Genova scava, Doria no, Renzi promette aiuti

Il Corriere della Sera: “Meno incentivi, tagli ai dirigenti”. Si parla della legge di Stabilità, che il governo presenterà mercoledì. “Il governo verso il confronto con la Ue. La manovra sale a 23 miliardi: ridotti gli stipendi pubblici più alti, revisione degli sgravi”. E poi un sondaggio: “2 italiani su 3 dicono no al tfr in busta paga”.
A centro pagina, con foto, il “vertice con i leader di cinquanta Paesi. Europa e Asia, passa per Milano la nuova Via della Seta”.
Sotto: “Renzi: fondi contro il dissesto. Contestato il sindaco Doria”. “Città ancora bloccata per il fango,sospese le tasse locali”.
In prima anche: “Un altro ribaltone in Luxottica. L’Ad Cavatorta lascia l’incarico”.

La Repubblica: “La rivolta di Genova: ‘Via il sindaco’. Renzi: vi aiuteremo”, “Barricate di protesta, insulti a Doria: ‘Ma non mollo’. Grillo: fermiamo la ‘peste rossa’, domani tutti a spalare. Il premier: no alle passerelle, due miliardi per il dissesto”.
E “gli angeli del fango” a Genova sono immortalati nella foto di apertura del quotidiano. A loro è dedicato il “racconto” di Adriano Sofri: “Le vanghe precarie della meglio gioventù”.
In taglio basso: “Tasse e multe, 70 miliardi a rischio”, “Denuncia della Corte dei Conti: ecco i soldi non incassati da Regioni e Comuni”.
In taglio basso anche il virus Ebola: “Nuovo contagio, l’America trema”, “Violati i protocolli, allarme di Obama”.

La Stampa: “Irap, lo sconto raddoppia”, “Renzi vuol portare da 2 a 4-5 miliardi gli sgravi sui contributi delle aziende”.
Sotto la testata: “Genova, Renzi: ‘Pronti gli aiuti. Via il fango della burocrazia’. Doria insultato: se serve lascio”.
A centro pagina, la foto è dedicata ad Alex Zanardi, in carrozzella all’arrivo della gara di Triathlon più dura del mondo :ha percorso i 226 chilometri in 9 ore e 47 minuti. Il titolo: “Zanardi, l’uomo che ci insegna il coraggio”.

Il Fatto ha in apertura una grande foto del palco della kermesse 5 Stelle al Circo Massimo: “Tre no a euro, Bce e Quirinale. Grillo si riprende la piazza”, “In migliaia alla manifestazione del Circo Massimo. Il leader Cinque Stelle detta nuovamente la linea ai suoi. Referendum sulla moneta unica, strada sbarrata ai diktat di Bruxelles, attacco frontale a Napolitano e ai giornalisti: ‘Non andiamo nei talk show, noi alziamo lo share e loro ci guadagnano’”.
In taglio basso, il richiamo ad un’intervista al sindaco di Genova: “Doria: ‘Dimettermi? Prima mi sporco le mani’”.

Il Giornale: “Ecco come sarà il condono fiscale. La sanatoria farà sparire il reato di frode e potrebbe riportare in Italia 80 miliardi. L’aliquota media sarà del 15 per cento: così il premier conta di incassare 12-15 miliardi”.
Il titolo di apertura: “L’ultima follia di Genova. Premi ai dirigenti che dovevano controllare. Sindaco contestato”.
A centro pagina: “L’Isis vuol conquistare Roma. La sfida passa per la Turchia”, di Magdi Cristiano Allam.
Sul governo, un articolo di Renato Brunetta: “Renzi ha fatto male i conti. Aria di tempesta sui mercati”. “Lo strano silenzio delle agenzie di rating”. Dove si sottolinea come Moody’s e Standard and Poor’s non si pronunciano da mesi sul rating del nostro Paese.
In evidenza anche la “faida familiare di casa Luxottica”. Ieri si è dimesso l’Ad dopo solo un mese, dopo l’uscita di Andrea Guerra. “Pesano gli affari ‘familiari’ di Del Vecchio”.

