Tregua d’Egitto

La Repubblica: “Produttività, accordo senza Cgil”, “Meno tasse sui salari, orari e mansioni più flessibili. Camusso: un errore”.

In taglio basso: “Giustizia, il Pdl tenta l’ultimo colpo di mano”, “Norma ad personam per creare un quarto grado di giudizio”.

 

Il Fatto: “Caso Mondadori, il Pdl vuole il quarto grado di giudizio”.

 

Corriere della Sera: “Tregua Israele-Hamas dopo otto giorni di sangue e terrorismo”.

Di spalla, il vertice straordinario dei 27 A Bruxelles: “La Ue itiga sui conti per Grecia e bilancio”.

A centro pagina: “Accordo sui salari senza la Cgil”.

 

Il Sol 24 Ore: “Intesa sulla produttività, sì ai fondi”. Il quotidiano spiega che tutte le parti hanno firmato tranne la Cgil: “Il premier: auspico che anche la Camusso sottoscriva. Più spazio ai contratti aziendali”.

In taglio basso, sul summit Ue: “Grecia verso un taglio del debito”, “Oggi vertice sul bilancio Ue: Italia e Francia contro la riduzione dei fondi”.

 

Il Giornale: “Gli italiani nascondono trenta miliardi in casa”, “Le famiglie hanno paura di finire sotto le grinfie del governo dei tecnici. E si difendono da balzelli e possibili patrimoniali infilando sotto il materasso i loro risparmi”.

A centro pagina, le foto di Giulia Bongiorno e Mara Carfagna, per dar conto di quella che il quotidiano definisce una “proposta di legge choc”: “Se uccidere le donne è più grave”.

 

Libero: “Per il redditometro i poveri sono evasori”, “Il nuovo sistema non contempla che per arrivare alla fine del mese qualcuno debba farsi aiutare dai parenti. Eppure sono casi in vertiginoso aumento”.

 

Europa: “Primarie, il Pd vola. Pdl indeciso a tutto”, “Nei sondaggi Ipsos i dem al 32,2 per cento. Duro confronto tra Berlusconi (con Ghedini) e Alfano: salta dicembre, si punta a gennaio”.

 

Gaza

 

Ieri dunque, dopo ore di negoziato con la mediazione dell’Egitto, e mentre i palestinesi colpivano un bus a Tel Aviv (28 feriti) è scattata la tregua tra Hamas ed Israele. La Stampa illustra i punti dell’accordo: Israele si impegna a cessare tutte le forme di attacco militare contro Gaza, e ad interrompere gli omicidi mirati. Le fazioni palestinesi promettono di cessare le operazioni ostili da Gaza verso il territorio israeliano (stop al lancio dei razzi e agli attacchi alle forze israeliane lungo il confine). Il documento non precisa se verranno aperti i posti di blocco lungo il confine con l’Egitto o anche quelli con Israele. Un retroscena del corrispondente da New York Maurizio Molinari scrive che l’accordo sul cessate il fuoco è un risultato che la Clinton coglie grazie al nuovo strumento a disposizione dell’Amministrazione Obama: la “Muslim Brotherhood diplomacy”. Ovvero i legami tra i partiti islamici dei paesi sunniti. Il risultato ottenuto premia la scelta compiuta dalla Casa Bianca per risolvere la crisi, ovvero far leva sui legami privilegiati tra i fratelli musulmani egiziani, partito di maggioranza al Cairo di cui il Presidente Morsi fa parte, e i Fratelli Musulmani palestinesi, che esprimono Hamas a Gaza. Del resto, durante la transizione del dopo Mubarak è stato Obama a spingere i vertici militari egiziani ad aprire la strada del potere politico ai Fratelli Musulmani, espressione della volontà popolare: la scommessa di Obama è stata nel credere che, una volta al governo, i Fratelli musulmani avrebbero espresso una leadership capace di ridimensionare l’influenza delle componenti estremiste, anti-occidentali ed anti-Israele. Morsi in questa occasione sembra esserci riuscito, grazie alla convergenza di pressioni su Hamas con altre due nazioni guidate da governi islamici filo-occidenatli: Turchia e Qatar. Ciò significa che, per la prima volta, la diplomazia islamica sunnita di Cairo, Ankara e Doha, si mostra capace di operare in favore della stabilità in Medio Oriente, facendo leva sui legami privilegiati con l’ala più fondamentalista e violenta dei palestinesi.

