L’Italia bloccata

Oggi sui giornali: i dati sull’economia in deflazione, quelli sulla disoccupazione in aumento; la manovra economica in preparazione; il Jobs Act del governo; la nuova idea di Renzi di mettere in busta paga anche il Tfr.

Il Corriere della Sera: “L’Italia arretra, conti da rivedere. Nuovo record negativo della disoccupazione giovanile. Renzi rilancia: stipendi più pesanti. Il Pil a -0,3 per cento. Pareggio strutturale di bilancio rinviato al 2017. Ora la tratative con la Ue”.
A centro pagina, con foto: “L’Isis non si ferma: decapitati quattro curdi, tre sono donne”.
E poi: “Norme sblocca cantieri, Bankitalia e Cantone: c’è il rischio riciclaggio”.
Un riquadro si sofferma anche su una inchiesta nei confronti di due manager Eni: “Evasione fiscale per fondineri. I pm accusano due manager Eni”.

La Repubblica: “Lavoro, i ribelli pd all’attacco di Renzi. Il Pil giù dello 0,3%”, “La minoranza annuncia battaglia in Senato sull’articolo 18”, “Il premier: la gente sta con me, D’Alema? Mi porta consensi”, “Padoan: quadro peggiorato, pareggio di bilancio solo nel 2017”.
In evidenza, la corrispondenza di Federico Rampini da New York: “’Il primo malato di Ebola’. L’incubo sbarca negli Usa”, “Un viaggiatore che ha contratto il virus in Liberia”.
A destra, il reportage da Hong Kong di Giampaolo Visetti: “Tra i ragazzi di Hong Kong che sfidano il potere rosso”, “lanciamo un ultimatum all’esercito di Pechino: ‘Via o occupiamo i palazzi”.
In taglio basso: “Rai, canone pagato dalla Lotteria Italia”, “Bollettino addio, viale Mazzini finanziata dall’acquisto dei biglietti”.

La Stampa: “Renzi: grazie a bonus e Tfr 180 euro in più in busta paga”, “Pil giù, consumi fermi. Padoan: pareggi di bilancio slitta al 2017”, “La minoranza dopo la direzione: votiamo i nostri emendamenti. Il premier: D’Alema? Se parla prendo voti”.
Sotto la testata, si ricorda che un anno fa c’è stata la tragedia di Lampedusa, con la testimonianza di un sopravvissuto eritreo: “’Io, scampato al naufragio, sono rinato in Svezia’”.
E la denuncia di Amnesty, che “accusa i Paesi Ue: ‘I morti colpa loro’”.
Un anniversario ricordato nella colonna a destra: la rivolta di Berkeley nel settembre del 1964: “Berkeley la ribelle, e l’America scoprì una nuova libertà”. Di Umberto Gentiloni.
A centro pagina, foto di manifestazioni in Francia: “Parigi, l’autunno caldo in strada e in passerella”, “Professionisti e pensionati contro liberalizzazioni e caro vita. E Chanel inscena la contestazione di lusso”.
La colonna a sinistra è dedicata all’Isis: “Diecimila soldati turchi al confine con la Siria”, “L’Isis decapita 3 curde”.

Il Sole 24 Ore: “Recessione e deflazione: l’Italia rimane bloccata. Istat: disoccupazione giovanile record al 44,2 per cento, la scarsità di postiè tendenza strutturale. A settembre prezzi a -0,3 per cento. Il Pil giù anche nel terzo trimestre”. E poi i mercati valutari: “L’Euro cade sotto 1,26 dollari. Valuta europea ai minimi biennali, Borse in ripresa”.
A centro pagina: “Il pareggio di bilancio slitta al 2017. Il Def: deficit al 3 per cento quest’anno, 2,9 l’anno prossimo (più 0.7 rispetto al tendenziale). Padoan: quadro molto deteriorato. Renzi: col tfr 180 euro in busta paga”.
In prima anche la notizia della elezione a vicepresidente del Csm di Giovanni Legnini, e quella dei rilievi sul provvedimento “sblocca Italia”: “Cantone-Bankitalia-Antitrust: sblocca-Italia da cambiare”.