Il Sole 24 Ore: “Pensioni, lavoro, risparmi: la lunga rincorsa dei giovani. I conteggi su minori redditi e assegni. Sale l’età dei sottoscrittori di fondi comuni. Under 35 sempre più svantaggiati rispetto agli anziani”. L’editoriale, firmato da Carlo Carboni, è titolato: “La cambiale delle rendite sulle spalle più gracili”.
Di spalla: “Expo, manca ancora un terzo dei lavori”. Lo stato di avanzamento dei laovri a 200 giorni dalla inaugurazione ufficiale dice che solo il 62 per cento dei lavori è finito. Ma “il cantiere avanza a ritmi serrati”, scrive il quotidiano.
Proprio in vista dell’Expo Il Sole offre in esclusiva un intervento del premier cinese Li Keqiang, da domani in Italia per il vertice Asem: “‘L’albero sempreverde dell’amicizia tra Cina e Italia’”, il titolo.
A centro pagina: “Acconto Tasi alla volata finale. Entro giovedì va effettuato il pagamento della nuova tassa in oltre 5 mila enti. Calcoli più complessi per gli immobili in comproprietà”.

Genova

Il Corriere dà conto del pensiero di Renzi, via Facebook: “‘Se vogliamo essere seri, se vogliamo evitare le passerelle e le sfilate da campagna elettorale, l’unica soluzione è spendere nei prossimi mesi i due miliardi non spesi in ritardi burocratici'”.
“I due miliardi – scrive il quotidiano – si riferiscono a tutta l’Italia”. Intanto per l’immediato il sindaco Doria chiede al governo di sospendere i pagamenti fiscali per gli alluvionati, e fa la sua parte annunciando la sospensione da subito di Tari, Imu e Tas. Nel frattempo deve fronteggiare altre accuse, perché ieri si è saputo di premi per 40 mila euro dati ad alcuni dirigenti comunali per aver “mitigato i rischi del dissesto idrogeologico”.
Quanto ai ricorsi alla giustizia amministrativa, che sarebbero la causa del mancato inizio dei lavori dopo l’alluvione di tre anni fa, parla Orlando Pascucci, titolare di una delle ditte che ha fatto ricorso. “Il mio ricorso non ha bloccato proprio niente perché il Tar non solo non ha sospeso i lavori ma ha scritto che potevano partire”, sotto la responsabilità del commissario governativo. “Se hanno preferito restare fermi, forse pensavano che qualche ragione io la potessi avere e rischiavano di perdere la causa”.
Anche La Stampa riferisce le parole di Orlando Pascucci, patron della Promoter,: “I miei ricorsi? Legittimi. Ho difeso il mio lavoro, non c’entro con il disastro’”, dice. Il presidente della Regione Claudio Burlando, da luglio commissario di governo per i lavori sul Bisagno, dice al quotidiano: “se assegni l’intervento e poi il ricorrente vince in un grado di giustizia superiore devi pagare i danni”. Lo stesso quotidiano spiega che servono 300 milioni per mettere in sicurezza la città: le due opere non più rinviabili sono uno scolmatore e la nuova copertura per il Bisagno.
Ed è ancora La Stampa ad intervistare il sindaco Doria: “Gli insulti? Me li aspettavo”. Gli chiedono di commentare le parole del presidente del Consiglio, che si è scagliato contro la giustizia amministrativa. “Ha ragione. Ha fatto bene a inserire quelle norme nello ‘sblocca Italia’. C’è un sistema di regole e di tempi che va cambiato”. Anche per Tar e Corte dei Conti? “Nel caso del Bisagno, la magistratura amministrativa ha dichiarato non valide le procedure seguite per l’aggiudicazione dei lavori. E’ diritto di un’impresa fare ricorso se si ritiene danneggiata ma, come sindaco e prima ancora come cittadino, dico che i tempi delle decisioni devono essere più rapidi”. E di Grillo che marcia su Genova cosa dice? “E’ il leader di un movimento politico e come tutti può denunciare quello che non va, Ma come tutti deve dire quello che c’è da fare. Lo scolmatore del Bisagno va bene sì o no? E il Fereggiano, sì o no? Poi venga pure a spalare”.
