COSE DELL'ALTRO MONDO

Riccardo Cristiano

Giornalista e scrittore

Da Bologna riparte la sfida di Bergoglio

Un viaggio che può essere riassunto in poche parole: icona di umanesimo integrale. Ma anche di determinazione ad andare avanti. Se qualcuno pensava che gli ultimi eventi avessero fermato il cammino del pontificato di Jorge Mario Bergoglio, da Cesena e Bologna è arrivata la risposta più chiara. Il pontificato non si è arenato, non c’è aria di “inciucio” in Vaticano. Chi aveva sperato che la nomina del cardinale Burke e alcune affermazioni sulla necessità di capirsi, o discutere, del segretario di stato, cardinale Pietro Parolin, indicassero una ricerca di accomodamento in tempi che annunciano una Vatileaks 3, la risposta è stata chiarissima. Come immagine questa risposta sta nel braccialetto identificativo che i migranti hanno offerto al papa e che lui ha messo al polso; giallo, e chi vuole capire ha certamente capito. E poi il pranzo in duomo con i poveri, che i lefebrviani hanno subito definito “profanazione”, come se Gesù usasse pranzare con i ricchi. Fortissimo, e chiarissimo, è stato anche il richiamo al cardinale Lercaro, simbolo della Chiesa conciliare italiana, che chiedeva come chi condivide il pane celeste possa non condividere anche quello terrestre. Una domanda alla quale gli avversari del cardinale Lercaro non avevano trovato risposta e che difficilmente gli avversari di papa Bergoglio troveranno. Ma non ci sono stati solo gesti. Anche discorsi. Fortissimi. A cominciare dal primo, a Cesena, quando papa Francesco è tornato sulla centralità della lotta alla corruzione, vero cardine di questa fase del pontificato. La lotta alla corruzione come antefatto alla lotta per lo sviluppo e la legalità è parsa offrire nuove argomentazioni alla possibile “scomunica comune” per corrotti e mafiosi, dove gli uni sono il terreno di coltura e crescita degli altri.

Bergoglio ha quindi ribadito la pienezza conciliare della sua Chiesa. Per prima cosa negli incontri, con il mondo del lavoro e con gli studenti e accademici in particolare modo. “Lo studio serve a porsi domande, a non farsi anestetizzare dalla banalità, a cercare senso nella vita. È da reclamare il diritto a non far prevalere le tante sirene che oggi distolgono da questa ricerca. Ulisse, per non cedere al canto delle sirene, che ammaliavano i marinai e li facevano sfracellare contro gli scogli, si legò all’albero della nave e turò gli orecchi dei compagni di viaggio. Invece Orfeo, per contrastare il canto delle sirene, fece qualcos’altro: intonò una melodia più bella, che incantò le sirene. Ecco il vostro grande compito: rispondere ai ritornelli paralizzanti del consumismo culturale con scelte dinamiche e forti, con la ricerca, la conoscenza e la condivisione.” Non sono parole che possono lasciare dubbi sui destinatari: in primis i cantori della paura, i populisti. “Ci servono parole che raggiungano le menti e dispongano i cuori, non urla dirette allo stomaco. Non accontentiamoci di assecondare l’audience; non seguiamo i teatrini dell’indignazione che spesso nascondono grandi egoismi; dedichiamoci con passione all’educazione, cioè a “trarre fuori” il meglio da ciascuno per il bene di tutti […] Non accontentatevi di piccoli sogni, ma sognate in grande. Voi, giovani, sognate in grande! Sogno anch’io, ma non solo mentre dormo, perché i sogni veri si fanno ad occhi aperti e si portano avanti alla luce del sole. Rinnovo con voi il sogno di «un nuovo umanesimo europeo, cui servono memoria, coraggio, sana e umana utopia»; di un’Europa madre, che «rispetta la vita e offre speranze di vita»; di un’Europa dove i giovani respirano l’aria pulita dell’onestà, amano la bellezza della cultura e di una vita semplice, non inquinata dagli infiniti bisogni del consumismo; dove sposarsi e avere figli sono una responsabilità e una gioia grande, non un problema dato dalla mancanza di un lavoro sufficientemente stabile” .

Questo è il nucleo della risposta alle polemiche fuori dalla Chiesa, nella società. Il cattolicesimo al tempo di papa Bergoglio non rinuncia al sogno, alla fratellanza, alla solidarietà, alla costruzione di una teologia dei poveri per scardinare e sostituire la teologia del potere, che vuole la Chiesa un giudice al di fuori e al di sopra della storia e che quindi ha bisogno del potere e del rapporto con il Potere per imporre la sua legge. La teologia del poveri invece vede in questi la carne di Cristo e nella cura delle loro ferite la cura delle ferite di Cristo. Sono loro i suoi primi “alleati”, quelli con cui va a pranzo. Dunque non c’è arretramento, non c’è “un venire a patti” sulla radicalità evangelica, anche se questa viene perseguita nel nome della superiorità del tutto e delle possibilità concrete di operare per le persone e non per le idee.

Ma la risposta non è mancata anche sulle difficoltà e polemiche interne alla Chiesa. Ed è stata fortissima. Il papa ha ricordato la parabola dei due figli che rispondono al padre che li invita ad andare nella sua vigna: il primo risponde di no, ma poi va, il secondo risponde sì, ma poi non va. Il primo è pigro, ma dopo aver risposto di no seguita a sentire la voce del padre, il secondo è ipocrita, e la voce del padre in lui è morta. “ Cosa dice questo a noi? Che non esiste una vita cristiana fatta a tavolino, scientificamente costruita, dove basta adempiere qualche dettame per acquietarsi la coscienza: la vita cristiana è un cammino umile di una coscienza mai rigida e sempre in rapporto con Dio, che sa pentirsi e affidarsi a Lui nelle sue povertà, senza mai presumere di bastare a sé stessa. Così si superano le edizioni rivedute e aggiornate di quel male antico, denunciato da Gesù nella parabola: l’ipocrisia, la doppiezza di vita, il clericalismo che si accompagna al legalismo, il distacco dalla gente. La parola chiave è pentirsi: è il pentimento che permette di non irrigidirsi, di trasformare i no a Dio in sì, e i sì al peccato in no per amore del Signore. La volontà del Padre, che ogni giorno delicatamente parla alla nostra coscienza, si compie solo nella forma del pentimento e della conversione continua. In definitiva, nel cammino di ciascuno ci sono due strade: essere peccatori pentiti o peccatori ipocriti. Ma quel che conta non sono i ragionamenti che giustificano e tentano di salvare le apparenze, ma un cuore che avanza col Signore, lotta ogni giorno, si pente e ritorna a Lui. Perché il Signore cerca puri di cuore, non puri “di fuori”.”
Più chiaro di così Bergoglio non poteva essere. In Vaticano la porta è aperta, ma al Concilio.

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