Il Giornale: “Occhio, Renzi tentenna. Mezza retromarcia sul lavoro. Il premier apre al reintegro per i licenziamenti disciplinari. Allarme Forza Italia: puzza di imbroglio”. E poi: “Toghe in trincea come negli anni ’70. Assalto a imprese e Jobs Act”.
A centro pagina, con foto: “Il baby opinionista? Ridateci Ambra”. “A 14 anni ospite di ‘Piazza Pulita’”. Si parla del giovanissimo simpatizzante grillino ospite lunedì della trasmissione di Formigli.
E poi: “Camera, i tagli agli stipendi cancellati dagli ‘incentivi”. Si tratta dei limiti agli stipendi dei dipendenti di Montecitorio che sarebbero “quasi un bluff”.

Il Fatto: “Il partito unico c’è già. Pd & Fi, i voti fotocopia”, “nel primo anno e mezzo di legislatura, i due partiti ‘avversari’ hanno votato quasi sempre allo stesso modo: Zanda e Verdini nel 99,8% dei casi, Boschi e Gelmini nel 90,3. Ieri l’Agcom ha regalato 200 milioni a Mediaset e Rai: il commissario pidino s’è astenuto”.
A centro pagina, foto della segretaria Cgil Camusso: “Renzi spara: ‘Altri 100 euro’. E sfida la Cgil in piazza”, “’Il Paese non sta col sindacato’”, “Domani Jobs Act in Senato: i dissidenti ci provano. Ma ormai i giovani furbi -da Orfini a Speranza- stanno con Matteo”.
In taglio basso, la vicenda di Teresa Bene, laica in quota Pd eletta al Csm. Ma per l’organo di autogoverno della magistratura non aveva i requisiti. Il titolo: “Csm, ennesima figuraccia: la Bene non va bene”, “Il nuovo Consiglio Superiore si insedia, elegge Legnini vicepresidente ed ‘espelle’ l’avvocatessa ex consulente del ministro Orlando quando era all’Ambiente. Napolitano furioso: ‘Parlamento frettoloso e disattento’. In serata altro schiaffo al Colle: fumata nera numero 15 per Violante e per l’indagato Bruno alla Consulta”.

Deflazione, manovra
Ieri in tarda serata la conferenza stampa del ministro dell’Economia Piercarlo Padoan e del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Graziano Delrio, riassunta così da La Repubblica: “Padoan: ‘Pil giù dello 0,3%, circostanze eccezionali, pareggio rinviato al 2017’”. “Il quadro macroeconomico è molto deteriorato2, ha detto dopo il varo in Consiglio dei ministro del Documento di economia e finanza, la “cornice” dell apolitica economica del prossimo anno, che sembra andare “verso una prova di forza con l’Europa”. Con un’economia che ormai sta in recessione da tre anni consecutivi, deflazione conclamata e disoccupazione oltre i livelli di guardia, “il governo ha cercato di evitare una manovra pesante”, secondo il quotidiano, ed ha scelto di “alzare l’asticella del rapporto deficit-Pil: quest’anno non abbiamo più un obiettivo del 2,6 per cento, ma saliremo al 3 per cento tondo. Alla pagina seguente: “E’ l’addio al Fiscal compact, ma ora Renzi promette al Ue un patto-lavoro alla tedesca”. Il “progetto”, illustrato da un articolo di Federico Fubini :l’offerta di un incontro a sindacati e imprese: il premier proporrà salario minimo e legge sulla rappresentanza per facilitare un accordo storico che liberalizzi la contrattazione aziendale consentendo un recupero di produttività.
Il Fatto: “Il Def è appena nato e già mente: recessione sottostimata nel 2014”, “L’Istat: Pil giù anche nel terzo trimestre. Il -0,3% del governo è già superato”.
“L’Italia rimane in deflazione anche a settembre”, scrive Il Sole 24 Ore. Il dato è -0,3 per cento. A peggiorare il quadro ieri sono arrivatianche i dati sulla flessione del pil nel terzo trimestre. In Euro ilistini sono ancora sopra lo zero, ma calano. E in Italia – secondo gli analisti che ieri hanno commentato i dati – quello che occorre è una “politica fiscale di stimolo e una politica monetaria espansiva”, come ha detto ieri Sergio De Nardis di Nomisma.
Il quotidiano di Confindustria dà anche notizia delle intenzioni del governo, perché ieri – dopo l’approvazione della nota aggiornamento al Def – il ministro Padoan ha spiegato alcune caratteristiche della manovra economica: “Pareggio strutturale di bilancio rinviato al 2017. E utilizzazione per il 2015 di uno spazio pari a 10-11 miliardiper la crescita facendo leva sullo scarto di 0,7 punti tra il deficit tendenziale collocato al 2,9 e quello a legislazione vigente, fissato al 2,2”. Il nostro paese insomma chiuderà il 2014 in recessione, ma nel 2015 torneremo a crescere (di poco). E Padoan – nel sottolineare che quest’anno viene rispettato il tetto del 3 per cento – spiega che l’Italia deve rallentare il camminoverso l’azzeramento strutturale del deficit. “Il quadro economico si è molto deteriorato”, ha detto il ministro, e “il ricorso alle circostanze eccezionali servirà a motivare il rinvio al 2017 del pareggio di bilancio”, previsto dal Fiscal compact.

