ZATTERA SCIOLTA

Giovanni Cominelli

Laurea in Filosofia nel 1968, dopo studi all'Università cattolica di Milano, alla Freie Universität di Berlino, all'Università statale di Milano. Esperto di politiche dell’istruzione. Eletto in Consiglio comunale a Milano e nel Consiglio regionale della Lombardia dal 1980 al 1990. Scrive di politiche dell’istruzione sulla Rivista “Nuova secondaria” e www.santalessandro.org, su Libertà eguale, su Mondoperaio. Ha scritto: - La caduta del vento leggero. Autobiografia di una generazione che voleva cambiare il mondo. Ed. Guerini 2008. - La scuola è finita… forse. Per insegnanti sulle tracce di sé. Ed. Guerini 2009 - Scuola: rompere il muro fra aula e vita. Ed. Guerini 2016 Ha curato i volumi collettivi: - La cittadinanza. Idee per una buona immigrazione. Ed. Franco Angeli 2004 - Che fine ha fatto il ’68. Fu vera gloria? Ed. Guerini 2018

Quando la storia bussa alla porta e i leader populisti scappano dalla finestra

Editoriale da santalessandro.org
Settimanale on line della Diocesi di Bergamo
Sabato, 26 marzo 2022
Giovanni Cominelli

Quando la storia bussa alla porta e i leader populisti scappano dalla finestra

Sulle questioni dell’appoggio alla Resistenza armata degli Ucraini e dell’aumento della spesa per la difesa si è ricostituito l’asse giallo-verde populista e sovranista. Momentaneamente in ritirata, non si è mai arreso, perché questa tendenza rispecchia un’Italia profonda, di cui è espressione, sottoprodotto politico e riserva di voti per imprenditori politici.
Quale visione dell’Italia e del mondo emerge dal pacifismo clownesco del tandem Conte/Salvini, che si contrappone proprio in questi giorni al tandem Mattarella/Draghi?
Intanto, un’illusione anarco-neutralista, che implica indifferenza politico-culturale rispetto alle alleanze e una predisposizione conseguente a cambiarle, a seconda dei presunti interessi immediati.
Essendo cambiato dopo il 1989 l’ordine del mondiale del 1945, qui da noi si è incominciato a praticare il “liberi tutti!”. Ciascun Paese può liberamente dedicarsi ai propri commerci e al proprio benessere. Il mondo ai nostri confini è irrilevante. A spargere a piene mani questa perniciosa illusione ha molto contribuito, negli anni ’90, “l’ideologia americana”, sia nella versione dei Democratici sia in quella dei Repubblicani, secondo la quale, dopo il dissolvimento dell’URSS, si aprivano davanti al mondo le verdi praterie del modello democratico americano. Gli intellettuali americani, già legati politicamente ai democratici, pensarono fosse giunto il momento di “esportare la democrazia”, allineandosi dietro il Presidente repubblicano Bush jr. nella catastrofica avventura irakena. Questa ideologia e l’imperizia americana hanno generato l’ISIS. Il ritiro di Obama dal quadrante mediorientale e da quello europeo e l’avvio della competizione accesa nell’Indo-Pacifico con la Cina, fatta entrare alla leggera nel WTO nel 2001, hanno offerto spazi a Putin, che incominciò ad andare in cerca di un risarcimento per “la più grande catastrofe geopolitica del XX secolo”, quella dell’implosione dell’URSS. Al confronto, quelle delle due guerre mondiali sono collaterali. Così il Presidente russo ha incominciato a progettare la continuazione dell’imperialismo zarista e staliniano con gli stessi mezzi: con l’invasione di Stati sovrani. In quest’ultimo decennio non solo la Nato, ma anche la UE ha manifestato un encefalogramma piatto, come denunciato da Macron, mentre Trump flirtava con Putin. E così i nostri eroi nazionali del governo giallo-verde si sono messi in fila dietro a Trump, a Putin, a Xi Jin- pin, condividendone con tutta evidenza la visione geopolitica: l’Italia e l’Europa ridotti a birilli in una brutale partita del bowling geopolitico e perciò disposti, i nostri scarsi eroi, a mangiare qualche minestra di lenticchie, senza più un’idea del posto dell’Italia in Europa e nel mondo, senza il suo passato e con un incerto futuro. Rispecchiano una parte di Paese? Certamente! Una parte del Paese non vive la Patria, se non come assemblaggio occasionale di interessi particolari. Dietro gli Italiani con la maiuscola e la rivendicazione della sovranità nazionale si cela l’assenza della Patria come lascito generoso delle generazioni passate e come responsabilità di quelle presenti. Invece di impegnarsi nel governo difficile e interdipendente dell’interdipendenza delle economie e delle politiche, i due hanno coltivato il sovranismo come difesa delle paure, delle ansie, del desiderio di fuga di molti cittadini dalle responsabilità del tempo storico presente. Quando la storia bussa improvvisamente alla porta, molti preferiscono scappare dalla finestra.
Così, quale ultima spiaggia di questo sovranismo da poveri Cristi sono rimaste le bollette. Dopo aver perseguito una politica energetica di dipendenza crescente dall’estero, retrocedendo persino nello sfruttamento delle risorse nazionali di gas, dopo aver tentato di vendere pezzi pregiati di Paese sulla Via della Seta, ora la difesa delle bollette viene contrapposta all’invio di armi alla resistenza ucraina, all’adeguamento delle spese per la difesa e all’avvio della costruzione dell’Esercito europeo.

Se le bollette sono la nostra ultima ridotta valtellinese, mentre in Ucraina sta accadendo una catastrofe umanitaria e una strage degli innocenti, vuol dire che i due dioscuri, che il mito descrive come condannati a vivere insieme alternativamente un giorno nell’Olimpo e un giorno nel regno dei morti, non hanno per niente chiaro ciò che è evidente al mondo intero: che gli Ucraini stanno combattendo per la propria terra, perché si battono per la propria democrazia, cioè per il diritto di scegliersi il governo e di non a subire un Quisling qualsiasi, che dovrebbe governare la pura “espressione geografica” ucraina per conto di Putin. E per il diritto ad aderire all’Europa, vista dalla maggioranza degli Ucraini come il modello di riferimento ideale per costruire una democrazia, che spezzi l’intreccio perverso e corrotto di ladri di Stato, di amministrazioni pubbliche corrotte e di Assemblee elettive sequestrate dall’oligarchia cleptocratica. Il modello cleptocratico, che si è affermato in quasi tutti i Paesi dell’Est, all’indomani del crollo del sistema degli Stati comunisti, è quello che Putin vorrebbe imporre all’Ucraina, che sta tentando faticosamente di liberarsene, dopo l’elezione di Zelensky il 21 aprile 2019, con il 73,22% dei voti. E per il diritto di fare domanda di adesione ad un quadro garante di sicurezza quale è la NATO.
La seconda colonna del pacifismo sovranista/populista è, dunque, un’idea incerta sul valore assoluto del regime democratico e dello Stato di diritto, per difendere il quale vale la pena per gli Ucraini sacrificare la vita a migliaia e per gli Italiani indossare, come ha suggerito Luttwak, un maglione in più.
Non dobbiamo farci illusioni: una parte del Paese si riconosce in questa variante populista/sovranista del pacifismo. Non esiste vaccino, se non quello prodotto da un impegno culturale ed educativo permanente per costruire lo spirito pubblico democratico ed europeo. Come le energie, anche le democrazie devono essere rinnovabili.

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