Bombardare i barconi?

Il Corriere della sera: “Migranti, le misure europee”. “La bozza: distruggere i barconi e più fondi”. “Il premier: non arrivano solo innocenti”.  “I timori di Mattarella per infiltrazioni dell’Isis”. “Passa in Senato l’idea del blocco navale”.
“Litigate su tutto (non ora)” è il titolo dell’editoriale, firmato da Sergio Romano.
In alto: “Primo sì all’Italicum, la sfida in Aula”. “La riforma elettorale. Il via libera della commissione. Boschi: no al voto segreto”.
Da segnalare anche: “Letta attacca: Renzi è come il metadone”.
Accanto: “Tassi sotto zero, il paradosso del mutuo che non scende”.
A fondo pagina, i test sperimentali di matematica: “‘Quanti tifosi?’ Così cambia la maturità. Sperimentato il test di matematica che punta alla soluzione di problemi concreti”.

La Repubblica: “Migranti, ecco il piano dell’Europa. Renzi: sui barconi non solo innocenti”.
In apertura a sinistra: “Voto segreto ultima battaglia sull’Italicum”, “Via libera in commissione, il 27 in aula”, “Berlusconi: una riforma autoritaria”, “Letta attacca: il premier è metadone”.
Sulla colonna a destra, l’inserto R2 del quotidiano: “”5 aprile, i settant’anni del giorno più bello”, “Speciale di otto pagine. Perché dobbiamo ricordare quei valori”. Con pagine di Giorgio Bocca, Norberto Bobbio, Guido Crainz, Giovanni De Luna.
A centro pagina: “Ripresa, Confindustria vede rosa. Morgan Stanley ci promuove”.
A fondo pagina: “Il divorzio è finalmente breve, bastano 6 mesi per dirsi addio”.

La Stampa: “Divorziare diventa più facile”, “Basta un anno dopo la separazione, soltanto 6 mesi se non si ricorre al giudice”, “A 41 anni dal referendum, approvata la legge che riduce i tempi. Anticipato anche il momento in cui si scioglie la comunione dei beni”.
A centro pagina, foto del Padiglione Italia a Expo 2015, che aprirà il 1 maggio: “Obiettivo Expo, lo sprint finale”, “Ultima settimana prima del via: uno speciale di sedici pagine”.
E, sul Consiglio europeo straordinario che si riunisce oggi a Bruxelles: “Berlino: la Ue finanzi un’altra Mare nostrum”. Si tratta di un’intervista alla responsabile per l’immigrazione del governo tedesco, Aydan Ozoguz”.
Di spalla a destra, un inedito di Norberto Bobbio: “Ecco perché la Resistenza non finisce mai”.

Il Giornale: “Uniti contro la mattanza. Sì all’opzione militare”. “Forza Italia e Pd spingono il governo a chiedere l’intervento dell’esercito in Libia. E oggi l’Ue segue la nostra linea: più fondi e azioni per distruggere le imbarcazioni”. “Ma la scafista Boldrini fa naufragare la Camera” è il titolo dell’editoriale di Alessandro Sallusti.
A centro pagina si parla di Forza Italia: “‘Tornerò quando mi ridaranno la dignità’. Berlusconi detta la linea al partito”. “Enrico Letta va all’attacco del premier: ‘racconta un Paese che non c’è'”.
A fondo pagina: “Ora il divorzio breve è legge. Bastano sei mesi per dirsi addio”. “Dopo un iter lungo dieci anni”.

Il Sole 24 ore: “Il piano Ue: raddoppio dei fondi, ricollocazione degli immigrati”. “Renzi: sui barconi non solo famiglie innocenti”. Il titolo più grande: “Fondazioni e banche, parte l’autoriforma”. “Firmato al Mef l’accordo con l’Acri. Guzzetti: si liberano nuove risorse per il Paese”. “Tetto azionario al 33 per cento. Bankitalia approva la svolta”.
A centro pagina: “Metroweb, Telecom è fuori. Il gruppo presieduto da Recchi voleva il 100 per cento a rete ultimata. Cdp andrà avanti con Vodafone”. “Tamagnini (Fsi) informa l’azienda: da voi condizioni inaccettabili”.
A fondo pagina: “Il divorzio breve è legge: sei mesi per dirsi addio”.

