La piazza della misericordia

Il Corriere della sera: “Francesco chiama al coraggio. Aperta la Porta Santa. Al mattino in 50 mila, pochi turisti. Di sera la folla invade la piazza. L’abbraccio con Benedetto: ‘Una fiesta, viviamo la gioia e non la paura’”.
Di spalla: “Diciamo sì a più sicurezza. Ma la privacy non è un lusso”, di Luigi Ferrarella.
A centro pagina: “Padoan: per i risparmiatori servono misure umanitarie”. “Negoziato con l’Ue; il governo e gli obbligazionisti delle banche fallite”.
A fondo pagina un articolo di Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo: “I veleni riaccendono la Terra dei Fuochi. Trovati i fondi per le ecoballe, restano i micidiali scarichi delle fabbriche clandestine”.

La Repubblica: “Trump come Le Pen, ‘Basta islamici in Usa’. Obama: vergogna”, “Il miliardario propone anche di chiudere Internet. Protestano l’Onu, Cameron e Valls: parole velenose”.
Racconta “il personaggio” Federico Rampini, da New York: “Lo showman del terrore”.
Sulle elezioni regionali in Francia, Bernardo Valli da Parigi: “Parigi ha respinto l’assalto del Fn”.
In apertura a destra una grande foto di papa Francesco nell’atto di aprire la Porta Santa: “Francesco apre la Porta Santa: ‘Non dobbiamo avere paura’”, “In 50 mila a piazza San Pietro. Gabrielli: non è un flop”.
Ne scrive Enzo Bianchi con un’analisi dal titolo: “La caduta di un muro”.
A centro pagina, la politica italiana, con un appello dei sindaci “arancioni” Giuliano Pisapia (Milano), Marco Doria (Genova) e Massimo Zedda (Cagliari): “Da Milano l’appello dei tre sindaci: ‘La sinistra vada unita alle elezioni’”.
A questo tema è dedicata la rubrica di Stefano Folli ‘Il punto’: “Con lo sguardo oltre il Duomo”.
Di fianco, il richiamo all’intervista del quotidiano a Filippo Nogarin, sindaco 5Stelle di Livorno che, parlando delle polemiche sul baratro di bilancio dell’azienda cittadina dei rifiuti Aamps, dice: “Non mi dimetto, i rifiuti di Livorno eredità del Pd”.
A fondo pagina, “la storia”: “Grecia, la strage dei bambini, ultimo orrore dell’emigrazione”.

La Stampa ha in prima la foto della basilica di San Pitro, su cui ieri sono stati proiettati giochi di luce (qui quello è immortalato è un gigantesco leone): “Il Papa: abbandonate la paura”, “Francesco apre il Giubileo e concede a tutti i preti la facoltà di assolvere l’aborto”, “Cinquantamila persone a San Pietro con i due Pontefici per il via all’Anno Santo. Imponenti misure di sicurezza”.
E il commento del vaticanista Andrea Tornielli: “Non esiste giustizia senza perdono”.
A centro pagina: “Francia, non è il terrorismo ma la crisi l’arma di Le Pen”, “Il Fn si è affermato nelle regioni con il più alto numero di disoccupati”.
Emanuele Felice, in un’analisi sull’avanzata del Front National e delle forze anti-sistema e nazionaliste in Europa, sottolinea “Il triplice fallimento dell’Unione”.
Sulla colonna a destra: “Siria, nasce l’armata saudita anti Russia”, sul vertice convocato da Riad. Di cui scrive anche Roberto Toscano: “I moderati esclusi dal vertice”.
In prima anche un intervento firmato da Andrus Ansip (vicepresidente della Commissione Ue) e Gunter Oettinger (commissario Ue all’Economia e la società digitali) sulla riforma che -come spiega Marco Zatterin- porterà, entro il 2017, ad una svolta su smartphone e tablet, poiché sarà possibile agli internauti vedere film e sport anche fuori dal proprio Paese : “In Europa stop ai confini per la cultura”. Zatterin la definisce una sorta di “Schengen” della cultura e dà conto della reazione dei colossi della tv digitale, che preannunciano battaglia.

