Egitto: molestie sessuali e rivoluzione, perché partecipare inizia a far paura

Da Reset-Dialogues on Civilizations

La politica del corpo è a rischio in Egitto. Nel secondo anniversario della rivoluzione egiziana – il 25 gennaio – durante una manifestazione in Piazza Tahrir, una dimostrante è stata attaccata con violenza da un gruppo di uomini che hanno iniziato a palpeggiarla nelle parti intime, strattonandola e spingendola dall’uno all’altro finché alcuni attivisti contro le molestie sessuali non sono riusciti, con grandi difficoltà, a liberarla. La folla inferocita che si accaniva sulla preda è stata anche ripresa in un video.

Non è stata l’unica vittima di quella sera, in cui sono stati registrati altri diciotto incidenti analoghi. E non è la prima volta che delle manifestanti – e addirittura delle giornaliste – vengono assaltate da folle di uomini nel corso di dimostrazioni del genere, che vengono loro strappati i vestiti, che vengono loro infilate mani dentro la biancheria.

Quando due anni fa le masse hanno rovesciato il regime di Hosni Mubarak, le donne che svolsero un ruolo cruciale nelle proteste che portarono al crollo della dittatura restarono meravigliate dall’incolumità di cui avevano goduto nel corso delle manifestazioni di piazza. Nel febbraio 2011, una giovane attivista di nome Samar Osman ha dichiarato ai microfoni di Radio Libertà: “Quelli delle proteste sono stati giorni utopici perché nessun uomo mi ha mai guardato con occhi libidinosi. Al contrario: erano tutti molto, molto protettivi nei nostri confronti”.

Ma poi, subito dopo la caduta di Mubarak, le molestie sessuali hanno fatto la loro ricomparsa e con gli arretrati. Il messaggio era chiaro: le donne erano state necessarie nella rivoluzione contro Mubarak, ma ora che gli egiziani stavano costruendo la loro nuova società dovevano lasciare che la sfera politica tornasse di nuovo agli uomini. Una petizione recentemente indirizzata al presidente Morsi da un’organizzazione per la difesa dei diritti delle donne ha appunto denunciato “la tendenza a colpire le attiviste donne, a punirle per la loro partecipazione alla sfera pubblica e a escluderle dalla vita politica” (AMEWS, febbraio 2013).

Come reazione, un gruppo di coraggiosi egiziani, sia uomini che donne, ha dato vita al gruppo Operazione Anti-Molestia (OpAntiSH). I suoi sostenitori di sesso maschile si dispongono in prima linea, armati a volte anche di manganelli e torce incendiarie, per difendere le donne da aggressioni e tentativi di stupro. Di recente l’organizzazione ha pubblicato su Twitter questa dichiarazione:

La nostra lotta alle aggressioni sessuali è il cuore della rivoluzione, contro un regime e una mentalità che ci stanno annientando. Non ci fermeremo!

Corre voce che gli istigatori siano prezzolati e riforniti di armi. Le violenze descritte sono estreme, e assomigliano a tattiche di guerriglia organizzata in cui a volte le donne vengono completamente denudate e sottoposte a stupri di gruppo, spesso brutalizzate con le mani, mentre la polizia resta indifferente a guardare la scena. Nel 2005 lo stesso regime di Mubarak aveva utilizzato tattiche analoghe per intimidire e smorzare sul nascere le manifestazioni di resistenza popolare.

La mentalità e le pratiche riportate, del resto, non sono solo tattiche animalesche di controrivoluzionari. Le prassi politiche nascono da un più profondo tessuto di ordine sociale. In Egitto eventi del genere sono lo specchio di una società in cui l’incolumità sessuale delle donne è costantemente a rischio, il che in questo caso si manifesta nell’incapacità dimostrata da migliaia di uomini di fare qualcosa per difendere delle vittime che vengono aggredite davanti ai loro stessi occhi. È lo specchio di un mondo in cui una donna diventa un potenziale bersaglio di attenzioni sessuali per il semplice fatto di muoversi in uno spazio pubblico, specialmente se lo fa senza la compagnia di un marito o di un fratello.

Nel primo semestre del 2012, sotto la guida del Survey Research Center della University of California di Santa Barbara, diretto da Paolo Gardinali, abbiamo condotto un sondaggio tra la cosiddetta “generazione Facebook” di egiziani per mezzo di annunci banner cliccando sui quali si veniva indirizzati a un sito in cui era possibile rispondere ad alcune domande in materia di genere sessuale e amore. Le risposte venivano date in forma rigorosamente anonima. Migliaia di giovani egiziani istruiti, di età compresa perlopiù tra i 18 e i 25 anni, hanno partecipato al sondaggio.