Il Fatto: “Renzi e B. vanno alla guerra”. “’Bombardare i barconi’. Ma i droni sparano a salve”, “Il premier ottiene dalla Camera carta bianca per un intervento in Libia. Forza Italia si intruppa con Brunetta (‘Unità nazionale’). Piccolo problema: gli Usa ci hanno venduto i Predator disarmati e Obama non ci autorizza a fare fuoco”. E poi: “Tre proposte senza armi: Strada, Mini e Spinelli”, “Il medico pacifista chiede un corridoio umanitario per i migranti nel Mediterraneo. L’ex comandante in Kosovo: costringere con sanzioni i Paesi d’origine a regolare l’esodo. L&G (che sta per ‘Libertà e Giustizia, ndr.): retromarcia da Triton e piano Bruxelles-Onu”.
A centro pagina, “la confessione del professor D’Alimonte”: “’Con l’Italicum diventiamo una Repubblica presidenziale’”, “Il politologo, tra gli inventori del nuovo sistema elettorale, chiarisce che sarà molto più difficile sfiduciare l’esecutivo: ‘Cambia il meccanismo politico, non la forma di governo’. Ieri il via libera in Commissione. Opposizioni assenti”.
A fondo pagina, “ancora a Parigi”: “Armi e propaganda jihadista: terrorista arrestato per caso”, “Studente algerino 24enne con pistole e kalashnikov voleva assaltare le chiese. Scoperto dopo essersi ferito”.

Migranti, Ue, Mediteraneo

Sul Corriere della sera, Paolo Valentino cita “autorevoli fonti militari, basite di fronte a tanto sproloquio nella concitata conversazione politica e mediatica” dopo il naufragio, che dicono: “L’ipotesi di usare i droni per colpire e affondare i barconi dei trafficanti di esseri umani, prima che partano dalle coste nordafricane, è solo una chiacchiera inutile e illusoria. Non solo e non tanto perché in questo momento all’Italia (come a quasi tutti i grandi Paesi dell’Ue, con l’eccezione del Regno Unito) manca la tecnologia necessaria per armare i 6 Predator B, anche detti Reaper, a disposizione delle nostre Forze Armate. Quanto perché, anche nell’ipotesi impossibile che gli Usa ci dessero domani il know-how per renderli letali, ‘occorrerebbero da 6 mesi a un anno per applicarlo e avere un embrione di capacità operativa’”. Ancora più complicato “immaginare bombardamenti aerei”, “sia per la difficoltà di identificare gli obiettivi sia per il rischio che gli stessi migranti possano essere usati come scudi. Unica opzione dunque sarebbe quella di “tenersi e affondare quelli da dove sbarcano gli immigrati, natanti che invece vengono normalmente restituiti. Non è molto ma sarebbe già qualcosa, se si pensa che nel solo 2014, dati del ministero della Difesa, i mercanti di anime sono rientrati in possesso di ben 800 tra grosse scialuppe, gommoni e pescherecci”.

Su Il Fatto: “Renzi parla di guerra ma non può combattere”, a pagina 2. E, a pagina 3: “Sparare col drone che sbaglia: l’Italia lo vuole, ma Obama no”. Scrive Carlo Tecce che “a Washington è stato negato al premier l’utilizzo dei letali Predator. Ci sono costati 380 milioni, per volere americano sono disarmati”. A differenza di quelli britannici, i Predator e Reaper italiani non possono ancora sparare: la precisione di questi aeromobili non è rassicurante per un intervento a ridosso di una costa, il rischio è troppo alto. Renzi ha posto il tema a Barack Obama e, per una volta, la propaganda su questo punto non s’è scaldata: Obama ha detto no. No ai droni americani in missione nel Mediterraneo, no ai droni italiani con missili in dotazione.

Su La Stampa: “Razzi, droni e alianti subacquei, così si possono affondare i barconi”, “ma si potrebbe intervenire solo con il via libera di Onu e Ue”, scrive Pierangelo Caiti sottolineando che si dovrebbe stabilire se i battelli sarebbero distrutti alla fonda lungo le coste libiche, in mare appena sbarcati i migranti, a terra se tirati in secca, con notevoli possibilità di “danni collaterali”. L’attacco rientra in un contesto di attacco ad una nazione straniera senza dichiarazione di guerra, quindi in contrasto con il diritto internazionale, a meno che una decisione dell’Onu o dell’Ue non decida per una operazione di polizia internazionale.

