L’eccezione francese

Il Corriere della Sera: “Strappo francese, Merkel non ci sta. L’Europa divisa: Parigi si ribella ai vincoli di bilancio della Ue. Renzi: rispetteremo i patti, ma non bastano economia e tecnica”. “Napolitano: ‘l’Italia supererà le sue debolezze’. Il Presidente Bce insiste sulle riforme”. Il discorso di Mario Draghi, che ieri ha incontrato il Presidente Napolitano, è pubblicato in prima pagina dal quotidiano milanese, sotto il titolo: “Una fatica d’Ercole rilanciare la crescita”.
L’editoriale, firmato da Danilo Taino, è titolato: “Figli e figliastri delle rigidità”.
A centro pagina: “Il sindaco De Magistris sospeso subito: ‘Resisterò in strada’”.

La Repubblica: “Austerity, Parigi si ribella alla Ue. L’ira della Merkel”, “Padoan: peggio del ’29. Draghi: serve sforzo da Ercole”, “Piano del governo da 12,5 miliardi per la ripresa”.
In prima il richiamo ad un colloquio con Pierluigi Bersani: “Dirò sì a Matteo, ma non prendo lezioni dai 101 che tradirono Prodi”.
In grande evidenza nella parte alta della prima pagina, l’emergenza del virus Ebola, con foto da un ospedale di Monrovia, per il reportage di Pietro Del Re: “In Liberia, nel cuore nero di Ebola”.
Un’altra foto campeggia in prima ed è quella dei manifestanti di Hong Kong: “I ragazzi di Hong Kong: dateci la libertà”.
A centro pagina: “De Magistris non è più sindaco. ‘Comincia la mia resistenza’”.

La Stampa: “Austerità, l’Europa si spacca”, “La Francia si ribella: deficit, sforiamo il 3%. Merkel: fate i compiti a casa”.
Sotto la testata: “L’idea di Renzi: accorpare Finanza e Carabinieri e unire Forestali e Polizia”. E la vicenda del sindaco di Napoli: “Sospeso de Magistris. Il sindaco alza i toni: ‘Facciamo resistenza’”.
A centro pagina, un disegno raffigura un momento del processo in corso in Belgio ai membri del “Sharia4Belgium”: “Anversa, la capitale degli ‘Islam-gangster’”, “Viaggio nella città da dove sono partiti per la Siria 90 dei 400 militanti belgi. A processo i loro reclutatori”. Di Francesca Paci.

Il Sole 24 Ore: “Parigi contro il rigore. ‘Il deficit non scenderà’. La Francia annuncia il rinvio del pareggio dei conti al 2019. ‘Basta chiedere sacrifici ai francesi’. Merkel rilancia: fate i compiti, la crisi non è finita”.
Di spalla: “Napolitano e Draghi: avanti con le riforme, la sfida è la crescita. Il Capo dello Stato: la Ue investa, il lavoro prima preoccupazione”.
A centro pagina: “Imprese, taglio ai contributi sociali”. “Tfr, prende quota ipotesi 100 per cento in busta ma scelta ai lavoratori. Sul Jobs Act braccio di ferro Pd-Ncd”. “Finanziaria, clausola Iva da 12,4 miliardi. Padoan: senza ripresa rischio sociale”.

Il Giornale: “La Francia si ribella all’austerity. ‘Non rispetteremo patti suicidi’. Merkel furente, il varco è aperto”. “Germania choc: ‘I Paesi facciano i compiti'”.
Il titolo più grande: “‘Napolitano fu indagato per tangenti’. La vendetta del sindaco cacciato. De Magistris viene sospeso e lancia messaggi. Ricordando le inchieste scomode su Re Giorgio”. “Il ‘pizzino’ al Colle”.
A centro pagina, con foto: “Marine spacca il Front National. Il cane di papà le mangia il gatto. Guerra bestiale a casa Le Pen”.
In prima anche la notizia della assoluzione per i quattro poliziotti finiti sotto processo a Milano dopo la morte di Michele Ferrulli, deceduto mentre veniva ammanettato nel giugno di 3 anni fa: “Nessun ‘pestaggio’ e prove inquinate. Così i PM volevano incastrare i poliziotti”.

