Il partito della Nazione

La Repubblica ha a centro pagina una grande foto del palco della manifestazione del M5S al Circo Massimo: i contestatori saliti sul palco sono cerchiati di rosso. Questo spiega il titolo di apertura: “Espulsi i ribelli, rivolta tra i 5 stelle. Renzi: Pd aperto a tutti. E’ scontro” (dove si fa riferimento alla direzione Pd tenutasi ieri). E poi: “Sì al premio di lista nell’Italicum. Grillo: visita medica obbligatoria ai clandestini, e poi a casa”.
In taglio basso: “Rimborsi in Piemonte, il gip vuole il processo”, “Respinta l’archiviazione: tra gli accusati, il vicepresidente della Regione e il segretario Pd”.
Nella colonna a destra il reportage da Istanbul di Bernardo Valli: “Gli incubi di Erdogan tra curdi e Stato islamico”.

La Stampa ha una doppia copertina perché la prima pagina è avvolta da un inserto che il quotidiano condivide con altre testate europee: “Immigrazione”, “Viaggio nelle nostre paure”.
L’apertura vera e propria del giornale: “Renzi: sì al dissenso ma il Pd non è un club di anarchici”, “Grillo e gli immigrati: via i clandestini, visita medica a chi resta. E caccia quattro dissidenti”.
La foto a centro pagina raffigura due hostess: una di Altalia e l’altra di Etihad. Il titolo: “Expo, Alitalia raddoppia i voli”, “A Milano 100 collegamenti al giorno della compagnia con 560 città nel mondo”.
In taglio basso: “Piemonte, vicepresidente e un assessore a processo”, “Caso ‘Rimborsopoli’. Chiamparino: niente dimissioni”.

Il Corriere della Sera: “I no di Grillo su migranti ed Europa. ‘Rispediamo i clandestini a casa’. Il leader dei 5 Stelle vuole la visita medica obbligatoria per chi sbarca. Proteste dei dissidenti”. E poi: “Espulsi i quattro contestatori del Circo Massimo”.
A centro pagina: “Iva ridotta al 4 per cento sui lavori nelle case. Il rischio di rilievi Ue”.
In un riquadra si parla anche del Pd, dopo la Direzione di ieri: “Renzi e il Pd: ora il progetto dele origini e il bipartitismo”.
E poi, su Kobane: “La Turchia apre alle forze curde. E aiuta Kobane”.
L’editoriale, firmato da Angelo Panebianco: “L’Italia si scopre troppo filorussa”. “Gli interessi e la sicurezza”.

Il Sole 24 Ore: “Sulle aliquote fiscali aumenti retroattivi”. “Deroga allo Statuto del contribuente. Duello sul bonus fiscale”. Sotto: “Lavori in casa ed ecobonus, l’Iva scende al 4 per cento”.
In taglio centrale: “Borse, l’Europa torna in rosso”. “Bce compra i covered bond ma non placa i timori sugli stress test bancari. Speculazione su Mps”. “Milano -0,86, spread a 175. Btp Italia sfiora i 3 miliardi il primo giorno”.
Di spalla: “Sì tedesco alla Francia. Più investimenti ma senza alzare il deficit. Ue e Italia cercano una intesa. Ipotesi di scambio”. E sotto, sulla Direzione Pd: “Renzi: premio di maggioranza alla lista, non alla coalizione”.

Il Fatto: “Renzi vuole il regime, ma si scorda la manovra”, “Anche ieri la Finanziaria da 36 miliardi non è arrivata a Napolitano: il premier, però, pensa ad altro. Annettersi Sel e Scelta civica, cambiare l’Italicum e regalare il premio elettorale alla sua lista. Imponendo il partito della Leopolda e azzerando il Pd”.
In basso: “Grillo caccia i dissidenti del Circo Massimo”, “Il leader, subito dopo, rilancia le sue tesi sugli extracomunitari: ‘Vanno fermati perché portano malattie. Visita medica obbligatoria quando arrivano da noi’. La Lega però non gradisce e attacca: ‘Sul reato di clandestinità votaste contro’”.

