Il senso di Francesco per la Storia:
dall’Iraq l’avvio della Vestfalia islamica

C’è una parola che da questo 8 marzo 2021 si iscrive nell’universo musulmano: questa parola è Vestfalia.

Accorciando i tempi della storia, che vede l’islam ancora nel suo XIV secolo, nel 2011 gli arabi musulmani sono entrati in una guerra simile a quella che fu la nostra guerra dei trent’anni per il desiderio dei prìncipi tedeschi di porre definitivamente un freno alle aspirazioni restauratrici del nuovo imperatore asburgico con l’aiuto spagnolo. Questa divisione ripercorreva il solco tra cattolici e protestanti. Tra le pretese dell’imperatore vi era, infatti, quella di privare i principi tedeschi del diritto a determinare la religione dei propri regni, il famoso “cuius regio eius religio”. La conquista militare dell’islam perseguita dall’Iran khomeinista che guarda al sogno antistorico di tornare alle coste del Mediterraneo ha avuto un corrispettivo nell’imperialismo saudita, che ha trasformato l’islam imponendo con i petrodollari la sua egemonia con il puritanesimo wahhabita, usato come strumento di dominio.

Il coinvolgimento di enormi masse popolari dal 2011 nella ricerca di Stati democratici e rispettosi dei diritti dell’individuo è stato trasformato in una sorta di guerra dei trent’anni dallo scontro imperiale tra regime iraniano e milizie filo saudite. La politica europea non ha colto la portata di questa trasformazione di un conflitto militar-imperiale in conflitto religioso.

Il viaggio iracheno di Papa Francesco ha spezzato questo circolo vizioso, indicando chiaramente che la pretesa khomeinista di ricreare un impero sassanide da Tehran a Beirut non è ammissibile non per preconcetta ostilità ma perché romperebbe il carattere cosmopolita dello spazio mediterraneo, che comincia in Iraq, territorio mesopotamico che è pluralista per la scelta di Abramo, padre di tutti i monoteismi e quindi incompatibili con ogni egemonia monocromatica.

Le ragioni del 2011 sono proprio queste e il viaggio iracheno del papa le ha fedelmente espresse nelle sue articolazioni sunnita, sciita, cristiana, curda e così via, tutte partecipi di una visione da cittadini e non da sudditi, come preteso dai regimi contro cui si sono messi in rivolta. Dunque, in senso pienamente camusiano, cioè nel senso indicato da Camus nel suo “L’uomo in rivolta”, l’uomo libanese, siriano, iracheno, iraniano si è dimostrato in rivolta non contro Dio, ma contro la sopraffazione monocromatica e imperiale. Questo carattere pienamente e profondamente mediterraneo, come spiega Camus, è stato tradito o abbandonato da tutti, rendendo quella in atto una guerra di religione tra sunniti e sciiti, come la guerra dei trent’anni.

Ora Papa Francesco, recandosi in Iraq, ha trovato il modo per proporre una sorta di processo arabo-islamico che porti a una Vestfalia islamica. Con il trattato di Vestfalia infatti si pose termine alla guerra dei trent’anni e si inaugurò un nuovo ordine internazionale, un sistema in cui gli Stati si riconoscono come Stati, sovrani al di là della fede dei vari sovrani. Dunque Vestfalia rese l’Europa il continente della sovranità dello Stato. Questa Vestfalia islamica non può che passare attraverso un superamento della guerra “di religione” tra sunniti e sciiti, alimentata dalle milizie per impedire proprio l’incontro sunnita-sciita.

Il viaggio di Papa Francesco ha creato questa possibilità con il documento sulla fratellanza umana che ha firmato ad Abu Dhabi con la principale autorità teologica sunnita, l’imam della principale università islamica, quella di al-Azhar, Ahmad al-Tayyeb. Quel documento sceglie e indica proprio il pluralismo della cittadinanza dove non ci sono più minoranze religiose, ma cittadini con pari diritti e pari doveri, riconosciuti come tali da una legge laica e comune, la Costituzione. Malvisto in alcuni ambienti cattolici, questo documento cambia la cultura politica dell’islam tornando al suo spirito originario. Recandosi nella città santa dell’altro islam, quello sciita, Papa Francesco ha creato le condizioni per un confronto proprio su questo tra i suoi interlocutori, visto che lì ha incontrato l’ayatollah Ali al-Sistani. Il messaggio con cui l’imam a di al-Azhar ha auspicato il successo pieno della visita di “suo fratello Francesco” e il testo dell’ayatollah che ha scritto “voi siete parte di noi come noi siamo parte di voi” hanno spiegato perché un confronto a tre, tra Najaf, il Vaticano e al-Azhar sia stato ufficialmente auspicato dal presidente iracheno nella cerimonia di benvenuto al papa in Iraq.