Il Fatto: “Il Papa: ‘Non abbiamo paura’. Ma la piazza è quasi vuota”, “Giubileo. Soltanto 50 mila fedeli per l’apertura dell’Anno Santo a Roma”.
Antonello Caporale firma poi un articolo su un “superconvegno” che dovrebbe tenersi nel prossimo aprile: “Il ‘punto G’ e quel summit in Vaticano”. I ginecologi estetici di tutto il mondo -scrive- troveranno in via della Conciliazione un cardinale a benedirli per un convegno che verterà anche sulle “tecniche laser per il ringiovanimento della vagina” (sic).
A centro pagina, con foto di Berlusconi, Maroni e Salvini: “E B. ricattò Salvini e Maroni: ‘Vi scateno contro i giornali’”, “I segreti del potere. Minacce e accordi tra Lega e Forza Italia”, “Berlusconi al telefono con Isabella Votino, storica portavoce del presidente della Lombardia, si lamenta degli attacchi leghisti: ‘Salvini è un ubriaco’. E propone di farsi eleggere al Quirinale, ma ‘solo per tre mesi e poi vado via’”.
Ancora sulla politica, un’analisi di Federico Fornaro, senatore Pd: “Operai e 50enni rottamano Renzi e scelgono i 5Stelle”.
E Andrea Scanzi firma un commento dal titolo “Da Milano a Roma, l’ultima moda è il Kamasutra delle primarie”.
Sul decreto salva-banche: “PopEtruria, come spennare i risparmiatori”, di Giorgio meletti.
Ai disagi dei pellegrini giunti a Roma per il Giubileo è dedicato l’editoriale del direttore Marco Travaglio: “Indulgenza Alitalia”.

Il Giornale apre con la “proposta choc” di Donald Trump: “’Limitiamo Internet’. Il candidato alla Casa Bianca Donald Trump scatena la polemica in Usa: ‘Chiudiamo la Rete e i social media contro la jihad’. La Francia pronta a bloccare i wi-fi pubblici”.
Il titolo di apertura è per “il Giubileo al tempo dell’Isis” che “non fa il tutto esaurito”. Ancora sul Giubileo e il Papa un articolo di Vittorio Feltri: “Se Francesco snobba i ricchi allora eviti il Vaticano”.
A centro pagina: “Petrolio in caduta libera, mercati di più. Il prezzo del greggio è sotto i 40 dollari per la prima volta dal 2009”.

Il Sole 24 ore: “Il petrolio affossa i listini. Milano perde il 2,26 per cento”. “Il greggio arresta la caduta ma si mantiene ai minimi da sette anni sotto quota 38 dollari”. “Pesanti i titoli bancari. Minerari sotto pressione”.
Di spalla: “Francesco apre la Porta Santa: ‘Abbandoniamo ogni paura’. L’abbraccio con Benedetto XVI, poi a piazza di Spagna e a Santa Maria Maggiore”. “In 50 mila a San Pietro. ‘La Chiesa ritrovi la spinta missionaria’”.
A centro pagina le parole di ieri del ministri Padoan sulla sorte degli obbligazionisti delle 4 banche salvate dal governo: “’Banche, solo aiuti umanitari’. Il ministro Padoan: il provvedimento sui risparmiatori non in contraddizione con le regole Ue. Bruxelles preferirebbe lasciare ai giudici la decisione su eventuali rimborsi”.
Sotto, un articolo sulla legge di Stabilità: “Subito il pacchetto sicurezza, deficit al 2,4 per cento. Il governo ha deciso di non aspettare l’ok della Ue allo 0,2 per cento di flessibilità”.

Giubileo

Ieri Papa Francesco ha aperto il Giubileo della misericordia e la notizia occupa molte pagine sui quotidiani. Sei pagine sul Corriere con articoli di Accattoli, Bianconi (anche sul tema sicurezza), Paolo Conti (per una cronaca dalla piazza). Cazzullo (che dà rilievo al confronto tra Bergoglio e la sua “vecchia Focus scura” e Bertone che “con occhiali fumè scende dall’attico con la terrazza dipinta di giallo” per unirsi “a Sodano, Re, Ruini e gli altri decani della Curia”).

