Richard J. Bernstein, la grande eredità
del pragmatismo americano

Se ne va a 90 anni, con Richard Jacob Bernstein, un filosofo e intellettuale pubblico che ha lasciato una grande traccia nel pensiero politico a cavallo tra la seconda metà del secolo scorso ed i nostri tempi. Amico e, tra tante infinite altre cose, generoso collaboratore di Reset Dialogues on Civilizations (da qui un volumetto con Salvatore Veca: Omnia Mutantur, La scoperta filosofica del pluralismo, 2014) Richard ha sviluppato la sua riflessione e la sua vasta produzione intrecciando soprattutto le orbite del pragmatismo e della teoria critica, ma valendosi anche dell’apporto dell’ermeneutica gadameriana, per nutrire la sua idea del dialogo e, sopra ogni altra cosa, del pluralismo.

È stato un grande insegnante, nonostante il rifiuto della cattedra di full professor che gli oppose Yale, dopo dieci anni di insegnamento. Un caso questo, del 1965, passato alla storia come il “Bernstein affair”, come uno scandalo che fa ancora la vergogna di questo celebre ateneo e che ha prodotto una riforma del metodo con cui venivano assegnate le “tenures”. Bernstein passò ad insegnare allo Haverford College in Pennsylvania, dove lo raggiunse Jürgen Habermas che vi tenne corsi, al termine dei quali chiese a Richard di unirsi al gruppo di “Praxis”, una formazione di dissidenti dell’Est comunista, che diede vita ad appuntamenti annuali, i seminari di Dubrovnik, e a una rivista, “Praxis International” di cui Bernstein divenne direttore, radunando collaboratori come Charles Taylor, Anthony Giddens, Richard Rorty, Alain Touraine, Agnes Heller e le più giovani Seyla Benhabib, Nancy Fraser, Judith Butler. Avrebbe poi preso le redini della New School of Social Research di New York, lavorando al suo rilancio nel campo filosofico, sociologico e della teoria politica.

Nel frattempo cresceva la sua produzione teorica, in particolare con Beyond Objectivism and Relativism: Science, Hermeneutics, and Praxis, del 1983 con cui metteva a fuoco nel modo più efficace la critica del fondazionismo – e del fondamentalismo – dei cultori dell’assoluto nella ricerca della verità, dei pretesi detentori di un fondamento roccioso su cui posare le nostre conoscenze e non solo, anche le basi di un etos a cui affidare tutte le nostre certezze in campo morale e sociale. Questo perfezionismo, causa di tante atroci conseguenze nel secolo dei totalitarismi, era il frutto di quello che Richard chiamò “l’ansietà cartesiana” e di cui ci possiamo liberare sfruttando la migliore eredità del pragmatismo americano, che consente una prospettiva più aperta (alle incertezze) e libera sulla base di una consapevolezza dell’umano fallibilismo.

Bernstein coltiverà l’eredità di James e Dewey e la prospettiva pragmatista e neo pragmatista in numerosi successivi lavori, tutti all’insegna del pluralismo culturale e nella critica delle visioni che Isaiah Berlin avrebbe definito “moniste”. Grazie a lui abbiamo potuto capire quanto la filosofia pragmatista, rilanciata da Richard Rorty, che l’ha sempre considerata “la maggior gloria” della storia del  pensiero americano, abbia ispirato e accompagnato la vita di una società composita e multiculturale come quella degli Stati Uniti e la costruzione di una idea della cittadinanza aperta e mai del tutto compiuta, mai del tutto esaurita in una identità che non sia quella della comune appartenenza a una nazione e a uno stato in via di perenne ridefinizione. Le sue pagine hanno reso chiaro anche il nesso storico tra una filosofia, quella pragmatista, e la fase – fine Ottocento e primi decenni del Novecento – in cui le grandi migrazioni dall’Europa, al ritmo di un milione e più all’anno andavano a popolare il paese passando da Ellis Island. Un enorme e tumultuoso cambiamento sociale che produceva anche ondate di razzismo e di intolleranza, ma che si rifletteva in una cultura ricettiva della pluralità di apporti, nella sfida di una confluenza di grandi differenze culturali umane, nella necessità di comprendere queste differenze attraverso la antropologia culturale che muoveva i suoi primi passi in quegli stessi anni, in sintonia con la filosofia pragmatista. Della vasta riflessione di Bernstein ci sarà ancora a lungo bisogno.

 

Foto: Jerrie Speier / Wikimedia.

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