Israele, febbre da tradimento tra i coloni. «Annessione ora o mai più»

I leader degli insediamenti in Cisgiordania hanno accolto con delusione la notizia del rinvio della scadenza a del 1° luglio autoimposta dal primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu per iniziare il processo di annessione israeliana di parti della Cisgiordania: alcuni arrivano persino a prevedere che se il trasferimento non avverrà a luglio non avrà mai luogo. I leader degli insediamenti hanno persino parlato del 15 luglio come data di “scadenza” del piano di annessione.

La conferma dello slittamento è stata ufficializzata da Ofir Arkunis (Likud), uno dei ministri più vicini a Netanyahu. Parlando alla radio militare, Arkunis ha confermato che il processo di annessione non sarebbe iniziato mercoledì, dicendo che i funzionari stanno ancora lavorando agli ultimi dettagli con le loro controparti americane. “Il coordinamento con l’amministrazione americana non è qualcosa che può essere ignorato”, ha sottolineato il ministro. Una ragione in più per creare allarme tra i “guerrieri” di Eretz Israel.

Israel Gantz, capo del consiglio regionale Mateh Binyamin, che comprende 46 insediamenti e avamposti israeliani a nord di Gerusalemme, tra la Linea Verde e Gerico, ha sottolineato l’importanza della campagna elettorale presidenziale americana in vista del voto del 3 novembre. “Nei tre mesi precedenti le elezioni, gli Stati Uniti non faranno nulla di drammatico”, sostiene. Il capo del consiglio regionale di Gush Etzion, a sud di Gerusalemme, Shlomo Ne’eman, è stato cauto nei suoi commenti sul destino a lungo termine del piano di annessione, sottolineando che “c’è la possibilità che alla fine non succeda nulla”. Ciò che verrà fatto in questa fase non è del tutto chiaro perché dipende dalla posizione americana, afferma. Israele ha dato agli americani diverse opzioni “e non ne hanno sostenuta o respinta nessuna”, ha aggiunto.

Quella che sembra prendere sempre più corpo, nelle frenetiche trattative tra funzionari americani e israeliani, è l’opzione “annessione minima”. Questa ipotesi potrebbe interessare un unico grande insediamento: Gush Etzion, situato a sud di Gerusalemme, che ha una superficie di 56,9 km2 e 96.378 abitanti – il 21% del totale dei coloni – e che include 12 insediamenti di cui 10 all’interno del muro e 2 all’esterno e/o Ma’ale Adumim con una superficie di 4 km2 e 41.223 abitanti – il 9% sul totale dei coloni –, a est di Gerusalemme. Potrebbero essere inclusi anche altri insediamenti adiacenti alla Linea verde del 1967.

Oded Revivi è a capo del consiglio locale nell’insediamento di Efrat, tra Betlemme ed Hebron, ed è uno dei pochi leader dell’insediamento che sostiene pubblicamente il piano di Trump. Prevede che per il momento non accadrà nulla. “Alla fine – sostiene – il piano di annessione dovrà essere sottoposto a votazione in un forum di qualche tipo, la Knesset, il gabinetto”.

Per Revivi, luglio è l’ultimo mese in cui il processo di annessione può essere portato avanti, e questo perché in seguito l’attenzione politica negli Stati Uniti sarà diretta altrove. “L’idea era quella di arrivare a una situazione in cui, se l’annessione dovesse avvenire prima del Consiglio di sicurezza dell’Onu, gli Stati Uniti potrebbero porre il veto, ma se il calendario è troppo fitto, questo non accadrà”.

Molti dei leader degli insediamenti che hanno parlato con Haaretz, il quotidiano progressista di Tel Aviv, hanno ipotizzato che Israele stia considerando di annettere solo le aree direttamente sotto la giurisdizione degli insediamenti stessi, o di annettere la Valle del Giordano. Altri suggeriscono che parlare di annessione della Valle del Giordano è solo una manovra politica per servire Israele nei negoziati con il re di Giordania Abdullah II, dopodiché Israele potrebbe ritirarsi all’ultimo momento e procedere con un’annessione più limitata e sicura.

 

L’alleato “sfuggito”

I coloni della Cisgiordania si sono lamentati della freddezza che gli Stati Uniti ultimamente stanno dando loro, attribuendola alla pandemia di coronavirus, ai disordini razziali negli Usa e agli attuali “lugubri” numeri dei sondaggi di Trump. Ma hanno anche notato qualcos’altro: meno pressione da parte della base politica interna di Trump di quanto speravano.