Abbiamo così scoperto che un’altissima percentuale di ragazze – più di un quarto delle partecipanti al sondaggio – era stata oggetto di proposte sessuali in luogo pubblico (sull’autobus o al parco, per esempio) e più o meno altrettanti ragazzi hanno ammesso di aver fatto allusioni sconce a delle donne in contesti del genere. Una cosa però è che un uomo possa fare delle avances verbali a una donna in pubblico. Un’altra cosa è che le si approcci in senso fisico.

Il dato sconcertante era quello relativo al numero di ragazze che erano state vittime di molestie sessuali – toccate, palpeggiate, tastate – in un luogo pubblico. Due terzi delle intervistate affermavano che fosse loro accaduto (il Centro Egiziano per i Diritti delle Donne in un suo sondaggio del 2008 ha registrato la stessa percentuale). E una percentuale ancora più ampia di uomini ammetteva di averlo fatto.

Donne

Uomini

Ha subito proposte oscene in luogo pubblico

29%

Ha rivolto proposte indecenti a una donna in luogo pubblico

21%

Ha subito molestie sessuali (fisiche) in luogo pubblico

67%

Ha toccato il corpo di una donna in luogo pubblico

78%

Intervistate: 780

Intervistati: 786

Per avere un’idea di quanto fosse elevata tale percentuale, abbiamo chiesto a più di mille studentesse della nostra università qui in California se negli ultimi dodici mesi fosse mai capitato loro di venire “toccate o palpeggiate in modo libidinoso senza loro esplicito invito”, sia in pubblico che in contesti privati. Nei campus americani, si sa, hanno luogo assai di frequente incontri sessuali occasionali, spesso sotto l’effetto dell’alcool, nel corso dei quali molti maschi mettono in atto comportamenti oltremodo aggressivi. Ci si aspetterebbe quindi una proporzione simile, se non addirittura maggiore, nei casi riportati di molestia sessuale. Non è così: a dichiarare che era loro capitato qualcosa del genere è stato il trenta per cento delle ragazze.

Il rapporto tra i sessi è il fulcro della politica islamista. Lo stesso vale per qualsiasi politica religiosa conservatrice, che sia essa cristiana, ebraica o indù. Negli inviti rivolti alle donne dai Fratelli Musulmani perché ostentino pubblicamente la propria modestia sono compresi regolamenti e linee guida per l’attuazione di varie forme di discriminazione sessuale. Le egiziane vittime di aggressioni vengono spesso accusate di averle provocate vestendosi in modo indecoroso. Le fondamentaliste, molte delle quali appartengono a famiglie assai conservatrici, sostengono che indossare l’hijab, il velo che viene oggi interpretato come simbolo di pietà nei Paesi musulmani di tutto il mondo, consente loro di girare in pubblico, andare a scuola e al lavoro senza preoccuparsi di essere considerate immodeste, e ancor meno di poter essere molestate o anche solo oggetto di corteggiamento, perché esso trasmette il messaggio che non solo la loro purezza è da considerarsi un precetto sacro, ma anche che chiunque si azzardi a infastidirle dovrebbe poi fare i conti con la furia dei loro correligionari di sesso maschile.

Il punto è: indossare l’hijab protegge una donna dalle molestie? Eppure quante ritengono che tutte le donne dovrebbero coprirsi il capo, e quindi presumibilmente osservano esse stesse la pratica dell’hijab, avevano le stesse probabilità di essere molestate in pubblico rispetto alle altre.

L’hijab protegge le donne dalle molestie? (Egitto, 2012)
Lei ritiene che tutte le donne dovrebbero indossare l’hijab?


No

Donne non molestate

35%

35%

Donne molestate

65%

65%

Numero di casi analizzati

519

75

Indossare il velo non protegge le donne. Si darebbe per scontato che una donna che sostenga l’islamismo possa contare sul supporto di altri islamisti come lei nella sua cerchia sociale, nel suo quartiere e nelle reti create dalla frequenza nella moschea così da poter confidare su qualcuno che accorra in suo aiuto o che vendichi qualunque offesa al suo onore. Simili affronti a una donna non costituiscono solo un crimine sul piano civile, ma anche un oltraggio alla fede. Ci si aspetterebbe che le islamiste avessero meno probabilità di subire avances o di essere molestate. È davvero così?

Nel nostro sondaggio abbiamo chiesto agli intervistati anche la loro opinione rispetto al giusto rapporto tra l’Islam e lo Stato, ottenendo le risposte più disparate: da chi credeva dovesse esserci una netta separazione a chi riteneva che l’Islam fosse una componente essenziale dell’identità nazionale, da chi pensava che la legge islamica dovesse rappresentare uno dei fondamenti del diritto statale a chi era convinto che dovesse costituire la base assoluta dell’attività legislativa.

