Il patriarcato di Mosca torna
ai tempi delle scomuniche

Qualcuno ricorderà che quando Vladimir Putin lanciò la sua “operazione militare speciale” contro l’Ucraina, tra i primi a dargli manforte ci fu il patriarca della Chiesa ortodossa russa Kirill I. Cosa vedeva? Il suo primo discorso pubblico dopo l’inizio di quella che Mosca chiama “operazione militare speciale” diede una risposta chiarissima: “Una guerra metafisica”. Vuol dire che per il patriarca era evidente, come spiegò, la guerra tra la madrepatria russa che difendeva i valori fondanti della sua anima cristiana e la scristianizzazione occidentale che voleva esportare anche in quella parte d’Europa, a mezzo dell’Ucraina, i Gay Pride, simbolo per eccellenza del male. Il conflitto era metafisico nel senso che era tra chi intende sedere alla destra e chi alla sinistra del Padre.

Il 20 febbraio di quest’anno, in prossimità dell’anniversario dell’intervento militare russo, la questione è tornata d’attualità. Come e perché lo ha spiegato l’ex numero due del patriarcato moscovita in quanto responsabile delle relazioni internazionali, Hilarion, retrocesso a metropolita di Budapest (città però decisiva per la diplomazia russa quale sede comunitaria a essa vicina) e ora anche presidente della Commissione teologica e biblica del patriarcato. In un’intervista all’agenzia Novosti, Hilarion ha infatti chiarito che per la Commissione “benedire le coppie dello stesso sesso è in radicale contraddizione con l’insegnamento morale cristiano. […] Queste nuove decisioni della Chiesa cattolica contraddicono le norme morali fondamentali”.

Non ho cercato documenti della commissione sulle norme morali fondamentali, mi ha interessato invece capire meglio cosa non vada ai teologi e biblisti russi della Dichiarazione “Fiducia supplicans”, pubblicata dalla Santa Sede il 18 dicembre 2023. Hilarion ha infatti specificato che il documento è stato consegnato al patriarca Kirill, in attesa della valutazione sua e del Santo Sinodo.

Parto da una constatazione: il punto di fondo della Dichiarazione “Fiducia supplicans”, come è ormai noto a chiunque ne abbia letto qualcosa, è la ricerca di un modo che possa tenere insieme la chiarezza dell’insegnamento e la vicinanza pastorale alle persone, “nelle loro difficoltà”. A me sembra che questo sia in fin dei conti il tema di fondo del pontificato di Papa Francesco. Ognuno ha un suo tema di fondo: “la guerra metafisica” è uno, la cura degli uomini in carne e ossa, pur nella chiarezza dell’insegnamento, un altro. E questa cura può passare anche attraverso una benedizione, non liturgica, di due persone che la chiedano insieme. Su questo Francesco ha detto: “Quando spontaneamente si avvicina una coppia a chiederle [le benedizioni], non si benedice l’unione, ma semplicemente le persone che insieme ne hanno fatto richiesta”.

Padre Lorenzo Prezzi, tra i più attenti osservatori dei rapporti ecumenici tra Chiese e della realtà cristiano-orientale, sul sito dei padri dehoniani ha presentato e commentato per primo queste novità, ricordando che da lungo tempo il patriarcato di Mosca ha rinunciato a ogni dialogo teologico, limitandosi a quello strategico con la Santa Sede, relativo cioè alle azioni e agli atteggiamenti comuni. Quindi ha sottolineato che nella dichiarazione resa all’agenzia Novosti il metropolita Hilarion ha detto: “Si parla di coppie dello stesso sesso come di persone che hanno bisogno della benedizione della Chiesa per essere guarite ed edificate. Si può quindi benedire la coppia e non ciascuno individualmente. È vero che la dichiarazione esprime ripetutamente, e in forme diverse, la preoccupazione che tali benedizioni non debbano essere ritualizzate, che siano spontanee e non avvicinabili al matrimonio. […] Il documento assicura che rimane immutato l’insegnamento della Chiesa sul matrimonio come unione di un uomo e una donna, aperti alla procreazione. Ma, nello stesso tempo, questa pratica di benedire le coppie omosessuali, dal nostro punto di vista, è in radicale contraddizione con l’insegnamento morale cristiano”.