Il Giornale: “Renzi prova a forzare il patto del Nazareno (e fa campagna acquisti)”. La forzatura sarebbe sulla legge elettorale.
Il titolo più grande: “‘Un dovere difendere i cristiani’. Il Papa lancia la crociata contro l’Isis. Francesco sveglia l’Occidente. ‘Mezzi adeguati per combattere il terrore'”.
A centro pagina: “Storace, via al processo vergogna”. Si tratta di un processo per vilipendio al Capo dello Stato . “L’esponente della destra: l’assoluzione, o sceglierò di andare in cella”.

Renzi

Le prime 4 pagine de La Repubblica sono dedicate alla direzione del Pd tenutasi ieri, che il quotidiano riassume così: “Renzi vuole un nuovo Pd: ‘Il partito della nazione con ex Sel e Scelta civica’”, “La minoranza attacca: ‘La Leopolda è un movimento parallelo’. Il segretario nega: ‘Niente correnti e io non sono un usurpatore’”. Si riferiscono quindi le posizioni espresse da vari esponenti della minoranza Dem come Gianni Cuperlo, che ieri ha detto: “Matteo, con la Leopolda cosa stai facendo? Dobbiamo essere chiari, se tu costruisci e rafforzi un partito parallelo scegli un particolare modello, la locomotiva si avvia in quella direzione e si porta appresso tutti gli altri vagoni. A quel punto andremo verso la confederazione”. Il quotidiano intervista un Stefano Fassina, esponente anche lui della minoranza: “L’acchiappatutto non mi piace, dobbiamo stare con chi lavora”, “se il Partito Nazione è un partito ‘acchiappatutto’ che in realtà porta avanti gli interessi dei più forti, allora non mi convince, non mi piace”.Respinge l’idea che si tratti di un attacco alla Leopolda ma sottolinea che Renzi, essendo segretario nazionale, “avrebbe dovuto dare piuttosto importanza a un’assemblea nazionale con i coordinatori dei circoli”. Un Pd allargato che vada da Gennaro Migliore ai centristi di Scelta civica e Italia popolare può funzionare? Fassina: “Il punto è qual è l’asse di programma politico-culturale del partito”, “ritengo che la nostra forza e la nostra missione sia quella di essere il partito della persona che lavora”. Ed è ancora La Repubblica ad intervistare Andrea Romano, deputato ex Scelta civica, che dice: “La mia è un’adesione convinta, Renzi indica il modello del New Labour di Blair, quella ‘grande tenda’ nella quale ospitare i valori e il ceto politico liberale”. E Scelta civica che fine fa? Romano: “E’ nata con Bersani alleato di Vendola. Berlusconi era in rimonta. Poi è successo un cataclisma, sembra passata un’era geologica. Alle Europee il 90% dei nostri elettori ha votato per il Pd: loro hanno già scelto”.
La Stampa: “Renzi e la minoranza. Due strade destinate ad allontanarsi ancora”. E’ un’analisi di Federico Geremicca che sottolinea come la nomenklatuira veda il leader come un ususrpatore e lui il partito come un freno. Grande attenzione viene dedicata poi alle parole dedicate da Renzi ieri alla questione della legge elettorale. La Stampa scrive che il premier “accelera”: “’Premio soltanto al partito’”. La settimana prossima, si legge, ci sarà un incontro con Berlusconi per “chiudere”. Le parole del premier-segretario: “Se il Pd è il partito maggioritario, ossia della nazione, deve avere degli strumenti elettorali che lo consentano e allora nell’Italicum meglio il premio alla lista che alla coalizione”. In sala -chiosa La Stampa- tutti capiscono al volo dove si andrà a parare: Renzi taglia implicitamente le ali a qualsiasi velleità scissionista a sinistra. Spiega Marcello Sorgi sullo stesso quotidiano che rilanciando l’ipotesi di una legge maggioritaria a doppio turno con premio per il partito il premier ha aperto un doppio fronte, “interno ed esterno”. Logico che la proposta non sia piaciuta alla minoranza, che si era spinta con Cuperlo a proporre una convivenza da separati in casa tra le varie componenti del partito, una sorta di confederazione aperta alla possibilità estrema di una scissione. L’altro fronte riguarda Berlusconi: il premio alla coalizione inserito nel testo dell’Italicum avrebbe portato il centrodestra a riunirsi. Favorevoli sono invece i partiti minori, sia di governo (come Ncd) che dell’opposizione perché il premio di lista porterebbe con sé l’abbassamento della soglia di sbarramento per l’ingresso in Parlamento. Al primo turno ognuno potrebbe presentarsi per conto proprio, negoziando poi i voti per il ballottaggio.
Secondo La Repubblica “il premier punta al 51%”. Al Senato circolerebbero le proiezioni di un voto con la legge elettorale ora in vigore, ovvero il Consultellum: proporzionale puro con le preferenze e sbarramenti piuttosto alti. I risultati sarebbero sorprendenti: basterebbe ottenere un risultato intorno al 44-45 per cento (che gli sbarramenti favorirebbero) per avere la maggioranza sia a Montecitorio che a Palazzo Madama. A pagina 4: “Italicum addio, arriva il Renzellum: ‘Premio alla lista e bipartitismo’”. E, sulla stessa pagina: “Berlusconi valuta la svolta: ‘Accetto l’azzardo di Matteo se mi assicura che non si vota’”.
