Si fa presto a dire fratellanza.
La sfida dottrinale di Papa Francesco

Possiamo provare a definire il libro di Francesco Peloso, “Oltre il clericalismo”, appena pubblicato da Città Nuova (16 euro)? Sì, e forse il modo migliore per farlo  è inserendolo nella narrativa di viaggio: sì, immaginarlo come un diario di viaggio, un viaggio nella Chiesa, o nelle riforme della Chiesa avviate da Francesco. Il protagonista di questo libro infatti è certamente lui, Jorge Mario Bergoglio, ma anche i suoi nemici – da chi lo avversa a chi lo trattiene, da quanti lo tirano per la giacchetta ai molti che lo detestano, lo insultano, lo denigrano – non svolgono certo un ruolo marginale. Dunque è un viaggio nella Chiesa ai tempi di Francesco e delle sue riforme tanto irrinunciabili quanto non programmabili, visto che il riformismo di Francesco non segue un programma prestabilito, ma mira a partire dal cambiamento delle persone prima che delle strutture.

Così il punto più importante al quale il libro spinge il lettore sembra stare nell’individuazione del più semplice degli algoritmi. C’è un cristianesimo che piace a tanti, che riscalda, che affascina: è il cristianesimo del Vangelo, cioè il cristianesimo delle Beatitudini, della fratellanza, della misericordia, in definitiva quello a cui fa riferimento questo pontificato. Come mai però tanti cristiani, tanti buoni cattolici, tanti fedeli, non lo sopportano? Come è possibile? Eppure sembra proprio così. Bastano le prime pagine di questo libro per entrare in contatto con quei cristiani, cattolici, fedeli indispettiti, infastiditi, arrabbiati, pieni di rancore nei confronti del papa che sceglie la misericordia, la fratellanza, le Beatitudini. Non riescono a perdonarglielo, sembra gli sia assolutamente impossibile.

Leggendo, per la prima volta, mi è venuta un’idea: e se a guidarli fosse il sogno del sequestro, della confisca di Dio? Dio, il loro Dio ovviamente, deve essere solo loro e per loro, basta! Non può diventare né di tutti né un modello da seguire con tutti, cioè fuori dai confini, dai nostri confini ovviamente, culturali e mentali. Non ci sono fratelli né cugini, non c’è misericordia o amicizia: o sei nostro, e hai diritto allora a un pezzetto del nostro Dio, o sei di qualcun altro, quindi sei un nemico e quindi vai combattuto, sconfitto, eliminato. Sembra questo l’algoritmo della cittadella, potremmo dire della Benedict Option, cioè un algoritmo che, in definitiva, riduce questa fede ad un certificato da ottenersi mostrando i bollini tutti in regola: quindi parliamo di un cristianesimo normativo, basato sulla giustizia retributiva e l’invariabilità assoluta dell’eterno paradigma romano… Non può esserci spazio per gli altri, ognuno pensi a mostrare di avere tutti i bollini in regola, rispettare i dogmi e seguire la lettera delle leggi. La chiamano Benedict Option, ma sembra il cristianesimo degli assediati… determinati a vivere fuori dalla città, dalla modernità, dall’incontro con un qualsiasi “altro”.

Questo Francesco Peloso non lo dice, ma mi ha aiutato molto a pensarci, portandomi al punto con pacatezza: “lo detestano, in definitiva, anche perché il cristianesimo, nelle intenzioni di molti, doveva trasformarsi nell’asse ideologico di un neo-identitarista nazionalismo europeo, il collante di un integralismo che poi avrebbe fatto da base a nuovi modelli autoritari”.