La Stampa, pagina 2: “Francesco: ‘Anteponete la misericordia al giudizio’”.
Su questo tema il quotidiano interpella il presidente dell’Assemblea rabbinica italiana Giuseppe Laras (che dice: “Non si può prescindere dal ruolo che ha la giustizia”) e il filosofo Giacomo Marramao (“Il Pontefice parla pensando a come disinnescare i conflitti”, “vede in maniera lucida la dimensione endemicamente conflittuale della condizione umana, coglie il passaggio tragico del mondo globalizzato”.
A pagina 3 di Andrea Tornielli: “Due Papi davanti alla Porta nel segno del Concilio”, “Bergoglio entra da solo nella basilica, seguito dal suo predecessore Ratzinger”. Tornielli cita le parole del Papa, secondo cui la misericordia è “l’architrave che sorregge la vita della Chiesa”. E sottolinea che a suo tempo anche Benedetto XIV aveva spiegato che la misericordia “è in realtà il nucleo centrale del messaggio evangelico”. La centralità che ha assunto questo messaggio nel pontificato di Francesco, fino a diventarne il cuore, si innesta insomma nel magistero del suo predecessore. Un altro elemento unisce i due Papi: Bergoglio ha voluto inaugurare il Giubileo nel cinquantesimo anno dal Concilio, cui Ratzinger aveva partecipato “come perito teologo. Nonostante i tentativi di arruolarlo nella schiera di coloro che nella Chiesa hanno sperato e ancora sperano di far marcia indietro” rispetto al Concilio, “Benedetto l’ha sempre considerato una bussola”. E ieri mattina Francesco, “Papa poco interessato a interpretare il Concilio ma molto più ad attuarlo e a viverlo- l’ha definito ‘un vero incontro tra la Chiesa e gli uomini del nostro tempo. Un incontro segnato dalla forza dello Spirito santo che spingeva la sua Chiesa ad uscire dalle secche che per molti anni l’avevano rinchiusa in se stessa’”.

Anche sul Corriere Gian Guido Vecchi dà rilievo alla frase del Papa su misericordia e giudizio e scrive dei “segni da interpretare”, indicando nell’abbraccio a Ratzinger un altro dei segni.
Sul quotidiano milanese, ma anche sul Sole 24 Ore, si sottolinea anche la continuità con il Concilio Vaticano II. Il Sole dà spazio anche alla frase “la Chiesa ritrovi la spinta missionaria”.

Su La Repubblica, a pagina 4, l’articolo di Marco Ansaldo: “L’abbraccio tra i due pontefici: ‘La chiesa esca dalle secche’”. Scrive Ansaldo: “una presenza significativa, quella di Joseph Ratzinger. Perché testimonia il pieno appoggio di Benedetto alla riforma di Francesco, osteggiata da alcuni all’interno della Curia romana”.
E sulla stessa pagina, un’intervista di Paolo Rodari a monsignor Matteo Zuppi (“prete di strada”) che sabato prossimo si insedierà come vescovo di Bologna e che ieri ha trascorso l’Immacolata tra i carcerati di regina Coeli. Dice: “Io, prete degli ultimi, credo a un Giubileo fatto anche per loro”.

Ancora su La Stampa: “Il Papa ai preti: perdonate l’aborto”, “Francesco concede la facoltà di assoluzione a tutti i sacerdoti per il Giubileo. La storia di Beatrice: ‘Il perdono mi ha insegnato a convivere con la mia scelta’”. Ne scrive Giacomo Galeazzi.

Agostino Paravicini Bagliani, su La Repubblica, racconta il rito della Porta Santa nei secoli: “Addio mattoni e martelli, così è cambiato il rito della Porta Santa”, “Papa Borgia dovette attendere mezz’ora prima che gli inservienti liberassero il passaggio. Nei secoli però la cerimonia si è via via intensificata”.
Ancora da La Repubblica il commento di Enzo Bianchi: sottolinea come in un’epoca in cui i muri vengono ricostruiti, Francesco abbia compiuto “un gesto così semplice, quotidiano, umano, di aprire una porta chiusa”. Quanto all’invito ad anteporre la misericordia al giudizio, Enzo Bianchi scrive: “poche parole, eppure parole di grande rottura con una certa vulgata cattolica, attestata soprattutto negli ultimi secoli, secondo la quale è doverosa l’intransigenza”.