“Pensino piuttosto a salvare vite umane”, dice in un’intervista a Il Fatto il fondatore di Emergency Gino Strada. “Affondiamo i barconi, ma dove? Per quanto ne so io, i barconi – afferma Strada – o sono ormeggiati o si trovano in viaggio, ma con delle persone a bordo perché non sono droni. Va benissimo fermare il traffico umano, prendersela con le barche, ma prima facciamo sbarcare chi fugge. E poi non dimentichiamoci che spesso vengono utilizzate imbarcazioni già destinate a essere rottamate: fanno l’ultimo viaggio nel Mediterraneo e lì vanno a picco. E comunque non deve essere questa la prima preoccupazione”. E quale allora? “Quando io osservo queste stragi non penso a come arrestare gli scafisti o ad affondare le barche, ma alle centinaia di morti, molti dei quali stavano scappando dalle guerre”.

Su La Stampa un editoriale di Mario Deaglio: “Fermare gli sbarchi non basta”. Significherebbe “prendere un gatto per la coda” e il vertice europeo di oggi potrebbe rivelarsi per questo “insufficiente”: il pericolo è che si cerchi di tamponare una situazione fuori controllo sfiorandone soltanto le cause vere, “con l’illusione che il tampone sostituisca la cura. L’emergenza è infatti solo la coda dello spaventoso problema africano che emerge in tutta la sua ampiezza già dal confronto del prodotto lordo per abitante, un indicatore impreciso ma non troppo scorretto: il prodotto lordo per abitante dell’Africa sub-sahariana si aggira sui 1200 euro l’anno e che diventano circa 3 mila se si tiene conto della parità dei poteri d’acquisto, ossia del minor prezzo dei beni di consumo fondamentali nei Paesi poveri. Nell’Africa settentrionale i livelli si collocano attorno ai 7-10 mila euro. Nell’Europa occidentale siamo a quasi 35 mila euro l’anno”. E’ chiaro, scrive ancora Deaglio, che un problema del genere non si risolve, “al massimo si rinvia, con ‘soluzioni da bar’ (con tutto il rispetto per i bar) come quella di affondare i barconi prima che partano”.

La Repubblica, pagina 2, con il “retroscena” da Bruxelles di Andrea Bonanni: “Le mosse di Brxelles: più soldi a Triton e mandato anti-scafisti alla Mogherini”, “Strada in salita per Renzi al Consiglio Ue. Previsto il no allo smistamento dei profughi negli altri Stati europei”, “Deciso il varo di un progetto pilota per 500o richieste di asilo da profughi che sono ancora al di fuori dei confini”.
Alla pagina seguente: “La Cei contro l’Unione: ‘Vergognoso colpire le navi, si lavori per la pace in Africa’”. Si tratta di un’intervista a Giancarlo Perego, direttore della fondazione Migrantes della Cei, che sottolinea come il Libano ci siano 3 milioni di abitanti, con un milione di migranti, mentre in tutta la Ue sono solo 650mila.

La Stampa: “Blitz mirati e più soccorsi, ecco le ipotesi a Bruxelles”, “oggi il vertice straordinario: prudenza sull’uso della forza”.

Su Il Fatto, una lunga analisi del generale Fabio Mini, che fu comandante delle operazioni in Kosovo: “Lo spot delle bombe fa vivere tranquilli tanti Stati canaglia”. Secondo il generale “l’opzione droni e blocchi navali nel Mediterraneo” è “inutile senza soluzioni nei Paesi di partenza, spesso ‘coperti’ dalle connivenze occidentali”. Bisogna “partire dalla resa dei conti sulle responsabilità. I regimi locali sono i primi responsabili dell’esodo perché incapaci di creare condizioni favorevoli alla popolazione, ai giovani, e soprattutto ai giovani acculturati così necessari alla costruzione di nuove democrazie”, “I Paesi di origine delle migrazioni di massa e quelli attraversati dovrebbero esser considerati come Stati canaglia, non per colpa del terrorismo e neppure per colpa dei soli governanti locali. Dietro ogni fallimento africano ci sono grandi e medie potenze e grandi corporazioni che lo hanno provocato”.