Lavoro, Renzi, governo, Pd

A pagina 2 de La Repubblica: “Il piano della minoranza pd: ‘Il jobs Act al Senato salterà’. Renzi: ‘Ridurrò i no a 6-7’”, “Il premier: quando D’Alema parla io guadagno punti’. Ma la battaglia sarà a Palazzo Madama sugli emendamenti”. La riunione dei 30 senatori dissidenti, spiega il quotidiano facendo riferimento ai firmatari di 7 emendamenti che correggono profondamente la riforma del lavoro renziana, “è servita ieri a mostrare la tenuta della minoranza”. E si riferiscono le parole del senatore Miguel Gotor: “Siamo tutti d’accordo sul principio di autonomia dei parlamentari quando si parla di un tema centrale come il lavoro”. Come dire che il voto della direzione a favore del premier, a Palazzo Madama vale fino ad un certo punto. La situazione è però in movimento, perché oggi arriverà l’emendamento del governo che recepisce “le aperture” fatte dal premier in direzione lunedì: il reintegro sul posto di lavoro viene previsto per motivi discriminatori e disciplinari, fine dei co.co.pro (contratti di collaborazione a progetto), risorse in Finanziaria per gli ammortizzatori sociali universali. Questo potrebbe creare altre fratture tra gli oppositori. Il quotidiano intervista il leader della minoranza Gianni Cuperlo, che dice: “La nostra partita non finisce qui, sui licenziamenti bisogna cambiare”, “il confronto sull’articolo 18 non si è concluso lunedì sera” (ovvero in direzione, con l’approvazione dell’ordine del giorno renziano). La minoranza Pd manterrà gli emendamenti presentati? “Io spero che li voti tutto il Pd perché lo spirito è migliorare la riforma”. Mettete nel conto anche una crisi di governo? “Non scherziamo”. Si può pensare che una parte del Pd se ne vada? “Lo voglio escludere e lo escludo”.
La Stampa, pagina 2: “Pd, si placa il dissenso. E Renzi rilancia: 180 euro in busta paga”, “Al bonus verrà aggiunto il Tfr: ‘inizia a fare una bella dote’., La sinistra per ora mantiene gli emendamenti ma non morde”. Poi le parole del presidente dell’assemblea Pd Matteo Orfini in una videochat del quotidiano: “Chi ha votato contro sarà leale in aula”. La pagina seguente, in un “retroscena” di Fabio Martini: “E il premier: tutto possibile se il governo va sotto”, “’Se sarà decisivo il voto di Forza Italia, ne trarrò le conseguenze’”.
Su Il Giornale: “I dubbi azzurri sulla riforma: ‘Puzza di grande imbroglio’. Berlusconi deluso dal dietrofront di Renzi sull’articolo 18 per le cause disciplinari. Il timore è che il premier ceda alla sinistra e finisca di annacquare il Jobs Act”. A parlare di rischio “grande imbroglio” è Renato Brunetta, che ha detto che resta il dubbio che quel che è uscito dalla direzione del Pd. Dice Brunetta: “‘Il Fatto di ammettere la reintegra non solo per ragioni discriminatorie ma anche discplinari di fatto vanifica la portata ‘eversiva’ della riforma, nel senso che ritorniamo pienamente alla legge Fornero. Sarebbe l’ennesimo imbroglio, l’ennesimo trucco e non ce lo meritavamo. Speriamo non sia così'”.
Lo stesso quotidiano intervista un imprenditore: Angelo Petrosillo, della Blackshape Aircraft, sede a Monopoli, produce aerei d’addestramento. “Io sono perché il reintegro operi solo se c’è una discriminazione, che è una violenza schifsa da parte di chiunque la compia. Ma se ci sono ragioni economiche oggettive, o se hai un dipendente che che vede siti porno in orario di lavoro, devi avere la libertà di licenziarlo, senza che sia un Tribunale a decidere, perché non è un giudice che paga se tu chiudi l’azienda”.

