L'ASINO DI BURIDANO

Massimo Parodi

Professore di Storia della filosofia medievale all'Università Statale di Milano.

Fatica estiva

Quindici giorni di mare: la fatica di riposarsi.
In spiaggia. Le conversazioni che si intrecciano tra ombrellone e ombrellone – durante i riti della ricerca dell’ombra, della spalmatura della crema antiscottature, della doccia dopo il bagno – rendono più acuta l’impressione che la maggior parte dei discorsi quotidiani tra esseri umani riguardino racconti riferiti ad altri esseri umani nei cui pensieri o nei cui comportamenti c’è qualcosa che non va, che non rispetta il buon senso di cui – si sa – siamo naturalmente rappresentanti. Ne nasce l’irrefrenabile sospetto che il nostro indiscutibile buon senso sia a sua volta messo in discussione e smontato agevolmente dalle conversazioni tra altri esseri umani ospitati sotto altri ombrelloni.
Nelle ore canoniche, in prossimità delle pause riservate alla nutrizione. Una rassegna, rapida e disattenta, delle ultime notizie riferite da giornali e televisione, mentre il tramonto della radio da spiaggia sembra ormai definitivo. La netta impressione che le notizie siano prive di reale significato e si inseguano solo sulla produzione di metafore mozzafiato, come – un esempio per tutti – Alfano, il camaleonte, oltre falchi e colombe. Sembrano riguardare un mondo lontano e parallelo, a proposito del quale si comprende solo che qualcuno dice una cosa e ne fa un’altra, qualcuno si impegna ad andare in una direzione e invece va in un’altra, qualcuno pensa una cosa e non si capisce che cosa pensi. Falsità? Probabilmente no; è politica e forse non si può fare se non così.
Nelle pause tra un bagno e l’altro, tentando di sottrarsi al basso continuo della conversazione: la lettura.
Un saggio, su vicende storiche lontanissime, molto analitico soprattutto nel mostrare come un avvenimento particolarmente drammatico sia stato interpretato, nel corso dei secoli, in modi anche diametralmente opposti, secondo le ideologie che di volta in volta ispirano gli interpreti.
Un romanzo, che inventa una storia in cui qualcuno racconta storie – avendo preventivamente avvisato di essere incline a non rispettare la realtà dei fatti – a proposito di quella serie di leggende e di infondate credenze che popolano il mondo medievale e influenzano profondamente non solo la vita politica, ma anche i comportamenti quotidiani degli uomini di quei tempi. Una menzogna esplicita – il romanzo – che riferisce di una possibile menzogna – il racconto del personaggio – a proposito di menzogne (forse) scambiate per vere – le leggende e i falsi storici -.
Gli occhi si appesantiscono, il sole si fa sentire e i pensieri se ne vanno per conto loro. Ricompare, su ogni livello dell’esperienza di questi giorni, l’ossessione per l’eterna domanda che ci perseguita da millenni: come è possibile che ci si continui ad affannare intorno a un’idea che non si incontra da nessuna parte, intorno cioè all’idea di verità?
Per fortuna si avvicina il ritorno e potrò rifugiarmi nella lettura di Agostino che proprio sulla presenza nell’uomo di una idea così poco fondata sull’esperienza, come quella di verità, basa la ragionevolezza della fede in Dio, che tuttavia – dubbio da spiaggia? – potrebbe essere anch’essa del tutto infondata: forse un’esigenza della vita quotidiana, forse una necessità politica, forse un romanzo.
Che fatica riposarsi!

  1. Così scriveva Robert Musil nei suoi bellissimi diari: La verità insomma non è un cristallo prezioso da mettersi in tasca, ma un lago sconfinato in cui si casca dentro. Chi si ostina a cercare le verità in una idea, o in un sistema concettuale è al di fuori della verità, che è esperienza e conoscenza processuale, mai ferma, mai immobile. O no?

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