Russia-Europa, se il no al riarmo
è il “Non abbiate paura” di Bergoglio

Cosa dice davvero Francesco quando ripudia nuove spese militari

Impazza il dibattito sul riarmo e quel che ha detto Francesco. E che cosa ha detto Francesco sulle armi? Questo punto credo sia molto importante. Il papa ha detto che aumentare la percentuale di Pil da destinare a spese belliche è “pazzia”. Una spesa futura ha a che fare con il domani. Questo elimina dal tavolo la discussione sull’oggi e la fornitura di armi all’Ucraina. La elimina nel senso che non parla di questo. E riferendosi al futuro non si può non considerare che di solito è chi ha paura che aumenta la spesa militare. Dunque Francesco ci porta nell’orizzonte mentale nostro e di chi ci guida. E quale sarebbe questo orizzonte?

Il modo migliore per descriverlo è la notizia, molto diffusa sui nostri giornali: Berlino scopre di aver paura e pensa a dotarsi di un sistema di intercettazione dei missili nemici. Eppure l’esercito russo, piaccia o dispiaccia, sta facendo una figura tremenda, deve ricorrere ai mercenari per espugnare Mariupol dopo un mese di aggressione feroce, spietata. Questo in noi produce “paura”. È comprensibile, ma è giusto? Putin andrebbe giudicato dal Tribunale dell’Aja, ma il suo esercito, per quanto feroce, sembra un feroce Gulliver, ma vecchio, cadente. Non è che vogliamo averne paura o che eterizziamo il passato? Al punto da dover investire in un costosissimo sistema di intercettazione missilistica? L’aggressività di Mosca ha perso la faccia a Mariupol, ho visto in tv immagini di giubbotti antiproiettile russi ripieni di cartone. Ho visto carri armati che mi hanno fatto ricordare del Nicaragua, dove i sandinisti – quando visitai quel Paese – esponevano ancora in piazza quello che definivano il “ridiculo tanke” inviato da Mussolini al regime che sconfissero. Davvero la paura è quel che ci serve? Non può che venire in mente, sorprendentemente, la frase di Giovanni Paolo II citata da Biden proprio in questi giorni in Polonia: “Non abbiate paura”. Forse è proprio questo che ci dice Francesco: di non aver paura. Mettiamola da un punto di vista di politica nel contingente. Allo stato attuale appare evidente che Mosca sarà una succursale energetica di Pechino. Non è Putin, autocandidatosi al ruolo di benzinaio di Pechino, che ci deve terrorizzare al punto da pensare a cupole antimissilistiche per difendere le nostre città. La bomba ce l’ha, ne ha tante. Ma cosa ci farà? Lui ha solo quella minaccia, il resto è solo cartapesta. Avere paura non è la scelta giusta.

Il discorso di Francesco allora sembra esortarci a pensare come se fossimo già sulla soglia del futuro. Ricordando il passato ci ricorderemo che per molti Putin avrebbe cercato di vincere la guerra dei valori contro l’Occidente “della democrazia”, la guerra al rispetto delle diversità simboleggiate dai suoi ripetuti attacchi agli omosessuali, da parte sua e del Patriarca suo alleato, Kirill. Restando sulla soglia che ci conduce al domani ricorderemo pure che qualcuno lo ha aiutato dal nostro interno soffiando proprio sul fuoco della paura dei valori, spesso e volentieri mal applicati. Parlavano di fine della società tradizionale, anche qui per farci paura. Il problema sussiste, va affrontato con saggezza, ma quella guerra mi sembra che Putin l’abbia persa. Dunque ponendoci sulla soglia che porta al domani potremmo sbagliare e perdere noi accettando di avere paura. Temendo potremmo tornare a Berlino, al muro, alla corsa agli armamenti. La discussione, come ha osservato il direttore de La Civiltà Cattolica, padre Antonio Spadaro, dovrebbe vertere infatti su quale politica di sicurezza scegliamo. Poi avrebbe senso discutere di spese per la nuova politica. Il punto ha rilievo perché si parla di spesa nei bilanci nazionali: ma per una difesa europea?

