Monti: tratterò ad oltranza

Corriere della Sera: “Monti: tratterò a oltranza”, “Domani il vertice Ue. Merkel apre, ma non agli eurobond. Berlusconi parla di ‘indeterminatezza’”. E poi, ancora su Monti: “Avviso a Berlino e appello ai partiti per le riforme”.

L’Unità: “Euro, il piano c’è. Merkel no”.
In taglio basso: “E Berlusconi prepara la guerriglia”.

Il Giornale: “Monti chiede aiuto”, “Il governo traballa”, “Fiducia farsa sul lavoro (Berlusconi non lo vota) per non andare in Europa a mani vuote”.

La Repubblica: “Monti: salvare l’euro a ogni costo”, ‘Trattativa ad oltranza’. Berlusconi: farò io il ministro dell’Economia”.

La Stampa: “Monti-Merkel, sfida per l’Europa”. E le parole della cancelliera: “Niente eurobond finché vivrò’. Monti: non lascerò il tavolo senza intesa”.

Il Sole 24 Ore: “Merkel boccia il piano salva-euro”, “La cancelliera: nessun debito comune finché vivo. Monti: i Paesi virtuosi vanno aiutati”.

Crisi

Ieri il presidente del Consiglio, nel suo discorso alla Camera in vista del vertice Ue, ha affermato che “non sarà una riunione alla quale si andrà ad apporre un visto formale a documenti pre-preparati”, “sono pronto a restare oltre il limite previsto per la riunione del Consiglio Ue per lavorare fino a domenica sera se sarà necessario perché alla riapertura dei mercati, lunedì 2 luglio, ci si presenti irrobustititi da un pacchetto per la crescita, una visione per il futuro dell’integrazione, ma anche da meccanismi soddisfacenti per reggere alle tensioni del mercato”.  Il Corriere parla poi del monito lanciato da Monti alla cancelliera Merkel: Non possiamo permetterci che questa straordinaria opera della costruzione europea alla quale l’Italia ha sempre contribuito possa andare distrutta”. Sul fronte interno, Monti ha sottolineato che “è importante che l’Italia arrivi al negoziato del Consiglio europeo, difficilissimo, con la forza di un tandem governo-Parlamento”. In Europa -ha detto ancora- “non dobbiamo avere alcun complesso: noi rispettiamo le regole, se non le rispettiamo siamo consapevoli che ciò può essere sanzionato. Tuttavia, come forse avrete visto l’altro giorno nella conferenza stampa a Villa Madama, ho colto l’occasione per ricordare che furono Francia e Germania i principali protagonisti della più grande e prima violazione delle regole”.
“Anti-spread solo per i Paesi in regola”: così Il Sole sintetizza l’orientamento di Monti, che ha spiegato come l’Italia non intenda chiedre quegli aiuti riservati ai Paesi che non hanno fatto una severa cura di risanamento: “usare i firewall, Efsf e Esm, per evitare divaricazioni eccessive degli spread degli Stati che sono in regola con la disciplina di bilancio: l’Italia chiede un meccanismo che si applichi a chi ha rispettato le regole”, ha spiegato il premier.