In ogni caso, spiega il Corriere, Renzi non ha intenzione di mettere la fiducia sul provvedimento in Aula. E anzi “il premier segretario chiede ai più estremisti tra i renziani di ‘non adottare posizioni da guerrafondai’ perché sa che questo è un momento importante e che da una arte della ‘minoranza c’è apertura’, D’Alema a parte, e non coglierla sarebbe una colossale stupidaggine politica. Del resto, anche Napolitano l’altro ieri gli ha detto di incamminarsi lungo questa strada perché ha capito che gli oppositori interni non vogliono né il suo scalpo né tanto meno quello del governo”.
Su Europa Stefano Menichini scrive che sulla vittoria di Renzi in Direzione rimane “un’ombra”, perché da questo dibattito “gli italiani hanno capito (e apprezzato) la novità che presto ci saranno tutele e protezioni estese a chi non le ha mai avute”, e “Renzi non può ingannare nessuno su questo punto cruciale”. E “quel miliardo e mezzo messo come posta per i “nuovi” ammortizzatori sociali è davvero poca cosa, e contemporaneamente è tanto per le casse dello Stato”.
Sul Sole un “Focus lavoro” si sofferma sul merito del disegno di legge delega, e in particolare sulle novità sull’articolo 18 con due interviste: “Sacconi: no al ritorno di rigidità”, ovvero il timore del relatore in Commissione Lavoro del Senato che Renzi non riesca a sfuggire alla “sindrome Fornero”, che “invece di fare un mercato del lavoro più flessibile lo fece più rigido”. “Il testo del Pd è ambivalente”, dice Sacconi. Inoltre: “Se si cancellano le cocopro bisogna allo stesso tempo deregolare le partite Iva. Gli abusi vanno repressi”.
Secondo Tommaso Nannicini, esponente del Pd, “esperto di Renzi per la riforma” e docente alla Bocconi, invece, si “individueranno ‘casi estremi’ di licenziamenti disciplinari illegittimi dove rimarrà il reintegronel posto di lavoro”, mentre per i licenziamenti economici non esisterà il reintegro. “Sulla gestione deve decidere solo l’imprenditore, non il giudice”. E poi: “spariranno i cocopro ma non le collaborazioni per esigenze stagionali di studenti e pensionati”.
Il Corriere della Sera: “Licenziamenti disciplinari, sfida aperta sul reintegro. Il governo prepara l’emendamento. Sacconi frena: solo indennizzi”. Il quotidiano spiega che l’emendamento dell’esecutivo sul punto “ancora non c’è”, che obiettivo di Renzi raggiungere un compromesso, e che il problema è che “più si accontenta la sinistra Pd, più si scontenta l’Ncd”.
Il Fatto interpella Giuseppe Berta, storico dell’industria e docente alla Bocconi di Milano: “Se Matteo Renzi vede in Tony Blair il suo mentore, allora è normale che cerchi di spezzare il legame con i sindacati: lo hanno fatto i laburisti inglesi e i socialdemocratici tedeschi. I primi non si sono ancora ripresi e vivono delle disgrazie altrui, i secondi fanno parte di una coalizione su cui non riescono ad incidere”. Sull’articolo 18 e sull’insistenza del premier per cambiarlo, a rischio di spaccare il partito: “Nessuno pensa -dice Berta- che questo, in una fase recessiva, generi posti di lavoro”. A cosa serve, allora? “Ci si rivolge all’Europa, ma soprattutto a un pubblico più ampio: quello che apprezza la politica antisindacale”, “il ceto medio, che è poi quello che si deve sobbarcare il peso maggiore delle tutele sociali”.
Su La Repubblica, in prima, il commento dell’economista Tito Boeri, si occupa dell’ordine del giorno che la direzione Pd ha votato e che prevede il reintegro ai lavoratori licenziati per motivi discriminatori o disciplinari: “oggi un datore di lavoro che volesse licenziare un dipendente può addurre sia ragioni di natura disciplinare (legate al comportamento del lavoratore) che economica (legate alla performance dell’impresa). Se il giudice ritiene che queste motivazioni siano infondate (si parla di ‘manifesta insussistenza’ nel caso di licenziamenti economici), può imporre la reintegrazione del lavoratore. Si vuole ora mantenere questa possibilità per i soli licenziamenti disciplinari. Ma il confine tra licenziamenti economici e licenziamenti disciplinari è molto sottile. I datori di lavoro avranno, nel caso questa modifica entrasse in vigore, l’incentivo a perseguire solo la strada dei licenziamenti economici, anche nel caso di comportamenti opportunistici di un proprio dipendente, dato che, almeno sulla carta, i licenziamenti economici costano meno dei licenziamenti disciplinari”.
Sulla stessa pagina, una riflessione di Nadia Urbinati: “L’articolo 18 che divide la sinistra”. “La maggioranza -si legge- condivide l’approccio neo-liberale e situa il lavoro in una cornice compiutamente privata: questa è la filosofia che sta dietro la proposta di abolire l’articolo 18. La minoranza non condivide l’approccio neoliberista e pensa di riformare, non abolire quell’articolo”. Non è la prima volta che un governo tenta di abolirlo, ma è la prima volta che un governo a leadership di centrosinistra vuole abolirlo: “la lotta tra liberisti e non (tra destra e sinistra) è catapultata dentro il Pd”.
Sul Corriere (“Un po’ di comprensione per le fatiche di Renzi”) Michele Salvati scrive che le battaglie che sta conducendo il premier e segretario del Pd non sono “acqua fresca, al contrario bollente”. E dunque Salvati si dice sorpreso dallo “scarso sostegno dei principali organi d’opinione”.