Il commento del religioso, esperto di questione relative al dialogo tra cattolici e ortodossi, è accurato: “L’osservazione ignora la reiterata affermazione circa la distanza fra convivenza omosessuale e matrimonio, porta sul piano sacramentale quello che non lo è e rimuove l’opportunità di un approccio pastorale a situazioni di particolare complessità. Come se ogni benedizione fosse inevitabilmente rituale e liturgica. Senza percepire e riconoscere il debito verso una cultura diffusa in Russia che giustifica gravi e sistematiche violenze sugli omosessuali. Ne I fondamenti della concezione sociale si può leggere: ‘La Chiesa ritiene che coloro che propagandano uno stile di vita omosessuale non devono essere ammessi all’insegnamento, a un’attività educativa o di altro tipo a contatto coi bambini o con giovani, come pure a occupare posti direttivi nell’esercito o negli istituti di rieducazione’. Non una parola è stata detta dalla Chiesa per difendere la dignità degli omosessuali dall’internamento, dalle violenze, dalla sistematica esclusione sociale. Come è successo nel documento sull’inviolabilità della vita umana (pubblicato il 27dicembre 2023) in cui l’assolutezza adamantina della difesa della vita era successivo alla perseguita ed efficace influenza per far decadere un progetto di legge a difesa delle donne nelle violenze familiari. Il peccato di sodomia diventa il peccato più grave e imperdonabile. Si trasforma in delitto fino ad apparire come la cartina di tornasole dell’intera civiltà”.

Si può non vedere nell’irrituale passo del patriarcato ortodosso russo un tentativo di interferire negli “affari interni” di un’altra Chiesa sposando una tesi (quella della benedizione individuale ma mai insieme) sostenuta da molti critici di Francesco? La possibilità di un desiderio di interferenza forse c’è, ma questa è un’illazione. Di certo c’è uno sguardo poco fraterno anche verso altre Chiese, che il metropolita non definisce ancora tale visto che ha detto che anche i protestanti hanno cominciato così, con delle benedizioni non liturgiche, per poi giungere in alcune loro comunità (non Chiese) a ben altro. Questa contenuta empatia riguarda anche Chiese sorelle, cioè appartenenti alla famiglia dell’ortodossia: anche gli ortodossi greci sono stati criticati da un altro autorevole esponente del patriarcato di Mosca, Yacklimehuk, per non aver saputo impedire l’introduzione nell’ordinamento greco – da parte del governo – del matrimonio omosessuale.

L’impressione di padre Lorenzo Prezzi è che Mosca dal banco degli imputati per il sostegno all’invasione dell’Ucraina voglia passare allo scranno di custode dei veri valori cristiani. Qui a mio avviso sopraggiunge la centralità di una nuova teologia, quella della citata “guerra metafisica”, cioè di una guerra tra bene e male, tra buoni e cattivi. Questa visione richiede di spezzare il filo che porta a Sant’Agostino, il fervente avversario del manicheismo. E forse è così, visto che Hilarion ha enunciato una chiara rivendicazione messianica: “La Chiesa ortodossa russa è quella forza frenante – lo dico con piena responsabilità – che testimonia praticamente da sola con coraggio e decisione l’immutabilità dei comandamenti stabiliti da Dio che sono alla base dell’esistenza umana”. Cosa dicano i comandamenti stabiliti da Dio sul caso Navalny, deceduto quattro giorni prima di questa intervista, non viene detto. Ne hanno parlato però quattrocento preti ortodossi russi, quelli che hanno saputo chiedere la restituzione della salma di Navalny alla madre.

 

 

Immagine di copertina: il patriarca della Chiesa ortodossa russa Kirill benedice alcune persone nel Donetsk, 7 maggio 2011, durante la sua visita in Ucraina. Foto di Alexander Khudoteply/Afp.

 

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