Intanto ieri, come riferisce La Stampa, la cancelliera, nel corso di un incontro con i deputati liberali, suoi alleati di governo, avrebbe detto che nessuna mutualizzazione dei debiti ci sarà finché lei sarà in vita. Secondo il quotidiano c’è anche un cambio di direzione da parte della Germania che, finora, si era detta contraria a lanciare le obbligazioni comunitarie eurobond in questa fase, ma si era detta favorevole alla loro collocazione alla fine di un processo pluriennale che prevedesse un rafforzamento dei controlli sugli Stati nazionali. Ma neanche in uno Stato federale come la Germania -ha detto la Merkel- esiste una garanzia in comune dei debiti. Dietro l’irrigidimento, secondo La Stampa, c’è il rapporto preparato dai presidenti del Consiglio Ur Van Rompuy, della Commissione Ue Barroso , della Bce Draghi e dell’eurogruppo Junker, che apre proprio agli eurobond.  Il documento, come ha spiegato la cancelliera, è formulato in modo tale che si arriverebbe troppo presto a una mutualizzazione dei debiti. In mattinata la cancelliera ripeterà probabilmente il concetto al Bundestag, nel dibattito su vertice Ue.
Poi volerà a Parigi, fa sapere il Corriere della Sera, per una cena di lavoro con il presidente francese Hollande, che farà di tutto per ricomporre il dissidio alla vigilia del vertice: “dopo l’addio (almeno a breve termine) agli eurobond, ieri il ministro del Budget Cahizac ha per la prima volta rotto il tabù della sovranità nazionale, che Parigi ha strenuamente difeso e che Berlino vorrebbe invece progressivamente trasferire a Bruxelles. Nella formula linguistica usata dal ministro -‘condivisione di sovranità, più che abbandono’- c’è tutta la difficoltà della Francia di accettare la condizione posta dalla cancelliera Merkel per acconsentire all amutualizzazione del debito”.
Tuttavia, ancora secondo il Corriere, vi sarebbe un’apertura della Germania alla ipotesi di uno scudi per i titoli: aperture sul fondo salva Stati anti-spread che arriverebbero da Berlino in cambio di un patto politico (political compact) integrativo del già varato fiscal compact sui bilanci. Questo nuovo accordo di fatto consentirebbe alla Merkel di ‘commissariare’, tramite Bruxelles, i governi con i conti pubblici fuori controllo.

Su Il Sole 24 Ore Lorenzo Bini Smaghi, già membro del consiglio direttivo Bce, scrive che la vigilanza bancaria va centralizzata: bisogna unificare il controllo, soprattutto degli istituti rilevanti per la tenuta del sistema. “Il modo in cui è stato gestito il caso Bankia -secondo Bini Smaghi- conferma che la vigilanza bancaria nella zona euro non può continuare a essere attuata in modo decentralizzato”: l’argomento “rtadizionalmente usato” in difesa della supervisione nazionale è che le autorità di vigilanza devono rendere conto ai contribuenti, “perché sono queti ultimi che subiscono le conseguenze economiche di eventuali fallimenti bancari. Fintanto che le operazioni di salvataggio delle banche continueranno a essere finanziate con le tasse riscosse a livello nazionale -così recita la tesi- la vigilanza deve rimanere nazionale”. Ma “in un’unione monetaria le decisioni prese da un supervisore nazionale non producono effetti solo sui residenti di quel Paese, ma anche sui contribuenti e sui risparmiatori degli altri Paesi”. Bini Smaghi invita dunque la Bce ad iniziare a valutare in proprio la solvibilità delle banche.

Internazionale

Su La Stampa, l’annuncio del presidente egiziano, membro dei Fratelli Musulmani, Mohamed Morsi: “una donna e un cristiano come vice”.  Più esattamente, sarebbe stato il consigliere politico del neo-presidente, Ahmed Dif, a diffondere la notizia. “Se fosse vera questa dichiarazione -si legge sul quotidiano- sarà la prima volta che una donna viene nominata nella storia dell’Egitto repubblicano a questo incarico così prestigioso, ma sarà anche la prima di un vice copto in un Paese a maggioranza musulmana. sarà l’effettop magico della primavera araba a costringere Morsi a rompere le regole in una società tradizionalista”, oppure la scelta si deve al fatto che, essendo stato il presidente eletto con una maggioranza risicata del 51%, “vuole gettare un ponte verso coloro che non lo hanno eletto”, ovvero le minoranze cristiane e le forze politiche liberali? I Fratelli, per quel che riguarda la formazione del governo, hanno intanto fatto sapere che non intendono “fagocitarlo”: si limiteranno a due o tre dicasteri, compreso quello -fondamentale- degli Approvvigionamenti (distribuzione dei prodotti di largo consumo), per far crescere la popolarità nei loro confronti. Si punta ad un governo di unità nazionale, per fare blocco contro le pressionio dei generali: questi ultimi ghanno rivendicato a se stessi la scelta dei ministeri di Esteri e Interni: “quello della Difesa ce l’hanno già”, chiosa il cronista (Ibrahim Refat), visto che il generale Tantawi è a capo della giunta.

