ZATTERA SCIOLTA

Giovanni Cominelli

Laurea in Filosofia nel 1968, dopo studi all'Università cattolica di Milano, alla Freie Universität di Berlino, all'Università statale di Milano. Esperto di politiche dell’istruzione. Eletto in Consiglio comunale a Milano e nel Consiglio regionale della Lombardia dal 1980 al 1990. Scrive di politiche dell’istruzione sulla Rivista “Nuova secondaria” e www.santalessandro.org, su Libertà eguale, su Mondoperaio. Ha scritto: - La caduta del vento leggero. Autobiografia di una generazione che voleva cambiare il mondo. Ed. Guerini 2008. - La scuola è finita… forse. Per insegnanti sulle tracce di sé. Ed. Guerini 2009 - Scuola: rompere il muro fra aula e vita. Ed. Guerini 2016 Ha curato i volumi collettivi: - La cittadinanza. Idee per una buona immigrazione. Ed. Franco Angeli 2004 - Che fine ha fatto il ’68. Fu vera gloria? Ed. Guerini 2018

ELEZIONI 2023, AI LIBERI E FORTI

Editoriale da santalessandro.org
Settimanale on line della Diocesi di Bergamo
Sabato, 11 giugno 2022
Giovanni Cominelli

ELEZIONI POLITICHE 2023: UN APPELLO AI LIBERI E FORTI

“Dare un tetto all’Area Draghi”: questa la formulazione più efficace di un’intenzione che attraversa in questi giorni un po’ di PD, un po’ di M5S, un po’ di Forza Italia, un po’ di Lega, oltre che, si intende, Italia viva, Azione, Più Europa, Coraggio Italia…
L’idea che il PD in toto si faccia carico di questa intenzione appare al momento azzardata. Se è vero che Letta ha schierato il partito su una linea di politica estera euro-atlantica, questa non si traduce automaticamente in una linea liberal-democratica di politica interna. Il PD continua ad essere un pout-pourri, nel quale si mischiano una robusta minoranza à la Mélenchon e un centro doroteo-governista, ben intrecciati con i gangli dello Stato amministrativo, e una minoranza riformista ex-renziana. Questa composizione è il riflesso di un’irrisolta battaglia ideologica, nella quale le vecchie truppe PCI-PDS-DS non hanno mai maturato un’autentica scelta socialdemocratica o socialista-liberale o liberal-socialista o liberale, diversamente da quelle (ma vedasi alla voce Franceschini) di provenienza Margherita. La NUPES – Nouvelle union populaire écologique et sociale –, a guida Mélenchon, pare essere il modello cui si ispira una parte consistente, forse la maggioranza, del PD. L’effetto pratico sulle alleanze è l’ostinato aggancio del PD al M5S, che sta ostentando, sotto la leadership (sic!) di Conte, un accentuato interesse social-assistenziale, già alla base delle sue fortune elettorali al Sud. Nella sua versione, il salario minimo garantito di oggi pare essere la continuazione del reddito di cittadinanza con altri mezzi. Un’eventuale e prevedibile débacle grillina nelle elezioni amministrative direbbe tuttavia poco o nulla rispetto alle future elezioni politiche. Quello amministrativo e quello politico sono due campi di battaglia del tutto diversi. Anche l’area grillina é in cerca di tetto: intenzione del PD centro-meridionale è di offrirglielo; dunque, il PD non intende staccare la spina a questa alleanza. Perciò, al momento, la missione “tetto all’Area Draghi” pesa tutta quanta sulle spalle delle sigle esterne al PD. Quanto a Forza Italia, l’esito delle prossime elezioni amministrative deciderà, probabilmente, della tenuta strutturale del partito-Berlusconi.

Che cosa debbono fare queste sigle esterne al PD, che con espressione ambigua e impropria sono chiamate “Centro”, nei prossimi sei mesi che ci separano dalle politiche?
Possono esercitarsi nell’opera meritoria di mettere in ordine e in sovrapposizione i programmi di governo. Sappiamo già che sono largamente coincidenti.
Possono auto-organizzare un seminario buddista per ridurre gli eccessi di egolatria litigiosa. Impresa disperata.
Possono tentare di modificare la legge elettorale in senso proporzionale… Sempre meno probabile.
E allora?
Prima di tutto ciò sarebbe raccomandabile che le suddette sigle si dedicassero al lancio di una campagna-verità sul Paese e sul mondo e promovessero un movimento morale di responsabilità verso il Paese. Le due mosse sono collegate: l’assunzione di responsabilità può scattare solo di fronte all’evento-verità.
Campagna necessaria, per spezzare il perverso testa-coda di fatti/opinioni che sta facendo deragliare l’Italia. Per reagire al calo di lettori e di audience i mass media italiani stanno modellando da anni un’opinione pubblica, per la quale i fatti sono transustanziati in opinioni e le opinioni in fatti, in un’arena gladiatoria, dove la vittima finale è la verità delle cose. Il fine della sedicente informazione non è produrre sapere di verità, ma accendere emozioni, rabbie, risentimenti. Sul mercato dell’audience valgono di più. “Non esistono fatti, solo interpretazioni”: così disse Nietzsche, il nichilista. Contrastare questo nichilismo significa dire la verità sulla condizione di declino reale del Paese e sui sacrifici necessari per uscirne, sul PNRR, che non è una panacea, ma un esercizio di responsabilità, di rigore e di efficienza amministrativa. Dire la verità sul futuro europeo e mondiale incerto e rischioso è un mestiere antipatico e impopolare. Più facile promettere “i domani che cantano”, purché l’elettore mi allunghi un voto nelle urne. Più facile mettersi alla coda dei desideri immediati che assumersi responsabilità di classe politica dirigente. In fondo, l’Italia di oggi è solo il frutto di tanti infiniti rivoli di irresponsabilità e di viltà individuali e collettive, di popolo e di classi dirigenti.

È predica moralistica fare appello alla moralità civile prima che ai programmi e alle alleanze per affrontare le altissime poste in gioco delle prossime elezioni politiche? No, se la moralità è fondata sulla verità dello stato delle cose presente.
All’indomani della prima Guerra mondiale e alla vigilia di gravi sconvolgimenti sociali e politici, che porteranno qualche anno dopo alla vittoria del Fascismo, il 18 gennaio 1919 la Commissione provvisoria del Partito Popolare Italiano lanciò un Appello: “A tutti gli uomini liberi e forti, che in questa grave ora sentono alto il dovere di cooperare ai fini superiori della Patria, senza pregiudizi né preconcetti, facciamo appello, perché uniti insieme propugnano nella loro interezza gli ideali di giustizia e libertà. E mentre i rappresentanti delle Nazioni vincitrici si riuniscono per preparare le basi di una pace giusta e durevole, i partiti politici di ogni paese debbono contribuire a rafforzare quelle tendenze e quei principi che varranno ad allontanare ogni pericolo di nuove guerre, a dare un assetto stabile alle Nazioni, ad attuare gli ideali di giustizia sociale e migliorare le condizioni generali, del lavoro, a sviluppare le energie spirituali e materiali di tutti i paesi uniti nel vincolo solenne della “Società delle Nazioni”…
Alla fine, la risorsa politica principale e decisiva dell’Italia è la sua moralità pubblica, il senso del dovere individuale, la coscienza del destino del Paese. Chi voglia costruire tetti per proseguire l’esperienza del governo-Draghi dovrebbe attivare questo giacimento. A partire, si intende, da ciò che sta sotto il proprio tetto.

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