Su La Repubblica: “La scommessa di Obama: far ripartire il processo di pace. In prima fila l’Egitto di Morsi”: l’operazione ‘Colonna di nuvole’ è il “banco di prova per i nuovi equilibri regionali”.

La Stampa intervista invece l’analista Elliott Abrams (ora al Council on Foreign Relations), secondo cui “il negoziato è ormai inutile e Washington l’ha capito”: “gli sconfitti in questa crisi a Gaza sono già delineati: Abu Mazen, lo stesso Hamas, e forse l’Iran. Ma l’elemento politico più rilevante è che il processo di pace sulla base della soluzione dei due Stati è praticamente finito. Si potrà tornare a negoziare dopo le elezioni israeliane, ma solo per discutere alcuni dettagli che rendano più vivibile la situazione in Cisgiordania, e quindi più duratura la tregua”. Dice ancora Abrams: “In realtà esiste uno spazio per i pragmatici, che potrebbero quantomeno fermare le violenze. Hamas per colpire Israele ha bisogno di due cose: la complicità dell’Egitto e le armi dell’Iran. In questa crisi, però, i Fratelli Musulmani non hanno trattato Meshal (il leader di Hamas) come un fratello: Morsi e gli altri leader si sono concentrati sugli interessi nazionali del Cairo, che al momento non prevedono una guerra con Israele. Se l’Egitto decide che gli conviene la calma a Gaza, e blocca i rifornimenti iraniani, Hamas viene privato della capacità di colpire. A quel punto gli conviene la tregua”.

 

Su Il Fatto: “La legge di Hamas stritola la Striscia”, “l’organizzazione islamica accusata di ‘pulizia etnica’ nei confronti dei cristiani”. Dove si riferiscono le parole di una giovane palestinese di religione cristiana: “Da quando sei anni fa Hamas ha vinto le elezioni qui a Gaza le moschee sono gli unici luoghi dove le persone senza istruzione ricevono, oltre ai pacchi di cibo e ai sussidi, informazioni e suggerimenti culturali. Ma che tipo di cultura può essere diffusa da imam integralisti?”; “Ora anche noi cristiani di Gaza moriamo sotto le bombe, ieri per esempio c’è stato il funerale di Salem Paul Sweliem, nostro correligionario di 53 anni. Ma quando non siamo attaccati dagli israeliani, Hamas viola i nostri diritti, così come quelli dei liberi pensatori, delle donne, di coloro che militano o simpatizzano per Fatah, l’ex partito al potere, e dei carcerati. Buona parte della mia famiglia se n’è andata, ma non è facile spostarsi, anche perché Israele ostacola le partenze. Siamo sempre tra due fuochi”.

Su Il Sole 24 Ore Alberto Negri si occupa del “popolo disperso di Palestina” e della sua “vita nelle enclaves isolate”. L’attenzione è puntata anche sulla questione demografica, poiché terra e acqua sono risorse sempre più limitate: tra Giordano e Mediterraneo vivono 5,6 milioni di palestinesi, numero destinato ad aumentare a 7,2 entro il 2020.

 

 

Primarie

 

L’Unità intervista Matteo Renzi, sindaco di Firenze e candidato alle primarie del centrosinistra. “Non ho nostalgia per gli anni 90, ma tra il rigore e le ricette socialiste dobbiamo aprire una Terza via”. Precisa: “La parola nostalgia non appartiene al mio vocabolario. Penso però che Blair, Clinton, e con loro Prodi, Schroeder, Jospin, D’Alema diedero allora un nuovo indirizzo alla sinistra mondiale”.

