La Spagna senza l’Italicum

Il Corriere della sera: “Banche, il richiamo di Mattarella: ‘Gravi episodi, ora serve un accertamento rigoroso delle responsabilità. Il risparmio va tutelato’”. “Passaggi anche su riforme istituzionali: no a conflitti”. E poi: “Dossier di Bankialia al pm: il cda di Etruria non andava nominato”.

L’editoriale, firmato da Antonio Polito: “Una fiducia da ritrovare”.

Una grande foto a centro pagina è dedicata alle vicende Fifa: “Platini e Blatter sospesi otto anni”, con commento di Pierluigi Battista (“Il mito sgretolato, che tristezza Michel”.

A centro pagina: “E dopo le elezioni in Spagna Renzi va all’attacco della Merkel”. Sul voto spagnolo Angelo Panebianco: “La fine del bipolarismo ma si rischia l’instabilità”.

A fondo pagina: “Mossa per cercare di portare a casa i marò a Natale”.

Da segnalare anche un commento di Enzo Moavero Milanesi sul futuro dell’Europa: “La frattura sotterranea che può minare l’Europa”.

La Repubblica: “Allarme del Colle, ‘Banche, fatti gravi, ora serve la verità’”, “Mattarella: tutelare i consumatori, basta scontri tra poteri. L’Abi attacca la Ue per gli aiuti concessi a Lisbona. Etruria, caso immobili. Il Csm convoca il procuratore”.

Le “mappe” di Ilvo Diamanti sono dedicate al “Il credito andato in rosso”.

Sulle elezioni spagnole: “Spagna, il rebus governo. Rajoy: ho vinto, tocca a me”. Ne scrivono Omero Ciai e Alessandro Oppes.

Il risultato delle elezioni spagnole offre al direttore Ezio Mauro lo spunto per una più ampia riflessione sulla politica italiana e l’avanzata dei populismi in Europa, con un editoriale dal titolo “La politica dell’altrove”.

In prima il richiamo a due interviste del quotidiano. La prima è con la presidente della Camera Laura Boldrini: “Diamo reddito di dignità ai poveri dell’Ue”. E a Giuseppe Sala sulle elezioni a Milano: “Non sono l’uomo di Renzi, Milano si fidi”.

In basso: “L’autogol dei signori del calcio”, “Inchiesta Fifa, otto anni di squalifica a Blatter e Platini”.

A fondo pagina, l’intervista a René Brulhart, capo dell’Autorità di vigilanza finanziaria vaticana, che dice: “In Vaticano c’è ancora chi usa lo Ior per riciclare”.

E un reportage dall’Olanda di Pietro Del Re: “L’Olanda trema: ‘Alt al fracking, la nostra terra vale più del gas”, “I micro-terremoti colpa delle trivelle”.

Di spalla a destra, dalle pagine R2 della Cultura: “I magnifici 10, ecco i libri che abbiamo amato di più”, di Leonetta Bentivoglio.

La Stampa: “Mattarella: no ai conflitti tra poteri”, “’Sulle banche accertamento rigoroso delle responsabilità. Bankitalia opera per la correttezza’”, “Il Presidente chiede ‘leale collaborazione per il bene comune’ tra le istituzioni. ‘Risparmio da tutelare e valorizzare’”.

Alle parole di Mattarella è dedicato l’editoriale di Marcello Sorgi: “Contro le invasioni di campo”.

Sull’inchiesta su Banca Etruria: “Così Boschi senior è rimasto ai vertici”, “Secondo via Nazionale tutto il Consiglio doveva essere cambiato”, di Gianluca Paolucci.

“Il caso” raccontato in prima da Giacomo Galeazzi e Maria Teresa Martinengo: “Scuola, sena stipendio un nuovo professore su tre”, “Trentamila precari non vengono pagati da settembre. I sindacati: alcuni costretti a rivolgersi alla Caritas. Il ministero: i soldi arriveranno tra dicembre e gennaio”.

A centro pagina, con foto di Torino, dove non piove da 55 giorni: “Emergenza smog in tutta Italia”, “Il governo stanzia cinque milioni ma per Regioni e Comuni non bastano”.

