Sociologo sofisticato e intellettuale engagé

Dieci anni fa, il 24 gennaio, se ne andava uno dei più grandi sociologi di sempre, Pierre Bourdieu. Il padre dei concetti di “campo”, di “violenza simbolica”, di “traiettoria” e di “habitus” e di molte altre parole chiave che ancora oggi hanno commercio comune negli studi sulla società. Lasciava più di 350 pubblicazioni, tra cui alcune famosissime opere come La distinzione, Ragioni pratiche o le Meditazioni pascaliane.

Professore al Collège de France, dottore honoris causa in numerose università del mondo, premiato con la medaglia d’oro del Cnrs, è stato uno dei punti di riferimento delle scienze sociali per almeno un trentennio. Star non solo accademica ma anche mediatica con un occhio accuminato ha sezionato la società francese e i suoi gusti rappresentandola sui suoi celebri assi cartesiani. Non c’è modo di comprendere il nostro posto nella società se non comprendendo le nostre traiettorie concrete e attraverso i vari campi che compongo la nostra vita.

Nella Distinzione analizza le ragioni per le quali si giudica bella un’opera d’arte, ma anche – e questo preme molto a Bourdieu – per cui si beve una marca di whisky piuttosto che un’altra o si ascolta un determinato tipo di musica. «La cosiddetta volgarità», dice Bourdieu, «consiste spesso nel fatto che uno che non è naturalmente distinto, cioè non plasmato in modo da esserlo spontaneamente, assume gli atteggiamenti di chi è distinto». Altro che snob, se ci piace qualcosa è perché siamo quel che siamo e questo dipende da dove siamo cresciuti.

Non solo ponderosi studi. Pierre Bourdieu ha rivestito anche le vesti di duro polemista e intellettuale engagé. Contro il postmodernismo, ha criticato le simpatie naziste di Martin Heidegger e visto i legami tra pensiero e risvolti privati e i «fast thinkers» come Jean Baudrillard e Guy Debord che pontificano nei salotti invece di affondare le mani nelle questioni più spinose. Ma anche il dominio simbolico della tv (memorabili le sue parole dopo la morte di Lady D) e fin dal 1971, si scaglia contro i sondaggi d’opinione strumento di oppressione nella società della comunicazione. «L’opinione pubblica non esiste» era il suo slogan in quella battaglia ancora oggi così decisiva.

Bourdieu è stato un amico di «Reset» che fin dai primi numeri, una ventina di anni fa, ha pubblicato numerosi interventi del sociologo. A dieci anni dalla sua scomparsa ripubblichiamo due interviste che ci sembrano ancora importanti e capaci di illuminare non solo la figura del grandissimo osservatore della società ma anche la stessa realtà odierna.

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