Su Il Fatto ne scrive Carlo Tecce: “Soli in 50mila per il Giubileo. Il Papa: ‘Non abbiamo paura’”, “Francesco apre la Porta Santa e abbraccia Ratzinger, poi fa un discorso conciliare. Gli imam accanto all’altare, letture in cinese e in arabo”, “In piazza la metà dei fedeli previsti, il pontefice parla al mondo e all’Islam”. Scrive Tecce: “Più che le presenze in piazza di pellegrini costretti a gimkane tra i cantieri, adesso contano la platea mondiale e il rapporto con gli islamici. L’argentino è capace di comunicare con simboli nono così evidenti, disseminati in oltre due ore di funzione sul sagrato, ma di possente impatto emotivo: gli imam nei pressi dell’altare; la rievocazione dello spirito del Concilio II, l’esaltazione della parola ‘misericordia’”. Insomma, “l’espediente è il dialogo. Francesco per tutta la messa ha ordinato letture prima in cinese e poi in arabo. Il gesuita Bergoglio spera in un viaggio epocale in Cina”.

Francia

Su La Repubblica Bernardo Valli torna ad occuparsi dei risultati delle elezioni regionali in Francia e il particolare dell’avanzata del Front National: “Il Front National si infrange sul muro di Parigi. Patto elettorale Ps-Verdi-Gauche”, “Nella capitale il partito della Le Pen si è fermato al 9,65%. Ancora più giù nell’XI arrondissement ferito nella strage. L’elettorato borghese urbano rimane a sinistra. Ma le élites cominciano a convertirsi al populismo”, “Alti funzionari, laureati all’Ena, sono sempre più attirati da una forza politica dinamica che ai loro occhi sembra ormai in grado di offrire loro buone occasioni”. Scrive Valli che la sinistra ha nel frattempo deciso di unirsi, in vista del ballottaggio di domenica prossima: gli esponenti del Ps, del Front de Gauche (di cui fanno parte anche i comunisti) e dei Verdi, hanno raggiunto faticosamente un accordo per affrontare insieme il voto in otto regioni. Solo per la Bretagna non è stata trovata un’intesa.
Del successo del Front National scrive ancora su La Repubblica, Nadia Urbinati: “La democrazia della paura ha vinto in Francia con l’arma della retorica xenofoba del Fronte nazionale”, “la paura travolse le deboli democrazie del primo dopoguerra e torna ad essere un rischio nell’Europa delle solide democrazie costituzionali. Sottoposte allo stress durissimo della crisi economica e del terrorismo”.

Su La Stampa Alessandro Barbera firma un articolo in cui si sottolinea: “La crisi economica e non il terrorismo” sono “il motore del Front”. Barbera legge i dati regionali, elaborati, tra gli altri, anche da Bloomberg, e scrive che il Front National “ha vinto nelle regioni dove la disoccupazione è più alta”. C’è stato invece un “flop” a Parigi.

Sul Corriere: “Psicodramma socialista, la base si ribella a Parigi”. “Il presidente uscente della Lorena rifiuta di ritirarsi al secondo turno per ‘passare’ i voti alla destra di Sarkozy. Decine di candidati lo seguono e bocciano la teoria di un ‘fronte repubblicano’ per fermare il Front National”. Si parla di Jean Pierre Masseret, 71 anni, presidente uscente della Regione, una vita da socialista, candidato della nuova grande regione (Alsazia, Lorena, Champagne, Ardenne), cui i vertici del partito hanno chiesto di non presentarsi al secondo turno chiedendo agli elettori socialisti di votare per il candidato gollista Richert.
Alla pagina successiva viene intervistato a Metz Florian Philippot, 34 anni, candidato del Front National nella stessa regione dell’Est francese. E’ “gollista da sempre”, è entrato di recente nel FN, ogni anno il 9 dicembre va a visitare la tomba di De Gaulle. Ha preso il 36 per cento di voti, oltre il doppio del candidato socialista e circa 10 per cento in più del candidato di Sarkozy Philippe Richert. Il premier Valls chiede di votare per Richert e Philippot “sembra esserne orgoglioso”. “Lo stato maggiore parigino dà ordini e fa giochetti politici invece di rispondere sul piano delle idee e della proposta politica”. Il candidato socialista, che ha annunciato che disobbedirà a Valls e si presenterà al secondo turno, “lo trovo più coraggioso dei suoi colleghi del Nord e del Sud che hanno ubbidito agli ordini del partito” perché un premier che “passa le giornate al telefono” a chiedere ai suoi candidati di ritirarsi è “un gigantesco gesto dell’ombrello fatto ai militanti e agli elettori”. Spiega che le elezioni regionali francesi “rilanciano la dinamica sovranista, c’è una vera primavera dei popoli europei”. Dice che con Salvini a Bruxelles il Fn “lavora bene”.

