Egitto, il Canale di Suez raddoppia
tra grandi attese e grandi rischi

Da Reset-Dialogues on Civilizations

Ismailia – È pronto il francobollo commemorativo che celebra lo storico raddoppio del Canale di Suez. Poco importa se per errore vi sia raffigurato il canale di Panama, il presidente Abdel Fattah al-Sisi è pronto a tutto pur di «modernizzare» il Paese dopo la sua elezione.

L’annuncio e l’impatto economico del progetto

Quest’estate, mentre era in corso la mediazione egiziana per il cessate il fuoco tra Israele e Hamas, le autorità egiziane hanno annunciato l’avvio dei lavori per la realizzazione della controversa opera pubblica, già voluta dagli ex presidenti Hosni Mubarak e Mohammed Morsi, ma mai realizzata.

Il secondo canale sarà lungo 72 chilometri, parallelo al Canale attuale, nazionalizzato dall’ex presidente Gamal Abdel Nasser, il 26 luglio 1956. Secondo le autorità egiziane, il nuovo progetto sarà dato in appalto ad imprese gestite dall’esercito e permetterà la creazione di «un milione di posti di lavoro». Il progetto  costerà 12 miliardi di dollari. L’ex generale Sisi ha assicurato che l’esercito «supervisionerà» i lavori dell’imponente opera pubblica che dovrebbe essere realizzata «entro un anno».

Il canale di Suez ha una funzione centrale per i commerci marittimi in Africa e nel Mar rosso. Inaugurato nel 1869, dopo i lavori di allargamento del 2010, il canale è lungo 193 chilometri. Suez è una delle maggiori fonti di valuta straniera per l’Egitto: nel 2013, il Canale ha registrato i più alti incassi della sua storia raccogliendo oltre 5,3 miliardi di dollari. E la stampa locale, non ha potuto far altro che tessere le lodi del progetto. Con il nuovo canale i tempi di attesa saranno annullati e la tratta completa richiederà solo 11 ore. In questo modo, quando nel 2023 dovrebbe essere raggiunta la piena operatività, ogni giorno, 97 navi attraverseranno il Canale contro le 49 odierne e le entrate per lo stato egiziano triplicheranno.

L’Egitto è poi il secondo produttore di gas in Africa: questo grazie alla gestione del Canale di Suez e della Suez-Med Pipeline. Dopo gli attacchi jihadisti ai gasdotti nel Sinai e lo stop all’esportazione di gas verso Israele e Giordania (2012), le imprese energetiche Usa (Noble) e l’israeliana Delek si sono impegnate a rimettere in moto il mercato energetico egiziano, riattivando la produzione dei gasdotti, fermi o a basso regime dall’avvio delle rivolte del 2011.

L’avvio dei lavori

Ad Ismailia sono all’opera 60 imprese che impiegano oltre 15 mila persone per la realizzazione del secondo Canale. Si lavora anche di notte. Sono almeno 500 milioni i metri cubi di sabbia che gli operai devono rimuovere nell’area dei lavori.

Il governo egiziano ha affidato a quattro banche la vendita pubblica di titoli cartolarizzati a 5 anni, con un tasso di interesse del 12%. La regola è che i titoli siano venduti solo a egiziani, anche in quote minime. La vendita è cominciata il 5 settembre e i risultati, stando ai dati ufficiali, sono oltre le aspettative. Il governatore della Banca centrale egiziana, Hisham Ramez, ha annunciato che in pochi giorni di offerta pubblica gli egiziani hanno comprato 6,8 miliardi di dollari di titoli. Il costo totale dell’opera è di otto miliardi di dollari (quattro per il Canale e quattro per i tunnel che collegheranno le due rive e per altre infrastrutture). Finanziamenti russi sono già pronti poi per creare, in prossimità del Canale, una sua zona industriale, soprattutto nei settori di petrolio, gas, miniere e assemblaggio di auto e macchine industriali.

I rischi della grande opera

La stampa locale ha però già denunciato gravi abusi e rischi idro-geologici nel caso l’opera venisse completata. Sarebbero già 1.500 le case distrutte per far spazio ai cantieri ed è annunciato l’imminente abbattimento di altre 5 mila sul luogo dello scavo. Gli abitanti dei villaggi di Abtal e Qantara sono le prime vittime dell’opera. Ibrahim Sayed, 25 anni, è stato cacciato dalla sua abitazione dall’esercito. La sua casa è stata distrutta. Per il momento, nessuna ricompensa è prevista per chi è obbligato a lasciare la sua abitazione. Non solo, chi si è rifiutato di lasciare la sua casa è stato tacciato di mancanza di patriottismo e molti denunciano di aver subito arresti e fermi.

Mancano poi studi tecnici esaustivi sull’impatto ambientale e la funzionalità dell’opera. Secondo molti analisti, tra cui Neil Davidson e Hatham Mamdouh, ci sono vari punti interrogativi sulla fattibilità del secondo canale. Il primo sostiene che non è chiaro se il nuovo canale avrà un impatto così significativo sui traffici marittimi, come sostengono le autorità egiziane. Mamdouh ha aggiunto che la costruzione del secondo canale è pericolosamente vicina al primo (750 metri). E così, durante i lavori sono emerse già quantità eccessive di acqua, il cui drenaggio farà lievitare i costi di costruzione.

L’Egitto attraversa uno dei periodi più controversi della sua storia. L’elezione, con scarsa partecipazione, dell’ex generale Sisi ha riportato indietro il Paese alle pratiche di repressione del dissenso dell’era Mubarak. Tuttavia, emergono alcuni segnali distensivi come il rilascio di prigionieri politici in sciopero della fame e la conversione delle condanne a morte in ergastoli dei leader dei Fratelli musulmani. Sisi sa però di avere tempi stretti per riattivare il tessuto economico del Paese, altrimenti rischia nuove contestazioni e il ritorno delle proteste di piazza, per il momento messe a tacere dalla legge, voluta dall’esecutivo ad interim lo scorso anno, che censura ogni assembramento.

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