La Stampa intervista Aydan Ozoguz, responsabile per il governo tedesco per l’immigrazione: Berlino -dice- è pronta “ad appoggiare un Mare nostrum con fondi Ue”, “l’Italia non va lasciata sola”. “Per me – spiega – è importante che la Ue decida delle priorità. Al primo posto, per me, ci sono le operazioni di salvataggio in mare. Un piccolo sforzo in più su Triton non basta”. Quindi il raddoppio delle risorse di Triton è troppo poco? “Assolutamente. Abbiamo bisogno di un’operazione seria, che consenta un raggio più ampio per i salvataggi, com’era previsto per Mare nostrum”. E’ favorevole al ripristino di Mare nostrum? “Troverei giusto tornare a una sorta di Mare nostrum, sì”.

In un’intervista a La Repubblica, lo scrittore britannico di origine indiana Kenan Malik, dice: “Smantellare ‘Fortezza Europa’, solo così si eviteranno altre tragedie”, “Bruxelles sbaglia tutto. Ora bisogna garantire vie legali a chi fugge dalla guerra e dalla fame”.

Gian Micalessin, sul Giornale, scrive che “tutte le organizzazioni criminali coinvolte nel traffico di uomini operano dai territori di Fajr Libia (Alba Libica), la coalizione d’ispirazione islamista che lo scorso agosto ha costretto alla fuga a Tobruk il governo riconosciuto dalla comunità internazionale”, In quest’area, senza un “referente locale diplomaticamente riconosciuto”, “l’unica via d’uscita è la formazione di un governo di unità nazionale nell’ambito dei colloqui di pace tra Tripoli e Tobruk avviati dall’inviato dell’Onu Bernardino Leon. In mancanza di questa soluzione l’intervento potrebbe venir disciplinato da una risoluzione del Consiglio di Sicurezza che attribuirebbe alla Ue il compito di difendere i migranti abbandonati al proprio destino da Tripoli”. Micalessin scrive che “gli interventi contro i barconi rischiano d’innescare rappresaglie a danno dei migranti. Il rischio potrebbe venir evitato creando, d’intesa con l’Onu, dei campi di accoglienza in territorio libico protetti da un dispiegamento militare. Negli stessi campi potrebbero anche venir vagliate le richieste d’asilo”.
Ancora dal Giornale i dati del Consiglio d’Europa sugli scafisti condannati in Italia: “Le condanne sono state 14 nel 2010, 9 l’anno seguente. Nel 2013, attesta il ministero della giustizia, si contavano 154 persone condannate per il reato di tratta. Tra il 2011 ed il 2014, certifica il procuratore della Repubblica di Catania, Giovanni Salvi, nel catanese 191 sono state le persone rinviate a giudizio per traffico di esseri umani. Di esse soltanto poco più della meta, 109, risultava aver riportato una condanna, ma in primo grado. Insomma, per gli scafisti il Belpaese è un Eldorado”. Secondo Giorgio Innocenzi, segretario della Confederazione sindacale autonoma di polizia – “i sospettati di tratta restano in carcere qualche settimana, quindi vengono rilasciati in attesa di giudizio”.

L’intervento di Matteo Renzi ieri in Parlamento è sintetizzato così dal Sole 24 Ore: “L’Ue agisca, sui gommoni non solo innocenti”. “Pressing di Renzi alla vigilia del vertice europeo”. “Ok da Cameron, oggi vedrà Merkel e Hollande”. Si legge che Renzi “si gioca su questo dossier la sua capacità di leadership in Europa e in Italia”, e che ieri il premier ha parlato anche con un articolo scritto sul New York Times. Si legge anche che “un primo risultato” Renzi lo ha ottenuto ieri in Parlamento, dove l’Aula ha votato “la risoluzione di maggioranza anche con i voti di Forza Italia”. Alla Camera ha parlato Renato Brunetta, che ha detto: “Siamo disponibili alla coesione nazionale purché avvenga nella verità e nella forza del nostro Paese”.

