Cos’è il potere? Lo spiega Shakespeare

Cosa è il potere, la forza su cui si reggono le società e gli Stati? La scienza politica si è prodigata nel dare risposte, da sempre, a questa domanda. E ha costruito modelli e teorie spesso molto sofisticate. Dalla teoria si è poi passati alla prassi con estrema facilità. E’ così che sono nate le dottrine “normative”, come si dice, della democrazia, della giustizia, del “vero liberalismo” (sic!). Ma in tutto questo indaffararsi c’è un fondo di non detto, di inesplicito, che andrebbe portato alla coscienza per definire in profondità il potere, guardandolo in faccia senza stratagemmi intellettuali. E, a questo scopo, forse un’opera letteraria o teatrale può servire meglio che un trattato di teoria politica. Che è quanto pensa uno studioso colto e raffinato quale Francescomaria Tedesco, che in Eccedenza sovrana  dipana il suo discorso prendendo spunto e tenendo sempre presente una tragicommedia del grande Shakespeare: Misura per misura (venne rappresentata per la prima volta davanti a Giacomo I il giorno di santo Stefano del 1604).

In verità, l’attenzione di Tedesco si concentra su un personaggio minore: quel Barnardine che è un assassino e ubriacone boemo detenuto nelle carceri viennesi e che Angelo, governatore pro tempore, vuole mandare a morte al posto di un altro per soddisfare la sete di giustizia del popolo.

Lo Stato per autopreservarsi non esita a mettere a morte qualcuno a scopo simbolico. A prima vista, non dovrebbero esserci problemi: Barnardine è quella figura che si definisce una “canaglia”, un individuo ai margini della società, un nulla di buono che non ha nulla a che vedere con la mitica immagine del “povero ma bello”. La sua inaspettata resistenza, il rifiuto di soggiacere a quella che è a tutti gli effetti una profonda ingiustizia, mette però in crisi il dispositivo che mantiene in piedi il potere. Mostrando, in ultima analisi, come l’ordine costituito, persino lo Stato forte e compatto dell’età moderna, si fondi su un elemento labile e immateriale quale l’assenso che diamo ad esso implicitamente in ogni momento.

Con un richiamo in negativo a La Boétie de La servitù volontaria, l’autore di questo libro ci dice che il potere trova la propria “legittimazione non nel comando del sovrano ma nell’obbedienza del suddito”. Lo Stato, perciò è un colosso coi piedi di argilla, come mostrano ad esempio tante e inaspettate cadute (si pensi alla rapida implosione, per deficit di consenso, dell’ex Unione Sovietica). Spostato il discorso sul lato  dell’obbligazione politica, sulla sua natura, Tedesco incontra autori anomali o eccentrici rispetto al filone dominante della modernità, quello cartesiano delle idee chiare e distinte: da Rabelais, che col Gargantua e Pantagruel mette al centro della scena personaggi stravaganti e crudeli, fino a Raymond Queneau de I romanzi della saggezza ispirati alla filosofia del suo maestro Kojéve, passando per Sade e Bataille.

“Insomma, nel momento in cui si cristallizza, nelle opere di autori come Bodin e Hobbes ma anche in vicende storiche come la pace di Westfalia, la sovranità moderna come noi la conosciamo, si può – scavando nella storia e nella letteratura – rintracciare un antico filone: quello del potere come male, e della resistenza al potere da parte degli ‘scarti’ della società”. E’ il momento machiavellico della politica, che, al di là di ogni corretta interpretazione del pensiero del segretario fiorentino, ne segna la prima ricezione europea, di cui il teatro elisabettiano è esempio.

Quella che però emerge da questo libro è “l’idea di un potere che, pretendendo di fare il bene, conserva i germi del male”. Un male “rattenuto”, ma pur sempre pronto a manifestarsi in momenti eccezionali, quelli che l’autore definisce di “eccedenza sovrana”. Il libro di Tedesco è un lungo richiamo al realismo politico: una critica, ad esempio, all’ideologia dei diritti umani, che maschera con i buoni sentimenti l’affermarsi di concreti rapporti di forza (è il caso della dottrina dell’interventismo democratico messa in campo da Bush).
Rammarica che l’autore abbia un concetto un po’ limitato, anche storicamente, di liberalismo. Una dottrina che, se nella sua prima versione giusnaturalistica, anestetizzava la conflittualità, almeno da Tocqueville ad oggi ha saputo fare i conti con essa. Esaltando se non la “canaglia” in senso stretto, certamente il momento dell’eresia, dell’anticonformismo e persino dell’eccentricità.

Titolo: Eccedenza sovrana

Autore: Francescomaria Tedesco

Editore: Mimesis

Pagine: 182

Prezzo: 16 €

Anno di pubblicazione: 2013



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