“L’ideologia non è morta”

Per anni ci è stato detto che le ideologie erano morte e sepolte. Le vicende dei lavoratori pubblici del Wisconsin, però, ci raccontano una storia diversa. O almeno così sembrerebbe. Abbiamo chiesto a Michael Kazin, condirettore della rivista americana Dissent, di analizzare le implicazioni politiche di uno scontro che vede contrapposti da un lato i repubblicani, dall’altro i sindacati e i loro sostenitori.

Kazin: Chiunque abbia sostenuto che l’ideologia era finita, di sicuro, non parlava degli Stati Uniti! Qui, almeno dal 2000, è viva e vegeta e la distanza ideologica tra progressisti e conservatori non è mai stata tanto evidente e aspra dagli anni ’70. Il conflitto sul pubblico impiego a cui stiamo assistendo oppone i keynesiani e i progressisti del sindacato da un lato, agli ideologi del libero mercato dall’altro.

Insomma secondo lei si può ancora tracciare un confine tra destra e sinistra. Ma allora cosa vuol dire essere un conservatore o un progressista statunitense nel 2011?

Kazin: Oggi negli Stati Uniti ci sono diversi tipi di conservatori e progressisti. Tuttavia, in generale, un conservatore crede che si debba consentire ai proprietari di un bene di disporne come vogliono, pensa che gli Stati Uniti siano una nazionale eccezionalmente virtuosa, vuole proibire aborti e matrimoni tra persone dello stesso sesso e non ha fiducia in alleanze con Paesi che non siano Israele e la Gran Bretagna. I progressisti, invece, sono gli eredi del New Deal*, della Great Society** e dei movimenti sociali di sinistra degli anni ’60 e ’70. Vogliono uno stato sociale più forte, apprezzano il multi-culturalismo e la parità di genere e dubitano degli interventi militari.

Negli Stati governati dalla destra e dal centro-destra – sia in America che in Europa – il settore pubblico e i suoi dipendenti sono sotto attacco. Pensa che la causa sia davvero nella necessità di risparmiare denaro pubblico?

Kazin: I conservatori – su entrambe le sponde dell’Oceano Atlantico – credono in un welfare state ridotto e meno costoso. Allo stesso tempo, però, vogliono indebolire l’opposizione. I dipendenti pubblici sono un gruppo ampio e politicamente attivo che sostiene la conservazione e, se possibile, il potenziamento dello stato sociale.

“La politica è l’arte del compromesso” recita un vecchio adagio. Per amministrare il presidente Obama e il suo partito devono accordarsi con gli oppositori Repubblicani. Ma esistono anche le parti sociali: le lobby industriali e finanziarie e i sindacati. In questo momento chi sta vincendo e chi perdendo?

Kazin: A giudicare dai sondaggi, Obama e i democratici stanno vincendo perché la maggioranza degli americani è favorevole ai sindacati, vuole mantenere il grosso dei programmi federali ai livelli attuali e accusa “Wall Street” della crisi finanziaria e della recessione. D’altro canto, però, i repubblicani sono più aggressivi dei democratici e, nel 2010, sono stati più bravi nel mobilitare la propria base elettorale e, poiché la maggioranza degli americani non si fida del fatto che governo federale risolverà i loro problemi, stanno vincendo quella che Gramsci definiva “guerra di posizione”.

Torniamo al Wisconsin. Qui, come nel resto del mondo, i sindacati si trovano in una posizione difensiva. Vede una possibilità di smarcamento oppure c’è una fragilità interna al movimento sindacale sia a livello nazionale che internazionale?

Kazin: I sindacati americani hanno indietreggiato – sia in termini numerici che di capacità di influenzare la politica pubblica – fin dalla crisi della metà anni ’70. Più di recente, questa traiettoria discendente è stata seguita anche dalla organizzazioni sindacali di gran parte delle nazioni dell’Europa occidentale. Tuttavia in Wisconsin la resistenza, ampia e vigorosa, all’offensiva del governatore Walker ha dato ai sindacati statunitensi la migliore opportunità che abbiano avuto in anni per difendere la propria causa agli occhi dell’opinione pubblica e, forse, fermare lo scivolone. Non è chiaro, però, se hanno l’immaginazione e le risorse per trarre vantaggio da questa situazione.

Professor Kazin, ci ha detto che, secondo i sondaggi, i cittadini statunitensi sono perlopiù contrari alle politiche avanzate da repubblicani come Scott Walker. Eppure solo qualche mese fa le elezioni di medio termine hanno premiato i conservatori. Come si sta spostando, se lo sta facendo, l’elettorato?

Kazin: La percentuale degli americani che ha votato repubblicano e sostiene i sindacati è piuttosto bassa – forse il 15%. Si tratta dei cosiddetti elettori indipendenti, molti dei quali sono stati o sono tuttora iscritti al sindacato o hanno un familiare iscritto. Essi tendono a essere meno ideologizzati rispetto ai repubblicani o ai democratici doc. Ciò non significa, comunque, che la maggioranza degli americani abbia cambiato opinione. Sempre in base ai sondaggi, la popolarità di Obama raggiunge al massimo il 40%, pressappoco la stessa quota registrata lo scorso novembre, mentre il congresso è ancora estremamente impopolare.

* nuovo corso – piano di riforme economiche e sociali promosse dal presidente americano Franklin Delano Roosevelt fra il 1933 e il 1937
** programma di riforma proposto e attuato su iniziativa del presidente americano Lyndon B. Johnson

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