Sul Sole un articolo del politologo Roberto D’Alimonte: “Il Front National Italiano? E’ il M5S, non la Lega Nord”. Dove si legge che la Lega “non è un partito nazionale” e “non è nemmeno nazionalista” nel senso che non è l’Italia ma la Padania “il suo riferimento ideale ed il suo obiettivo politico”. Il partito “percepito come vera alternativa alla casta” è il Movimento 5 Stelle. Le sue posizioni sull’immigrazione non sono quelle del partito della Le Pen ma su Europa e crisi economica le posizioni sono sovrapponibili, scrive D’Alimonte.

Su La Stampa il politologo viene intervistato. Dice: “Da noi non c’è un rischio Fn, quello spazio è diviso tra Lega e M5S2, “Salvini era al governo ed è alleato con Forza Italia che sta nel PPE”.

Terrorismo, Trump

Sul Sole da segnalare una intervista al procuratore nazionale Antimafia e antiterrorismo Roberti. Il titolo: “Il traffico di migranti finanzia l’Isis”. E poi: “Faro acceso sui flussi di denaro. Una buona pista per arrivare ai terroristi”. Racconta dell’arresto a Madrid dell’iracheno Majid Muhammad, che aveva scontato una condanna in Italia per terrorismo internazionale perché risultato legato al gruppo Ansar Al Islam fondato dal mullah Krekar. Dopo la scarcerazione Majid era rimasto in Italia opponendosi alla espulsione ed aveva lavorato offrendo supporto logistico agli immigrati clandestini. Secondo Roberti oggi è più difficile applicare le norme sulla custodia cautelare: “il problema è l’articolo 274 del Codice di procedura penale che richiede ‘l’attualità delle esigenze cautelari’ anche in riferimento al pericolo di reiterazione di gravi delitti di criminalità organizzata e di terrorismo. Mi chiedo: per uno che è stato affiliato per tre anni al Califfato il pericolo è attuale oppure no?”. Secondo Roberti si dovrebbe riscrivere questa norma per i reati di terrorismo considerando “immanente” il pericolo di reiterazione per i soggetti “di cui sia provata l’adesione” a movimenti terroristici.

Sul Corriere Luigi Ferrarella si sofferma sul dibattito tra privacy e sicurezza e scrive che “un conto è prendere atto che il contrasto al terrorismo e le esigenze di sicurezza costringono a congedarsi definitivamente dall’età spensierata di quando si poteva andare all’aeroporto senza doversi rassegnare a controlli estenuanti”, senza metal detector e telecamere ad ogni angolo di strada; un altro “offrire i polsi” a “’manette’ invisibili di una massiccia e indiscriminata raccolta di comunicazioni e dati personali”. Anche perché questi strumenti rischiano di non funzionare, l’intelligence rischia, raccogliendo “tutto di tutti” di non raccogliere niente. La legge invece dovrebbe adattarsi alla tecnologia per “dare forma e senso alla grande quantità di dati raccolti”.