Il Fatto: “Due della cricca al telefono: ‘Rapporti massonici con Renzi’”, “Il costruttore Fusi intercettato nell’inchiesta sulle Grandi Opere. Chiamate su affari, pubblicità e cene elettorali del futuro premier. Che, interpellato dal Fatto, replica: ‘Mai avuto a che fare con le logge, sono solo chiacchiere’. C’è anche il proprietario dell’hotel delle sue vacanze in Versilia con la famiglia. Lotti: ‘5 mila euro per sei notti’”.
A centro pagina, sul “partito unico”: “Sposetti: ‘Voto come Verdini perché me lo ordina il Pd’”.
In taglio basso: “Arriva Napolitano, licenziato De Magistris”, “Il prefetto mette in mora per 18 mesi il primo cittadino condannato per ‘Why not’. L’ex pm: ‘Salutatemi la sentenza, io non mollo’. Le pressioni e le interferenze del capo dello Stato per avere atti delle inchieste dal Csm”.
Sul voto per eleggere due giudici della Corte costituzionale: “B. ritira Bruno e lancia l’avvocato del Colle”.

Patto

Sul Sole 24 Ore: “Parigi sfida Bruxelles sul rigore. La Finanziaria 2015 formalizza il rinvio di due anni della riduzione del deficit”. Il corrispondente del quotidiano di Confindustria scrive che “la formula magica” cui “cerca di appigliarsi” Parigi è quella delle “circostanze eccezionali”, rappresentate da “una crisi che si prolunga e si traduce in una crescita 2014 dello 0,4 per cento”, e che non dovrebbe superare l’1 nel 2015. Ecco perché la Francia prevede un deficit al 4,3 l’anno prossimo, e lo spostamento di due anni per il target del 3 per cento. Scrive ancora il Sole che tuttavia anche così “i conti non tornano”, perché se si prende in considerazione il deficit strutturale, depurato dagli effetti congiunturali, il suo ritmo di diminuzione è 2,5 per l’anno scorso, 2,4 per questo e 2,2 per il prossimo. E la prospettiva dell’azzeramento sarebbe dunque spostata al 2019, ben oltre la fine del mandato di Hollande. Questi numeri, per la Commissione, “significano semplicemente che la Francia non ha affatto, o almeno non abbastanza, sul fronte delle riforme strutturali in grado di liberare il suo potenziale di crescita”. E l’esperienza quotidiana (si cita l’esempio dello sciopero dei piloti Air France), oltre che le cifre della Finanziaria sembrano confermarlo, dice il quotidiano.

