Costituzione egiziana: le preoccupazioni di Amnesty International e Human Rights Watch

Da Reset-Dialogues on Civilizations – Duecento- trentaquattro articoli che hanno fatto ripiombare l’Egitto nel caos, un decreto costituzionale che assegna poteri quasi assoluti al presidente, uno scontro in atto con i giudici e un referendum per l’approvazione della carta, previsto per il 15 dicembre. Amnesty International rivolge particolare attenzione ai punti nevralgici della bozza della nuova costituzione egiziana, approvata di gran corsa dall’Assemblea Costituente, lo scorso 29 novembre, con un cambio di marcia improvviso e un anticipo di due mesi sulla fine dei lavori. Secondo il decreto emesso il 22 novembre, infatti, l’Assemblea Costituente avrebbe dovuto avere altri sessanta giorni per completare la discussione, per presentare eventuali emendamenti e per riflettere sui suoi contenuti. La prossima settimana il popolo egiziano, invece, sarà chiamato ad esprimersi su un testo che i giovani del Movimento 6 Aprile ritengono l’espressione di una sola delle parti in gioco, quella che fa capo ai Fratelli Musulmani e ai salafiti, tanto che l’opposizione laica e cristiana ha abbandonato i lavori come protesta della loro deriva “islamista”.

Secondo Amnesty International, il testo “non tutela i diritti umani: in particolare, ignora i diritti delle donne, limita la libertà d’espressione in nome della tutela della religione e prevede che i civili possano essere processati dai tribunali militari”.

La Costituzione, inoltre, non proteggerebbe minoranze come quelle dei baha’i e dei musulmani sciiti, non riconosce la supremazia del diritto internazionale sulle norme interne, non chiarisce in che modo verranno rispettati gli impegni precedentemente siglati nei trattati internazionali ed è molto carente riguardo le garanzie sociali ed economiche, tema pregnante delle manifestazioni del 25 gennaio in Piazza Tahrir.

Eppure il preambolo del documento fa riferimento ricorrente a quei giorni e nomina più volte la “rivoluzione”, i suoi principi condivisi, il valore della dignità e della libertà riconquistati, assieme all’unità del grande popolo egiziano. Del resto lo stesso Morsi ha emanato il decreto che rafforza i suoi poteri proprio per “proteggere la rivoluzione”.

Cosa cambia dunque rispetto al passato? Secondo la piazza non troppo e neanche secondo le attiviste che, nonostante un nome pesante, ora fanno riferimento alla cosiddetta “Suzanne Mubarak Law” – le riforme rivolte alle donne nel diritto di famiglia (divorzio e affidamento dei figli) promosse dalla ex first lady – a rischio di cancellazione.

La legge islamica e le minoranze

I problemi della nuova costituzione iniziano già dall’articolo 2 in cui si stabilisce che “l’Islam è la religione di Stato e l’arabo la sua lingua ufficiale. I principi della Sharia costituiscono la principale fonte legislativa”.

Tutti i rappresentanti delle Chiese egiziane (copta ortodossa, cattolica ed evangelica) si sono dimessi in blocco dall’Assemblea Costituente proprio per le difficoltà di raggiungere un compromesso su queste poche righe che riprendono lo stesso articolo della Costituzione del 1971.

Il papa copto Tawadros II ha chiesto che il testo venga mantenuto così com’è perché l’espressione “principi della sharia” rappresenterebbe una garanzia di un sistema non strettamente islamico. Ma gli emendamenti presentati e la bagarre con i salafiti sembrano andare in una direzione diversa. Nell’articolo 219 si stabilisce che “i principi della sharia” si rifacciano al Corano, all’insieme dei precetti del profeta Maometto, la sunna, e dei primi ulema. I salafiti chiedevano che questo articolo fosse parte integrante del 2, per non lasciare spazio a equivoci sulla natura della legge egiziana.

Nel 4 si sottolinea, poi, che  in materia di sharia saranno consultati gli esperti religiosi dell’università islamica al Azhar. Una miscela che, secondo Amnesty International, potrebbe rafforzare l’attuale discriminazione contro le donne in materia di matrimonio, divorzio e vita familiare.

Nell’articolo 10 ad esempio si dice che “la famiglia è la base della società ed è fondata sulla religione, sulla morale e sul patriottismo” e che “lo Stato è interessato a preservare il carattere autentico della famiglia egiziana [..] come previsto dalla legge”. E ancora, compito dello Stato garantire è la conciliazione dei doveri della donna “nei confronti della sua famiglia e del suo lavoro”.

La questione di fondo, però, resta quella della “legge” cui si fa riferimento. Problema che si ripropone anche nell’articolo 33: “tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge e hanno uguali diritti e doveri senza discriminazioni”. Ma quale legge? Quella di cui si parla nell’articolo 2 e 219? E poi, quali discriminazioni? Amnesty sottolinea che “nell’ultima versione della Costituzione dalla lista delle cause di discriminazione sono state rimosse il sesso, l’origine e la religione”.

Il diritto all’infanzia

Un altro dei punti controversi della bozza costituzionale riguarda la tutela dei minori da quelle pratiche che in Egitto non sono purtroppo un’eccezione, come il lavoro minorile e i matrimoni precoci.

Se ne era parlato ben prima di giungere al documento che sarà votato il prossimo 15 dicembre, a causa delle pressione di alcuni religiosi che in Assemblea Costituente hanno tentato di abbassare il limite dell’età minima per i matrimoni dai 18 ai 14 anni. Nel nome della nebulosità si è giunti così ad un articolo 70 che sia Amnesty International, sia Human Rights Watch non ritengono soddisfacente. Manca infatti un richiamo chiaro e inequivocabile alla pratica di simili unioni e a quella che, sulla base della Convention on the Rigths of the Child delle Nazioni Unite, si definisce l’età dell’infanzia e dell’adolescenza.

“L’articolo 70- secondo Heba Morayef , rappresentante al Cairo per HRW – non definisce il bambino come chiunque abbia meno di 18 anni. In questo modo, non c’è protezione contro i matrimoni precoci”.

“Tutto quello che è stato omesso è importante tanto quanto ciò che è stato incluso”, sottolinea ancora la Morayef, così come il rifiuto di introdurre un riferimento al “traffico di bambini” o alle mutilazioni genitali. Quest’ultima lacuna diventa potenzialmente pericolosa quando incontra la genericità dell’articolo 10 in cui si parla del carattere autentico della famiglia egiziana.

In tema di lavoro minorile,infine, il testo della Costituzione si limita a vietarlo prima dell’età dell’istruzione obbligatoria e a parlare di posti di lavoro che “non sono adatti per l’età di un bambino o che impediscono al bambino di proseguire la propria formazione”. Anche in questo caso, però, si rischia di lasciare troppo spazio ad ambiguità e scappatoie, dimenticando i principi di trattati siglati in precedenza come la Worst Forms of Child Labour Convention o la Minimum Age Convention, sulle condizioni e sull’età minima per lavorare, cui non si fa alcun cenno.

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