L'ASINO DI BURIDANO

Massimo Parodi

Professore di Storia della filosofia medievale all'Università Statale di Milano.

Agostino, Pelagio e Todorov

Credevo davvero si trattasse di un dibattito lontano e superato, tranne per il fatto che un mio collega e io lo riproponiamo, ormai per tradizione, ogni volta che ci troviamo insieme in una commissione di laurea, ma pensavo dipendesse esclusivamente dai nostri rispettivi studi e ruoli professionali. Invece il filosofo bulgaro Tzvetan Todorov, in I nemici intimi della democrazia, riprende proprio l’antica contrapposizione tra Agostino e Pelagio di millecinquecento anni fa.
Una delle tesi su cui la sua analisi si fonda è profondamente agostiniana, e cioè che oggi risulta quotidianamente smentita l’idea che il male fosse fuori di noi e che il disumano fosse caratteristico di altri ordinamenti sociali. Pur riconoscendo le evidenti differenze tra la democrazia e i regimi totalitari trionfanti nel secolo scorso, Todorov ritiene che paradossalmente oggi sia proprio la democrazia a rivelarsi nemica di se stessa. La convinzione della superiorità della democrazia occidentale porta alla ripresa di crociate volte a colpire il male; l’autonomia dell’economico, su cui il liberalismo moderno ha cercato di dare solide basi alla libertà del soggetto, tende a rovesciarsi nel dominio dell’economia sui soggetti e, per altro verso, l’individualismo si afferma in modo quasi metafisico.
La radice di questi atteggiamenti può essere individuata proprio nel pelagianesimo, cioè in una ideologia che ritiene l’individuo sia dotato di libero arbitrio, capace di affermare il bene con la propria ragione, cui Todorov contrappone il pessimista Agostino con la sua visione del peccato come limite intrinseco della natura umana. Alla prospettiva agostiniana si dovrebbero allora collegare scelte politiche capaci di abbandonare l’illusione di una potenza illimitata, per privilegiare un regime moderato, che – consapevole dei limiti dell’uomo – si impegni nella ricerca di un possibile equilibrio fra autonomia dell’individuo e bene comune.
Finalmente ci si può schierare dalla parte di Agostino, senza essere accusati di adottare il punto di vista di una opprimente dottrina della grazia e della predestinazione, si può leggere Agostino nei termini di una interpretazione della natura umana e non di un insopportabile oscurantismo medievale. Da una parte, Pelagio orgogliosamente sostiene che l’uomo può ottenere ciò che vuole, è libero di comprendere il senso della sua vita e, se non ci riesce, la responsabilità è sua, mentre, dall’altra parte, Agostino non sembra affatto sicuro che, nei limiti della propria natura, l’uomo possa trovare un senso, e quindi se a qualcuno capita di trovarlo è come se ricevesse un dono, come appunto se gli fosse concessa una grazia,
La nostra stessa società – sembra dire Todorov – è di fronte a questa alternativa: si è illusa di essere capace di trovare il senso e di affermare così la propria superiorità e ora deve fare i conti con i fallimenti di cui porta la responsabilità; assumere un punto di vista più pessimistico, ammettere che il male non stava fuori e lontano da noi, è forse un modo per verificare se sia possibile predisporsi al dono di ritrovare un senso del nostro cammino.

  1. Mi sembra che il problema della democrazia (esiste una democrazia in Italia o piuttosto è giusto parlare di democrazia sospesa) non sia tanto il problema del Male ma piuttosto il problema del Potere. Il Male ha un volto, ha dei soggetti che lo compiono (indipendentemente dalla loro volontà e dalla loro consapevolezza, come ci insegna la scuola del sospetto), mentre il Potere non ha volto, non ha soggetti, noi siamo agiti dal Potere. Male e Potere sono connaturati. Anna.

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