Federico Fubini su La Repubblica sottolinea come, “a poche ore di distanza”, i governi socialisti di Italia e Francia abbiano annunciato che non potranno rispettare gli impegni assunti in materia di bilancio. “Si potrebbe pensare ad una manovra coordinata, ad una rivolta contro l’austerità voluta dalla Germania. Ma non è così”, scrive Fubini. Perché “le condizioni, le intenzioni e le strategie di Roma e Parigi non potrebbero essere più diverse”: la Francia da tempo è sotto procedura per eccesso di deficit eccessivo ed ha ricevuto già da Bruxelles due anni di proroga. Ed ha comunicato “bellamente” che il rispetto dei parametri di Maastricht verrà rinviato al 2017. Si tratta di una sfida aperta alle regole comuni, in nome di una “grandeur” che non contempla minimamente la possibilità di sottomettere la propria sovranità nazionale sui bilanci ad una superiore sovranità europea. Hollande forse spera nella solita complicità della Germania, che in passato ha già garantito ripetutamente ai francesi una tolleranza “negata ad altri Paesi”. Ma Parigi potrebbe vedersi respinta la finanziaria, con l’obbligo di riscriverla. E potrebbe rischiare di pagare una multa salatissima, che può arrivare fino allo 0,2% del Pil. La posizione dell’Italia “è molto diversa”: sebbene il governo Renzi sia stato il primo a cercare di mettere in discussione le linee della governance europea, “la finanziaria che intende presentare mira ad ottenere il placet di Bruxelles. L’ obiettivo di Roma è quello di far accettare all’Europa lo scartamento di qualche decimo di punto rispettando l’obiettivo del pareggio strutturale di bilancio previsto dal ‘fiscal compact’ in cambio di un impegno verificabile nella realizzazione delle riforme strutturali che i nostri partner ci sollecitano da tempo”. Ma anche le condizioni sono diverse, perché l’Italia “è uscita da anni dalla procedura per deficit eccessivo”, non vuole tornare sul banco degli accusati e vanta l’avanzo primario più alto dell’eurozona. E comunque intende rispettare il tetto del 3% di deficit imposto dal Patto di stabilità. E dopo tre anni di recessione, può davvero invocare le circostanze eccezionali previste dai trattati per giustificare uno scostamento dagli obiettivi concordati. La “scommessa” del presidente del Consiglio e dal ministro dell’Economia Padoan è che l’Europa “condivida la loro analisi secondo cui la realizzazione delle riforme necessarie a migliorare la produttività del Paese e a fermare la recessione è molto più importante, al fine della sostenibilità dei conti pubblici, di qualche decimo di punto nel computo del deficit o del debito”: questa è la “flessibilità” invocata da Renzi. In linea di principio, secondo Fubini, l’Italia non trova ostacoli a Bruxelles: ma il problema vero è che l’Europa, dopo anni di impegni non mantenuti dai governi italiani, non si fida più della capacità italiana di “auto-riformarsi” e quindi esige continue verifiche sull’operato del governo attraverso un monitoraggio pressoché costante. (Di qui il titolo di questa analisi: “La Ue verso una multa alla Francia e due mesi all’Italia per avviare le riforme”).
Alla pagina seguente, le parole del ministro dell’Economia vengono così riassunte: “Padoan: ‘Peggio del ’29, la società è a rischio’. Piano da 12,5 miliardi per tentare la ripresa”, “nel pacchetto sussidio di disoccupazione, bonus e taglio Irap con le spese inderogabili manovra totale oltre i 20 miliardi”.

La Stampa: “La Francia sfida l’Europa. Deficit al 3% solo nel 2017”, “Ora la Commissione potrebbe bocciare i bilanci francese e italiano”. Una “fonte europea” ascoltata dal corrispondente a Bruxelles Marco Zatterin, dice che a fine ottobre Bruxelles “potrebbe anche chiedere a Francia e Italia di riscrivere i bilanci per renderli più compatibili con gli impegni presi coi partner comunitari”.
Sulla stessa pagina, un’analisi di Fabio Martini: “La linea di Renzi: noi più virtuosi di Parigi sulla tenuta dei conti”, “Messaggio a Bruxelles: ‘Rispetteremo i vincoli’”.
Alle pagine seguenti de La Stampa, un “retroscena” di Antonella Rampino riguarda il capo dello Stato e il presidente della Bce, che ieri si sono incontrati a Napoli, dove si tiene il vertice il consiglio direttivo di questa istituzione: “Napolitano incontra Draghi: ‘Avanti con il risanamento’”, “Ma il capo dello Stato ribadisce: servono investimenti per creare lavoro”.
Sulla stessa pagina, un articolo di Tonia Mastrobuoni, inviata a Berlino: “La Bce: l’Italia avrà flessibilità solo se procede con le riforme”, “Oggi l’Eurotower dovrebbe svelare il piano di acquisto titoli. Ma si allarga il fronte del no: Olanda e Finlandia con Berlino”.