Il Corriere della Sera, con il retroscena di Maria Teresa Meli, scrive del “nuovo scarto del premier per arrivare al bipartitismo”. Renzi – si legge – ha disegnato il suo modello di partito, che è capace di accogliere gli ex grillini, e che può andare “‘da Gennaro Migliore ad Andrea Romano'”. Un “partito della Nazione, come lo ha chiamato Alfredo Reichlin”, o “‘partito degli Italiani’, come ha preferito chiamarlo in passato il premier”. Quanto alla legge elettorale, Renzi ripropone la sua idea di premio di maggioranza alla lista invece che alla coalizione, lo sbarramento al 5 per cento e il ballottaggio dal 40 per cento. Idee su cui potrebbe convincere Berlusconi, che “oscilla”, ma alla fine non vorrebbe dare “un dispiacere a Renzi”, scrive il quotidiano.
Su Il Giornale: “Italicum, Renzi mette la retro e il patto del Nazareno vacilla. Il premier vuole cambiare in corsa la legge elettorale (premio non alla coalizione ma alla lista) e apre la campagna acquisti dei delusi di Sel e di Scelta civica. Forza Italia irritata, ma non rompe”.
Il Sole 24 Ore: “Renzi: meglio il premio alla lista. Il segretario Pd: ‘Da preferire al bonus alla coalizione per superare i ‘veti dei piccoli partitini'”.
Sullo stesso quotidiano l’analisi di uno dei “padri” dell’Italicum, Roberto D’Alimonte, che ricorda come l’ipotesi di un premio di maggioranza alla lista invece che alla coalizione fosse stata fatta anche da Berlusconi “qualche settimana fa, ma sembrava una dichiarazione estemporanea. Adesso che lo ha detto anche Renzi siamo davanti a un fatto nuovo di grande rilievo”. E si chiede: “Perché Berlusconi si è convinto a rinunciare allo ‘schema verdiniano’?”. ” La vera ragione potrebbe essere la Lega. Il partito di Salvini non è più quello di Bossi, con cui il Cavaliere andava d’amore e d’accordo”, ma “sta diventando il partito della destra nazionale” che “assomiglia sempre di più al Fronte nazionale di Marine Le Pen”. Una destra con cui “anche Berlusconi non può fare accordi. E allora forse meglio puntare a fare il partito unico dei moderati invece della coalizione dei moderati”. Quanto al Ncd, “l’Italicum in versione bipartitica può essere approvato anche senza i voti di Alfano ma poi Alfano che fa? Continua a stare al governo con il Pd come se nulla fosse? E se non succede Renzi il governo con chi lo fa? Oppure punta al voto con l’attuale sistema elettorale proporzionale, quello disegnato dalla Consulta? L’incertezza sotto il cielo è ancora tanta”.
Per tornare al Corriere: “E un pezzo di minoranza si prepara alla piazza”. Sabato c’è la manifestazione indetta dalla Cgil, in piazza San Giovanni a Roma: “Cuperlo, Civati e Fassina sfileranno, Bersani no.
Su Il Giornale Vittorio Macioce (“Luci (e qualche ombra) sul partito della Nazione”) scrive che lo slogan usato da Renzi (che citava Reichlin, che così definì il Partito Democratico dopo la vittoria alle elezioni europee, evocando con un articolo su L’Unità  un dibattito di venti anni fa con Pietro Scoppola, ndr) ha un “passato antico e inquietante”, “a meno che non si pensi a Pippo Baudo”, perché sarebbe Baudo “il vero punto di riferimento ideale di Renzi”. Baudo “era ovunque”, “era la certezza”, “era nazional-popolare”.
Il Fatto: “Renzi gioca l’asso piglia tutto. Pesca in Sel, M5S e Scelta civica”, “Obiettivo 51%, cambia l’Italicum: premio alla lista e non alla coalizione”. E in prima pagina l’editoriale del direttore Antonio Padellaro: “Cercansi avversari”. Dove si legge che con il “combinato disposto” del partito nazionale a vocazione maggioritaria più Italicum con premio alla lista significa che il 41 per cento delle Europee potrebbe toccare il 50 per cento. La lista dei Democratici diventerà il carro dei vincitori sul quale faranno a spintoni per salire Sel e Scelta civica: “a quel punto, come teme Cuperlo, del Pd resterebbe solo il partito della Leopolda a esclusiva vocazione renziana”. E gli avversari dove sono finiti? Berlusconi è un pregiudicati che sopravvive al se stesso, Grillo ha Un grande avvenire dietro le spalle”. L’ultima grande barriera è “la piazza. Quella che il prossimo 25 ottobre a Roma, in piazza San Giovanni, raccoglierà l’Italia arrabbiata. Quella che non si accontenta degli spot di Barbara D’Urso”.
La stessa Barbara D’Urso, peraltro, viene intervistata da La Stampa: “Matteo? E’ uguale a Berlusconi. Ora vorrei Napolitano”.
La presentatrice viene intervistata anche da Il Giornale: “Lo scoop sui bebè? Me lo aveva promesso”. “La conduttrice di Domenica Live svela il segreto: ci eravamo messi d’accordo”.