Su La Repubblica, due intere pagine firmate sulle dichiarazioni del candidato alle primarie repubblicane Usa Donald Trump. Ne scrive Alberto Flores D’Arcais: “Trump: ‘Stop agli islamici e al web’. Obama: ‘Non può fare il presidente’”, “Bufera sul candidato alle primarie repubblicane. Hillary: ‘L’odio non è valore Usa’. Critiche da Valls e Cameron: ‘Inutile e sbagliato’”. Per fermare il reclutamento di jihadisti online Trump ha preconizzato misure drastiche e si è riproposto di incontrare Billa Gates. Dopo aver proposto una “totale e completa chiusura” dei confini Usa per i musulmani, ha anche rilanciato proponendo la messa al bando dei viaggi all’estero per tutti i musulmani Usa, che vorrebbe schedare e sorvegliare con telecamere. La riposta via Twitter di Hillary: la proposta di Trump “lo squalifica come possibile presidente”. Poi il portavoce di Obama Josh Earnest, che invita tutti i candidati repubblicani a prendere le distanze da Trump “perché quello che ha detto è offensivo, tossico e moralmente inaccettabile”. Molte le dissociazioni nel campo repubblicano, preoccupato di perdere consensi moderati. Lo speaker repubblicano della Camera, Paul Ryan, ha detto: “Questo non è conservatorismo”. Perfino un ex falco come Dick Cheney ha attaccato la proposta che -ha detto- “va contro tutto ciò per cui ci battiamo”. Unico assente, Ted Cruz, il candidato che ha superato Trump in Iowa, il primo Stato in cui si voterà il 1 febbraio: “Ha portato l’attenzione dell’America -ha detto, parlando di Trump- sulla necessità di rendere sicure le frontiere”.
Sulla stessa pagina, l’analisi di Federico Rampini: “Quelle ricette shock che parlano al paese profondo”, “Così il miliardario risale nei sondaggi. Il ‘New Yorker’: abbiamo la nostra Le Pen”. Scrive Rampini: “le stragi in Francia e in California gli hanno dato l’occasione per rilanciarsi, dato che le sue minacce contro gli immigrati messicani (‘eleggetemi e deporterò 11 milioni di clandestini’) non facevano più notizia”.
A pagina 11 un intervento di Haider Mullick, con copyright New York Times: “Io, musulmano e soldato d’America ora ho paura”, “Dobbiamo respingere l’islamofobia o finiremo per fare il gioco dello Stato islamico”.

Su La Stampa ne scrive Gianni Riotta: “Dall’islam al web, le 488 ore di Trump contro tutti”, “L’outsider repubblicano: Internet incita all’estremismo, va chiuso. Ma dietro le gaffe c’è una strategia”. Trump, scrive Riotta, “espone con violenza l’usura dei vecchi media, giornali, tv, talk show, davanti alla nuova realtà. Gli rinfacciano gaffes o bugie, dimentichi che solo un elettore su cinque presta ascolto al dibattito, mentre gli altri cercano via Google conforto alle proprie opinioni e a tanti di loro Trump piace”.

Su Il Fatto ne scrive Giampiero Gramaglia: “SuperTrump e i peccati del mondo: il Web e l’Islam”.

Anche sul Giornale si dà conto delle dichiarazioni di DonaldTrump. Si legge che “a volersi concedere un po’ di sano provincialismo italiano” si direbbe che il candidato Repubblicano “la pensa come Umberto Eco” a proposito di Internet. Si legge che la sua è una “iperbole” che “pare fatta apposta per scandalizzare, cosa poi puntualmente accaduta” anche se l’attenzione si è successivamente spostata sul divieto di ingresso ai musulmani in America.

Sul Corriere ne scrive Massimo Gaggi: “Trump e i musulmani, caso internazionale”. “L’idea di bandire Islam e Internet”. Gaggi scrive che Trump ha anche “sbandierato misteriose statische e sondaggi” secondo i quali un musulmano su quattro è per il jihad e vuole gli americani morti” e che Pew Center, cui Trump ha fatto riferimento, smentisce che siano dati suoi. Anche Gaggi scrive che tra le tante condanne alle sue dichiarazioni c’è anche quella di Dick Cheney ma spiega anche che quella dell’uno contro tutti è una condizione in cui il candidato-tycoon si trova a suo agio “e i sondaggi per ora gli danno ragione”.

Migranti, Ue

Il Sole 24 ore dà conto della possibilità di apertura di una procedura di infrazione da parte dell’Unione europea nei confronti dell’Italia a proposito della mancata raccolta delle impronte digitali dei migranti. “Dopo due anni di avvertimenti la pazienza è finita”. Da tempo infatti Bruxelles ha avvertito il nostro Paese, come la Grecia ma anche la Germania, sulle falle del sistema di accoglienza di richiedenti asilo per il mancato rispetto delle regole Eurodac, il sistema europeo di raccolta delle impronte dei migranti.

