Ognuno per sé, Draghi per tutti.
Perché torna in auge il proporzionale

Torna, impetuosa, la voglia matta di legge elettorale proporzionale, tra i partiti politici. Non solo perché aiuterebbe non poco a far rinascere una forza politica neo-centrista, scompaginando gli attuali poli attuali (centrodestra e centrosinistra), ma anche perché potrebbe favorire un orizzonte di governo Draghi ‘oltre Draghi’. Insomma, senza neppure che l’attuale premier debba ‘scendere in campo’, alle prossime elezioni politiche, con una legge elettorale di tipo proporzionale, presupponendo una situazione politica post-elettorale ‘bloccata’, perché nessun partito, presentandosi da solo, avrebbe i numeri per governare, nel prossimo Parlamento, la cosa più ‘naturale’ sarebbe affidare il governo a Draghi per continuare a implementare il PNRR, intercettare la ripresa e stabilizzare a maggior ragione il sistema politico.

Detto che, in uno scenario siffatto, Draghi potrebbe persino permettersi il lusso di ‘scegliere’ se continuare a fare il premier o succedere a Mattarella – che, una volta avviata la prossima, nuova, legislatura, potrebbe anche dimettersi – al Quirinale, resta da dire che siamo davanti a un cambio di passo, politico e istituzionale, epocale, ove mai la ‘voglia di proporzionale’ si attuasse.

 

Chi vuol essere maggioritario?

Ma restando alla legge elettorale – tema con cui i partiti si baloccheranno da qui a fine legislatura, dato che non vi sarà alcun rimpasto di governo e, però, vi saranno molte scissioni (nel M5s è, di fatto, già alle porte, quella tra Di Maio e Conte) e riposizionamenti tattici e strategici (FI si sta progressivamente sganciando dal centrodestra, i rapporti tra Lega e FdI sono ai minimi termini, grandi i movimenti in corso in area centrista) – dal giorno stesso dell’elezione di Mattarella è diventato il nuovo oggetto di dibattito e polemica, nella scena politica italiana. Ora, va detto che, in questi giorni, si muovono e parlano, con un profluvio di dichiarazioni, solo i proporzionalisti. Insomma, i ‘maggioritaristi’, per ora, tacciono.

Tranne un vecchio campione del bipolarismo come Romano Prodi: intervistato a La 7, a Di Martedì, alza un fuoco di sbarramento dicendo “o abbiamo una legge elettorale che finalmente dà un governo e che non vuole solo fotografare il Paese, oppure le elezioni avranno sempre lo stesso risultato incerto” e rivendicando quella ‘vocazione maggioritaria’ su cui il Pd è nato.

Certo, c’è la netta ostilità di Fratelli d’Italia e il silenzio, tattico, della Lega (ieri Salvini ha detto che “discutere di legge elettorale per la Lega non è una priorità”), ma in FI se ne discute molto e, dentro l’M5s, la pre-scissione tra Di Maio e Conte potrebbe, alla fine, convenire a entrambi, se aiutata da un sistema proporzionale che permetterebbe a entrambe le anime 5s di contarsi.

 

Operazione scongelamento

Formalmente, il dibattito sulla legge elettorale è fermo al 9 gennaio 2020, cioè da due anni, quando fu depositato in Commissione, ma mai in Aula, alla Camera dei Deputati, il Germanicum (detto anche Brescellum), sostenuto dall’allora maggioranza giallo-rossa. Si tratta di un proporzionale con soglia di sbarramento al 5%, che lo rende appunto simile al modello tedesco che è stato scritto, materialmente, dal presidente della I Commissione, Giuseppe Brescia (M5s), ma che poi finì in un cassetto perché, già in commissione, non c’erano i numeri per approvarlo. All’epoca, si mise di traverso Iv, mentre Pd-M5s-LeU erano a favore e l’intero centrodestra, ai tempi compatto, era contrario. Quel tempo, dunque, è rimasto da allora in un cassetto e si era come ‘addormentato’, ma ora se ne chiede, a gran voce, il ‘dis-congelamento’. Il relatore di quel testo, il dem Emanuele Fiano, e lo stesso Brescia chiedono una “accelerazione”.