M5S

Ieri Grilo, a proposito di immigrati, ha detto che “chi entra in Italia con i barconi è un perfetto sconosciuto: deve essere identificato immediatamente, i profughi vanno accolti, gli altri, i cosiddetti clandestini rispediti da dove venivano”.
La Stampa: “Grillo: ‘Via i clandestini’. Poi espelle quattro attivisti”. E sulla situazione del M5S in Europa, da segnalare due articoli. Con il primo si racconta come un polacco monarchico, Robert Jaroslaw Iwaszewicz salvi ma imbarazzi il gruppo con l’Ukip di Nigel Farage. Con il secondo si punta l’attenzione sui comportamenti del gruppo a Strasburgo: “Strasburgo, macchina con autista. Il benefit segreto dei grillini”, “Gli eurodeputati hanno casa in periferia ma poi si muovono con l’auto di servizio”.
Su La Repubblica: “Grillo ora espelle i militanti che chiedono democrazia. ‘Clandestini? Spedirli a casa’” , “Via i quattro che occuparono il palco al Circo Massimo. Attacco sugli immigrati. E alla Ue un estremista salva il gruppo”. Sullo stesso quotidiano, il “retroscena”: “Base in rivolta, cresce la voglia di scissione. Pizzarotti: ‘Inaccettabile il reato di opinione’”.
Grande attenzione per il M5S anche su Il Fatto: “Occupypalco addio. M5S, ora si cacciano anche i volontari”. E in evidenza anche le parole del leader Beppe Grillo: “’I clandestini vanno rispediti a casa loro’”.
Il Corriere intervista Massimo Artini, parlamentare del M5S, accusato dal gruppo dirigente del Movimento di aver creato un “portale clone”. Sulle proposte di Grillo in materia di immigrazione dice che il M5S “non è né di destra né di sinistra” e “il discorso, nei punti principali, dice quello che dice la legge. L’asilo politico è riconosciuto”.
Su Europa: “La parola espulsione è tornata di moda nel discorso comune che si sviluppa nel corpo politico un po’ sfilacciato del M5S. Se ne parla a proposito di Massimo Artini, accusato di aver creato una struttura parallela al blog di Grillo per far esprimere i parlamentari su singoli provvedimenti. È invocata dall’ala intransigente contro Eleonora Bechis, senatrice piemontese che ha querelato degli attivisti della sua regione che l’avevano insultata attraverso la sua pagina Facebook”. E si ricorda anche che “il gruppo del’Efdd, fondato insieme allo Ukip di Nigel Farage e naufragato la settimana scorsa dopo l’addio dell’eurodeputata estone Iveta Grigule, dovrebbe risorgere” grazie a “Robert Iwaszkiewicz, imprenditore chimico polacco, monarchico di destra. Il suo ingresso consente al gruppo di evitare la dissoluzione”, ma aumentano le spinte interne per mollare i nazionalisti inglesi e passare ai Verdi.