Dunque è il possesso esclusivo di Dio che anima questo cristianesimo identitarista, rancoroso? Per questo è pronto a scagliarsi contro i migranti, contro i musulmani, contro gli ebrei, contro tutti quelli che non sono “dentro”? Le pagine sul permanente e persistente pregiudizio antisemita sono allarmanti e si saldano a quelle sugli altri pregiudizi dandoci un vivido ritratto di una cultura che, fedele al Concilio, Bergoglio è determinato a capovolgere in fratellanza, apertura, incontro, dialogo, rispetto. Il metodo su cui dunque si basa la riforma è quindi quello del dialogo, ma questa fazione rumorosa e rancorosa lo rifiuta in radice, vive perché è un’opposizione che si radicalizza sempre di più, si estremizza, e trae vantaggio da una auto rappresentazione estremista che le consente di sottrarsi all’esigenza di fornire risposte, o anche a cercarle. È eccessiva l’attenzione che le viene data? E dove troveremo la sua origine, la sua fonte? Probabilmente nel loro bisogno di un principio assoluto di autorità. Questa è la malattia, dalla quale ne scaturiscono in realtà tante altre. Vediamo.

La polemica bergogliana nei confronti del clericalismo trova giustamente centralità nel libro come nel pontificato. Per chi ha bisogno di “autorità, legge e ordine”, magari all’ombra di un populismo che porta dritti sparati al principio illuminista “tutto per il popolo, nulla con il popolo”, questa visione che rifiuta il clericalismo risulta insopportabile, inammissibile: nella vecchia liturgia il prete non dà le spalle ai fedeli? Non ha dunque il compito di condottiero che conduce il popolo, inconsapevole o ignaro, all’unica indiscutibile verità e meta? Nella Chiesa assembleare non funziona così, la Chiesa assembleare è di tutti i battezzati, perché qui tutti hanno l’unzione. La riforma liturgica del Concilio Vaticano II ha infatti capovolto gli altari, creando un’assemblea nella quale è stata archiviata l’idea che la Chiesa di Cristo si identifichi con l’Ordine Sacro, cioè diaconi, presbiteri e vescovi. Questa nuova idea di Chiesa è presentata dal Concilio Vaticano II con l’immagine di “corpo mistico di Cristo”: “Ma come tutte le membra del corpo umano, anche se numerose, non formano che un solo corpo così i fedeli in Cristo (cfr. 1 Cor 12,12). Anche nella struttura del corpo mistico di Cristo vige una diversità di membri e di uffici. Uno è lo Spirito, il quale per l’utilità della Chiesa distribuisce la varietà dei suoi doni con magnificenza proporzionata alla sua ricchezza e alle necessità dei ministeri.”

Nell’altra visione questo era impensabile, il clero dava le spalle al popolo per guidarlo: è così che anche l’abuso può diventare questione sanabile, accettabile, o occultabile, se ricondotta nell’accettazione, seppur a denti stretti in qualche caso, del principio d’autorità. È l’erronea interpretazione dell’autorità, del potere, la causa dell’abuso? Anche qui, pensando agli abusi a danno di minori, la riforma non sta tanto nel rigore, quanto nella comprensione di quale rigore serva.

È uno dei fili più importanti che segue l’autore per spiegarci le riforme di Francesco, riforme che mettono in discussione questo mal compreso principio d’autorità e riprendono, ad esempio, la centralità della tematica relativa alle donne, al loro ruolo nella Chiesa. È solo quello di ancelle? Andare oltre il clericalismo consente e prefigura una Chiesa anche femminile, il tema dal quale parte l’autore per immaginare un altro futuro per questa Chiesa clericale ma senza preti. Sarà immaginabile, domani, una donna diaconessa, come era all’inizio dell’esperienza ecclesiale, per non dire di più di questo?

L’approccio narrativo consente al volume di accompagnare il lettore attraverso le tante tappe del processo riformatore tenendo ferme alcune bussole. La prima ovviamente è il richiamo al Concilio Vaticano II e a Giovanni XXIII, alla sua enciclica “Pacem in Terris”. Il cammino riformatore di Francesco, alla ricerca di riforme tanto irrinunciabili quanto non programmabili, perché basate sul cambiamento degli uomini prima che delle strutture, è infatti un cammino che cerca di far cambiare finalmente passo alla Chiesa, passando dall’epoca dell’interpretazione a quella dell’attuazione del Concilio e della sue novità, ai cui cuore c’è la libertà di coscienza, un tempo causa di tutti i mali prodotti dall’aborrita modernità, ora bussola per una Chiesa che vuole vivere con noi, nella storia, non più al di sopra e al di là di esse, quale giudice inappellabile e indiscutibile.