Il Giornale: “Passa la linea Pd-Forza Italia. Sì europeo all’opzione militare”. “Renzi porta al consiglio Ue la mozione bipartisan: si va verso le azioni di forza contro i barconi”. “Scontro premier-Salvini: ‘sciacalli a casa’; ‘zitto, becchino'”. Si legge che il testo della mozione parlamentare “accoglie la richiesta lanciata nei giorni scorsi da Silvio Berlusconi”, ovvero “l’istituzione di un tavolo di coesione nazionale sull’emergenza immigrazione e per le crisi internazionali in atto che coinvolga i rappresentanti dei governi che abbiano maturato una esperienza nel passato e le forze politiche di buona volontà”. Si legge anche nella prima versione della mozione si prevedeva esplicitamente l’ipotesi di blocco navale. Poi è stato tolto il riferimento esplicito, “sebbene il contenuto non cambi molto”.

Sul Corriere, Sergio Romano firma l’editoriale e scrive che è “improbabile che il vertice di Bruxelles, voluto dall’Italia, riesca a sciogliere oggi tutti i nodi di una questione particolarmente intricata. Ma sarà più difficile d’ora in poi, per i Paesi che in questi ultimi mesi hanno dato prova di una sconcertante indolenza, voltare le spalle a una questione che non concerne soltanto l’Italia e la Grecia”. Romano definisce “una buona idea” quella che i Paesi Ue  “aprano speciali uffici consolari in alcuni Stati arabi per esaminare sul posto le domande d’asilo e concedere visti umanitari”, ma “non potrà funzionare se ogni Paese europeo non accetterà di impegnarsi pubblicamente sul numero delle persone che è pronto ad accogliere”. Quanto alla politica interna, Romano scrive che “se Silvio Berlusconi è veramente disposto a sostenere la politica del governo in questa crisi, benvenuto” perché “vi sono momenti in cui è necessario litigare e ve ne sono altri in cui una nazione esiste soltanto se le sue maggiori forze politiche riconoscono l’esistenza di interessi comuni”. Una via che”isolerebbe il populismo xenofobo della Lega e le divagazioni opportuniste del M5S”.

Pd

Sul Corriere, Dino Martirano elenca tre possibili scenari sulla legge elettorale: il governo non pone la fiducia, e dunque “affronta 80 potenziali scrutini segreti sulla legge elettorale”. Scenario da “fantascienza”. Oppure Renzi “impone la questione di fiducia sulla legge elettorale appena si chiuderà la discussione generale”, e dunque si prepara a tre voti di fiducia: uno per ogni articolo, mentre per il voto finale – se lo chiederanno almeno 30 deputati – ci sarà il voto segreto. O infine Renzi rinuncia alla fiducia in cambio di un accordo con l’opposizione che rinuncia al voto segreto. Ma in questo caso potrebbe accadere che “30 deputati senza insegne” rompano il patto. Se si va al voto di fiducia, verrebbe votata dalla minoranza, che però dice anche: “Sul provvedimento bisogna vedere… Per questo aspettiamo un segnale da Renzi”, per usare le parole di Zoggia. Non voterebbero la fiducia – forse – Bindi, Fassina, Civati. “Troppo pochi per impensierire” il premier.

La Stampa: “Il premier offre alla minoranza Pd il Senato su modello tedesco”, “L’Italicum passa in una commissione semivuota. Per evitare agguati in aula il leader apre sulla riforma costituzionale. Bersani: ‘Ci sta portando a spasso’”.

La Repubblica: “Italicum, sì in Commissione, lunedì va in aula, scontro sul voto segreto. Renzi: non temo le urne”, “Il via libera con l’opposizione sull’Aventino. Il ministro Boschi: abbiamo i numeri per approvarlo”.
E, alla pagina seguente, un colloquio con Roberto Speranza, che ha lasciato l’incarico di capogruppo Pd alla Camera in dissenso sull’Italicum: “Matteo rifletta, io non torno indietro ma il aula sarò leale con il governo”, “la sostituzione dei nostri dieci deputati è uno scenario che inquieta”, “mi chiedono di ripensarci ma non m’interessa avere una poltrona”.