L’idea è di re-incardinarlo in commissione, porre entro marzo il termine per gli emendamenti e portare, ad aprile, il provvedimento in Aula, per poi passare la palla al Senato tra giugno e luglio, con un via libera che potrebbe arrivare a settembre, sia perché poi, a ottobre, scatta la sessione di bilancio, sia perché è meglio non ‘spaventare’ i parlamentari peones prima di quella data, rischiando di vederselo bocciare.

Infatti, di solito, quando si vota una nuova legge elettorale, la ‘letteratura’ parlamentare dice che la legislatura è agli sgoccioli, quindi meglio attendere che, a settembre, maturino i vitalizi…

 

Tentazione trasversale

A favore del proporzionale si schierano, subito e chiaramente, M5s, Leu, e Coraggio Italia. Nel Pd (Base riformista, Area, la maggior parte delle correnti dem, i Giovani turchi) sono a favore di tale modello, ma il segretario Letta si era sempre dichiarato per il maggioritario; tuttavia, da qualche giorno si è detto disposto a ragionare su un nuovo impianto, a partire dall’eliminazione delle liste bloccate, pur senza esplicitare modelli.

Italia Viva è ancora in fase di definizione della posizione, visto che quando fu depositato il Germanicum, Renzi affermò di preferire un sistema che assicuri di conoscere il vincitore la sera stessa delle elezioni; ma di recente è sembrato aprire all’ipotesi proporzionalista. Ma è anche vero – ragiona ora Renzi con i suoi – che prendere 50 seggi con un maggioritario, perdendo tutti i collegi uninominali, se nascesse un vero rassemblement di centro dal 10% di voti, può essere più conveniente che prenderne 30 con un proporzionale alla tedesca. Insomma, Renzi, come sempre, deciderà all’ultimo e in base alle ‘convenienze’ del momento, sapendo cioè se ha in tasca un mega-gruppone di centro o meno.

A dividere il campo dei proporzionalisti è pure la soglia di sbarramento, che M5s vuole sia “alla tedesca”, mentre gli altri la chiedono più bassa. LeU, ad esempio, la chiede “non oltre il 4%”. Difficile, però, che – ove mai passasse un sistema puro, un vero proporzionale con le preferenze – la soglia di sbarramento possa essere inferiore al 5% perché altrimenti il sistema politico va in frantumi ancora di più di quanto già non sarebbe.

Sul fronte destro, a favore nel maggioritario c’è Giorgia Meloni e tutto Fdi, e finora anche la Lega, benché nel partito guidato da Matteo Salvini si stia aprendo un ‘partito’ favorevole al proporzionale, perché eviterebbe contenziosi nella divisione dei collegi uninominali e consentirebbe comunque di tenere unito il centrodestra, anche se dopo le elezioni. Tanto che un deputato padano come Igor Iezzi, molto vicino a Salvini, dice che La Lega è disponibile a ragionare sul proporzionale così: “Noi siamo convinti che il maggioritario sia l’unico sistema elettorale che dia la possibilità di scelta ai cittadini, ma se saltano le coalizioni allora bisognerà pensare ad un altro strumento”.

In Forza Italia, Berlusconi ha ribadito appena due settimane fa di prediligere il maggioritario, ma anche tra gli azzurri si sta facendo più forte la voce dei proporzionalisti (l’ala liberal e moderata Brunetta-Carfagna-Gelmini), specie se prenderà piede l’operazione di sganciamento da FdI ma anche dalla Lega. Infatti, pure Berlusconi parla, ormai, di un ‘centro’ senza più il ‘trattino’.