Europa

Sul Sole Marco Moussanet scrive che “Germania e Francia presenteranno entro la fine di novembre un documento congiunto sugli investimenti da realizzare nei due Paesi per sostenere e rilanciare la crescita. Lo hanno deciso, durante un incontro a Berlino, i ministri delle Finanze e dell’Economia Wolfgang Schäuble, Sigmar Gabriel, Michel Sapin ed Emmanuel Macron”. Il documeto conterrebbe “proposte molto concrete”, prché la Francia “sta facendo di tutto per evitare che la Commissione europea respinga al mittente (la decisione arriverà a fine mese) il suo progetto di budget, chiedendo a Parigi di fare ulteriori . E scrive che “sembra ormai assodato che Berlino si sia rassegnata a garantire il proprio appoggio” ed evitare “così una bocciatura che potrebbe avere conseguenze politiche devastanti a Parigi”. Si tratterà ora di convincere “i partner europei dell’efficacia delle riforme francesi, al momento piuttosto deludenti”.
L’editoriale dello stesso quotidiano, firmato da Alberto Quadrio Curzio, invita le “rappresentanze istituzionali, economiche e sociali italiane” a “guardare all’interesse nazionale tenendo conto delle scelte innovative del Governo in termini di spinta fiscale (unita a riforme) agli investimenti, alle imprese, all’occupazione. La Francia ha deciso di disattendere i parametri di bilancio europei e di premere, come pare, con qualche margine di successo, sulla Germania perché, ai tagli di spesa richiesti agli altri, affianchi in pari misura suoi investimenti infrastrutturali. L’Italia rispetta invece nella sostanza (salvo che per il debito) i parametri europei ma la sua strada non sarà tutta in discesa”. Quanto al nostro Paese, “l’ Italia non ‘sfida’” la Ue “ma le chiede una lettura non dogmaticamente formale della situazione con l’uso di una razionalità politica ed economico-fiscale”. E visto che “due valutatori non abituati a fare sconti all’Italia” come Moody’s e Financial Times hanno dato credito al governo, dovrebbero farlo anche gli italiani, scrive Quadrio Curzio.
Secondo Il Giornale ieri sera Napolitano aspettava Padoan per conoscere il testo ufficiale della legge di Stabilità, ma l’incontro non ci sarebbe stato, e parla di “giallo”: “Il presidente della Repubblica vuole mettere la firma solo su un testo ‘chiuso’; mentre all’Economia non sarebbe ancora pronta la versione finale: da qui il «giallo» del mancato incontro. In tal caso, la firma, inizialmente attesa per questo fine settimana, slitterà alla prossima”. E “la commissione Barroso avrà una manciata di giorni a disposizione (3 o 4) per formulare o meno le proprie osservazioni sulla manovra (secondo fonti Ue avrebbe l’intenzione di chiedere all’Italia una correzione del deficit strutturale per il 2015 dello 0,5% contro lo 0,1% previsto)”. La tattica delgoverno “sembra stia indisponendo i funzionari della Commissione, già sufficientemente perplessi sulla validità effettiva degli interventi per complessivi 36 miliardi di euro. Sembra abbiano messo nel mirino quegli oltre 3 miliardi di gettito aggiuntivo attesi dalla lotta all’evasione”. Barroso, istigato dai funzionari, sarebbe tentato di inviare a Roma una lettera di raccomandazioni piuttosto critica contro la manovra. Ma non ha ancora deciso se farlo o meno”.
“Manovra ancora fantasma, ora il Quirinale è irritato”, titola Il Fatto ricordando che “Padoan aveva promesso: ‘Pronta lunedì mattina’. Al Colle l’aspettavano per le 18, ma non s’è vista. Resta da capire cos’hanno votato i ministri”.
Su La Stampa: “Manovra in ritardo. Pressioni dall’Ue per aumentare i tagli”, “Bruxelles verso la richiesta di risparmi per otto miliardi”.
Anche su La Repubblica: “Deficit, Barroso insiste: ‘L’Italia tagli 8 miliardi’. Ultime correzioni alla legge di stabilità”, “Il presidente della Commissione Ie uscente vuole chiedere al nostro governo una modifica del disavanzo strutturale di 0,5 punti per evitarci la bocciatura. Padoan ha previsto invece una riduzione di 1,6 miliardi più una riserva di altri 3,4 in caso di emergenze. Più morbida la posizione di Juncker. Dubbi sulle coperture per il bonus bebé”.