Anche Il Fatto intervista il sindaco Doria: “Mi contestano ma almeno io ci metto la faccia”. Quali responsabilità crede di doversi assumere? “Credo che, relativamente al problema della prevenzione delle alluvioni, siano stati compiuti atti positivi”. Quali? “A Ponente abbiamo abbattuto un ecomostro che rischiava di provocare l’esondazione di un corso d’acqua. Ma soprattutto ci siamo battuti al tempo del Piano per le città del governo Monti perché lo scolmatore di Foreggiano fosse messo ai primi posti: abbiamo ottenuto 25 milioni, altri 15 li abbiamo messi noi e 5 la Regione. Nei prossimi giorni si potrebbe arrivare all’aggiudicazione dei lavori”.
Un’altra intervista a Doria si ritrova su La Repubblica: “Non forzo le regole, siamo condannati a vivere in emergenza”, “Bisogna cambiare il sistema delle regole. Nel caso specifico, cambiarle per realizzare grandi opere di ingegneria idraulica, che nel caso di Genova sono fondamentali per rimediare al dissesto idrogeologico del territorio. Occorrono regole certe e tempi certi. Non bisogna forzare, altrimenti si finisce per dire: per l’Expo, per il Mose bisogna fare presto e si forzano le regole. Ma non va bene”.
Sul Corriere il ritratto dell “aristocratico professore universitario che vanta tra gli antenati un paio di fondatori della repubblica marinara non guarda la televisione ma funziona in televisione al punto da tenere testa a Daniela Santanché”. Dice Doria: “‘So bene che prendere la vanga e mettermi a spalare come mi chiedevano alcuni ieri sarebbe molto più facile. Ma il mio ruolo non è questo. Se lo facessi sarei un demagogo. I cittadini hanno ogni diritto di urlare contro questo sistema, io non posso farlo, perché rappresento le istituzioni. Anche quando non funzionano. E’ troppo facile stare fuori e dentro al tempo stesso”. E ancora: “C’è una retorica ambientalista sull’emergenza che detesto. Quando sento dire che basterebbe tenere i rivi puliti per evitare le tragedie mi viene voglia di urlare. Il Bisano porta mille metri cubi d’acqua al secondo. E li vogliamo fermare togliendo gli arbusti? Queste sono balle. La verità è che servono grandi opere di ingegneria idraulica”, che “costano centinaia di milioni”, ma “sono soldi necessari per salvare vite umane” e “lo Stato deve trovarli'”.
Per tornare a La Repubblica, il quotidiano pone in rilievo il “premio beffa” ai dirigenti responsabili della sicurezza e della Protezione civile che avevano appena incassato un premio per il raggiungimento degli obiettivi: “dal Comune fino a 17 mila euro in più, scoppia la polemica sulle gratifiche”.
Da La Repubblica segnaliamo anche gli interventi di Gad Lerner (“L’onda di piena che travolge una classe politica senza coraggio”, “In questi anni l’hanno avuta vinta il fatalismo e la rassegnazione. E anche il sindaco Doria sembra paralizzato, incapace di metterci la faccia. Dallo scandalo Carige alla devastazione di oggi, così la città si è inabissata”) e di Adriano Sofri (“Le vanghe precarie della meglio gioventù”, “gli angeli del fango sono in realtà una leva perenne nel nostro Paese”, se si pensa all’alluvione fiorentina del 1966, “a Firenze 1966 gli angeli del fango prima della rivoluzione sognata, a Genova 2014 gli angeli del fango dopo la rivoluzione mancata”).