 

Secondo Il Sole 24 Ore (Roberto D’Alimonte), che riferisce di un sondaggio Cise, Bersani sarebbe avanti a Renzi di 10 punti: “il segretario sfiorerebbe cioè la maggioranza assoluta con il 48 per cento, Vendola si fermerebbe al 10”. L’istituto Cise si è però occupato anche dell’eventuale successo dei due candidati principali alle elezioni politiche. La domanda era la seguente: “Se dovesse vincere Bersani, lei pensa che voterebbe per il centrosinistra alle prossime politiche?”. Stessa domanda è stata posta con Renzi candidato premier. E qui le risposte riguardano tutto il campione, e non solo coloro che dichiarano di votare per le primarie: il risultato è che una coalizione di centrosinistra guidata da Bersani otterrebbe ilk 35 per cento, mentre se la stessa fosse guidata da Renzi otterrebbe il 44 per cento.

 

Pdl, rinviate le primarie, ma è ancora caos”: è questo il titolo che compare oggi sulla prima de Il Giornale. Dove si legge: “’I-nu-ti-li’. Cosa pensa Berlusconi delle primarie è piuttosto chiaro da tempo, anche se pare che nel lungo faccia a faccia con Alfano ieri il Cavaliere sia più netto del solito: ‘Non servono a nulla, anzi con tutti questi candidati sono un teatrino. Poi affonda il colpo: ‘Vedi Angelino, prima avevi il consenso di tutti, dopo le primarie finirai per essere indebolito’. Ma le argomentazioni non smuovono il segretario Pdl”.

 

Libero, in prima: “Le primarie del Pdl slittano. Così diventano una farsa”, scrive Giampiero Mughini.

 

Il cassiere di B.

 

Per quel che riguarda l’indagine sul sequestro-lampo del cassiere di Berlusconi, il Corriere scrive che “era vuota la chiavetta del pc offerta dai rapitori di Spinelli”.

Volevano 35 milioni da Berlusconi, ma in mano avevano niente: sventolarono la chiavetta davanti al ragionier Spinelli, parlando di sette ore e 41 minuti di registrazioni che avrebbero danneggiato Carlo Debenedetti in relazione alla sentenza Mondadori, o il filmato di una cena complottarda del presidente della Camera Fini con i giudici del processo. Il Corriere scrive che non tutti i banditi coinvolti sarebbero stati consapevoli del fatto che la chiavetta era vuota. Alcuni l’avrebbero anzi scoperto solo in casa di Spinelli, al punto da doversi rifugiare, agli occhi dell’ostaggio, nella scusa di problemi tecnici.

Il capo della banda Francesco Leone si era inizialmente avvalso della facoltà di non rispondere, poi ci ha ripensato, e questo interrogatorio è stato secretato dagli inquirenti. Il Corriere intervista sua moglie, che peraltro è un ex agente penitenziario, ed è disperata perché il marito le aveva garantito di esser cambiato.

 

La Repubblica focalizza invece l’attenzione su una circostanza che sarebbe emersa nel corso delle indagini: il capo della banda dei sequestratori, il barese Francesco Leone, prima di arrivare a Bresso, località in cui i suoi complici avevano già sequestrato il cassiere e sua moglie, sarebbe stato intercettato nei pressi di Segrate: un percorso che lo porta vicino all’ufficio di Spinelli stesso. Sul posto si trovano il suo braccio destro Maier e un settimo uomo. I pm di Bari, nel frattempo, hanno liquidato come “pura fantasia” tutte le congetture di cui si è letto nei giorni scorsi su possibili collegamenti tra il sequestro del contabile e le indagini sulle escort portate nelle residenze di Berlusconi tra il 2008 e il 2009.