A centro pagina anche la sentenza della commissione etica della Fifa: “L’ultima partita di Blatter e Platini”, “Abuso di potere, squalificati per 8 anni”. E un commento di Gianni Riotta: “Trasparenza. Il gol che manca al calcio”.

Di spalla a destra, il “post elezioni” in Spagna: “Podemos, prove di alleanza con i socialisti. ‘Mai con Rajoy’”.

A fondo pagina, una vicenda verificatasi in Kenya: “’Liberateci o ammazzateci tutti, cristiani e musulmani’”, “Assalto a un bus in Kenya, i passeggeri islamici fanno scudo. E i guerriglieri scappano”. Ne scrive Lorenzo Simoncelli.

Il Fatto : “Renzi: ‘L’Italicum fa vincere’ (anche senza maggioranza)”, “Sindrome spagnola. Il premier esalta la sua legge dopo il voto a Madrid”, “Matteo approfitta subito del voto iberico per complimentarsi da solo: ‘Sembrano la vecchia Italia. Noi, con la nuova legge elettorale, avremmo un vincitore’. Bersani attacca: ‘Radicalmente in disaccordo’”.

E sulle elezioni spagnole: “Rajoy prova l’accordicchio (se il re dice sì)”, “Senza i numeri”.

A centro pagina il quotidiano torna sulla vicenda del procuratore di Arezzo Roberto Rossi, che indaga sul caso Banca Etruria. Gli articoli sono corredati dalle foto del ministro Maria Elena Boschi, di suo padre e del procuratore Rossi. Il titolo: “Banca del buco”. “Csm: le prove sul conflitto d’interessi del pm di Etruria”, “E’ consulente retribuito del governo, non gratuito come dice lui”, “Il procuratore di Arezzo doveva segnalare all’autogoverno i fattori di ‘interferenza’ col suo incarico a Palazzo Chigi. Ma non comunicò la sua inchiesta sulla malagestione dell’istituto. Il Consiglio lo convoca”.

Di questo tema si occupa l’editoriale del direttore Marco Travaglio: “Balle di bullo”.

E poi, su Bankitalia: “Visco smentito dal suo ispettore: ‘Crac dal 2013’”.

Il Giornale: “Bomba coop sui risparmi”. “In Friuli un doppio crac sulle spalle di 20 mila pensionati”. “Ma i clienti nel Paese sono 1,31 milioni”. E poi: “Mattarella avvisa Renzi: banche fallite, fuori la verità”.

A centro pagina: “Metodo Blatter per fare fuori le Roi Platini”. “Entrambi squalificati per otto anni”.

Di spalla una intervista a Luca Ricolfi: “Ue mediocre. Da Madrid a Roma chi vince le elezioni lo decide il caso”.

A centro pagina il quotidiano dà spazio alle motivazioni con cui è stato assolto Marco Tronchetti Provera da una accusa di diffamazione promossa da De Benedetti: “’Fallimenti, bilanci falsi e corruzione vera’. Così i giudici fanno a pezzi De Benedetti”. “Le motivazioni dell’assoluzione di Tronchetti Provera”.

Il Sole 24 ore: “Mattarella: episodi gravi, il risparmio va tutelato”. “’Sostegno caso per caso, più educazione finanziaria’”. “Il presidente: no a conflitti tra istituzioni. Renzi: istituti italiani meglio dei tedeschi”.

Di spalla: “Instabilità in Spagna dopo il voto. Tensione sugli spread dei periferici”. Il commento è di Roberto D’Alimonte: “I partiti storici puniti dalla crisi”.

L’editoriale, di Guido Gentili: “Non basta dire populisti, serve l’Europa della prosperità”.

A centro pagina: “Infrastrutture, fondi per 2,4 miliardi”. “Atteso per oggi il voto di fiducia al Senato. Renzi: niente ‘marchette’, c’è un disegno”.

Spagna

La Repubblica: “Spagna a rischio paralisi. Rajoy tenta il bis e chiama i socialisti”, “Il leader popolare lavora alla coalizione. Borsa a -3,6%. Ciudadanos e Pp pronti a un governo di minoranza”, scrive Alessandro Oppes da Madrid.

Sulla stessa pagina, un articolo di Omero Ciai: “Il Psoe si divide sulle alleanze: ‘Né con la destra né con Podemos’”, “Il partito è spaccato e la sfida è anche personale: contro il leader c’è l’astro nascente Susana Diaz”.

Il quotidiano intervista il politologo Fernando Vallespìn, che dice: “Il premier lasci, servono volti nuovi”.

A pagina 11 un’intervista allo scrittore Fernando Savater: “Il voto ai populisti è una vendetta, ora un patto Pp-Psoe per salvare la Spagna”, “Gli elettori hanno punito il governo per la corruzione e la crisi, ma affidarsi a Podemos è un rischio. Popolari e socialisti cerchino l’intesa”.

José Garcìa Abad, esperto di monarchia spagnola, intervistato da Omero Ciai: “Re Felipe alla prova, la crisi è nelle sue mani”, “Dovrà affidare l’incarico a chi è in grado di governare”.

La Stampa: “Da ‘Indignados’ a forza di governo, Podemos strizza l’occhio ai socialisti”, “Il leader Iglesias: mai sosterremo Rajoy. E indica le condizioni per le alleanze. ‘Nessuna linea rossa, è il momento di raggiungere un compromesso storico’”. Secondo Marco Bresolin, la “’Syrizzazione’ di Podemos” ha dato i suoi frutti in campagna elettorale, ma ora Iglesias dovrà scendere a compromessi. E cita le sue parole: “Da parte nostra non ci sarà mai un appoggio, né in modo attivo, né in modo passivo (con l’astensione, ndr.) al Partito Popolare’”. Con il Psoe -chiosa- Bredolin, invece, tutto è possibile. E’ insomma “un Podemos trattativista”.

A pagina 7, attenzione per il “personaggio” Felipe VI: “Dare l’incarico e restare imparziale. Per re Felipe VI subito una prova difficile”, “Ma ad aiutare il giovane sovrano c’è la ‘sintonia’ con i nuovi movimenti”. Ne scrive Francesco Olivo: con i nuovi partiti non c’è nessuna ostilità. Podemos, pur guidato da dirigenti dichiaratamente repubblicani, non ha mai messo l’abolizione della monarchia nel suo programma (“non è una priorità”). E con Albert Rivera, leader di Ciudadanos, 2un tipo più classico, i due si conoscono, si apprezzano”. “’Sono repubblicano’”, ha detto Rivera, “ma con Felipe VI la Spagna ha una guida solida”. La preoccupazione maggiore per il re è l’incognita catalana, visto che uno dei temi all’ordine del giorno è il referendum sull’indipendenza voluto da Podemos.

Il Fatto: “Felipe VI sfoglia la margherita. Rajoy tenta l’esecutivo a tempo”, “Il re deve decidere se dare l’incarico all’attuale premier senza però fare una coalizione precostituita. Per una Grosse Koalition con il Psoe dovrebbe fare un passo indietro”. Cosimo Caridi, da Madrid, inizia il suo articolo citando gli insulti che in campagna elettorale si sono rivolti i due leader di Pp e Psoe Rajoy e Sanchez. Ieri i socialisti hanno affermato che diranno no ad un incarico a Rajoy. Non è un segreto -scrive Cosimo Caridi- che a Berlino e Bruxelles si auspichi una Grosse Koalition Psoe-PP. Ma diluendosi in un governo di unità nazionale i socialisti rischierebbero di fare la fine del Pasok in Grecia.

A pagina 5 un articolo di Elena Marisol Brandolini su Podemos: “’Nuova Costituzione, solo così saremo pronti a governare’”, “Iglesias pone le condizioni per accordi con Podemos: ‘Faremo di tutto per non fare tornare i popolari”. Il partito nato dagli Indignados è favorevole all’indipendenza catalana.