I nostri partecipanti non erano laici. La maggior parte è osservante. Perlopiù osservano il digiuno e pregano e la maggioranza di loro crede che l’Islam dovrebbe essere un fondamento del diritto. Se si considerano le percentuali di donne che sono state molestate sessualmente in pubblico e le si divide per posizione politica, il risultato è esattamente il contrario di quanto ci si sarebbe aspettati. Le islamiste hanno molte più probabilità di diventare oggetto di molestie sessuali. Di fatto due terzi di coloro che credono nella rigida applicazione della legge islamica in qualche occasione sono state tastate o molestate.

Molestie sessuali e Islam politico, donne egiziane nel 2012
Come definiresti la tua posizione politica?


Separazione tra Islam e Stato

Islam fondamento dell’identità nazionale

Islam tra le basi del diritto, in particolare per quanto riguarda la famiglia

Islam fondamento del diritto

Donne non molestate

43%

39%

27%

33%

Donne molestate

57%

61%

73%

67%

Numero di casi analizzati

96

170

161

156


Ma allora chi è che le molesta? Ripartendo quanti ammettono di aver toccato una donna in pubblico in base alla loro posizione politica, abbiamo scoperto che gli islamisti hanno esattamente le stesse probabilità degli altri di indulgere in tali pratiche. Tre quarti degli uomini intervistati convinti che l’Islam dovrebbe essere l’unico fondamento del diritto confessano di aver molestato una donna in pubblico. La pratica di indossare l’hijab ha fatto la sua prima comparsa nei campus universitari egiziani per poi estendersi al resto della società. Quindi molte di queste islamiste, i veri bersagli di tassi così elevati di molestie, sono ragazze istruite. Escono non accompagnate per andare all’università e al lavoro (e ora anche alle manifestazioni), il che le rende vulnerabili alle aggressioni da parte di uomini che fanno parte della loro stessa comunità politica e per i quali una donna che non è accompagnata da un uomo continua a essere un obiettivo allettante e legittimo.

L’Islam politico e la pratica di toccare le donne in pubblico, uomini egiziani nel 2012


Separazione tra Islam e Stato

Islam fondamento dell’identità nazionale

Islam tra le basi del diritto, in particolare per quanto riguarda la famiglia

Islam fondamento del diritto

Non ha mai molestato una donna

29%

20%

9%

26%

Ha già molestato una donna

71%

80%

91%

74%

Numero di casi analizzati

124

186

121

264

Le molestie sessuali ai danni di donne egiziane non sono solo un qualcosa che può accadere a chi non porta indosso i simboli del pudore. Non è un qualcosa che capita prevalentemente a chi non porta l’hijab o a chi auspica una separazione tra Stato e religione. Succede a tutte, a chi pensa che il partito di Morsi abbia defraudato la rivoluzione e a chi supporta i Fratelli Musulmani e crede che siano invece le manifestazioni laiche e socialiste nelle strade a cercare di impadronirsene a torto.

Ciò a cui stiamo assistendo oggi nelle piazze egiziane va ben oltre la comune molestia perpetrata da singoli individui. Le molestie sessuali sono diventate un’arma di guerra alle donne. Vengono riportati casi di aggressioni coordinate, in cui gli uomini agiscono in gruppo e la polizia nelle vicinanze si rifiuta di intervenire.

La difesa dei diritti delle donne è, o almeno dovrebbe essere, un ideale in grado di accomunare tutte le forze politiche: non solo l’opposizione di Piazza Tahrir, ma anche il regime dei Fratelli Musulmani di Morsi. I Fratelli Musulmani hanno guadagnato milioni di sostenitori in parte anche grazie al fatto di essersi presentati come paladini dell’onore femminile. L’organizzazione ha offerto alle donne autobus, scuole e occasioni di incontro sociale dedicate. Ha distribuito gratuitamente hijab e abbigliamento modesto. Lo ha fatto per proteggere l’onore delle musulmane egiziane. Ma ora che i Fratelli Musulmani sono al potere non si vedono per le strade squadre di loro uomini pronti a difendere le donne dalla violenza di gruppo. Ricorda molto il caso del regime dell’Ayatollah Khomeini in Iran, che nel 1979 conquistò il potere con il sostegno di milioni di iraniane ma immediatamente dopo fece del proprio meglio, con l’aiuto di loschi vigilantes, per estromettere le donne dalla sfera pubblica. In Iran il governo impose l’hijab con la forza, mentre in Egitto la maggior parte delle donne già lo indossa. Chiunque strappa i vestiti a una donna e la stupra in pubblico sta inviando a tutte esattamente lo stesso messaggio: lasciate a noi la politica.

I diritti delle donne non sono solo una questione di laicismo e islamismo. Si sta parlando del diritto di essere umani, che uomini e donne ovunque dovrebbero difendere strenuamente.

Traduzione di Chiara Rizzo
La versione inglese dell’articolo è apparsa su The Huffington Post

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Immagine di rouelshimi (cc)

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