Sul Corriere Danilo Taino scrive che “la decisione annunciata ieri da Parigi, unilateralmente, di volere ritardare di altri due anni il rientro del suo deficit pubblico nei limiti stabiliti dai patti europei è un passaggio destinato a testare la solidarietà tra i 18 partner dell’eurozona. A verificare la tolleranza reciproca che ancora esiste tra i Paesi al cuore della moneta unica, innanzitutto la Germania, e i cosiddetti periferici, tra i quali l’Italia e sempre più la Francia. Sarà una navigazione burrascosa”. La posizione della Germania insomma sarà probabilmente ancora più netta nei prossimi giorni, ma “questa può essere l’occasione per introdurre una nuova dinamica nella gestione della crisi”. Le regole “non possono diventare il feticcio contro il quale schiantare l’eurozona se non si trova un punto di mediazione tra chi non lo sopporta e chi lo difende”, e la storia stessa dell’euro ci offre esempi in questo senso: Taino cita “proprio Germania e Francia”, che nel 2003 decisero di non rispettare gli impegni presi con il Trattato di Maastricht sui loro deficit. Il fatto è che Berlino “usò lo spazio di bilancio conquistato per rendere meno dolorose le riforme, soprattutto del mercato del lavoro, che in quegli anni realizzò; Parigi non fece alcuna riforma strutturale”. Insomma: la flessibilità dovrebbe avere senso in cambio di “impegni precisi, contratti stipulati a Bruxelles”, un “piano riformista europeo vincolante, approvato e monitorato da Bruxelles”.

Anche Il Sole, con un commento di Carlo Bastasin, scrive che dal 2003-2004 le economie francese e tedesca hanno preso strade diverse, e da un paio d’anni è anche cresciuta la divergenza politica, con Sarkozy e Hollande all’Eliseo. La divaricazione tra questi due Paesi “minaccia la tenuta della costruzione europea”. Bastasi scrive che “a livello aggregato dell’euro area Parigi ha certamente ragione, la debolezza viene sottovaluta da Berlino, ma qui purtroppo di aggregato c’è ben poco”. E se i due Paesi, Germania e Francia “avessero presentato le due manovre insieme”, “come se appartenessero a un bilancio comune, l’effetto netto sarebbe stato positivo e credibile”. “Ora la partita si sposta a Roma” è il titolo del commento.

Il Corriere pubblica un ampio stralcio dell’intervento del Presidente della Bce Draghi ieri a Napoli, con il board della Banca, ricevuto da Napolitano. Alcuni passaggi: “Il rispetto delle regole non è un ostacolo alle riforme. A condizione che i Paesi si dotino di posizioni fiscali sufficientemente solide, il Patto contiene già la flessibilità necessaria per gestire i potenziali costi di bilancio delle riforme strutturali. Ma è anche importante sottolineare che questa interazione va in entrambe le direzioni”.

Il Messaggero intervista l’economia autore del bestseller “Il Capitale del XXI secolo”. Dice che la situazione nell’eurozona è grave, e che “la crisi è stata gestita molto male”. Ora si tratta di “trasformare le istituzioni dell’eurozona, mutualizzare il debito pubblico, instaurare una imposta comune sui benefici delle società, altrimenti continueremo a farci prendere in giro dalle multinazionali del mondo intero, con le nostre piccole imprese più tassate dei colossi”. “Se l’Italia e la Francia presentassero alla Germania una proposta precisa di unione politica con un Parlamento comune e una imposta comune sui benefici delle società sarebbe molto difficile per la Germania rifiutare tutto”. “Mi piacerebbe che Renzi fosse più coraggioso di Holland e Valls” e sia lui a fare una proposta di maggiore unione in Europa.

Sul Corriere un retroscena con virgolettati di Renzi: “‘Il 23 ottobre al Consiglio europeo di Bruxelles mi presenterò con le carte a posto, ma non perché avrò fatto i compiti a casa che chissà chi mi chiede, ma perché avrò fatto le riforme che gli elettori mi hanno chiesto nelle urne delle Europee’: Renzi non vuole farsi trovare impreparato, ma non vuole neanche soggiacere ai diktat dei ‘rigoristi’ europei. Il premier è pronto ad andare a Bruxelles e a scontrarsi anche con la Germania pur di portare a casa il risultato. Quale risultato. L’Italia, “al contrario della Francia”, manterrà il vincolo del 3 per cento, e punta ad ottenere il via libera sul rinvio del pareggio di bilancio.

