Moderatamente bersaniano
Via dalla demagogia

Immaginiamo che si svolgano nello stesso giorno, nelle stesse ore, le primarie del centro sinistra e del centro destra: perché non permettere ai cittadini, nello spirito di ampliare la partecipazione,di votare ad entrambe? Perché un cittadino dovrebbe essere costretto a scegliere il candidato di una sola coalizione e rinunciare a una delle due possibilità di far valere il proprio parere? Non diminuiscono in questo modo per questo cittadino le probabilità di influenzare con il suo voto e secondo le proprie convinzioni una scelta così importante? E non si mortifica così la partecipazione?

Forse se si organizzassero le cose in modo che i seggi elettorali del centro sinistra e del centro destra fossero vicini l’uno all’altro si potrebbe anche evitare di scomodare troppo le persone. Le fastidiose procedure che obbligano i cittadini a code insopportabili di diversi minuti potrebbero essere ridotte o addirittura abolite.

E perché mai richiedere a un elettore delle primarie la sottoscrizione di un impegno a sostenere il candidato scelto dalla maggioranza? Che valore volete che abbia la firma di una dichiarazione ? Chi ti impedisce nel segreto dell’urna di votare poi per la coalizione avversaria se il candidato non sarà quello che tu preferivi? E che problema vuoi che sia sottoscrivere a pochi minuti uno dall’altro impegni opposti con le opposte coalizioni? Non c’è neanche bisogno di dirlo, di farlo sapere, rischiando una brutta figura con i tuoi amici moralisti. Lo saprai solo tu e certo non sarà questo che ti impedirà di dormire.

Non stiamo parlando solo di regole, stiamo parlando dei fondamenti.

Quella che Vittorio Foa chiamava l’irrilevanza del linguaggio è stato uno dei guasti più profondi dei lunghi anni che stanno alle nostre spalle. Certo, non rubare. Ma la specifica moralità della politica consiste nel ricercare una distanza accettabile tra le parole e i fatti e di premettere all’esame delle responsabilità altrui quello delle responsabilità proprie. Esattamente il contrario del populismo e del linguaggio demagogico e irresponsabile con il quale esso si esprime.

La politica in generale e la sinistra in particolare hanno bisogno in primo luogo di una ricostruzione culturale che richiede una rottura profonda con i linguaggi, gli stereotipi, e perfino con i tic che ci hanno perseguitato per tanti anni.

Una leadership che non comunichi senso della misura, che non si proponga di moderare i conflitti invece di esasperarli, e non conformi a questa scelta il suo linguaggio e il suo stile non risponde a questo bisogno. Neanche per il rinnovamento il fine giustifica i mezzi.

Per questo sono moderatamente bersaniano: sulle labbra di Bersani vedo riapparire insieme alla parola diritti la parola “doveri” e la parola “esempio” e nella sua scelta, che si presenta consapevolmente di basso profilo, una possibile risorsa morale.

Forse la democrazia per affrontare e superare la propria crisi ha bisogno di reincontrare la repubblica e di riscoprire che i diritti dei cittadini possono essere garantiti solo dai doveri della cittadinanza.

  1. secondo me, l’errore fondamentale è stato di fare il ballottaggio. Si doveva fare un solo turno e basta. Perché mai è necessario avere >50% dei voti per essere legittimato come candidato premier? Qualcuno mi sa spiegare il razionale di questo? Si fa il doppio turno per il sindaco, ad esempio, ma lì si deve scegliere fra due opponenti, non fra due che si suppone debbano poi lavorare assieme. Lo schema attuale inevitabilmente porta (come si vede chiaramente in questi giorni) ad un conflitto grave, possibilmente insanabile (rischio scissione?) fra i due candidati. E’ la conseguenza automatica delle competizioni a due (meccanismo Coppi-Bartali).

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