stalin. Ma i problemi infrastrutturali sono molti.

 

È Il Giornale a dare notizia delle dichiarazioni di ieri di Paolo Scaroni, Amministratore Delegato dell’Eni: “Nessun allarme gas. Il South Stream? Lo vedo a rischio”. Il gasdotto che dovrebbe portare il gas russo in Europa passando da Kiev potrebbe essere messo in discussione da parte delle Autorità europee. Intanto Scaroni ha detto di non sapere se verrà portato avanti l’ordine di 2 miliardi affidato a Saipem nell’ambito della costruzione dell’opera. Scaroni ha anche detto che Eni sarebbe in grado di assicurare all’Italia la fornitura di gas anche in caso di blocco da parte della Russia: “Anche se l’ipotesi non ci piace, potremmo vivere senza comprare gas dalla Russia”, ha detto.

 

E poi

Dalle pagine de La Repubblica, il ministro delle Politiche agricole Maurizio Martina risponde a Roberto Saviano: “Nessun cedimento ai boss, il governo pronto ad allargare l’area della Terra dei Fuochi”, “il decreto sarà rivisto”.

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