Banche, risparmiatori

Sul Corriere è Mario Sensini a spiegare che quella cui sta pensando il governo è una soluzione “che riguardi comunque i soli acquirenti delle obbligazioni subordinate ‘azzerate’ di Banca Marche, Banca Etruria, CariChieti e Cassa Ferrara, e che preveda per loro un ristoro parziale. Da studiare con prudenza, perché c’è il rischio non solo che le nuove norme possano essere censurate dalla Ue, ma che costituiscano anche un ‘precedente’ pericoloso nell’ordinamento italiano, creando una disparità di trattamento tra le varie forme d’impiego del capitale di rischio o tra i settori di investimento”. Ad intervenire sarebbe un Fondo di circa 100 milioni di euro partecipato dalle banche, con eventuale intervento dello Stato (ma qui starebbero gli ostacoli della Ue) per rimborsare agli obbligazioniti circa il 30 per cento. Oppure prevedere per gli stessi una qualche forma di credito in compensazione da scalare nei prossimi anni. Ma il problema è che si tratterebbe comunque di un trattamento di favore rispetto ad altri interventi del passato e ad altri obbligazionisti subordinati di altre società di capitali.
Sul quotidiano da segnalare anche una intervista a Roberto Gualtieri, europarlamentare Pd, che invoca “subito” una “legge europea” per “difendere i piccoli investitori”. Gualtieri conferma che lui e il suo gruppo hanno votato a favore della direttiva Ue in vigore da gennaio che prevede la tutela per i soli correntisti fino a 100 mila euro e che i costi delle crisi bancarie ricadano sugli investitori di azioni e obbligazioni e sui correntisti oltre i 100 mila euro. Ma chiede una correzione di rotta perché la norma “ha valore retroattivo” e perché quando gli investirori hanno comprato bond anche subordinati non erano in questa “classe di rischio”. Chiede di prevedere dei limiti all’investimento obbligazionaro in base al reddito di chi lo fa.

Sul Giornale Francesco Forte scrive che l’Italia non dovrebbe ascoltare i richiami europei perché le regole europee possono essere applicate “solo in quanto non contrastino con la nostra Costituzione” che è “chiara sulla tutela de piccoli rispariatori”. Forte scrive che “le obbligazioni subordinate emesse da una banca e cedute ai clienti sono viziate da un sospetto di abuso di fiducia che comporta il diritto a un indennizzo; peggio ancora quando azioni e obbligazioni sono state utilizzate come garanzia dei prestiti”. Conclude Forte: “ci si lamenta che, in Francia, vincano le Le Pen. Ma a Bruxelles non han capito che l’impostazione europea sulle banche dà ragione anche al lepenismo”.

Sul Sole Alessandro Plateroti scrive che l’Italia “torna in soccorso delle vittime di truffe finanziarie” e ricorda che una decina di anni fa il ministro Tremonti lanciò un fondo che aveva finalità analoghe a quello cui si sta pensando oggi, destinato ai “truffati” delle banche. Il fondo “sparì nel nulla e la stessa sorte toccò agli 800 milioni per i truffati”. Dunque anche per questo il fondo per “gli investitori danneggiati dalla crisi delle quattro banche locali salvate d’urgenza con il decreto 180/2015 desta più di una perplessità. Non solo perchè il risarcimento andrebbe chiesto in tribunale a chi ha truffato e non ai contribuenti, ma anche perchè sarà molto difficile individuare chi ne ha veramente diritto e chi no: la selezione avverrà sulla base dei redditi o sulla base dell’età? Avrà la precedenza chi dimostrerà di aver perso tutti i risparmi o basterà averne bruciati solo una parte? Sarà sufficiente dimostrare la propria inadeguatezza quanto a educazione finanziaria o si dovrà dimostrare di essere stati ingannati o costretti a comprare bond subordinati dalla banca? E infine, sarà forse la dichiarazione dei redditi il parametro per entrare tra i casi umanitari?”. In ogni caso “oggi stupisce soprattutto la facilità con cui in Parlamento e in Piazza si affronta il problema. Gli stessi che fino a pochi anni fa inveivano contro i salvataggi bancari con denaro pubblico, chiedono ora il ritorno dello Stato nelle crisi bancarie”.