Alla Germania è dedicato il commento di Adriana Cerretelli sul Sole 24 Ore, che cita un anonimo diplomatico europeo: “La Germania oggi è prigioniera di autismo politico, considera la Francia la sua sorella minore e l’Italia quella minorata”. Ma Berlino, “che pure pretende anzi impone ai partner l’europeizzazione delle sue virtù economiche, quando in gioco ci sono i suoi interessi settoriali non conosce Europa né neutralità, neppure quando non le costerebbe niente farlo. Gli esempi sono tanti. Troppi”. E si cita la battaglia sulle emissioni di CO2 delle auto, su cui “i tedeschi hanno frenato senza pudori, nonostante la disponibilità degli altri produttori Ue ad accettare standard più elevati”, al no alla liberalizzazione delle ferrovie, per separare gestori della rete e dei servizi, per salvare i proventi di Deutschbahn, e l’Unione bancaria, che non controllerà le 3500 banche “non sistemiche” europee, cooperative e casse di risparmio che per la metà sono tedesche.

Articolo 18, TFR

La Repubblica ha un “colloquio” con Pierluigi Bersani, che dice, sulla riforma del lavoro e l’articolo 18: “Alla fine voterò sì, ma non prendo lezioni dai 101 che tradirono Prodi”, “Dicono che vogliamo una scissione. Io nel Pd ci sono e ci resto non con tutti e due i piedi, ma con tre”.

Su La Stampa: “Bersani, ‘Sarò leale e non mi insegnino come stare nel Pd”, “Attacco a ‘quelli che sono stati tra i 101 traditori’. Ma l’ex segretario promette: ‘Niente scissioni’”.
Su La Repubblica: “Articolo 18, scontro Renzi-Ncd, per ora saltano le modifiche. Alfano: ‘Bloccate l’emendamento o i miei vanno con Berlusconi’”.

Secondo Il Giornale il governo proporrà che l’onere della prova su un licenziamento spetti al dipendente: “Onere della prova ai lavoratori. Così Renzi uccide il reintegro. La mossa sull’articolo 18: spetterà al dipendente convinto di essere stato licenziato ingiustamente dimostrare le proprie ragioni. Fino a oggi toccava agli imprenditori”. Il quotidiano ricorda che il dibattito in Aula sul ddl sul lavoro è iniziata ieri, e che il premier punta a vederlo approvato prima del vertice europeo sul lavoro previsto a Milano l’8 ottobre.

Il Sole 24 Ore intervista il vicepresidente di Confindustria per le relazioni industriali Stefano Dolcetta. Il titolo dell’intervista è: “Non arretrare sui disciplinari”. “Mantenere il reintegro per i licenziamenti disciplinari è un arretramento rispetto agli annunci. Abolire il reintegro solo per i licenziamenti economici è un passo avanti ma lascia incertezza”. Dolcetta dice che l’articolo 18 è “un problema ma non è certo l’unico”. Dice che “non è vero” che le forme contrattuali oggi sono oltre 40, che “va bene semplificare ma attenzione alla retorica”, che serve un intervento serio sull’Irap che grava sul costo del lavoro, sul salario aziendale, sulla flessibilità delle mansioni. Sulla idea del governo di anticipare l’erogazione del Tfr mettendolo in busta paga per rilanciare la domanda, dice che è “una proposta che ci inquieta”. “Non ci devono essere aggravi per le imprese”, e la scelta “peserebbe sulle aziende che già soffrono per la mancanza di liquidità”. “Se poi penso agli effetti sulla previdenza complementare mi sembra una operazione fatta un po’ con il passo del gambero, uno avanti e due indietro”.

Sul Giornale: “Sul Tfr in busta paga scoppia la rivolta bipartisan. Confcommercio e cooperative rosse concordi: ‘Così si affossano le imprese'”. Alle imprese piccole e medie l’erogazione costerebbe 8,9 miliardi, un “esborso colossale”, scrive il quotidiano.

