Una storia intellettuale per capire l’Europa di oggi

I concetti con cui oggi descriviamo l’orizzonte politico-sociale ci appaiono sempre più sfuggenti e semanticamente nebulosi. Di quali significati, infatti, riempire parole quali democrazia contemporanea, liberalismo, federalismo, Stato moderno? A quali concezioni si ispirano, al contrario, parole sempre più d’uso comune tra cui globalizzazione, populismo, sovranismo? «Ci sono parole che passano di bocca in bocca attraverso i secoli senza che il loro contenuto concettuale assuma mai nella nostra mente contorni chiari e definiti», scriveva alla metà del secolo scorso il sociologo Siegfried Kracauer in un suo saggio Sull’amicizia (tr. it. Marietti, Genova, 1989, pp. 9).

Un filone interessante di studi contemporanei che fa luce sulle origini, la fisionomia e le metamorfosi dei concetti è quello della storia intellettuale, nel cui alveo gli studiosi non abbandonano le proprie discipline di riferimento ma le usano come blocchi di partenza utili a spiegare i tempi e i luoghi del nostro vivere presente, arricchendo le nozioni care al proprio ambito scientifico di panoramiche interdisciplinari che chiamano in causa la storia, l’arte, la cinematografia: le molte componenti teoriche di cui si compone, in una parola, la cultura. Così nel 2011 lo storico di Princeton Daniel Rotgers pubblicava Age of Fracture, un libro che divenne giustamente famoso per raccontare e spiegare gli Stati Uniti del secondo Dopoguerra, caratterizzati da molteplici cristallizzazioni di fratture tra conservatorismo e revival religioso, tra politicamente corretto e scadimento del dibattito pubblico, tra rivendicazione e occultamento delle differenze.

Anche nel nostro Paese sono stati recentemente pubblicati alcuni agevoli volumi utili a chi desideri chiavi interpretative ricche di senso per capire la situazione presente, attraverso le lenti di opere storico-politiche, artistiche, letterarie e cinematografiche che, condensandosi e sedimentandosi, hanno via via dato vita e senso compiuto alla realtà. È in questo contesto che si colloca il libro di Raffaella Gherardi Politica, istituzioni, individui. Percorsi contemporanei, in cui la studiosa di storia del pensiero politico dell’Università di Bologna, componente della Giunta centrale per gli Studi Storici nazionale, analizza la complessa trama della storia del presente occidentale, non soltanto ravvisandone (come ci si aspetterebbe da uno storico del pensiero politico) le radici nei più grandi Classici del pensiero politico occidentale, ma richiamandosi anche a opere di letteratura e arte cinematografica che hanno caratterizzato tanto il secolo breve quanto i primi anni del Nuovo Millennio in cui ci troviamo a vivere. È bene ricordare, ad esempio, come l’alba del XXI secolo abbia già celebrato alcune ricorrenze degne di nota, qual è il caso del cinquecentesimo anniversario dalla pubblicazione delle due opere che hanno segnato l’avvento della politica moderna nel suo radicale mutamento rispetto all’età classica: stiamo parlando del Principe di Niccolò Machiavelli e dell’Utopia di Tommaso Moro, i cui significativi memoriali sono occorsi rispettivamente nel 2013 e nel 2015. Dove trovare, si chiede Gherardi, uno spazio di confronto tra l’avvento del pensiero realista cui dà vita Machiavelli e l’impegno intellettuale di Moro, così intriso di speranza per la costruzione di una comunità politica perfetta? Probabilmente nella possibilità che la modernità politica occidentale assicura non più nell’accettare supinamente le leggi di natura ma di dar vita – anche mediante il pensiero – a un nuovo ordine, all’insegna di un sapere orientato a costruire in modo concreto l’organizzazione della società mediante l’acquisizione di tecniche performanti e trasformative del potere (cfr. Politica, istituzioni, individui, pp. 143-152).

