Libertà di stampa e regole per giornalisti

Il giornalismo è una professione di precisione. Selezionare le parole giuste e calibrare i toni di un articolo è fondamentale per rendere al meglio i fatti della realtà, ma non solo. Confondere un “indagato” con un “condannato”, lasciarsi scappare un aggettivo di troppo, soffermarsi su un particolare colorato ma offensivo, sono infatti alcune delle rischiose sfumature del mestiere, con cui il giornalista deve fare i conti nel suo lavoro quotidiano. Attraverso esempi come questi e una serie di casi concreti, chiari e talvolta singolari, gli avvocati Caterina Malavenda e Carlo Melzi d’Eril, insieme al costituzionalista Giulio Enea Vigevani, passano in rassegna le “Istruzioni di un mestiere pericoloso”, sottotitolo al libro Le regole dei giornalisti.

Il volume, 178 pagine divise in sette capitoli e con la postfazione di Francesco Merlo, si presenta come uno strumento chiaro, mai pedante e utilissimo per chi la professione di giornalista la svolge o si appresta a farlo. Così come per chi i giornali li legge. Partendo dalla centralità della libertà di espressione nei regimi democratici, il libro mette in luce la difficoltà di mantenere il giusto equilibrio tra il diritto di cronaca e i diritti della persona – dal diritto alla reputazione a quello a tutelare la propria riservatezza, fino al dibattito più recente sul diritto all’oblio nell’era di Internet. Una difficoltà che si pone da sempre di fronte al giornalista, ma che riguarda anche i legislatori, arbitri di una partita che non di rado vede scontrarsi la necessità di tutelare un servizio fondamentale al vivere democratico, quale è quello dell’informazione, con il dovere di difendere i diritti dei cittadini.

Da sempre, gli illeciti di stampa – dalla diffamazione alla pubblicazione di dati sensibili o atti giudiziari – pendono come una spada di Damocle sulla testa dei cronisti. L’unica arma di difesa per i giornalisti diventa la propria capacità di comprendere dove finisce l’interesse pubblico e dove inizia la curiosità fine a se stessa; quali dettagli rientrano nel dovere di cronaca e quali invece costituiscono solo un espediente lezioso; dove finisce il diritto di critica e dove inizia la calunnia gratuita. Spesso, più la notizia è scottante e più è delicata; e più è delicata e più mette il giornalista di fronte a un bivio. Da una parte un’informazione corposa ma rischiosa. Dall’altra un labor limae che riduce la storia all’osso, dove il riportare assomiglia sempre più a una “mera operazione matematica” di sottrazione del particolare che dà come risultato un’“informazione non più completa ma essenziale”.

“La morale di questo manuale di giornalismo è che non c’è coraggio senza prudenza e non prudenza senza coraggio”. A svelarlo è Francesco Merlo, autore della postfazione del libro. Le sue testimonianze di “giornalista più querelato d’Italia” – eppure mai condannato, come sottolinea lui stesso – finiscono con il mettere in luce il rapporto speciale che si viene a instaurare tra il giornalista e l’avvocato: l’uno guida e l’altro “navigatore”, insieme custodi del diritto all’informazione e della libertà di espressione.

Titolo: Le regole dei giornalisti. Istruzioni per un mestiere pericoloso

Autore: Caterina Malavenda, Carlo Melzi D'Eril, Giulio Enea Vigevani

Editore: il Mulino

Pagine: 178

Prezzo: 15 (cartaceo) / 11,30 (e-book) €

Anno di pubblicazione: 2012



Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *