Libia, Egitto, Afghanistan: il macigno morale delle scelte di politica estera

C’è una questione morale che investe direttamente l’Italia, dunque tutti noi – che la vogliamo guardare in faccia o che ci voltiamo dall’altra. Fa il paio, appena un po’ più distante, con quella dei vergognosi pestaggi dentro le carceri italiane (Santa Maria Capua Vetere: e basta?) svelati da Domani. Altrove, dentro prigioni ancor più invisibili o fuori, alla luce del sole, ci sono diritti violati – a volte, semplicemente, vite spezzate – in modo ancor più brutale e spensierato. In Libia, in Egitto o in Afghanistan, per esempio. La notizia, che ci piaccia o no, è che le nostre decisioni di politica estera influiscono direttamente su quei destini.

C’era questo angosciante dilemma morale, ieri, al fondo del dibattito alla Camera sul rifinanziamento delle missioni italiane all’estero. Acclarato da inchieste di stampa, magistratura e organizzazioni internazionali che la “Guardia Costiera” libica è poco più che un clan legalizzato che spadroneggia sugli ultimi della Terra, violentandoli e arricchendosi sulla loro pelle, può l’Italia continuare a finanziarla – donando risorse, equipaggiamento e formazione – nel nome della “stabilità”? È un costo moralmente accettabile – ha riassunto efficacemente Erasmo Palazzotto, alla guida del fronte parlamentare avverso – alimentare la violenza sistemica dei lager libici in nome del contenimento dei flussi migratori? E che dire del ritiro delle forze internazionali, comprese quelle italiane, dall’Afghanistan, avviato così a passi da gigante al ritorno nell’incubo fondamentalista del dominio talebano?

Sono interrogativi pieni di complessità, politiche e militari – sia chiaro. Lo ha messo bene in luce, tra gli altri, il veterano Piero Fassino, rispondendo al fronte anti-Guardia Costiera che neppure tagliare ogni ponte con essa, o con le fantomatiche “istituzioni libiche”, risolverebbe il problema alla radice. «I campi di detenzione esistono, e non spariranno se ce ne andiamo. Andrebbero se mai chiusi e completamente evacuati, ma ciò implica sapere poi cosa accade agli uomini che vi stanno dentro», ammoniva Fassino – come a dire che non intervenire sporcandosi le mani non è un’opzione. Sacrosanto. Ma il testo di “mediazione” proposto al governo dal Pd di Enrico Letta per contenere il dissenso a sinistra, e poi votato a stragrande maggioranza dalla Camera, appare francamente incomprensibile. Propone di “superare” l’imbarazzo del sostegno alla Guardia Costiera libica – pizzicata solo due settimane fa da Sea Watch a sparare e tentare di speronare un barcone di migranti – spostandone l’onere, in sostanza, sull’Unione europea. O meglio, «impegnando il Governo a verificare dalla prossima programmazione le condizioni per il superamento della suddetta missione, trasferendone le funzioni ad altre missioni (…) tenuto conto che la graduale attribuzione alla missione Irini della funzione di formazione e addestramento delle unità navali libiche preposte al controllo dei confini marittimi sarà possibile una volta sottoscritto un Memorandum tra Irini e le Autorità libiche relativo alle attività di training nell’ambito del contrasto al traffico di esseri umani».

Ora, ammesso e non concesso che di qui al 2022 si realizzino tutte queste condizioni tecniche e politiche, davvero si può pensare che trasferire l’onere morale del sostegno ai guardiacoste libici dall’Italia all’Ue risolva o ci sollevi dal problema? A maggior ragione considerato, come fanno notare le Ong, che alla missione europea Irini continua a non essere attribuito alcun mandato di ricerca e soccorso in mare, ma solo di “supporto tecnico, mentoring e addestramento” alle forze libiche.

Per la sua stazza e per la sua storia, ha detto tra gli altri uno dei promotori del compromesso, il deputato Pd Enrico Borghi, è l’Ue a doversi fare carico della questione libica, perché nonostante il riavvicinamento transatlantico «non sarà lo zio Sam a risolvere i nostri problemi nel Mediterraneo». Giustissimo. Ma proprio per la sua stazza e per la sua storia, perché mai l’Ue non dovrebbe approcciare quei problemi con il vero tratto distintivo del suo modello – la primazia del diritto e dei diritti sulla legge del più forte?

Un interrogativo, questo sì, su cui impegnare il nostro governo. Che dopo aver dato un segnale inequivocabile di vicinanza ai detenuti nelle nostre carceri, ha ancora la chance di darne uno altrettanto cristallino a quelli senza nome e senza volto imprigionati in Libia. E magari a chi ristagna in una cella egiziana da 525 giorni, e il cui nome conosciamo benissimo: Patrick Zaki.

 

Foto: Alessio Paduano / AFP.

  1. La meilleure formule pour mieux garder les frontières maritimes et de l’Italie et de l’EUrope est de suspendre les accords de Schengen ,comme avant avant l’établissement des visas ; l’Europe est plus convoitée aujourd’hui qu’avant car psychologiquement parlant la chose interdite attire plus …et vous economisez FRONTEX etd’autres moyens et financierau niveau du budget que Cmera ne veut plus rien financer et en propageant facilement la démocratieet en Libye, Maroc,Algérie et toute l’Afrique subsaharien . sachez une chose vraie que ce sont les mesures coercetives d’Italie comme de toute l’Europe qui encourage les tortures etatique et de Libye Maroc, Algérie, Egypte …Italie comme l’Europe est responsable des victimes des étrangers en mediterranée et complice , l’histoire jugera de ce comportement raciste de l’Europe

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