Ermeneutica delle primavere arabe. Un libro per capire come sono cambiate

Da Reset-Dialogues on Civilizations

Dove vanno le primavere arabe? curato da Antonio Cantaro, professore ordinario di Diritto costituzionale nell’Università di Urbino e direttore della Collana Critica Europea, è un testo che inquadra gli eventi storici dei paesi protagonisti delle “primavere arabe” in diverse cornici, in generale sfuggite al grande e spettacolarizzato caos mediatico che si è scatenato in occidente. Grazie al contributo di giornalisti, docenti e ricercatori, l’andamento contraddittorio della dialettica fra poteri costituiti e poteri costituenti di ogni primavera è spiegato esulando dalla retorica mediatica attraverso geopolitica, filosofia, diritto, e un occhio sempre attento alle dinamiche sociali. Tale approccio fa di questo volume un approfondimento indispensabile per capire le caratteristiche peculiari dei diversi paesi interessati, le parti in gioco, le rivendicazioni e i protagonisti delle piazze, il cruciale dilemma se sia possibile una via islamica alla democrazia e che ruolo svolga o potrebbe svolgere l’Europa in questo nuovo contesto.

Sulla base della fenomenologia degli eventi che hanno investito l’area negli ultimi due anni risulta difficile indovinare quale siano la strategia e il percorso più giusti da seguire per rispondere alle sfide lanciate dalle “primavere arabe” nei paesi protagonisti. Quello che gli autori propongono qui è dunque una vera e propria ermeneutica delle transizioni, che fornisca alcuni mezzi adeguati per interpretare i cambiamenti politici e sociali in atto in Nord Africa e nel Medio Oriente.

In Egitto e in Tunisia, dopo il rovesciamento dell’ancien régime, i risultati elettorali che hanno portato al governo i partiti islamici dei Fratelli Musulmani e al-Nahda riflettono tutto il peso dell’eredità lasciata dalla politica dei vecchi tiranni, la difesa di un laicismo che non è stato altro che uno strumento di potere per contenere l’islam politico. Quando queste forze, legittimate dal consenso popolare, hanno raggiunto i vertici del potere, le file dell’opposizione e la società civile ‘secolarizzata’, anch’esse protagoniste delle rivolte, hanno finito per essere emarginate dalla vita politica del paese e le ambizioni e le aspettative di una grande parte della popolazione sono state frustrate, alimentando il risentimento e l’intolleranza. Ed ecco che il terreno si preparava a un nuovo golpe militare.

In Siria le proteste iniziate pacificamente sono degenerate in una sanguinosa guerra civile, meschinamente usata come round decisivo dalle forze in gioco per l’egemonia in Medio Oriente (Qatar, Arabia Saudita, Turchia contro Iran, Iraq e Hezbollah) e dove la militarizzazione e la regionalizzazione del conflitto non solo hanno favorito le ingerenze di potenze straniere, ma anche il rafforzamento delle frammentate forze ribelli e il rinvigorimento dell’opposizione storica fra sunniti e sciiti. Il paese si trova in una situazione di impasse politica e militare, e lo scontro di diverse forze e diversi interessi (stranieri) complica il raggiungimento di un cessate il fuoco e della riconciliazione nazionale.

Come in Siria, anche in Libia la militarizzazione del conflitto e la radicale spaccatura della popolazione non lasciano auspicare a una stabilizzazione interna vicina, mentre il Consiglio Nazionale di Transizione sta provvedendo a epurare legalmente e fisicamente le cerchie politiche e militari dai fedeli di Gheddafi, senza istituire un sistema giudiziario equilibrato, senza aver ancora redatto una Carta costituzionale e senza aver disarmato le milizie autonome ancora presenti nel territorio, cosa che rende il paese fortemente pericoloso, insicuro e instabile.

Coesistono, invece, in Yemen, i seguaci dell’ex presidente Ali Abdallah Saleh e le opposizioni che hanno animato le rivolte concluse nel novembre 2011 grazie alla mediazione del Gulf Cooperation Council con la firma del Transitional Agreement, accordo con cui Saleh ha rassegnato le dimissioni in cambio della tutela della propria incolumità e di quella dei suoi più stretti collaboratori. L’emergenza creata dalla fragilità economica e politica del paese alimenta la frammentazione nazionale e il consenso politico dei movimenti secessionisti, offre agli attori internazionali la possibilità di influenzare le prospettive economiche e, anche a causa dell’ostacolo che costituisce la persistenza di Saleh nel panorama politico yemenita, la riconciliazione nazionale si fa più complessa.

Guardando alla posizione dell’Europa, la lettura di questo libro potrebbe finalmente incoraggiare quella che Luigi Alfieri, professore ordinario di Filosofia politica all’Università di Urbino, definisce una necessaria “educazione civica all’Islam”, cioè sviluppare una conoscenza della materia per liberare la cultura europea dall’eurocentrismo e dalla “sfiducia orientalistica” che dal colonialismo la caratterizzano, un retaggio che le impedisce, oggi, di assumere su di sé quel nuovo, necessario, ruolo di protagonista – con tutte le responsabilità che esso richiede – che le recenti trasformazioni sull’altra sponda del Mediterraneo richiedono per ragioni storiche, economiche, politiche e culturali.

Titolo: Dove vanno le primavere arabe?

Autore: AA. VV. , a cura di Antonio Cantaro

Editore: Ediesse

Pagine: 208

Prezzo: 12 €

Anno di pubblicazione: 2013



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