Su Il Fatto anche un’analisi di Roberta Zunini: “Del buon-governo o contro tutto: l’anno d’oro odei movimenti anti-partito”, “Ue plurale. Dalla Gran Bretagna all’Ungheria avanza soprattutto la destra”. E quindi l’analisi si occupa di Podemos, Syriza, Front National, Fpo, Bzo di Haider, Partito del popolo danese, Fidesz in Ungheria, Partito dei veri finlandesi, Jobbik in Ungheria, il Pis polacco.

Per Zunini “I post-Indignados e Syriza non sono anti-sistema ma pro-sistema nel senso che vogliono che il sistema funzioni bene”.

Su La Repubblica in prima l’editoriale del direttore Ezio Mauro: “La politica dell’altrove”. Che scrive: “Come in Italia, la Spagna ha portato alle elezioni politiche due forze nate nella ribellione ai partiti tradizionali che faticano a rappresentare i cittadini e alle istituzioni che imbarcano acqua da tutte le parti, soprattutto davanti all’onda lunga della crisi. Una ribellione anti-sistema, dunque, con il risultato di uno stallo: il nuovo entra in Parlamento -scrive il Pais-, il vecchio non se ne va. Nessuno ha vinto in Spagna”, “non vincono nemmeno i ribelli che però da oggi sono una potenziale bomba ad orologeria insediata nel cuore dello Stato”. Per Mauro “in questi anni di crescita del populismo è nata solo una coltivazione delle paure” e “saltano le culture politiche, quel calco di pensiero che ha dato forma al Novecento”. Ma l’evidenza spagnola “obbliga a fare una riflessione generale sulla democrazia rappresentativa europea e il suo stato di salute”.

Sul Sole: “Spagna, sfuma la grande coalizione”. Il Pp si conferma primo partito ma è “lontanissimo dalla maggioranza assoluta” mentre “Podemos lavora a una alleanza con il sostegno indipendentista per un governo delle riforme”. Podemos però è l’unico partito che riconosce la richiesta della Catalogna di referendum per la separazione. Ciudadanos propone che si formi un governo di minoranza del PP in cui gli altri partiti si astengano. Un governo “che abbia vita sufficiente per le riforme”.

Il Messaggero intervista Antonio Hernando, il portavoce socialista al Congresso dei deputati: “La maggioranza non si trova al centro. Esecutivo tecnico? Senza i nostri voti”. Dice che non ci sarà una grande coalizione alla tedesca. Dice che i socialisti leggono questo voto come una richiesta di cambiamento: “In Spagna c’è una maggioranza di sinistra e una pulsione per un cambio e questo dovrà essere interpretato nei prossimi mesi”.

Sul Corriere Aldo Cazzullo: “L’ipotesi di astensione verso un governo dei popolari”. Si legge che il leader Sanchez “prova a tastare il terreno” con i 40 membri dell’esecutivo socialista per capire come sarebbe presa “una eventuale apertura che potrebbe portarlo al potere” ma riceve “un muro di no”: “Con Iglesias mai e neppure con Rajoy, meglio l’opposizione”. I più duri con Podemos sono “gli uomini del fondatore che qui dentro conta ancora parecchi: Felipe Gonzales”. Segue il racconto della disistima reciproca tra il vecchio leader socialista e il giovane capo di Podemos. I sostenitori dell’ex leader raccomandano di evitare l’abbraccio con Podemos, l’appello ad una alleanza però potrebbe far presa sull’elettorato socialista.

Sul Giornale: “Il Paese è nel caos. L’unica alleanza è quella contro Rajoy”.

Sul Corriere viene intervistata la scrittrice Clara Sanchez: “Adagiati sull’alternanza tra due vecchi partiti”, dice, “ci siamo risvegliati con l’arco parlamentare atomizzato”. “Finalmente, si muove l’aria un po’ stagnante della scena politica”. Di Ciudadanos dice che le sembra “più concreto” di Podemos, ed ha “avuto il merito di opporsi ai nazionalismi, alle spinte secessioniste”. Tra Rivera e Iglesias preferisce il primo, “più serio, più fattivo, più chiaro e coerente”.