 

C’era una volta la vocazione maggioritaria

Il problema di fondo, però, ce l’ha il Pd, come si diceva. Dopo una stagione intera passata a tenere alte le bandiere del sistema maggioritario e del bipolarismo (il Pd, del resto, è nato su tale assioma), ora la virata proporzionalista colpisce. E non è un caso che un fine intenditore di sistemi elettorali, oltre che raffinato costituzionalista, Stefano Ceccanti, che di solito parla ad libitum, sull’argomento, oggi, tace. La sua ostilità alla virata proporzionalista è netta, anche perché Ceccanti è e resta un convinto bipolarista. Parlano, invece, gli esperti di molte correnti che molto contano nella geografia interna dem.

A un amico e collega Dario Parrini confida anche che “Il Pd la posizione ufficiale la prenderà in direzione e ancora non c’è. Ma solo tra ieri e oggi sul proporzionale sono usciti tutti nella stessa direzione: Provenzano, Bettini, Orlando (cioè la sinistra, ndr). Come la pensano Franceschini e Guerini è noto. C’è un fronte largo per il proporzionale purché con soglia adeguata”.

Il coordinatore dei sindaci dem e primo cittadino di Pesaro, Matteo Ricci – che da ieri si fa forte di un documento-appello di tutti i sindaci del Pd (Sala, Lepore, Lo Russo, Nardella, Gori, Decaro, etc.) che quello chiede, il proporzionale con le preferenze – ci va giù pure lui sparato: “La legge elettorale più adatta è il proporzionale, “con sbarramento al 5% e doppia preferenza uomo-donna. Garantirebbe una semplificazione del quadro e consentirebbe ad ogni partito di presentarsi con un proprio programma e identità. Al tempo stesso – spiega Ricci – darebbe anche una prospettiva al governo Draghi, evitando che le forze politiche che sostengono la maggioranza indeboliscano il governo stesso”.

E il segretario? Enrico Letta – uno dei vincitori delle ‘quirinarie’ insieme a pochi altri (Renzi, Tajani, Di Maio) – ha attaccato l’attuale legge elettorale confermando che sarà un tema da affrontare “per permettere ai cittadini di scegliere gli eletti ed eliminare la peggiore legge elettorale che c’è mai stata, il Rosatellum”. A dirla tutta, qui si esagera: se il Rosatellum, mai dichiarato incostituzionale e mai sospettato di esserlo, è la ‘peggiore legge elettorale della storia’, non si capisce come dovrebbe essere definito il Porcellum che incostituzionale è stato dichiarato.

La speranza del segretario resta comunque quella di portare a termine due riforme considerate “terapeutiche” per una “democrazia malata” come quella italiana. La legge elettorale e la riforma dei regolamenti parlamentari.

 

Il diavolo è nei dettagli

Ma i problemi che restano sul tappeto sono molti.

Un altro ‘tecnico’ di sistemi elettorali, il capogruppo di LeU, Federico Fornaro, ammette che “non c’è un’unica soluzione, cioè l’automatico ritorno delle preferenze, perché potrebbe funzionare il collegio uninominale di partito sul modello elezioni Senato ante 1992 o quelle delle provinciali”, prosegue Fornaro.

Gian Claudio Bressa, senatore del Pd ma nel gruppo Per le Autonomie e membro della Affari Costituzionali a palazzo Madama, che di leggi elettorali ne ha viste (e scritte…) parecchie, di area Franceschini, lascia aperto un rebus non da poco: “Bisogna fare un proporzionale vero con una soglia di sbarramento significativa sennò si ripete il Rosatellum togliendo solo la parte maggioritaria della legge. Poi c’è tutto un altro capitolo di discussione: come vengono eletti i parlamentari: le preferenze o le liste bloccate?”.

Particolari tecnici di estrema rilevanza che potrebbero cambiare non poco la geografia degli eletti che, è bene ricordarlo, vedrà il prossimo Parlamento eletto con 600 parlamentari e non più 945, quindi con un saldo negativo di ben -345.

 

Foto: Alberto Pizzoli / AFP.

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