M5S

Sul Corriere la cronaca della giornata di chiusura della festa del Movimento 5 Stelle, al Circo Massimo a Roma: “Grillo: il Parlamento? Poi lo chiudiamo. Al Circo Massimo il capo del M5S alza il tiro sulle Camere: vinciamo e basterà governare. Accantonato il nodo successione. Nuovo veto sui talk show: ci chiamano solo per lo share”. Il riferimento era ad Enrico Mentana, incontrato dal leader ieri nel backstage della festa. “Ci voglionno perché siamo gli unici ch epossono fare quel contraddittorio che fa salire lo show. Ma noi non ci andiamo più”. “Oggi è venuto Mentana, molto preoccupato. Ci ha detto: dovete venire perché c’è bisogno di un interfaccia’. Mentana, non hai capito un c…, sei abituato a prlare a interfaccia come Renzi, hai sbagliato”.
“Grillo ora marcia su Genova: ‘Cacciamo la peste rossa. Poi chiudiamo il Parlamento’”, “Terminata la tre giorni del Circo Massimo: ‘Riprendiamoci l’anima’. Incoronati Di Maio e Di Battista. In Emilia espulso il capogruppo”, titola La Repubblica che, sulla stessa pagina offre il racconto delle tre giornate della kermesse: “Al grido di ‘Onestà’ tornano i duri e puri. Beppe tagli ai ponti: ‘Il dialogo è finito’”. Il quotidiano intervista Elisabetta Gualmini, presidente dell’Istituto Cattaneo e autrice del saggio ‘Il partito di Grillo’. Dice: “E’ un leader stanco che rispolvera il mito per uscire dall’angolo”. Gualmini sottolinea una contraddizione insanabile tra piazza e istituzioni, “la difficoltà di un movimento di opposizione al sistema che trova difficile contestarlo da dentro”. Evidenzia anche come manchino “i quadri intermedi. Grillo resta il leader assoluto”. E’ possibile rilanciare il movimento? “Vedo una nemesi di Grillo. Ha vinto troppo. Quel 25% ha spazzato via la nomenklatura del Pd, spianando la strada a Renzi. Per paradosso, è colui che lo ha fronteggiato. Insomma, Grillo ha creato gli anticorpi contro se stesso”.
Il Fatto scrive che il tema della leadership se ne torna nel cassetto: niente incoronazione del delfino Di Maio, nessun cambio di sistema nonostante i mal di pancia del sindaco di Parma Pizzarotti: “a comandare è più che mai Grillo, che (ri)detta la linea ai suoi: fuori del Parlamento (‘ma non daremo le dimissioni’), tutti nelle strade. Si parte da quella di Genova, dove domani l’artista porterà i suoi parlamentari. ‘Tanto i miei sono abituati a spalare, che sia merda in Parlamento o fango a Genova non fa differenza’, urla dal palco nel discorso finale”.
Il Giornale: “Altro che delfino a 5 Stelle. Di Maio si è già arenato. Al Circo Massimo il candidato premier in pectore si perde tra inutili ‘Noi avremmo fatto’. E intanto Grillo caccia Defranceschi, condannato per le spese pazze in Emilia Romagna”. “Il comico in ritardo. Domani sarà a Genova per spalare il fango dalle strade alluvionate”.
La Stampa: “Grillo chiama la Lega nella lotta anti-euro”, “Il leader M5S: ‘Noi raccoglieremo le firme per il referendum, vediamo se loro manterranno la parola”. E nella parte bassa della pagina compare un’intervista al Luigi Di Maio, M5S vicepresidente della Camera: “Non sono il nuovo capo. E starò più fuori dalla Camera”. Sul referendum sull’euro: “Io voterò sì all’uscita. I Paesi che ci rubano le imprese stampano la loro moneta”.
Sul tema, segnaliamo da Il Fatto un’intervista a Gustavo Piga, economista e promotore del referendum per l’abolizione del fiscal compact: ma per quel che riguarda l’euro, Maastricht lo ha introdotto in tutti i Paesi in modo uguale -sottolinea- e “Grillo avrà i suoi costituzionalisti, ma mi sembra più semplice puntare su una legge di iniziativa popolare”.