Spagna, Europa

Roberto D’Alimonte sul Sole 24 ore ricorda che in Spagna dal 1982 i due principali partiti, socialisti e popolari, hanno raccolto insieme tra l’81 per cento e il 92 per cento dei voti. Il sistema proporzionale corretto, con circoscrizioni molto piccole, favoriva i grandi partiti tanto che sia i popolari che i socialisti hanno sempre ottenuto più seggi dei loro voti. “In altre parole hanno goduto di un premio” che per esempio per i popolari nel 2011 è stato di circa nove punti. “Quando popolari e socialisti erano capaci di raccogliere oltre il 70 per cento dei voti il sistema elettorare spagnolo produceva effetti maggioritari” che in questo caso sono spariti. E dunque “con un sistema elettorale un po’ meno proporzionale oggi a Madrid ci sarebbe un governo senza dover ricorrere a complicate alchimie parlamentari. Meglio ancora se il sistema fosse a doppio turno”.

Sul Corriere Angelo Panebianco scrive che “le elezioni spagnole confermano una tendenza in atto da tempo”, quella di partiti tradizionali che “non scompaiono ma devono vedersela con forze di nuovo conio. I popolari restano primo partito ma perdono tanti voti. Podemos, nuovo partito di sinistra, con poco più del venti per cento dei consensi, diventa la terza forza del Paese a una incollatura dai socialisti. Quarta è ora la nuova formazione di centro, Ciudadanos”. “Tra i grandi Paesi europei, solo Gran Bretagna e Germania mantengono le fisionomie politiche antiche, del XX secolo. Ma, nel caso della Germania, un esame più ravvicinato mostra che sotto la superficie ci sono forze che premono per venire allo scoperto”. Quanto alle “colpe” del bipolarismo o del bipartitismo Panebianco scrive che”è vero che i governi monopartitici di solito non rappresentano la maggioranza degli elettori, il loro predominio parlamentare è artificiale, prodotto da meccanismi elettorali maggioritari. Ma è anche vero che la stabilità assicurata dai governi monopartitici permette (non sempre ma qualche volta sì) di contrastare almeno in parte il difetto più grave della democrazia: l’orizzonte temporale troppo ristretto. Se chi governa sa che potrà farlo per poco tempo, data la natura instabile della coalizione, si preoccuperà solo del consenso qui e ora, non avrà a disposizione un orizzonte temporale sufficientemente ampio per impostare programmi di più lungo respiro”.

Guido Gentili scrive sul Sole24 ore sulle elezioni spagnole e sui riflessi in Europa: “Non sono più campanelli (d’allarme o di giubilo a seconda dei punti di vista) ma grandi campane che, pur suonando da sinistra a destra rintocchi diversi tra loro, annunciano in Europa l’esaurirsi di una lunga stagione”, quella della stabilità. Ricorda che a iniziare era stata la Grecia, poi sono arrivate la Polonia, l’Ungheria, il Portogallo e infine la Francia dove la sconfitta al secondo turno alle elezioni regionali non può comunque mettere in ombra l’avanzata politica del Front National. In Europa “è oggettivamente crescente l’insofferenza trasversale verso i partiti tradizionali e i vecchi schemi politici che questi incarnano, compresa l’idea di un riformismo – più verbale che praticato- associato quasi sempre ad una necessità salvifica che promana dall’alto dell’Europa, da quella capitale, Bruxelles, oggi vista come il simbolo congiunto della burocratica governance continentale e, dopo l’attacco a Parigi, del fallimento franco-belga sul fronte dell’immigrazione”. Per rispondere non basta mettere “in campo una parola magica, il ‘populismo’”, negando “l’esistenza del problema” o affermando che ci vorrebbe “’più Europa’ che vuol dire tutto o niente”. Occorre anche che in Europa ci sia più prosperità. “Aiuta il ‘rompete le righe’ sul dogma dell’austerità”, e “può aiutare la partita su Brexit, il referendum britannico sulla permanenza o no nell’Unione europea”. Gentili scrive che non ha avuto il risalto che forse meritava la dichiarazione di intenti congiunta dei ministri degli Esteri di Gran Bretagna e Italia, Philip Hammond e Paolo Gentiloni per “’riformare profondamente l’Ue, semplificandone funzionamento, procedure e regolamenti’ per favorire un’economia competitiva e far crescere l’occupazione, adottando un nuovo modello di funzionamento che ‘ruoti attorno al principio di flessibilità per gestire una maggiore o minore integrazione’ europea”.