Togliere la giustificazione religiosa al conflitto è più importante del nostro giudizio sulla “credibilità” di al-Tayyeb e al-Sistani come partner di questo processo epocale. Nessuno nel pieno di un conflitto così lungo e osceno ha piena credibilità, anche alla presenza di autorità politiche così vessatorie e prevaricatrici. Ma la scelta di entrambi, se portasse ad esempio davvero a una condivisione di un documento comune sulla fratellanza, potrebbe disarmare ideologicamente (cioè per loro religiosamente) regimi criminali e creare le condizioni per un nuovo paradigma, quello di Vestfalia, che cambierebbe la storia. Tutto questo ovviamente non si fa in tre giorni. Ma il processo cominciato con la visita di Papa Francesco ad al-Azhar, approdato alla firma del documento sulla fratellanza di Abu Dhabi nel 2019 ed ora giunto alla visita a Najaf, che sfida come può la teocrazia khomeinista rifiutando il principio teocratico, ci porta chiaramente più vicini a un punto di svolta per la storia di tutto il Mediterraneo e la civiltà della cittadinanza. Accettare se stessi come soggetto plurale è la premessa per accettare la cittadinanza e quindi il pluralismo. L’obiettivo sembra davvero a portata di mano.

 

Foto: L’incontro di Papa Francesco con i leader delle altre religioni presso Ur – 6 marzo 2021 (Ahmad AL-RUBAYE / AFP)

  1. Grazie Antoine Courban! Il chiarimento è importante e utilissimo, il paragone intendeva solo indicare la necessità di togliere la copertura religiosa al conflitto di potere, per creare Stati sovrani a prescindere dalla religione del governante.

  2. (Translated from French by Google)
    L’analogia con il modello della Westfalia è giustificata ma ha dei limiti.
    I trattati che hanno posto fine alla Guerra dei Trent’anni hanno smantellato lo spazio germanico del Sacro Impero, creando più di 350 entità statali sovrane. È questa frammentazione, ben custodita dalla Francia dai Borboni e dall’Austria-Ungheria dagli Asburgo, che ha permesso più di due secoli di pace in Europa; fino all’emergere della Prussia di Bismarck e alla rinascita dell’ambizione imperiale materializzata dalla rinascita del Vecchio Reich.
    Sarà lo stesso tra l’Eufrate e il Mediterraneo? Quale spazio verrà suddiviso? Certamente non la Persia dei Mullah. Si potrebbe pensare che la Mesopotamia e il Levante conosceranno il destino dello spazio del Sacro Impero Germanico. Ma questo comporta un rischio enorme: è quello di vedere la comparsa di una federazione di Alliance of Minorities con, come custode, uno o due possibili poteri regionali: l’Iran? Israele? La Turchia? La Russia?
    I giochi non sono ancora finiti nel Levante. Tuttavia, il viaggio di Papa Francesco in Iraq ha permesso di disinnescare la bomba della “guerra santa” … Attendiamo ancora l’emergere di una “Santa Alleanza” garante dell’ordine futuro come è avvenuto in Europa dopo la Guerre napoleoniche.
    Questa “Santa Alleanza” è l’obiettivo della diplomazia e della geopolitica religiosa della Chiesa di Roma? Tutto porta a crederlo. Questa Santa Alleanza di “religioni tradizionali” contro il “male religioso” delle religioni politiche può avere successo solo se si basa su un asse di “potenze mediterranee”, cioè “euro-arabe”. L’attuale normalizzazione arabo-israeliana renderebbe possibile il successo di tale diplomazia? Siamo solo all’inizio del processo, il cui fronte di battaglia è in Libano. L’evoluzione della situazione interna libanese consentirà di dire se questo processo avrà o meno successo.

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