A queste considerazioni ne aggiungo una mia: una politica di difesa presuppone una politica estera. Per questo a mio modo di vedere Francesco ci chiede di non cadere nel tranello della paura, del suo tentativo di chiudere la Russia in una bolla. La Russia è grande, enorme, non ci sta in una bolla. Noi dobbiamo pensare di essere già sulla soglia del futuro e pensare al futuro possibile, non di accontentarci di quello che ci sembra probabile. I modelli totalitari, se si basano su eserciti di cartapesta, mostrano la corda. Dicendo no al riarmo Francesco per me dice proprio quel “non abbiate paura” che Biden ha evocato in Polonia. Il non abbiate paura di Francesco sembra vedere nel ritorno alle armi una “comfort zone” che per rassegnarci rinuncia a vedere la possibilità di non tornare al comodo bipolarismo di ieri. Senza scendere a patti “culturali” con Putin, non avere paura vorrebbe dire immaginare un futuro diverso anche per i russi. Questo è un futuro fatto di maggiore inclusività, di maggiore rispetto, di maggiore democrazia, maggiore accettazione delle diversità, con meccanismi di difesa che vanno previsti, ma che li accompagnano, non li impediscono. Putin oggi offre ai suoi stomaci vuoti e petti gonfi. Per sfidare questa politica non ha senso dire “ci fate paura, siete dei mostri”.

Mi sembra questo il motivo per cui ha detto che pensare al riarmo è da “pazzi”. Putin non ha innescato un meccanismo irreversibile. Lui ha innescato un meccanismo perdente. Allora invece di esitare ad armare gli ucraini il “non abbiate paura” di Francesco sembra esortare a prendere il futuro nelle nostre mani. Questo non aver paura comporterebbe l’essere pronti, sostenendo la resistenza, a negoziare come europei, per dare un orizzonte alla resistenza. Il futuro bisogna immaginarlo e quindi dotarsi di una politica estera, per cercare il possibile, non quello che troppo realismo ci dice probabile. Questa sì sarebbe una sconfitta.

Per fare questo però occorrerebbe anche non dire che a Mariupol sono arrivati, stanno arrivando o arriveranno i “tagliagole”, cioè i ceceni musulmani. Si dice così per prassi, ma nel profondo perché li consideriamo figli di un Dio spietato. E chi ha ridotto l’Ucraina com’è oggi di quale Dio è figlio? No, questi “ceceni” non sono tagliagole. Sono carne da macello, altra carne da macello nelle mani di macellai. Chiamandoli “tagliagole” ci prepariamo a tornare alla guerra di ieri, per rilegittimare altre paure, altre guerre di civiltà. Val la pena ricordare che sono “cristiani” quelli che hanno ridotto così l’Ucraina. Ma quelli che si sono opposti all’invasione russa hanno anche dimostrato l’infondatezza della teoria di Huntington che faceva dell’Ucraina una delle linee di faglia dello scontro di civiltà, confine della città ortodossa. Mi sembra che tanti ucraini gli abbiano detto un eloquentissimo è inequivocabile “no”.

Accusato incomprensibilmente di essere a favore di Putin, Francesco ci ha detto che il riarmo è contro l’idea che i valori che difendiamo possano vincere, davvero. Per cambiare la Russia e cambiare anche noi, che ci abbiamo creduto un po’, ma non ci crediamo ancora abbastanza. Libertà, uguaglianza, fraternità: a Parigi, proprio a Parigi, Giovanni Paolo II le ha definite parole anche “cristiane”. Ecco, per capire le parole di Francesco credo sia giusto inserirle in questi orizzonti. Allora la discussione prioritaria diviene un’altra, quella su un rafforzamento di libertà, uguaglianza e fraternità come cardini di una proposta che ovviamente comporta anche scelte di difesa. Ma non il contrario.

 

Foto: Vincenzo Pinto / AFP.

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