Spagna, Italicum

La Stampa, pagina 8: “La Sinistra italiana e il sogno (impossibile) di un Podemos”, “Il Movimento non c’è. E il campo è parzialmente occupato dal M5S”, di Jacopo Jacoboni.

Sulla stessa pagina: “I politologi: ‘Non usate la Spagna per giustificare l’Italicum’”, Sofia Ventura e Gianfranco Pasquino “attaccano”, Roberto D’Alimonte “con Renzi-Boschi”

La Repubblica, pagina 12: “Italicum, è scontro Renzi-minoranza”, “Il premier dopo il voto spagnolo: ‘Sia benedetto il nostro sistema, ci darà un vincitore certo e stabilità’. Bersani: ‘Sbagli, la governabilità non può essere una camicia di forza’. Speranza: ‘La legge è un errore, va cambiata’”.

E il quotidiano intervista Giorgio Tonini, senatore Pd: “Grazie alle riforme siamo all’avanguardia”, “Eravamo un’anomalia in Europa, sempre in eterna transizione”; e Nicola Fratoianni, deputato di Sinistra Italiana-Sel, secondo cui “quella legge elettorale uccide la democrazia”.

Il Fatto, pagina 2: “Renzi si veste da torero per benedire l’Italicum”, “Sul voto spagnolo: ‘Noi avremmo un vincitore’. Bersani: ‘Radicalmente contrario”.

E alla pagina seguente si raccolgono le opinioni di Gianfranco Pasquino (“Matteo è ignorante: il suo modello non rispetta la volontà popolare”), Gianluigi Pellegrino (“Il premier così ci porta fuori dalle democrazie parlamentari”), Irene Hernandez Velasco (“Sbagliate voi, con la nuova legge rischiate una sorta di dittatura”) e Curzio Maltese (“il sistema col trucco del Pd provocherà la sconfitta del Pd”).

Sul Sole 24 ore: “Lo stallo di Madrid accende il dibattito sull’Italicum”.

Mattarella

Sul Corriere Antonio Polito sottolinea i passaggi del discorso di Mattarella: “Per ‘tutelare il risparmio’ occorrono ‘un accertamento rigoroso e attento delle responsabilità’, dunque niente sconti o impunità; ‘trasparenza, correttezza ed etica degli intermediari bancari e finanziari’, che evidentemente sono mancati nei casi recenti; cautele, regole, e iniziative di educazione finanziaria sulle quali ‘sta utilmente operando la Banca d’Italia’. Al cui lavoro il presidente ha riconosciuto che ‘il nostro sistema creditizio ha resistito ai colpi della crisi, dimostrandosi più solido di altri’.

Ma qui Mattarella ha aggiunto un passaggio apertamente polemico nei confronti di alcuni nostri partner europei, segnatamente la Germania: ‘Noi non abbiamo dovuto effettuare salvataggi bancari miliardari, a differenza di quanto avvenuto per le banche di altri Paesi dell’Unione dove debiti privati sono stati trasformati in debiti pubblici’”. E anche sui migranti il presidente “non ha fatto sconti all’Europa” usando – per esempio nei confronti delle scelte danesi – “parole dure come raramente si sentono nelle relazioni diplomatiche”. Sulla vita politica interna la preoccupazione del Capo dello Stato è quella di “ricostruire un rapporto di fiducia tra istituzioni e cittadini” quando “invita anche gli altri soggetti a non interferire tra di loro”.

