L'ASINO DI BURIDANO

Massimo Parodi

Professore di Storia della filosofia medievale all'Università Statale di Milano.

Sogni e istituzioni

E’ davvero difficile parlare in modo, al tempo stesso, ragionevole e sintetico di argomenti enormi come il senso della storia, le leggi che governano la civiltà umana o il destino delle grandi religioni. Eppure ci si prova in continuazione e ci prova anche Vittorio Messori, con un articolo sul Corriere della Sera del 10 novembre scorso, dal titolo molto eloquente: L’illusione di un ritorno alla chiesa primitiva.
Il senso ultimo del discorso non è del tutto chiaro, o forse semplicemente non è del tutto esplicitato. Si sostiene infatti che alcune scelte inedite di papa Francesco avrebbero risvegliato l’antico sogno … di un ritorno alla Chiesa primitiva, tutta povertà, fraternità, semplicità, assenza di strutture gerarchiche, di leggi canoniche, e questo potrebbe suonare critica alle novità del papa argentino. D’altro lato però – a proposito della pretesa distinzione tra un «Pontefice buono» e una «Curia cattiva» – si afferma che Francesco è il primo a rifiutare una simile contrapposizione: anzi, ha più volte ringraziato i suoi collaboratori, verso i quali si dice pienamente solidale.
Impossibile non essere d’accordo sul fatto che il mito della chiesa primitiva è smentito sia dalla storia che è anche una storia di lotte tra correnti, di mutue accuse di eresia, di scismi, talvolta di violenze interne, di martiri ma pure di disertori, sia dall’esistenza di una legge implacabile che i sociologi ben conoscono per cui i movimenti di carattere sociale finiscono con il dissolversi se non accettano di trasformarsi in istituzioni gerarchiche, in strutture solide e ordinate, condizione essenziale per la durata e la possibilità di incidere sulla società.
Più discutibile risulta francamente l’accostamento con il movimento di Beppe Grillo, che suona un po’ infelice se messo in relazione analogica sia con papa Francesco sia con il cristianesimo delle origini, e più drammatico quello con le ideologie politiche che hanno devastato il secolo scorso (comunismo, fascismo, nazionalsocialismo).
Esistono dunque delle utopie – ama il prossimo tuo come te stesso oppure libertà, fraternità e uguaglianza oppure ancora da ognuno secondo le proprie capacità, a ognuno secondo i propri bisogni – che possono assicurarsi la sopravvivenza solo al prezzo della istituzionalizzazione: solo diventando solide strutture organizzate hanno la possibilità di trasformare il mondo, pur rimanendo utopie, perché probabilmente non avremo mai modo di vedere veramente una comunità pienamente cristiana, il trionfo della dea ragione o il comunismo realizzato.
Ma il problema allora sta qui: se, rispetto alle purghe staliniane, illusione non è la presa del palazzo d’inverno, ma il sogno del comunismo; se, rispetto a Napoleone, illusione non è il giuramento della pallacorda, ma il sogno di una società libera, uguale e fraterna; allora, rispetto alla curia vaticana, illusione non è il ritorno alla chiesa primitiva. ma il sogno di cui parlava quell’uomo che predicò sulle rive del Giordano duemila anni fa. Se Messori ha ragione, non si sta parlando del Movimento di Cristo, del quale, senza quella che lui definisce trasformazione in solida istituzione, sarebbe rimasto ben poco, forse solo un cenno in qualche testo di storia antica dell’ebraismo, ma del sogno di cui parlano i Vangeli.
Non basta dire, riferendosi alla chiesa cattolica che qui – caso ovviamente unico – la struttura istituzionale non è che un contenitore, esiste solo per servire il Mistero di un Dio che insegna e redime, perché è proprio di questa utopia che si sta parlando.

  1. A mo’ di ammonimento e non senza una certa spocchia esegetica, Messori sale sul pulpito e commenta le Scritture, ovvero trae da un episodio descritto negli Atti degli apostoli (Ananìa e Saffira, fanno i furbetti sul prezzo del campo) lo spunto autorevole per stroncare il mito delle origini. Il messaggio neanche troppo implicito è quello di mostrare come perfino nello stato nascente, ovvero agli inizi della comunità del Nazareno, in realtà tutto non fosse poi così inappuntabile e perfetto come a molti piace credere.
    Gli Atti narrano, infatti, che i due coniugi neo-convertiti mentono a Pietro, in modo disonorevole e meschino, circa l’esatta entità della loro offerta per gli apostoli, sicché lo Spirito Santo con stile vetero-testamentario li fulmina sull’istante, letteralmente, senza nemmeno dar loro il tempo di pentirsi. La loro colpa a ben vedere pare poca cosa, al confronto di altri ignobili misfatti di cui sono costellate le Scritture, eppure perdonati dall’Onnipotente. Perciò provo a chiedermi perché sia venuta in mente al Messori una simile sottigliezza.
    Perché non ricordare invece come Pietro abbia tradito tre volte? Sembra evidente che la figura del primo pontefice in quanto spergiuro pare troppo compromettente dal punto di vista della stessa istituzione ecclesiastica. Perché non pensare allora a Giuda Iscariota e ai suoi trenta denari, ad esempio? Probabilmente, poiché in tal caso si tratta di un personaggio addirittura eroico, sia pure negativamente; per di più ingombrante, che rischia di urtare la suscettibilità della comunità ebraica.
    Ecco allora provvidamente emergere dai recessi della memoria del giovane catechista due poveretti semi-sconosciuti, che diventano un’arma avvocatesca per denigrare i bollori utopistici e per cercare di affossare l’argomento principale contro la necessità storica della Curia romana. Ma forse ci può stare anche un risvolto freudiano: un tipico caso di difesa inconscia, di spostamento e di negazione della realtà, grazie al quale dei tanti furbetti e Ananìa che tuttora alloggiano non nel mito delle origini, bensì nella beneamata Curia di Roma, non si fa menzione. I quali, guarda caso, non vengono affatto inceneriti dalla furia divina, e possono così continuare i loro commerci all’ombra della devota, tetragona Chiesa cattolica.

  2. Non avrei potuto dir meglio di te a proposito della illusione di una idea e di una idea grande come quella della chiesa delle origini. Illusione è realizzarla pienamente, trattandosi di una idea che, come tutte le grandi utopie (che in ogni caso migliorano la società degli uomini anche quando sono perseguitate), è una idea regolativa o più semplicemente un ideale. I have a dream e fortunatamente non sono la sola.
    Ma forse al vaticanista – che non credo arrivi a pretendere di essere uno storico del cristianesimo – quella che sta antipatica é proprio l’idea in sé, quell’idea tanto vitale che ha lavorato per secoli nella nostra storia, dentro la religione e anche fuori per fortuna di noi non credenti.

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