Enrico Letta

Sul Sole 24 Ore l’intervista che ieri Enrico Letta ha concesso a Giovanni Minoli, su Radio 24. “Renzi racconta un Paese che non c’è”. “L’ex premier parla anche di Italicum (serve maggioranza larga) e Jobs Act (non sufficiente)”. Domanda di Minoli: “Renzi racconta un Paese che non c’è o non c’è ancora?”. Risposta di Letta: “Ecco, io spero che non sia questa fase. Alle volte ho l’impressione che lo sia e nel mio libro cerco di dare un contributo affinché non sia un tempo in cui la percezione conti di più della realtà”. Domanda: “Aiuta a stare meglio”. Risposta: “No, è un metadone”.

Il Corriere della Sera riassume così: “‘Matteo è metadone’. Letta in campo”. Ieri a Radio 24 Letta ha “fatto a pezzi” lo “storytelling” con cui “Renzi racconta un Paese che non c”è”. Nell’articolo si legge che le parole dell’ex premier “irritano i renziani”. Si legge anche che “nella minoranza c’è chi guarda a lui”.

Su Il Giornale: “Letta all’attacco del premier. ‘L’Italicum? Vediamo cos’è'”. “L’ex presidente del consiglio scatenato contro il leader Pd: ‘È come metadone’. E nicchia sul sì alla legge elettorale”. La frase di Letta su Renzi: “Racconta un Paese che non c’è. E’ una fase in cui la percezione delle cose vale più della realtà, aiuta a star meglio. Io cerco di dare un contributo perchè non sia un tempo in cui la percezione conta più della realtà”.

Sul Corriere viene intervistato il vicepresidente della Camera Roberto Giachetti: “‘Enrico è rimasto appeso a quella campanella riconsegnata’”. “‘Il suo tasso di rancore si nota, ma è anche comprensibile: non deve aver digerito il passaggio delle chiavi di Palazzo Chigi'”. Sulle critiche a Renzi dice che l’esempio del metadone non è stato felice, e comunque “le ultime elezioni hanno dimostrato che il Paese è in sintonia con Renzi”. Sulla legge elettorale Giachetti dice: “Proprio lui che ha creato con nomina governativa il Comitato dei saggi, lui che ha modificato l’articolo 138 della Costituzione, e sempre lui che ha preteso che il Pd bocciasse la mozione per il ritorno al Mattarellum che impegnava la Camera…”

La Stampa: “Il nuovo Letta torna e cambia passo: ‘Renzi racconta un’Italia che non c’è’”, “Prime mosse dell’ex premier che si propone come leader alternativo”.

La Repubblica: “Letta, nuovo attacco: ‘Renzi è metadone’. Gelo anche da Prodi che rilancia l’Ulivo”, “il predecessore contesta al premier attuale di raccontare un Paese che in realtà non c’è. Il Professore: non so se Matteo è figlio nostro”.

Berlusconi e Forza Italia

Il Giornale parla di Berlusconi, che ieri ha incontrato deputati e senatori di Forza Italia. “Berlusconi al partito: ‘Tornerò solo quando mi ridaranno la dignità'”. Dice di essere “alla ricerca di un successore”, “per ora non c’è ma sono sicuro che lo troveremo”. Dice che in campagna elettorale non farà comizi all’aperto, “temo che qualcuno possa attentare alla mia vita”, ma assicura che sarà presente in tv e in luoghi chiusi per i comizi. Renzi “ha fallito su tutto, sull’economia, sulla politica estera, sulla disoccupazione”, “avevamo ragione su tutto”, anche sulla Libia, “quando c’ero io c’erano seimila militari libici che controllavano le coste e ora servirebbero 10 o 12 mila soldati per fermare i viaggi della speranza”. Alla fine Berlusconi ha anche presentato Andrea Ruggiero “nipote di Bruno Vespa, nuovo responsabile dei rapporti di Forza Italia con le tv”, che affiancherà Deborah Bergamini.

La Repubblica, sintetizzando nei titoli le parole dello stesso Berlusconi: ‘Farò come Bush, un partito modello Usa’”, “Silvio Berlusconi torna in campo. Incontra i parlamentari e annuncia che cambierà tutto: ‘Ma non mollerò nessuno’. Attacco a Renzi: ‘E’ un piccolo dittatore’. E denuncia: ‘La mia vita è a rischio, sono uno degli obiettivi dell’Is’”.

