MEDIAPOL

Alberto Ferrigolo

Giornalista

Media, più vizi che virtù

È davvero buffo. Quando i giornali devono parlare di editoria, di crisi della pubblicità, di crollo delle vendite, di esuberi, tagli di personale, prepensionamenti, di effetti delle nuove tecnologie o di Internet, preferiscono sempre parlare degli altri e mai di se stessi. Come se fossero esenti da problemi o al di sopra “del problema”: la crisi dell’editoria che investe tutti parimenti.

Così domenica 3 febbraio il Corriere della Sera non trovava di meglio che intervistare l’ad di Mondadori, Maurizio Costa, con il significativo titolo «L’editoria cambia pelle. Il mondo di prima non tornerà». Si parla delle sorti magnifiche&progressive di Internet, ma intanto si dice anche che costa «non nasconde le grosse difficoltà del settore editoriale in Italia (e nel mondo) e di Mondadori» tanto che «ha appena deciso di chiudere quattro testate: Panorama Travel, Casa Viva, Ville&Giardini, Men’s Healt». Punto. E la Rizzoli? Nulla si sa, al di fuori de comunicati sindacali, e che se dovesse passare il piano editoriale dell’ad Pietro Scott Jovane di testate periodiche ne dovrebbero venir chiuse almeno dieci.

La Repubblica di martedì 5 invece preferisce occuparsi delle difficoltà di Telecom e della telenovela della vendita de La7, tra crisi della pubblicità ma ripresa degli ascolti. Ma non racconta nulla delle ristrutturazioni messe in cantiere nel gruppo, della richiesta di stato di crisi a L’Espresso, del ridimensionamento nelle testate locali, etc. E ancora La Lettura del Corriere della stessa domenica, in un approfondito articolo di Massimo Gaggi da New York, affronta il tema della caduta e resurrezione dei periodici di carta passati al web, come Newsweek, ad esempio. E si affida al ricordo di vecchie glorie come Amaud de Borchgrave, corrispondente internazionale del settimanale fino al 1980, che dice: «Erano anni in cui vivevamo estremamente bene: si viaggiava sempre in prima classe, solo hotel a cinque stelle. . E mai una nota spese messa in discussione in trent’anni». Oppure Milan Kubic, che conferma: «Si volava ovunque, quando ero in Sud America potevo affittare in qualunque momento un Cessna. Avevo un pilota solo per me, per tutto il tempo necessario. A 30 dollari l’ora».

L’articolo è decisamente interessante, ma è sempre più suggestivo affrontare il glorioso e mitico passato che la dura realtà del lavoro presente. Nel quale non si sciala più. E in cui molto spesso i giornalisti sono chiamati a fare le nozze con i fichi secchi. Perché ora è persino difficile prendere un taxi per andare a vedere le cose dall’altra parte della città. Figurarsi prendere un aereo…

Ma è meglio dire che accade in America piuttosto che raccontare di quel che succede a Roma o a Milano e dintorni…

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