Lo stesso quotidiano intervista l’economista peruviano Hernando de Soto, che è stato ingaggiato dalla Fratellanza come consigliere economico. Dice che “il loro approccio è molto professionale, per nulla ideologico”. E’ satto contattato da Khairat el-shater, la vice guida spirituale del movimento. De Soto dice che le persone con cui ha parlato “sono tutti uomini d’affari, molto preparati, spesso istruiti all’estero. Volevano solo una cosa: le prove concrete, statistiche, sull’efficacia della mia proposta per rilanciare l’economia e risollevare le classi più povere, integrandole nel processo produttivo”.  E il programma di de Soto ha al primo punto la necessità di “far emergere il sommerso”. L’incertezza economica e l’emarginazione, dice ancora, “sono alla radice della Primavera araba. Abbiamo studiato il caso di Mohamed Bouazizi, il piccolo venditore ambulante tunisino che scatenò la rivolta, dandosi fuoco il 17 dicembre del 2010. Non aveva motivazioni religiose: era esasperato dalla discriminazione economica, dalla privazione dei suoi diritti. Nel nostro studio, che è ancora inedito e lo rivelo a voi per la prima volta, abbiamo scoperto che durante lo stesso periodo di tempo sono avvenuti 49 suicidi con motivazioni simili in tutto il mondo arabo. Immolandosi, questa gente non ha fatto dichiarazioni di fede, ma ha lamentato l’hogra, il disprezzo che sentivano verso di loro. Secondo i nostri calcoli, circa 200 milioni di persone vivono nel mondo arabo nelle stesse condizioni di Bouazizi”.
Il Corriere della Sera ospita un intervento del filosofo francese Bernard-Henri Lévy, dedicato all’elezione di Morsi in Egitto: “L’ideologia oscurantista dei Fratelli musulmani”. “Non raccontiamoci storie”, esordisce Henri Lévy, i Fratelli musulmani “non sono una organizzazione democratica”. Hanno fatto di tutto per frenare la piazza, il loro fondatore alBanna non perdeva occasione di includere Hitler tra i “riformatori”, la guida dei Fratelli, Yusuf al-Qaradawi e maestro di Tariq Ramadan, nel gennaio 2009 ha parlato di Hitler come l’ultimo nato dei “rappresentanti di Allah” che scendono sull aterra per punire gli ebrei. Per quel che riguarda gli accadimenti di oggi: Lévy ricorda che una buon ametà dell’elettorato ha rifiutato, al secondo turno, di scegliere “tra la peste post-Mubarak e il colera islamista new look”. Insomma, “l’islamismo sedicente ‘moderato’ del presidente eletto rappresenta poco più di un quarto degli iscritti”. O meglio: nell’odierno Egitto esiste “un ampio ‘partito moderno’ che, per quanto diviso, attraversato da contraddizioni, rapresenta metà dell’elettorato”.
La Stampa descrive “le spine di Hollande” e spiega che per finanziare le promesse elettorali del presidente socialista mancano 10 miliardi.

E poi

Secondo Il Fatto quotidiano, Giulio Tremonti starebbe preparando un “rientro”: nel 2013, “con nuove sponde vaticane”. L’ex ministro sembra poter contare su una crescente ceridibilità in Vaticano e -come evidenziato dalla stampa cattolica-  l’11 giugno scorso è volato in Polonia per l’apertura del Centro Studi Ratzinger, celebrata da un convegno su “Etica ed economia alla luce dell’insegnamento di Benedetto XVI”. Prevedeva tre lectio magistralis: una del cardinale Berrtone, un’altra del segretario del Pontificio consiglio Iustitia et Pax, monsignor Toso e la terza di Tremonti. Se non fosse stato defenestrato nel frattempo, ci sarebbe stato anche l’ex presidente Ior Ettore Gotti Tedeschii, di cui Tremonti è amico da sempre.

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