 

Diritti

 

Europa parla in prima della “doppia retromarcia di Hollande”: “infuria la polemica” dopo che il presidente francese, a qualche giorno dalle manifestazioni che hann oportato in piazza 70mila persone contro i matrimoni gay, ha aperto uno spiraglio sull’obiezione di coscienza dei sindaci. “Una volta approvata, la legge dovrà essere applicata”, ha detto Hollande, ricordando però che “esistono già forme di deroga, che possono essere estese”. Europa sottolinea che non c’è stato nessun cedimento, ma quello che considera, da parte di Hollande, “un richiamo pragmatico” alla possibilità di derogare a vice, assessori o consiglieri municipali, qualora vi sia un problema di coscienza. Il quotidiano scrive che al momento dicono di non voler celebrare le nozze gay 416 sindaci su 35 mila. I sondaggi continuano a fotografare una popolazione in maggioranza favorevole all’estensione del diritto matrimoniale (65 per cento) come per le adozioni (52 per cento). Per il quotidiano è “strumentale” la polemica lanciata dalla sinistra. Della vicenda si occupa anche La Stampa: il “pasticcio” l’ha fatto Hollande, su questa legge che sarà approvata in gennaio. A meno che non di pasticcio si tratti, ma di una perplessità tutta politica: con la tripla A ripersa, la situazione economica che peggiora quasi più dei sondaggi e i tedeschi che fanno sapere di non essere per nulla contenti, il Président non vuole aprire un delicato contenzioso con la Francia profonda, che è molto più conservatrice, tradizionalista e anche un po’ omofoba di quanto non sembra facendo una passeggiata nel Marais”. Il quotidiano ricorda che martedì Hollande è andato al congresso dei sindaci di Francia, e non tutti sono entusiasti di celebrare i matrimoni gay: almeno non lo sono i 17 mila che hanno firmato l’appello contro il progetto. A loro Hollande ha spiegato che “la legge si applica a tutti, nel rispetto tuttavia della libertà di coscienza”. Così ieri è scoppiata la polemica: proteste a raffica dalla gauche della gauche, e dai verdi (che sono al governo) oltre che da diversi socialisti. Hollande allora ha fatto marcia indietro e in conferenza stampa con Napolitano si è limitato a dire che la legge deve essere applicata dappertutto, in tutti i comuni francesi. Poi ha ricevuto all’Eliseo i rappresentanti della Lega LGBT.

 

Per le pagine R2 de La Repubblica il personaggio è oggi Dana Bakdounis, 21enne di origini siriane ma crescita nella conservatrice Arabia Saudita. Il mese scorso ha scritto su un foglio di carta le ragioni per cui aveva deciso di unirsi alla campagna mondiale a favore dei diritti delle donne nei Paesi della Primavera araba: perché per 20 anni non ho potuto sentire il vento tra i capelli. Poi ha messo il foglio accanto al suo passaporto, in cui si vede il suo volto circondato da un velo nero, e ha fatto una foto con l’autoscatto. Infine, ha postato il tutto su Facebook, alla pagina intitolata “The uprising of the women in the arab world”, gruppo creato per sensibilizzare sulla questione femminile il mondo arabo, che in pochi mesi ha raccolto più di 60 mila fan in tutto il mondo. Ne è seguita una guerra tra le amministratrici del gruppo e Facebook, che aveva deciso di censurare quel post a causa delle email di protesta arrivate da diversi Paesi del mondo arabo. Così, la storia si è trasferita su Twitter, dove le ragazze hanno creato l’hashtag #wind-toDana, organizzando una due giorni di protesta online contro Facebook.

Anche sul Corriere, un lungo articolo dedicato a Dana e alla sua foto censurata dai social network.

 

Ancora su La Repubblica segnaliamo una inchiesta sulle “promesse mancate” relative alle riforme del diritto di famiglia: divorzio breve, parità dei figli nati dentro e fuori le nozze, nuove regole sull’affidamento dopo la separazione, cittadinanza agli stranieri venuti al mondo in Italia. Sono alcune delle leggi annunciate negli ultimi anni e finite in un cassetto per ragioni etiche e religiose, o sepolte dalle urgenze economiche. Con una analisi di Chiara Saraceno dal titolo “Perché la politica non riconosce quel che esiste già”.

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