Ci sono voluti cinquant’anni, ma soprattutto c’è voluto l’arrivo del primo papa che non è stato padre conciliare, ma figlio del Concilio. Ecco allora che le riforme irrinunciabili vanno innanzitutto capite, portate nei cuori e poi spiegate.

Qui il volume ci consente di capire il ruolo nevralgico della comunicazione, in particolare soffermandosi su La Civiltà Cattolica e l’Osservatore Romano. Il loro ruolo nella costruzione della cultura riformatrice, pluralista, fraterna, è fondamentale se si capisce che il punto è cambiare le persone, che nella Chiesa vorrà dire cambiarne il cuore, ma anche i paradigmi.

Si sale a bordo dell’incrociatore riformatore, La Civiltà Cattolica, con la presentazione di uno dei suoi articoli cruciali, scritto da padre Giovanni Sale, che si è preso cura di spiegare il ruolo svolto dagli atei devoti nell’ostacolare un cammino nella modernità della Chiesa cattolica conciliare, cioè della Chiesa di popolo, fraterna e sinodale. Spiega Peloso: “Gli atei devoti, infatti, prendevano le mosse dalla cultura della destra repubblicana americana per promuovere la fede cristiana e più in generale la tradizione giudaico-cristiana (odierno cavallo di battaglia di Steve Bannon, ndr) come nuovo collante ideologico all’indomani della caduta del muro di Berlino. Finito il comunismo, il nuovo muro separava l’Occidente dall’Islam, un nuovo manicheismo invadeva la storia e definiva confini invalicabili e conflitti di culture. Qualcosa di simile stava accadendo in Europa e in America, spiegava la testata della compagnia di Gesù: il nuovo nemico era lo straniero, il migrante, l’intruso che veniva a turbare le nostre tradizioni, a infiltrarsi nel tessuto sociale, a delinquere, o a rubare lavoro. Sembrava un meccanismo di propaganda quasi banale ma era lungo questo crinale che si giocava il futuro di molte cose: la convivenza civile la sorte delle istituzioni democratiche, la capacità di costruire cammini di pace, la possibilità di avviare forme di cooperazione fra popoli, governi, religioni e culture.” Poteva mancare la riscoperta del duce e dell’idea di religione civile?

Nella seconda parte del volume si affrontano i temi più concreti del processo riformatore, del passaggio a una Chiesa che diviene davvero sinodale (che non vuol dire sinodo dei vescovi, ma sinodi locali, territoriali o nazionali) e quindi davvero non più clericale, sebbene consapevole degli ovvi rischi di un nuovo clericalismo, magari non in clergyman. Ma il punto di fondo, il tema centrale che rende di estrema attualità il volume, è la presentazione della questione che sottostà a tutte le questioni, quella della fratellanza. Se non si potrà costruire una Chiesa aperta all’idea di fraternità, di dialogo, di inclusione, quale riformismo sarà possibile? Non si rimarrebbe chiusi, con un Dio sequestrato dai dotti e gli altri ridotti comunque a portatori di false credenze, quindi pezzi diversi ma analogamente inaccettabili e irredimibili di una falsa umanità? Ecco perché leggere questo libro in questi giorni che ci conducono all’enciclica “Fratelli tutti” che Francesco firmerà il 3 ottobre ad Assisi è un ottimo viatico alla sua comprensione come sfida a tutti i fondamentalismi.

Titolo: Oltre il clericalismo. Preti, donne e laici nella chiesa di Francesco

Autore: Francesco Peloso

Editore: Città Nuova

Pagine: 144

Prezzo: 16 €

Anno di pubblicazione: 2020



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