Come avanguardie dagli Stati al mondo:
verso una giustizia transnazionale

Da Reset-Dialogues on Civilizations

La giustizia transnazionale è un tema che non passa mai di moda nella filosofia politica, principalmente in ambiente anglosassone e americano dove ancora vivo e forte si ode il richiamo della Teoria della giustizia rawlsiana del 1971. Da Londra giunge un contributo importante alla teoria normativa del cosmopolitismo con il libro di Lea Ypi, Global Justice and Avant-garde Political Agency che oggi presenta la sua versione in italiano Stato e avanguardie cosmopolitiche, nella puntuale traduzione della storica del pensiero politico dell’Università di Bologna Elisa Piras.

Lea Ypi, professore associato di teoria politica alla London School, si propone di contribuire alla discussione sul cosmopolitismo politico su tre versanti: in primo luogo fornendo un quadro storico circa l’origine del dibattito cosmpolitico che affonda le sue radici nella filosofia politica del Settecento illuminista continentale con particolare riguardo per la teoresi kantiana; in secondo luogo soffermandosi sul ruolo della filosofia politica contemporanea nei processi in corso a livello internazionale; ma infine, soprattutto, proponendo una nozione di cosmopolitismo “intermedio” in cui la figura statuale rivesta ancora un preciso significato di intermediazione tra le diverse vertenze degli attori non statuali (Ypi parla, infatti, di «statist cosmopolitanism», ovverosia di «cosmopolitismo mediato»).

La ricostruzione storica dell’origine del filone cosmopolitico nell’ambito del pensiero politico caratterizza la prima parte del volume che addirittura risale al pensiero socratico di «eguaglianza morale» tra tutti gli esseri umani. Ma sarà in epoca moderna, ed in particolare nel liberalismo classico, a percepirsi una peculiare tensione tra l’impulso cosmopolitico e l’appartenenza statuale. Questo particolare attrito tra il patriottismo e la cittadinanza universale viene indagato da Ypi anche nelle opere dell’Illuminismo francese di Rousseau e Voltaire. Se ci mettiamo le lenti dello statualista – argomenta Ypi – il diritto si configura sempre come diritto statale, vale a dire, emesso dallo Stato, e, di conseguenza, il cosmopolita (o «cittadino del mondo») non può essere affatto un buon cittadino giacché si presenta come un eretico seguace di una religione che si affida ad un sovrano straniero. Sarà proprio Kant a risolvere questa tensione con i suoi scritti del 1784 Idea per una storia universale dal punto di vista cosmopolitico e del 1795 Per la pace perpetua. Nell’opera kantiana, infatti, il riconoscimento dell’eguaglianza morale di tutti non conduce affatto ad un disconoscimento della figura dello Stato attraverso la quale gli uomini improntano a sé la storia in un connubio di cittadinanza del mondo e di cittadinanza dello Stato. Certo, affinché questa tensione si risolva al rialzo e non al ribasso (con la percezione di una cittadinanza interna contingente e passiva) è necessaria una teoria politica che Ypi denomina «attivista» (p. XIII).

Fare «attivismo politico» significa, nella fattispecie, essere ispirati da saldi principi ideali che si configurano precisamente in quei riferimenti morali già identificati da Rawls e che vedono nelle istituzioni statali la garanzia dell’ordine e dell’organizzazione sociale e, insieme, la promozione della libertà, dell’eguaglianza e della “giustizia come equità”. Nell’ottica cosmopolitica, l’attivismo politico consente anche un bilanciamento tra l’utopia degli approcci idealistici ed il conservatorismo degli approcci non-ideali, ovverosia quelli che tendono al mantenimento di uno status quo inteso in chiave realistica, perché tanto nella politica “non cambia nulla”: gli “attivisti”, invece, sono dei critici del pessimismo realista,  ovverosia uomini e donne al contempo radicati ma anche proiettati in avanti rispetto alle proprie società. Ecco allora che, così come nell’ottica della teorica di Yale Seyla Benhabib la democrazia deve essere continuamente ricontrattata all’insegna di un procedimento «iterativo» (cfr. Cittadini globali. Cosmopolitismo e democrazia, Il Mulino 2008), allo stesso modo per Ypi il metodo principe è rappresentato da una dialettica fondata intorno a «tentativi, errori e successo, come risultato di un processo di apprendimento».

È, insomma, grazie ad una ricetta che ha tra i suoi ingredienti precipui quello dell’attivismo politico e quello della dialettica, che ogni uomo può farsi insieme agli altri iniziatore dei processi di cambiamento politico attraverso la critica ai paradigmi valoriali della propria società e attraverso la proposta di visioni alternative fondate intorno ad ideali di emancipazione, eguaglianza e ottemperanza – come suggeriva Marx nella Critica al programma di Gotha – ai propri «bisogni».

Un compito di sintesi spetterà allora in concreto alla teoria politica attivista, di cui di giorno in giorno si percepisce una rinnovata esigenza, e che dovrà mettersi d’impegno a filtrare tutte le istanze di rinnovamento provenienti dai cittadini, dalle associazioni e dagli attori politici progressisti, al fine di elaborare analisi che presentino in maniera approfondita la natura dei problemi in questione e possano fornire alle istituzioni politiche proposte di riforma innovative e normativamente inflessibili e rigorose, ma allo stesso tempo attuabili anche in via pratica.

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Titolo: Stato e avanguardie cosmopolitiche

Autore: Lea Ypi

Editore: Laterza

Pagine: 310

Prezzo: 17,99 €

Anno di pubblicazione: 2016



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