Per tornare al Sole, c’è una intervista a Oscar Farinetti, fondatore di Eataly, che dice che il governo ha fatto una scelta “rivoluzionaria” con gli 80 euro in busta paga, ma ora serve che intervenga sulla pubblica amministrazione, diminuendo la spesa pubblica e i grandi costi. E poi serve “defiscalizzare, abbassare le tasse generali alle imprese che incrementano in quell’anno le proprie vendite all’estero. Chi esporta di più paga di meno”.

Il Giornale: “L’articolo 18 piace ai sindacati: guadagnano su ogni causa. Per ogni vertenza di lavoro, le sigle sindacali incassano il 10 per cento del risarcimento, oltre alla tessera di iscrizione. Un giro di affari di decine di milioni (esentasse)”. Il quotidiano parla di quello che definisce “enorme giro di denaro attorno all’articolo 18”, e cita i dati Istat che parlano di 1 milione di italiani coinvolti in cause di lavoro, in corso o passate.

De Magistris

Il Fatto dedica una intera pagina alla vicenda della “sospensione” dalla carica di sindaco di Luigi De Magistris, ai sensi della legge Severino, dopo la condanna a un anno e tre mesi – insieme al consulente Gioacchino Genchi – per abuso d’ufficio, per l’utilizzo di tabulati telefonici in uso a parlamentari, senza aver ricevuto l’autorizzazione delle Camere. “Alfano più veloce della luce, Giggino sospeso subito”, titola il quotidiano dando conto della firma, ieri alle 19.45, da parte del prefetto Francesco Musolino, del provvedimento di sospensione. “Arriva Giorgio e parte Giggino”: a Napoli c’è una straordinaria coincidenza con l’arrivo del capo dello Stato, in occasione del vertice Bce e delle piccole e medie imprese europee. “I due non si sono mai piaciuti”, scrive Enrico Fierro, “soprattutto quando de Magistris indossava la toga” ai tempi delle inchieste “Poseidon” e “Why not”, con il terremoto che partiva da Catanzaro e piombava nei palazzi romani, la guerra tra le Procure e il Csm ce “metteva sotto torchio” De Magistris. “Napolitano -ha sempre detto l’ex pm- da presidente del Csm non mi ha mai difeso”.
E un articolo di Antonio Massari, sulla stessa pagina: “Sindaco e Colle, indagini e ingiustizie”, “Why not e lo scontro infinito”.

A De Magistris La Repubblica dedica due intere pagine: “Il prefetto: de Magistris sospeso da sindaco. Lui: resto fino al 2016”, “Nel processo Why not aveva citato anche Napolitano. ‘Da presidente della Camera fu indagato e secretato’”. Il quotidiano sottolinea come il sindaco avesse denunciato in passato “ingiustizie” subite da parte di Napolitano quando era ancora pm. Ma ieri i rapporti già minati fra i due hanno subìto un altro colpo: “è emerso infatti -scrive Roberto Fuccillo- che lo stesso sindaco, durante l’udienza del 9 maggio a Roma del processo ‘Why not’ che lo vedrà poi condannato, citò Napolitano in merito a una ‘secretazione’ che riguardava quest’ultimo al tempo in cui era presidente della Camera. Il presidente, insomma, era indagato, anche se sulla circostanza fu posto il segreto ‘per evitare che ci potesse essere una fuga di notizie’”.
Alla pagina seguente, le parole dello stesso De Magistris: “’Starò tra la gente, è la mia Resistenza’, l’ex pm ora punta sulla prescrizione”.

Su La Stampa: Sospeso De Magistris, elezioni più vicine”, “Il prefetto applica al sindaco la legge Severino. E la città ora volta le spalle all’ultimo ‘Masaniello’”. E il “retroscena” di Guido Ruotolo: “L’ex pm non si piega alla giustizia. ‘Dobbiamo fare resistenza’”, “E spunta un interrogatorio in cui tentò di chiamare in causa il presidente Napolitano”.
Sul Corriere un commento di Marco De Marco, che scrive. “ora che anche Travaglio, Ingroia, Vendola e tutti gli altri lo hanno lasciato solo”, De Magistris rimane con il suo “giustizialismo narcistico: lui è il Bene, lui è la Giustizia, lui è la Verità”, “novello Jocker, il nemico di Batman”.