Milano

Su La Repubblica, intervista a Giuseppe Sala, che dice: “Il mio riferimento è il Pd, sono di sinistra, niente Ncd”. L’ex ad di Expo -scrive il quotidiano- ha sciolto tutte le riserve e sfida la Balzani e Majorino: “Questo non è più il momento dei dubbi”, “Sala si candida alle primarie di Milano: ‘Non ho paura degli avvisi di garanzia, sono incorruttibile. Chiunque vinca, dovrà coinvolgere Pisapia”, “Il Pd è il mio partito di riferimento, ma io sono un esterno che vuole parlare di Milano. Non assocerò il mio nome a categorie politiche nazionali”.

Banche

Su La Repubblica, pagina 2: “L’allarme di Mattarella: ‘Banche, episodi gravi, ora accertare la verità’”, “E difende via Nazionale: ‘Sta operando bene’. Il Presidente critico con le ‘invasioni di campo’”.

Il tema viene ripreso nel “retroscena” di Goffredo De Marchis: “Un messaggio al governo e uno scudo contro la ‘delegittimazione’ di Bankitalia.

“Contro le invasioni di campo” è anche il titolo dell’editoriale di Mario Deaglio in prima su La Stampa.

A pagina 2: “Mattarella: ‘Lealtà tra le istituzioni’. E difende il lavoro della Banca d’Italia”, “Il presidente della Repubblica chiede rigore nel caso dei quattro istituti di credito. Poi la spinta alle riforme:se incompiute produrrebbero nuovi conflitti e sfiducia”, scrive Ugo Magri.

Sulla stessa pagina, articolo di Carlo Bertini: “I renziani: nessun rilievo sul governo, dal Colle un richiamo rivolto a tutti”, “Il premier ribadisce: le banche sono solide. E i suoi difendono la scelta di Cantone”.

Su Il Fatto: “L’autodifesa di Visco smentita dal suo ispettore”, “Tutte le bugie. Il verbale di Gatti (ispettore di Bankitalia, ndr.): potevamo commissariare Etruria già nel 2013. Vegas e la Consob, invece, si sbugiardano addirittura da soli”. Di Giorgio Meletti e Marco Palombi.

A pagina 3 de La Stampa, sul caso Banca Etruria: “Così Boschi senior rimase al vertice nonostante i dubbi di via Nazionale”, “Secondo gli ispettori il consiglio dell’Etruria era inadeguato: ma il rinnovamento ha risparmiato 8 consiglieri su quindici”, scrive Gianluca Paolucci.

Su Il Fatto, ancora sul procuratore di Arezzo Roberto Rossi, che si occupa del caso Banca Etruria: “Le amnesie di Rossi sulla consulenza per Palazzo Chigi”, “Il Csm sul pm capo di Arezzo: chiese la proroga dell’incarico e fu pagato. Omesso il conflitto di interessi per la banca”.

Il Messaggero offre un colloquio con il presidente della Consob Vegas: “’Sugli arbitrati serve coordinamento’”. “Il presidente della Consob: alto il rischio di sovrapposizioni tra le diverse autohority”. “Comportamenti giudicati leciti dall’Anac potrebbero non esserlo per noi e viceversa”.

Vegas, alla domanda se dalla indagine dell’Anac emergesse che Consob o Bankitalia non hanno fatto fino in fondo il loro dovere risponde “se qualcuno ha sbagliato pagherà” purché “non ci vengano contestate bufale come gli scenari probabilistici vietati a Bruxelles, sottolineo vietati, o non si dia spazio a ricostruzioni non veritiere come quella sui bond Etruria 2013 su cui Consob avrebbe taciuto”.

Il Giornale parla di “bomba coop” scrivendo che “ci sono 12 miliardi di euro nella ‘pancia’ delle coop”, i “risparmi di soci e clienti che rischiano grosso”. Si tratta del “prestito sociale” che le grandi cooperative di consumo hanno in piedi da anni, una forma di risparmio per i soci-consumatori delle cooperative scelto da un milione e trecentomila italiani. Questa forma di risparmio improprio non è soggetta alla vigilanza della Banca d’Italia né alle regole cui sono sottoposti gli istituti bancari. “Nel terremoto finanziario che ha travolto Coop Operaia e Coop Carnica il Friuli Venezia Giulia” quindi “a pagare sono stati un esercito di 20 mila pensionati”. Il quotidiano riepiloga le regole, tra cui il fatto che le coop di consumo possono raccogliere “prestiti sociali” ma la raccolta non deve superare il triplo del patrimonio. Ci si può spingere fino a cinque volte tanto accendendo una fidejussione. Unicoop Tirreno, che ha oltre 122 mila prestatori per oltre 1 miliardo, “mostra un rapporto prestito-patrimonio di 6,22”, scrive il quotidiano.