Politica, Roma, Milano

Su La Repubblica l’appello dei sindaci “arancioni” Giuliano Pisapia, Marco Doria e Massimo Zedda: “L’appello dei tre sindaci: ‘Pd e Sel tornino uniti’. Milano. Balzani attacca”, “Pisapia, Doria e Zedda: ricordiamoci come si vince. In Lombardia primarie ‘autonome’ il 7 febbraio”. Il contenuto della lettera è pubblicato a pagina 16: “’Imparate dalla Francia, non lasciamo il campo alla destra populista’”, “Non pratichiamo e non abbiamo mai praticato lo sport del favorire la squadra avversaria”, “No al facile ruolo dell’eterna opposizione. Assumiamoci la responsabilità del governare”.

Di fianco: “Ma nei giorni della Leopolda la minoranza fa il suo meeting”.

E la rubrica “il punto”, di Stefano Folli: “Guardare oltre il Duomo, la sfida a Renzi di Pisapia”, “Il suo appello unitario parla al cuore e alla mente di una sinistra frastornata. E ha come orizzonte ‘nascosto’ il 2018”.

Su La Repubblica, intervista al sindaco 5 Stelle di Livorno Filippo Nogarin: “Io appeso a un voto ma i rifiuti sono l’eredità del Pd”; il sindaco denuncia “26 milioni di bollette mai riscosse” dell’azienda dei rifiuti cittadini Aamps. E dice: “sciopera solo la Cgil, i cassonetti vengono svuotati. Abbiamo rotto con il passato e riusciremo a salvare i posti di lavoro”.

Su Il Fatto un’analisi di Federico Fornaro, senatore Pd, su come cambia il partito: “Renzi crolla tra operai e 50enni. Fuga del ceto medio verso M5S”, il 20 per cento dell’elettorato tra i 45 e i 64 anni lascia i dem per il M5S

Sul Corriere si legge che le primarie del centrosinistra a Milano “tornano al punto di partenza” nel senso che si faranno, come previsto inizialmente, il 7 febbraio. Una data “molto lontana” dall’election day indetto da Renzi nel resto d’Italia per il 20 marzo ma anche dalla proposta di Pisapia, che indicava il 28 febbraio. Dal 12 dicembre al 12 gennaio si potranno raccogliere le firme per le candidature. Secondo il quotidiano “la campagna breve” potrebbe favorire Sala sulla Balzani perché il vicesindaco “avrebbe meno tempo per farsi conoscere e far crescere la sua notorietà nell’elettorato di centrosinistra”. Ma Balzani non sarebbe affatto preoccupata, si legge ancora.

Il Sole: “Milano ai gazebo per prima: 7 febbraio”. “Sala in corsa contro la vice a Palazzo Marino Balzani”.

Il Giornale para di “aiutino di Renzi a Sala sulla data delle primarie Pd”, “il sindaco di Milano chiedeva più tempo per lanciare la meno conosciuta Balzani”.

Il Corriere intervista la parlamentare milanese del Pd Barbara Pollastrini. Consiglia ai candidati di “farsi fotografare insieme mentre firmano la Carta dei valori” del centrosinistra e il Patto a sostenere chiunque vinca.

Sul Corriere una intervista a Nicola Zingaretti. Dice che per il Comune di Roma si voterà sicuramente a giugno. Alla domanda se ha sentito Marino dice che lo ha sentito “dopo le dimissioni” e che rimane “una risorsa, un punto di vista che deve trovare accoglienza”. Dice che non serve recriminare sulle modalità che hanno portato alla caduta di Marino, che il Campidoglio per quanto lo riguarda è un discorso che “appartiene al passato” perché fa il presidente della Regione, dice che c’è un “confronto positivo e sincero” con Renzi che rappresenta “una innovazione utile in sintonia con la voglia di cambiare dell’Italia”. Il 12 non sarà né alla Leopolda né con i bersaniani.

E poi

Sul Sole, a proposito di riduzione delle emissioni, mentre è in corso la Conferenza di Parigi sui cambiamenti climatici, un intervento di Jeffrey Sachs, Guido Schmidt-Traub e Jim Williams: “La via obbligata dell’emissione zero. Per stabilizzare il clima è indispensabile arrivare alla decarbonizzazione totale entro il 2070”.

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