“Abbiamo ricevuto messaggi che dicono che gli Stati Uniti sono interessati alla calma, che non vogliono un’altra polveriera, e anche che non c’è abbastanza pressione su Trump per applicare la sovranità”, rimarca Alhayani, riferendosi al processo di annessione.

Nelle ultime settimane, i coloni hanno tentato di fare pressione sul presidente attraverso i cristiani evangelici negli Stati Uniti, tra cui John Hagee, il ministro protestante televisivo. Yossi Dagan, che dirige il consiglio regionale di Samaria, è stato intervistato dal Christian Broadcasting Network negli Stati Uniti.

Ha parlato in termini accattivanti per il suo pubblico televisivo, dicendo che la sua è stata la generazione che ha avuto il privilegio di realizzare le profezie di Geremia, Amos ed Ezechiele, che profetizzavano il ritorno del popolo ebraico nella sua terra dopo 2.000 anni di esilio e la rinnovata presenza ebraica in Giudea e Samaria, i nomi biblici della Cisgiordania, oltre a Gerusalemme.

Anche Oded Revivi nelle ultime settimane ha avuto colloqui con i leader evangelici cristiani. “Giudea e Samaria? Sono nostre. Il mondo se ne faccia una ragione”, taglia corto, con Reset,  Revivi.

Domenica, lo stesso Netanyahu ha parlato in teleconferenza con l’organizzazione evangelica americana Christians United for Israel, dicendo al suo pubblico che il piano Trump prevede l’annessione degli insediamenti di Beit El (o Bethel, come è noto anche ai cristiani) e Shilo (o Shiloh), che sono “parte integrante della storica patria ebraica”. “Questi luoghi sono anche parte integrante dell’identità cristiana, parte del vostro patrimonio e della nostra comune civiltà”, ha aggiunto il primo ministro.

Alcuni leader degli insediamenti non considerano le osservazioni come un fermo impegno da parte di Netanyahu, ma piuttosto come uno sforzo per parlare al pubblico evangelico alle loro condizioni.

Negli ultimi mesi, i leader degli insediamenti in Cisgiordania hanno fatto pressione sui membri della Knesset per sostenere il piano di annessione. Lunedì alcuni hanno incontrato il ministro degli Affari strategici e parlamentare di Kahol Lavan, Orit Farkash-Cohen. “Vedo la necessità e l’importanza di tenere al più presto una serie di discussioni nel gabinetto di sicurezza sulle implicazioni del trasferimento nei suoi vari aspetti”, ha detto più tardi in una tiepida dichiarazione. Lo stesso giorno, il suo leader di partito, il ministro della Difesa (e futuro primo ministro) Benny Gantz ha dichiarato che il 1° luglio non era una “data sacra” per i piani di annessione.

Allo stesso tempo, i leader degli insediamenti che si oppongono al piano Trump hanno lanciato lunedì la campagna “Non decideranno”, con foto del presidente palestinese Mahmoud Abbas e del membro della Knesset della Joint List, La Lista araba unita, Ahmad Tibi, e un’altra che si riferisce alla promessa della campagna di Netanyahu sull’annessione. Lo slogan è tutto un programma: “Hai deciso – Mantieni la tua promessa”. La campagna è apparsa sulla prima pagina del quotidiano Israel Hayom di martedì, un quotidiano di destra che si rivolge a Netanyahu.

In un altro sviluppo di lunedì, 33 membri di spicco del movimento di insediamento, tra cui i capi del consiglio di Efrat, Ariel, Alfei Menashe e Oranit, hanno pubblicato una lettera al primo ministro intitolata “Sovranità – fare la storia”, in cui si chiedeva che adottasse il piano Trump.

“Per come la intendiamo noi- dice un alto funzionario del Consiglio di Yesha, l’organo di autogoverno delle colonie – gli americani non vogliono certo procedere con [l’annessione del] 30 per cento e stanno cercando ora di trovare un’alternativa con Bibi che da un lato farà avanzare l’insediamento e dall’altro darà qualcosa ai palestinesi”.

La principale preoccupazione dei capi del movimento è quella di un impegno israeliano di qualche tipo per congelare la costruzione degli insediamenti. Nel corso del tempo, in seguito all’annuncio dei piani di annessione, i membri del Consiglio di Yesha che si oppongono al piano Trump hanno espresso soddisfazione per la loro decisione. Essi sostengono che è diventato evidente che gli americani non intendono permettere l’annessione senza che Israele dia qualcosa in cambio ai Palestinesi.

E questo, per i più estremisti tra gli estremisti di Eretz Israel, sarebbe un peccato mortale. E come tale da punire. Con ogni mezzo, a ogni costo.

 

Ha collaborato Cesare Pavoncello.

Foto: HAZEM BADER / AFP

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