Economia

Il Corriere si sofferma sui quelli che potrebbero essere i contenuti della Legge di Stabilità, che il governo annuncerà mercoledì. L’esecutivo “sarebbe intenzionato a creare una piccola riserva di bilancio nella prossima legge di Stabilità” da utilizzare, “se necessario, per la correzione del deficit pubblico 2015”. Una specie di “clausola di salvaguardia” da un paio di miliardi, che “scatterebbe se anche alla luce delle valutazioni della Commissione e del Consiglio Ue si rendesse indispensabile un aggiustamento strutturale dei conti pubblici”. Dunque nella legg edi Stabilità potrebbero essere previsti “maggiori tagli di spesa”, che “al momento opportuno potrebbe essere sostituiti da altre misure, come il gettito ‘strutturale’ della voluntary disclosure sui capitali detenuti illegalmente all’estero”.
Dei 23 miliardi della manovra, “metà verrebbe dall’aumento del deficit, metà dall’articolata revisione della spesa, che abbraccerebbe le agevolazioni e gli agravi fiscali delle imprese ma potrebbe impattare anche sul personale della Pa, con un possibile taglio del 3 per cento agli stipendi dei dirigenti.
Cinque miliardi arriverebbero dalla revisione della spesa per acquisti della Pa, 3 miliardi verrebbero dalle Regioni, i Comuni avrebbero un taglio di 1,5 mmiliardi, e dai ministeri il governo conta di recuperare 3 miliardi.
Le risorse raccolte servirebbero per rifinanziare il bonus di 80 euro, le tasse sulle imprese, i nuovi ammortizzatori sociali per 1,5 miliardi, la scuola.
Sullo stesso quotidiano un sondaggio di Nando Pagnoncelli: “Tfr, due intervistati su tre dicono no alla liquidazione versata in busta paga. Meglio le pensioni integrative”.
Secondo Il Giornale “piano del governo” sulla cosiddetta “voluntary disclosure” punta a far pagare a chi farà rientrare i capitali dall’estero solo le tasse evase, senza conseguenze penali. “Se fosse applicata a Berlusconi, oggi sarebbe ancora al Senato”, scrive Il Giornale. Si tratterebbe di un “affare” sia per l’imprenditore che “non va in galera e non viene martellato dalle multe”, e “anche per il Tesoro ch enon è detto che riesca a mettere le mani sul maltolto”. I costi sono più alti dei “vari scudi fiscali” del passato visto che si pagano tutte le imposte evase.
Sul Sole una pagina è dedicata al “Pil oscuro”, quella parte di ricchezza da attività illegali – come droga o prostituzione – che hanno determinato il riconteggio del Prodotto interno lordo. “Il Pil ‘oscuro’ vale 5,2 miliardi. Da droga e prostituzione un guadagno medio dello 0,4 per cento per i dieci maggiori Paesi U2. L’intervista all’ex presidente dell’Istat Giovannini spiega che “si tratta del primo tentativo di quantificare qualcosa che prima non era quantificato”, e spiega anche che è una “sciocchezza” affermare che l’operazione sia funzionale a rendere “più attrattivi”i conti pubblici italiani agli occhi di Bruxelles, perché si tratta di una decisione assunta molti anni fa dalle organizazioni internazionali, dall’Onu al Fmi ad Eurostat, e “non ha niente a che vedere con il ciclo politico”. La decisione di iniziare a settembre 2014 è stata presa sei anni fa.
Da segnalare, sul Corriere, Pietro Ichino che torna ad intervenire sulla “realtà” e le “leggende” sul numero dei tipi di contratto che ci sarabbero in Italia. Non sarebbero cinquanta, come ormai dicono tutti, ma “una dozzina”, che hanno ovviamente “una grande pluralità di sottotipi”.

La Cina è vicina

Il premier cinese Li Keqiang scrive per Il Sole 24 Ore che “l’Italia ha imboccato la strada di riforme coraggiose per affrontare la crisi del debito europeo”, e “l’economia italiana si sta rapidamente riprendendo mostrando vigore e vitalità”, e per questo la Cina incoraggerà le imprese più innovative ad “investire in Italia”, e darà “il benvenuto alle imprese italiane che vogliono fare business in Cina”. Cooperazione con le dogane, fiscalità, protezione della proprietà intellettuale, “cooperazione dinamica” sono le parole del premier cinese.
Una intera pagina del quotidiano spiega che gli investimenti cinesi in aziende italiane oggi superano i 7 milardi. La Cina è presente tra l’altro in Eni, Enel, Telecom, Prysmian, Fca, Generali
Anche il Corriere dedica molto spazio al tema: “La nuova Via della Seta. Il decimo vertice Asem riunirà i capi di Stato e di governo il 16 e 17 ottobre. Un’occasione per rilanciare l’ambizioso obiettivo di una ‘grande partnershp’ mai decollata ma ormai strategica per tutti”. Oltre che i cinesi arriveranno a Milano i russi, “osservati speciali” e il presidente ucraino Poroshenko, mentre il premier indiano Modi resterà a casa.
Dario Di Vico scrive che “il Dragone apre la caccia da noi”, dove si ricorda che oltre alle grandi aziende sopra dette la Cina ha investito in Italia con Shangai Electric (Ansaldo Enegia), con Wanbao Group (la veneta Acc Compressor) e la Lucchese Salov nel portafoglio di Bright Food. Spazio anche per Masismiliano Guzzini, vicepresidente di IGuzzini, che si è trasferito a Shangai, che ha firmato i proeti di illuminazione del Museno Nazionale di Pechino e del nuovo Teatro della stessa città: “Da Recanati a Shangai. Così ho illuminato la Cina”.

Isis

“Perché i turchi non scendono in campo”: porta questo titolo l’analisi firmata da Mimmo Candito in prima pagina su La Stampa, dove si nota come i turchi “se ne stanno lì” a “godersi lo spettacolo dei jihadisti dell’Isis che davanti ai loro occhi scannano i peshmerga di Kobane”. Il presidente Erdogan “non è per niente un pazzo. Sa bene quello che vuole: parla per salvare la faccia, e però tiene il freno tirato”. Non si muove lui e non si muove nessuno perché a comandare è la Realpolitik. I peshmerga devono morire “perché la Turchia deve salvare la propria identità kemalista, e perché i curdi sono una minaccia di destabilizzazione che perfino un Iraq e una Siria oggi al di fuori di qualsiasi stabilità appaiono, al loro confronto, un’oasi di stabilità”. Ataturk, il Padre dei Turchi, “volle che il nuovo Stato nazionale”, nato dopo la fine dello smembramento dell’Impero ottomano, “non avesse alcuna delle stimmate che, secondo lui , avevano portato alla sconfitta della Sublime Porta, due soprattutto: un eccesso incontrollabile di nazionalità e di etnie all’interno della sterminata geografia imperiale che andava dall’Atlantico fin quasi alla Cina; e poi (lui che ammirava l’Europa e aveva studiato con passione la pace di Vestfalia) una commistione teocratica inestricabile tra potere religioso e potere politico”. La nuova Turchia sarebbe stata fatta soltanto da turchi. Se oggi i curdi di Kobane si battono con eroismo, “possono però essere un elemento di eventuale contaminazione con la pulizia etnica imposta ai ‘turchi’ mezzo secolo fa, ebbene, allora che muoiano pure”.
Sul Corriere: “L’Isis minaccia i dirigenti di Twitter. L’amministratore delegato: ‘Rabbia per gli account chiusi, intimidazioni a tutto lo staff’. E sulla rivista online dello Stato islamico la bandiera nera sventola anche su San Pietro”. “Pur esaltando l’antico ‘Califfato’ i jihadisti restano dipendenti dalle nuove tecnologie”, e dunque è “ovvio che la censura dei suoi militanti dia fastidio all’organizazione sunnita estremista, che ha fatto proprio di Twitter una delle sue armi di propaganda e di terrore più importanti”. Dunque, se “oscuri i loro account su Twitter e Facebook e sono con le spalle al muro”.
Da segnalare sul Messaggero un intervento di Francesco Grillo, che si sofferma sulla “spregiudicata appropriazione di simboli che appartengono al proprio nemico” da parte dello Stato islamico, come faceva Al Qaeda, in cui propone – citando Mc Luhan – di “tagliare l’erba sotto i piedi dei terroristi” spegnendo la televisione, eliminando dalla tv “qualsiasi immagine video prodotta dalla multinazionale del terrore”. Ma oltre a questo occorrerebbe “lavorare sulla domanda”, overo sul “vuoto di valori” che l’occidente “continua a sentire”. Perché negli anni Settanta abbiamo “giustamente scisso società e religione”, ma “al loro posto è rimasto un “buco nero che non siamo più riusciti a riempire”, e “forse è in questo vuoto che si insinuano e si fanno spazio l’Isis e i nostri peggiori incubi”.

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