Cosa fare per salvare l’industria dei giornali

Continuaiamo a scavare nella crisi dell’editoria e dei quotidiani (ma non dell’informazione). Le prime puntate qui qui e qui.

Come in tutte le emergenze, bisognerebbe fare presto per affrontare il caso e porvi rimedio. Quella che riguarda la diffusione dei giornali è una di queste emergenze. Lo “smottamento” complessivo delle copie vendute è progressivo, veloce, incessante. L’editoria di carta, non solo in Italia, sta vivendo un passaggio epocale. Al tempo stesso parte d’una congiuntura economica difficile a cui s’aggiunge una trasformazione produttiva radicale basata sul veloce affermarsi delle tecnologie digitali, dagli effetti di una vera e propria rivoluzione nelle abitudini generali, degli utenti e del mercato.

Le due crisi si intrecciano, si parlano, si specchiano. Sono connesse l’una all’altra. La crisi dell’edicola è sicura conseguenza della crisi dei giornali, ma può anche esser vero che in una certa misura i primi l’abbiano persino indotta, accelerata, con le loro ostinate scelte di business. Ad esempio quando hanno cominciato a sovraccaricare l’edicola – fino a farla scoppiare – della loro sovrabbondanza di iniziative e offerte per sostenere (gonfiare) le vendite con una vera e propria azione di dumping editoriale: ogni genere di supplemento, infinite serie di collaterali e gadget in quantità, così da trasformare l’edicola in un suk, a partire dalla metà degli anni ’90, tra cassette di film, giochi a premio, Bingo, lotterie e Replay, che hanno sbilanciato o svuotato la funzione e il valore informativo stesso del giornale a favore del prodotto veicolato. «Editori alla spasmodica ricerca di ricavi e pseudo-aziende di distribuzione al loro servizio, hanno despecializzato e dequalificato il canale di vendita trasformandolo (…) in mini-bazar con assortimenti di marocchinerie di infima qualità. Dopo il crollo delle vendite dei collaterali, dalle enciclopedie a fascicoli ai dvd, che hanno aiutato a mantenere una certa redditività a tutta la filiera fino al 2008, l’intero sistema è entrato in quella che sicuramente è la crisi più nera della sua storia» sostiene Pier Luca Santoro in L’edicola del futuro, il futuro delle edicole. Ovvero che fine farà la carta stampata (informant eBook Quotidiani, pagg. 93 € 2,99).

Ed è una tesi che fa davvero piacere trovare esposta, nella sua semplicità e chiarezza, dopo anni di discussioni, ricerche e polemiche accese sulle strategie editoriali dei quotidiani in quasi un quindicennio di attività promozionali, che hanno finito per stressare ed esaurire sia i giornali sia le edicole, oltreché il pubblico di lettori e i loro acquirenti.
L’edicola è il terminale su cui la crisi dell’editoria inevitabilmente si scarica, ma è anche l’ossatura che da più di un secolo costituisce quel sistema nervoso che sorregge la stampa, come scritto di recente e pubblicato in due diverse puntate su questo sito. Anche se «dal 2008 al 2011 si è passati da 170 a 130 distributori locali e anche i distributori nazionali si sono ridotti da 40 a 34» mentre «nel solo 2012 sono state chiuse 2.000 rivendite e “bruciati” più di 3mila posti di lavoro» e le stime prevedono «altre 10mila edicole a rischio chiusura nei prossimi anni» riassume l’autore.

Che la situazione sia di emergenza lo testimonia anche la crisi drammatica della Rizzoli-Corriere della Sera (al di là degli errori marchiani commessi dal suo management), i tantissimi stati di crisi aziendale con relative casse integrazione e prepensionamenti, le ristrutturazioni e i ridimensionamenti, le chiusure di piccole, medie e grandi testate tra dismissioni e vendite di rami di azienda. Lo certifica il progressivo affermarsi di internet e i molteplici modi in cui oggi si apprendono le notizie e ci si informa in generale.
La situazione di precarietà della nostra editoria quotidiana e settimanale – specie quella “indipendente” o “di mercato” – è destinata poi ad aggravarsi e peggiorare, anche in seguito alla repentina “caduta” del cosiddetto “regime delle sovvenzioni” o del sostegno diretto o indiretto da parte dello Stato, anche sotto la semplice forma di agevolazioni varie (tariffarie) o sconti, dopo che «per l’esattezza – si legge nel volumetto – dal 1990 a oggi i giornali italiani – testate edite da cooperative di giornalisti, fondazioni o enti morali, quotidiani organi di partito e fogli diffusi all’estero – hanno ricevuto circa 850 milioni di euro di contributi pubblici ai quali si somma il balletto di cifre sulle tariffe postali agevolate e l’Iva al 4%».