Eutanasia

Sul Corriere: “L’autodenuncia radicale. Così abbiamo aiutato Dominique a morire”. “Eutanasia il 15 dicembre per la militante malata di tumore. Cappato: conto corrente per pagare i viaggi in Svizzera”. Dove si legge che Cappato “spera di essere processato” dopo essersi autodenunciato per aver pagato le spese di viaggio alla donna.

Sul Corriere viene intervistato il bioeticista Francesco D’Agostino, che è stato a lungo presidente del comitato nazionale di bioetica. Si chiede se venga “davvero verificata l’esistenza di autentica volontà di morire”. In generale, sul diritto all’eutanasia, “chi ci garantisce che le singole storie siano attentamente approfondite?”. Contesta anche il metodo di azione politica dei radicali: “Da anni lottano per il rigoroso rispetto della legalità” ma in Italia “il suicidio assistito è proibito e mi sorprende che loro difendano soltanto la legalità corrispondente alla loro visione ideologica”. Il Parlamento non decide ma “è giusto modificare la realtà con il sensazionalismo? Non se ne può più di queste denunce, degli scoop sui giornali”.

Il Giornale: “Ultima sfida dei radicali: ora pagano l’eutanasia”. Cappato “rischia una condanna da 5 a 12 anni”. Si cita il segretario dell’associazione Coscioni Filomena Gallo: Cappato ha fatto in modo che l’aiuto al suicidio della Velati avvenisse in Italia. “Per la Gallo però risulta evidente come quell’articolo del codice penale sia in palese contrasto con molti principi affermati dalla nostra Costituzione che definisce ‘inviolabile’ la libertà personale e che tutela anche la libertà di cura con l’articolo 32. ‘Abbiamo raccolto 70mila firme e presentato una proposta di legge di iniziativa popolare che giace in Parlamento da 829 giorni e non è ancora mai stata presa in considerazione – prosegue la Gallo – Una regolamentazione è necessaria e la politica non può continuare a guardare da un’altra parte’”.

E poi

Sul Corriere Danilo Taino si occupa della vicenda dei due marò perché sarebbeimminente una novità: “Ambienti politici romani indicano che Matteo Renzi avrebbe preso un’iniziativa per cercare di dare una svolta alla vicenda, se non definitiva almeno parziale in attesa del giudizio del collegio arbitrale da poco costituito che dovrà stabilire dove tenere il processo a Salvatore Girone e Massimiliano Latorre. Il presidente del Consiglio avrebbe coinvolto nella vicenda – non si sa in quale misura – il presidente americano Obama, il quale sarebbe preoccupato di come il caso stia avendo riflessi negativi sull’ingresso a pieno titolo dell’India nel novero delle potenze mondiali affidabili”. Secondo una ipotesi ottimistica il governo di Modi “darebbe indicazione all’avvocato dello Stato e ai ministeri degli Interni, della Giustizia e degli Esteri di chiedere alla Corte suprema indiana di congelare il caso in attesa dei risultati dell’arbitrato e di liberare Girone, oggi in libertà provvisoria a Delhi, e Latorre, in convalescenza in Italia”. I due aspetterebbero il processo in Italia. Una seconda ipotesi è che i tempi siano leggermente più lunghi. In tutte e due le ipotesi, “anche se l’iniziativa italiana andasse in porto i due marò dovrebbero poi rispettare le decisioni degli arbitri e accettare di essere giudicati là dove questi decideranno, in India, in Italia o in un Paese terzo”.

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