Internazionale

“La Turchia dice sì ai rinforzi curdi contro l’Isis a Kobani”, titola La Stampa dando conto delle dichiarazioni del ministro degli Esteri Cavusoglu: “stiamo già aiutando i peshmerga ad attraversare i nostri territori per raggiungere Kobani”. La frase contiene un sensibile passo indietro di Ankara, che finora si era opposta ai transiti di forze curde dall’Iraq alla Siria respingendo le forti pressioni esercitate da Washington.
Anche su La Repubblica: “Kobane, la svolta di Ankara. Sì al passaggio dei peshmerga dopo il pressing americano”. Da La Repubblica segnaliamo anche il lungo reportage di Bernardo Valli dalla Turchia: “Califfi immaginari, tagliagole e curdi. Ecco gli incubi del ‘sultano’ Erdogan”, “la feroce internazionale dei jihadisti dell’Is accende sogni nei Paesi arabi. Ma anche la paura in Occidente che la guerra possa provocare un terremoto geopolitico. Il presidente turco non muove i tank alla frontiera per non rafforzare i ribelli del Pkk. Avvantaggiando così il nemico storico Assad”.
Sul Corriere Lorenzo Cremonesi scrive da Masar, al confine tra Siria e Turchia, della decisione turca di aprire la frontiera per consentire ai combattenti curdi di unirsi nella difesa di Kobane. “Via libera ai rinforzi per i curdi. I C 130 americani lanciano aiuti e armi, Ankara apre i confini ai peshmerga”. Potranno passare per la Turchia i guerriglieri curdi iracheni del leader curdo iracheno Barzani. Ankara infatti considera “terroristi” , oltre che i curdi del PKK, anche i curdi siriani del Ypg.
Sul Sole Alberto Negri ricorda anche che i curdi del PKK “erano stati tacitamente riabilitati dagli Stati Uniti quando sono andati a combattere come volontari con i curdi iracheni di Massud Barzani, in grave difficoltà di fronte all’avanzata del Califfato, arrivato a meno di mezz’ora di auto da Erbil”.
Sul Corriere Guido Olimpio traccia una mappa del popolo curdo, 25 milioni di persone “che restano senza patria”, e ricorda che ci sono quelli del Ypg, curdi siriani, e quelli del Pkk, curdi turchi; il Pdk, curdi di Iraq vicini alla Turchia, e il Puk, pure iracheni ma amici dell’Iran e dell’Occidente. I curdi siriani non si fiderebbero troppo del Pdk iracheno, considerato troppo vicino ad Ankara. Barzani, leader dei curdi iracheni, teme a suo volta un asse tra Ypg e Pkk, tra curdi siriani e curdi turchi. Molti Paesi sostengono i partiti cui sono più vicini, ma tutti lavorano anche per impedire la nascita di un grande Kurdistan.
Su Il Giornale Gian Micalessin, inviato ad Aleppo, intervista George Abu Khazen, vicario apostolico della città siriana. Alle accuse alla Chiesa di essere troppo vicina ad Assad risponde: “Noi non stiamo con il regime in quanto regime ma con l’ordine. Se il regime viene rimosso chi prende il potere al suo posto? Cosa è successo in Iraq? E cosa è successo in Libia? E cosa sarebbe successo in Egitto se non fosse intervenuto l’Esercito?”. Con Assad “la Siria ha fatto passi avanti sia nel campo della liberalizzazione sia in quello della modernizzazione. Noi vogliamo soltanto che questo continui”. Sull’Europa e la speranza che in Siria ci fosse un regime democratico, “la democrazia non arriva in una notte” e “non arriva da chi cerca di imporla con la forza delle armi”. Il titolo: “Se l’Isis vince la Siria diventa Kabul. ‘L’Italia più preoccupata per gli orsi che per i perseguitati'”.

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