Isis

Il nuovo segretario generale della Nato Stoltenberg ieri, in occasione della sua prima conferenza stampa, ha spiegato che il suo obiettivo è mantenere la Nato forte, ed ha auspicato una relazione costruttiva con la Russia. Lo scrive Il Sole 24 Ore. Ha anche detto che la Nato è “pronta a difendere la Turchia” se questa fosse attaccata dall’Isis. Stoltenberg ha detto che la Nato non vuole “un confronto con Mosca”. “Non vedo alcuna contraddizione tra una Nato forte e una relazione costruttiva con la Russia”. Il quotidiano ricorda il “passato pacifista” da laburista norvegese del Segretario della Nato, e scrive che Putin – quando venne scelto – lo ha definito “una persona seria e responsabile”.
Il quotidiano di Confindustria dà anche notizia del voto, oggi, del Parlamento turco, di una risoluzione che permetterà alle forze armate di partecipare alla lotta contro l’Isis. Secondo i quotidiani turchi il governo vorrebbe creare una fascia di sicurezza al confine con la Siria per ospitare i profughi.

Sul Corriere: “La svolta turca e la guerra contro Assad”, dove si definisce quella di oggi una “svolta importante” perché chiuderebbe una “parentesi ambigua” di Ankara rispetto al conflitto in Siria e al ruolo dell’Isis.

Il Giornale: “Contro l’Isis la Turchia schiera 10 mila soldati. Ankara preoccupata dai curdi, pianifica una ‘zona cuscinetto’ al confine con la Siria”.

Sul Corriere Massimo Gaggi commenta la situazione della lotta all’Isis vista dagli Usa, che “hanno fatto un enorme sforzo diplomatico per mettere insieme una coalizione di Paesi arabi e occidentali disposti a partecipare alla campagna di bombardamenti”, ma oggi – nonostante la moltiplicazione degli airstrike, costati già 1 miliardo di dollari, l’Isis non sembra in ritirata. “Un’offensiva basata solo sugli attacchi dal cielo pone problemi enormi”, ricorda Gaggi, anche perché gli Usa non sembrano avere “una vera rete di spie in Siria, non hanno rapporti con le forze armate di Assad e non dialogano nemmeno con le altre formazioni ribelli ‘moderate’ che operano nel Paese”.

Hong Kong

La Repubblica, con l’inviato Giampaolo Visetti, intervista Joshua Wong, il fondatore di Scholarism, il movimento in piazza in questi giorni ad Hong Kong: “Sono certo che è solo questione di tempo. Hong Kong avrà un vero voto a suffragio universale”. Oggi ha fischiato la bandiera cinese, pensa che Hong Kong non sia Cina? “Abbiamo protestato perché oggi non è una festa per la nazione, ma il giorno della vergogna nazionale. Non penso che, se ci fosse libertà d’espressione, i connazionali cinesi applaudirebbero la vecchia parata militare. Se non lo facciamo noi, chi lo fa, se non adesso, quando? E’ la democrazia: da Hong Kong si alza un vento che presto soffierà su tutta la Cina. Al dopo, penseremo dopo”.

Il Giornale: “Rivolta degli ombrelli, Hong Kong non si arrende”. “Spalle alla bandiera rossa. La sfida degli studenti che fa infuriare Pechino. La protesta non si ferma neanche durante la festa nazionale cinese. La minaccia: ‘Se continua, conseguenze impensabili”.

Il Corriere offre un reportage dalla piazza: “La Comune di Hong Kong. ‘Stiamo vivendo un sogno., Il racconto di Ivan Cheung, 19enne intervistato dal quotidiano, è quello di una piazza in cui “sono felice, siamo felici”. “E’ successa una cosa mai vista, si è mischiata gente di tutti gli strati sociali”. “Diciamo che si è creata una forma di comunismo supremo, non il socialismo con le caratteristiche cinesi di cui parlano a Pechino”. La richiesta è sempre la stessa: il Chief Executive di Hong Kong CY Leung deve dimettersi entro oggi, altrimenti comincerà l’occupazione dei palazzi governativi.

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