Se Garibaldi avesse perso

Storia controfattuale dell'Unità d'Italia

Con il discorso di Giorgio Napolitano per il 150°

 

Che cosa ne sarebbe stato della penisola italiana se l’impresa del 1861 fosse fallita? E se la diplomazia di Cavour avesse perso? E se Vittorio Emanuele ii non fosse andato a Teano? E se Franceschiello avesse vinto? E se Mazzini. Nel momento in cui sembrava che il sentimento nazionale fosse oscurato da un diffuso opportunismo localista, abbiamo chiesto a sei grandi storici di mettersi alla prova della controfattualità: capire come sono andati i fatti confrontandoli con le alternative possibili e anche probabili. Giuseppe Berta, Emilio Gentile, Giovanni Sabbatucci dialogano sugli eventi del Risorgimento, che erano davvero appesi a un filo, mentre Luciano Cafagna, Franco Cardini, Mario Isnenghi nel loro racconto ipotetico assumono il punto di vista di tre protagonisti: Cavour, Francesco ii, Garibaldi. Il gioco si rivela ricco di sorprese e suggestioni per l’Italia di oggi e liquida i pregiudizi prodotti dalla «storia fatta con il senno di poi». Immaginare seriamente il destino di piccole Italie ha di per sé la conseguenza di rafforzare l’unità nazionale che è – come scrive il presidente Giorgio Napolitano, interprete del nuovo patriottismo – «l’autentico fine da perseguire»

Pasquale Chessa (Alghero, 1947), giornalista dell’«Espresso», «l’Europeo», «Epoca», «Panorama», già docente di Storia dei fascismi in Europa alla Sapienza di Roma. Tra i suoi libri: Rosso e Nero (con Renzo De Felice), Italiani sono sempre gli altri (con Francesco Cossiga), Guerra Civile, Dux e L’ultima lettera di Benito (con Barbara Raggi). Attualmente collabora a «Reset», «il Fatto Quotidiano» e «La Nuova Sardegna».

ISBN: 978-88-317-0862-3

Pagine: 120

Prezzo: 12 €

Stato: Disponibile

Anno di pubblicazione:



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