Altra torsione moderna e contemporanea è, come Gherardi mette in luce, quella del concetto di amicizia, anch’esso sottoposto a disamina nell’ambito della storia culturale europea: ecco, anche in questo caso, la metamorfosi moderna del concetto, incarnata nel Dizionario filosofico di Voltaire: se, infatti, nell’Etica Eudemia di Aristotele l’amicizia fondata sul riconoscimento di reciproche virtù è quanto di più naturale occorra a ciascun individuo e, di conseguenza, lungo un continuum, essa è ritenuta dallo Stagirita del tutto necessaria a quelle polis che ambiscano a fondarsi sulla concordia, l’amicizia di Voltaire diviene al contrario un legame fondato sul «contratto», caratterizzato da «obblighi più o meno forti», basato sovente sui «servizi resi» e destinato senza eccessive difficoltà a passare in tempi brevi da «matrimonio» a «divorzio» (cfr. Ivi, pp. 70-72), come certe fasi politiche a noi contingenti e vicine dimostrano eloquentemente in via pratica. Come metteva in luce Voltaire, insomma, l’amicizia moderna diviene testimone di un inaridimento di entusiasmo e fiducia reciproca rispetto alla considerazione con cui essa veniva tenuta nel passato. Un passato che, significativamente, indicava una chiara linea di continuità tra il foro individuale e il foro collettivo lungo cui passava l’onore dovuto al rispetto degli impegni assunti in nome della stima e della fiducia reciproche tanto nelle relazioni tra individui quanto nei rapporti di carattere politico. In Carl Schmitt si assisterà addirittura all’abisso del concetto di amico, considerato patentemente subalterno al “normale” concetto politico di nemico: l’amicizia si fa, insomma, secondaria rispetto all’inimicizia e allo scontro (cfr. Ivi, pp. 73-74).

E il presente? Senza seguitare nel latitare di eticità dei tempi di Schmitt, si può tuttavia ancor oggi osservare una continuità rispetto a quell’«inaridimento» di cui parlava Voltaire, con l’emergere del costante pericolo di tante monadi individuali per cui «i legami sociali appaiono svolgere una funzione di pura strumentalizzazione, finalizzati come sono alla conservazione e all’affermazione dell’io» (Ivi, pp. 76-77). Ecco il motivo principale per cui, a dire di Gherardi, diviene viepiù necessario tirare fuori dalla cassetta degli attrezzi un collante atto alla salvaguardia della diversità di vedute, lungo l’orizzonte del confronto razionale, per la realizzazione di un «con-senso» tra individui e tradizioni di pensiero diverse. Come Gherardi mette in luce, del resto, non sono affatto mancati, nel corso della storia europea, tentativi di rispetto reciproco anche nei confronti degli avversari politici, tentativi che hanno saputo concretizzarsi in alcuni sforzi tesi a concepire la politica non solo come «arte del compromesso» nel senso deteriore del termine, bensì come predisposizioni al dialogo, nella consapevolezza che nella via media possono prendere origine riforme politiche dal profondo afflato liberale e sociale, si pensi agli esempi teorico-pratici di autori come, sul fronte europeo, Alexis de Tocqueville e Hans Kelsen, così come agli illustri italiani Marco Minghetti e Roberto Ruffilli.

In ambito letterario, poi, i concetti di rispetto reciproco e amicizia fondati sulla condivisione ideale di un idem sentire vengono riecheggiati da Gherardi a partire dal romanzo d’esordio del romanziere francese Romain Gary, ovverosia Educazione europea (1945) in cui Gary racconta le vicissitudini di un gruppo di resistenti polacchi durante la Seconda Guerra Mondiale: i loro sogni, le loro speranze, le piccoli e grandi miserie di cui la guerra rende testimoni e i compromessi che essa esige: nel dialogo tra due personaggi del libro, Janek e Tadek, ecco emergere tutta la tensione che caratterizza la complessa trama della storia europea: da un lato, l’educazione alla guerra, ai plotoni di esecuzione e alla schiavitù e, dall’altra parte, l’educazione a quelli ideali di libertà, dignità umana e fraternità che avrebbero infuso nuova linfa vitale ai valori comunitari faticosamente costruiti a partire dagli anni Cinquanta e oggi così fortemente erosi.

Dalla pellicola cinematografica di un film, infine, un messaggio di speranza per il foro individuale dell’oggi globale, tanto asettico dal punto di vista di significative relazioni interpersonali: si tratta di Una storia vera di David Lynch (1999), il cui protagonista, un vecchio contadino di nome Alvin, compie un lungo e faticoso viaggio per gli Stati Uniti per andare a trovare, dopo molti anni, il fratello malato. Durante il viaggio, insieme al macinare di miglia, ecco il lento disvelarsi del senso di un’umanità profonda, in quanto via via arricchito dalle storie delle tante persone incontrate lungo il proprio cammino, «in un reciproco e profondo arricchimento, fatto di capacità di ascolto e di piccoli gesti di solidarietà degli uni verso gli altri» (Ivi, p. 81).

Titolo: Politica, istituzioni, individui. Percorsi contemporanei

Autore: Raffaella Gherardi

Editore: Carocci

Pagine: 158

Prezzo: 17€ €

Anno di pubblicazione: 2018



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