L’ebook scritto da Pier Luca Santoro è di grande interesse perché, oltre a un’analisi del settore distributivo e alla sua storicizzazione nel tempo, cerca di formulare un’ipotesi che guardi al futuro dell’edicola e, di riflesso, dell’editoria, anche nella prospettiva di una sempre più accentuata digitalizzazione del sistema editoriale e dell’informazione nel suo complesso. Così, se attualmente i giornalai possono esser considerati alla stregua di “peones dell’editoria contemporanea», un domani potrebbero avere un ruolo più attivo e protagonista, proprio a partire dal processo di informatizzazione delle edicole, che dia loro la possibilità di intervento e controllo sul prodotto centrale (i giornali) ma aggiungendo loro anche altri servizi, sul modello dei tabaccai che già «forniscono all’utenza servizi complementari a quelli bancari e postali» ad esempio.

Ma senza voler ampliare in questa sede la trattazione sul complesso futuro dell’edicola, e limitandolo solo all’aspetto riguardante il rapporto stretto con il giornale, Santoro rimanda a un interessante progetto lanciato a fine 2012, in Svezia, di “edicola elettronica” dal titolo MegaNews Magazine, in collaborazione con Ricoh, la multinazionale giapponese delle stampanti. Progetto che si concretizza nella proposta di collocare «dei chioschi elettronici dove le persone, scegliendo tra oltre duecento titoli disponibili – grazie anche agli accordi raggiunti con i principali editori svedesi – possano stampare il proprio giornale o la propria rivista». Selezionata la testata di interesse, pagata la copia con carte di credito, in due minuti appena di attesa arriva la copia del giornale fresca di stampa. L’idea aggiuntiva, poi, è quella di collocare i chioschi elettronici in quelle zone, luoghi o località in genere non servite o non coperte dalla distribuzione tradizionale, oltre ai luoghi di grande transito e affluenza di pubblico, come lo possono essere ad esempio gli aeroporti. L’acquirente, insomma, si stampa la propria copia del giornale direttamente all’edicola, da un terminale munito di stampante. Il risultato è che così facendo «si ottimizza tutto il processo di distribuzione del cartaceo eliminando costi di trasporto, gestione e rese, che in questo modo si annullano».

Uno studio di Boston Consulting Group sul valore dei media, pubblicato lo scorso febbraio, indica come sia proprio sulla stampa quotidiana e periodica «il surplus maggiore di valore percepito tra online e tradizionale cartaceo». Questo avviene anche grazie al fatto di poter leggere online «testate che sono di difficile o nulla disponibilità», ciò che per esempio potrebbe consentire alle edicole di integrare la loro offerta o di annullare la difficile gestione attuale che di fatto complica la diffusione di giornali e riviste straniere» (un vero e proprio beneficio nella stagione turistica).

Del resto, sottolinea in un’intervista contenuta nel libro il sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega all’Editoria, Paolo Peluffo, l’attuale crisi «non è il frutto della tanto conclamata rivoluzione digitale ma della staticità dell’offerta e del sistema nel suo complesso, che allo scossone dato da crisi economica e dall’avanzare dei media digitali ha mostrato con chiarezza la propria inadeguatezza». Anche come modalità di mettersi in linea con la nuova fase di cambiamento. Un sistema, in poche parole, rigido. Come sempre l’alternativa è secca: rinnovarsi e adeguarsi ai cambiamenti il prima possibile oppure scomparire. Ma è anche vero che più spesso sono proprio gli editori i primi “conservatori”, che guardano al cambiamento o alla possibilità di innovare solo se l’innovazione porta a risparmiare. In particolare sul costo del lavoro.

E così più spesso sono solo “tagli” incondizionati senza progetto di sviluppo. Cosicché l’ossessione del risparmio finisce per generare mostri. Editoriali, ancorché digitali.

Titolo: L’edicola del futuro, il futuro delle edicole

Autore: Pier Luca Santoro

Editore: informant eBook Quotidiani

Pagine: 93

Prezzo: 2,99 €

Anno di pubblicazione: 2013



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