Tfr

Il Sole 24 Ore: “Renzi: in busta 100 euro di tfr al mese”. “‘Con il bonus fanno 180 euro per chi ne prende 1300. Alle aziende la liquidità Bce, ragioniamo con l’Abi'”. Il quotidiano ricorda comunque che prima di arrivare al tft c’è il voto in Senato sul disegno di legge delega sul lavoro. Sul tfr tuttavia -scrive Il Sole – la reazione delle imprese non è positiva: “Una scolta che peserebbe sulle imprese già a corto di liquidità, riducendo ancora gli investimenti e quindi la crescita”. Si rischierebbe di aumentare la sofferenza delle imprese, insomma.
Sul Corriere Nicola Saldutti e Massimo Franco scrivono che quello cui sta pensando Renzi sarebbe “un cambiamento epocale, con l’obiettivo di rimettere in moto la macchina inceppata dei consumi. Una finalità senza dubbio condivisibile che però suscita alcuni dubbi, da dissolvere in fretta”. Le piccole imprese dovrebbero avere – ha detto Renzi – una garanzia dall’Abi. Ma gli “accantonamenti annuali per il Tfr ammontano a 25 miliardi, secondo i calcoli di Alberto Brambilla, l’autore della norma sul trasferimento del Tfr nei fondi pensione. Di questi, 5,2 confluiscono nella previdenza complementare, 6 vengono versati dalle imprese con più di 50 dipendenti all’Inps e ben 14 sono finanziamenti per le piccole imprese. Con quel Tfr si costruiscono capannoni, si fa ricerca. Mettendo il Tfr in busta paga si aprirebbero, senza interventi compensativi, tre buchi: all’Inps verrebbero a mancare tre miliardi l’anno, i fondi pensione potrebbero contare su meno risorse e la previdenza integrativa continuerebbe ad avere vita stentata. E le aziende, all’improvviso, si vedrebbero private di una fonte di credito decisiva, proprio mentre la politica dei prestiti non è delle più agevoli”.