Su La Stampa: “Berlusconi: rischio Isis, diserto le piazze”, “Il numero uno di Forza Italia attacca il primo ministro: ‘E’ un autocrate, malato di bulimia del potere e con il 20 per cento vuole tutto. Mi aveva promesso Amato al Quirinale, lui mi avrebbe dato la grazia’”.

Finanziamento partiti

Il Sole 24 ore: “I partiti preparano il ritorno ai fondi pubblici”. “Dopo il flop del due per mille, da Sel al Pd fioccano le proposte di legge per tornare al finanziamento statale”. Tra i disegni di legge presentati, quello dell’ex tesoriere Ds Sposetti, che prevede le primarie obbligatorie per i partiti per scegliere i candidati e – contestualmente – un fondo da due milioni di euro per realizzarle. Le proposte si incrociano con quelle – una presentata anche dal vicesegretario Pd Guerini – per l’attuazione dell’articolo 49 della Costituzione, che prevede la registrazione dei partiti politici, che devono avere anche uno Statuto democratico e dovranno rispettare il pluralismo interno.

Grecia

Il Sole 24 Ore: “Accordo lontano con i creditori. Oggi al vertice di Bruxelles bilaterale tra Alexis Tsipras e Angela Merkel”. “Grecia, ancora liquidità dalla Bce”. “Innalzato di 1,5 miliardi (a 75,5) il tetto per il finanziamento delle banche elleniche”. L’Eurotower “ha aumentato il limite dei prestiti di emergenza” per Atene, si legge. Ma sul fronte delle trattative con l’Eurogruppo “non ci si attende la chiusura di tutti i fronti – e sono tanti – aperti” a Riga, al vertice di venerdì. “Prossimo incontro fissato l’11 maggio”. Il 12 Atene deve versare 900 milioni di euro al fondo. Nel corso dell’estate, da qui a settembre, deve trovare oltre 10 miliardi di euro per i suoi creditori.
“Se la fine di Atene è la fine dell’euro” è il titolo di un articolo di Adriana Cerretelli sul Sole 24 Ore, dove si legge che ormai “a Bruxelles e dintorni se ne parla come di un fatto acquisito, una strada senza uscita”, perché “‘Il quadro giuridico non permette di soccorrere la Grecia’”, per usare le parole di un “negoziatore”. A Bruxelles si dice: “‘I greci non sono seri, il governo Tsipras non offre niente di concreto. Impossibile aiutarli'”. Cerreteli elenca le cifre degli ultimi anni: “tra il 2008 e il 2013 il Pil greco è sceso del 27%, la spesa pubblica reale del 35%, i disoccupati sono arrivati al 28%. Il deficit strutturale è calato del 20% del Pil tra 2009 e 2014, il bilancio primario del 12%, come il disavanzo dei conti correnti. Sforzo irrilevante? Ancora insufficiente? Tutto positivo, visto il raddoppio del debito malgrado la parziale ristrutturazione?”. E poi ricorda che anche la Francia è stata indisciplinata, sul tetto del 3 per cento. “Sì, ma se crolla la Francia crollano l’euro e l’Europa, se cade la Grecia non succederà quasi niente, Grecia esclusa. Questa l’ultima verità rivelata ma niente lo prova”, e anzi la vicenda greca “potrebbe riservare pessime sorprese a democrazie in balia dei sondaggi quotidiani, prive di cultura e sensibilità europee, guidate da leader nazionali incapaci di guardare oltre gli ostacoli, se non fa loro comodo”.

La Repubblica: “Esame Merkel per Atene. Tsipras guadagna tempo e arresta gli oligarchi”. Ci si riferisce al fatto che un tribunale di Atene ha ieri fermato per qualche ora Leonidas Bobolas, rampollo di una delle dinastie più potenti di Grecia e amministratore delegato del colosso delle costruzioni Ellaktor. Il suo nome era apparso nella lista Lagarde dei greci che avrebbero parcheggiato risparmi nei caveau della Hsbc in Svizzera. L’agenzia delle entrate ellenica gli ha notificato una cartella da 1,8 milioni e Bobolas, di fronte allo spettro delle manette -scrive Ettore Livini- ha deciso di pagare la somma riguadagnandosi al libertà.

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