Sblocca Italia
Ascoltato ieri dalla Commissione Ambiente della Camera nell’ambito dell’esame del decreto cosiddetto Sblocca Italia, il presidente dell’Autorità anticorruzione Cantone ha detto che il provvedimento prevede “una serie di meccanismi utili per rilanciare” i projet bond, strumenti che finora hanno fnzionato pochissimo, ma che occorre fare attenzione ai rischi sul piano della normativa antiriciclaggio. Se i project bond “dematerializzati”, ovvero “al portatore, non nominativi”,possono essere il veicolo per riciclaggi, ha detto Cantone. Cantone ha anche espresso qualche perplessità su altri punti: il doppio incarico dell’Ad di Fs che è anche commissario straordinario per alcune opere al sud. Dovrebbe valutare l’impatto ambientale di opere” come la Napoli Bari e la Messina Palermo.
Sul Sole: “‘Troppi poteri al commissario Fs'”. Il quotidiano scrive che “ancora più grave” è l’allarme lanciato da Banlitalia, sul rischio che norme in deroga alla legislazione sugli appalti possano aprire la strada all’aumento di costi, tempi e corruzione”.
Critiche anche dall’autorità antitrust, in particolare sulle norme che riguardano le concessioni autostradali, di non “agevole comprensione” e comunque con “aspetti delicati in una prospettiva concorrenziale”, soprattutto per il prolungamento dlele concessioni a fronte di operazioni di fusione e collegamento tra concessionari.
Il Sole 24 Ore in un commento scrive che la “l’eccesso di legislazione dell’emergenza”, dei supercommissari, delle procedure di appalto inderoga, dei poteri sostitutivi, delle trattative private per piccole opere sono il miglior modo per produrre aumenti di costi e di tempi.

Isis

Sul Sole 24 Ore Alberto Negri, inviato nelle vicinanze di Kobane, “dove l’Isis sfida Ankara”. Si ricorda che i raid Usa non hanno ancora bloccato l’avanzata del Califfato”, e che la Turchia non ha concesso neppure la base aerea di Incirlik agli Usa. “I soldati turchi per il momento hanno abbandonato i psti di frontiera come Mushinpinar che ora sono controllati dai curdi. Ma è una situazione precaria, che crea una sorta di terra di nessuno sull’orlo del precipizio siriano.
Un altro articolo: “La Turchia si unisce alla coalizione contro il Califfato. Erdogan convoca lo stato maggiore. Domani il voto del Parlamento. Mobilitanti 10 mila uomini per respingere i jihadisti che portano il conflitto lunga la frontiera del Paese con l Siria”.
Anche il Corriere ha un inviato al confine tra Siria e Turchia, che racconta: “Due teste delle giovani combattenti curde decapitate sono appoggiate sulla cima di una colonna di cemento grezzo. I capelli lunghi e scuri di quella che sembra più giovane sporgono dalla piattaforma. Sullo sfondo l’azzurro pulito di una giornata di bel tempo di primo autunno”. Si tratta delle fotografie diffuse ieri mattina sui siti web dei gruppi islamici radicali, e la firma è quella dello Stato Islamico.

E poi

Il Corriere della Sera dà notizia del “sorpasso” Usa, che da ottobre avrà più produzione petrolifera dell’Arabia Saudita. “Il traguardo è storico, anche se era atteso da tempo”. “Il balzo in avanti” è stato dovuto alle “nuove tecnologie”, che tra l’altro sta producendo un effettosui prezzi. “L’era delle quotazioni che dipendevano dai capricci dell’Opec forse sarà ben presto un ricordo”, scrive il quotiiano. Gli Usa “hanno la possibilità di usare l’energia come strumento di politica estera”, “vanno verso l’indipendenza energetica” e “questo li rende già meno dipendenti, ad esempio, dai Paesi mediorientali”. Le complicazioni: i progressi gli Usa li hanno fatti soprattutto nell’area del gas naturale, difficile da trasportare. Inoltre l’aumento della produzione di greggio riguarda i petroli leggeri, mentre le raffinerie del Paese sono state costruite soprattutto per l’import di greggio pesante. Occorre riconvertire molti impianti, e questo costa, e crea vischiosità sui prezzi.
Ancora sul Corriere prosegue il dibattito – iniziato qualche giorno fa da Ernesto Galli della Loggia – su quel che l’Italia dovrebbe pretendere o meno dalla Germania, e sul futuro dell’Europa. Dopo il politologo era intervenuto ieri Lorenzo Bini Smaghi. Oggi tocca a Salvatore Bragantini.

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