Partiti sonnambuli, sfiducia cronica.
Quanto è fragile l’Italia dell’era Covid

Una ricerca Ipsos fotografa la profondità della 'delusione democratica'

La Fondazione Astrid e la Fondazione Sussidiarietà hanno commissionato all’IPSOS, diretta da Nando Pagnoncelli, un’”Indagine sul ruolo, i problemi e i compiti dei corpi intermedi nella società italiana”. Essa parte dalla constatazione della crisi della democrazia rappresentativa: “Il costante calo di fiducia tanto verso le istituzioni democratiche quanto verso le organizzazioni di rappresentanza e i Corpi Intermedi costituisce insieme causa e conseguenza della messa in discussione dei meccanismi tradizionali di governo nelle società democratiche”.

Donde, tre linee di quesiti:
–  come è vista e vissuta la democrazia in Italia?
–  come stanno cambiando le dinamiche della partecipazione politica e sociale?
–  quale ruolo giocano e quale possono giocare i Corpi Intermedi, nella democrazia, ma più in generale nella società italiana?

Per limitarci qui al primo quesito, relativo alla “Democrazia e al sistema politico-istituzionale”, esso è articolato in quattro sotto-temi: la valutazione del sistema democratico, le opinioni sulla democrazia diretta, l’impatto dell’emergenza Covid-19 sulla tenuta democratica, il futuro della democrazia.

Alla domanda: “Quanto è d’accordo con questa affermazione ‘La democrazia oramai funziona male, è ora di cercare un modo diverso/migliore per governare l’Italia?’, il 24% dei 1.988 intervistati (più 50 operatori del volontariato, più 10 figure apicali dei Corpi intermedi), risponde che è molto d’accordo, il 32% che è abbastanza d’accordo.

Quali sono i pregi del sistema democratico? Il 31,3% risponde: “Il rispetto delle libertà fondamentali dei singoli cittadini”; il 26,9%: “Il fatto che tutti sono liberi di esprimere la propria opinione”; il 12,7%: “Il fatto che le decisioni delle autorità politiche devono tener conto di tutti i punti di vista”; il 10,5%. “Il ricambio periodico dei governanti tramite libere elezioni”; ecc…

Insomma il 56,2% è deluso dalla democrazia.

L’indagine va in profondità, distinguendo ulteriormente le risposte per strati sociali e per orientamenti politici.

E i difetti? Il 26,8%: “La lentezza nel prendere le decisioni”; il 20,6%: “Il costo economico del mantenimento delle istituzioni rappresentative e di governo democratico”; il 17,3%: “La difficoltà a identificare un unico responsabile delle decisioni”; il 14,6%: “Il fatto che le leggi in parlamento vengono sempre modificate, rendendo meno efficaci le scelte”; l’8,7%: “Il fatto che anche punti di vista ‘sbagliati’ devono essere presi in considerazione”.

 

Democrazia diretta cercasi

A questo punto, segue una domanda “costruttiva”, che l’indagine classifica, insieme alle risposte, “La tentazione della democrazia diretta”, scontando un’ambiguità semantica, tendente al negativo, del lemma “tentazione”. La domanda è: “Lei è favorevole al rafforzamento dei meccanismi di democrazia diretta in Italia, come referendum, leggi di iniziativa popolare, potere decisionale attribuito direttamente al popolo senza passare dai propri rappresentanti?”. Il 32,9% risponde: “molto favorevole”; il 45,8%: “abbastanza favorevole”. Totale: 78,7%. Anche qui l’indagine scende più precisamente nell’analisi della differenziazione socio-culturale delle risposte.

E il Covid-19? Il 20,4% non ritiene che minacci la democrazia, il 50,3% pensa che ci saranno dei rischi, ma, alla fine, senza gravi conseguenze; il 29,3% crede che i rischi siano gravi. Interessante notare che il 58% di questi ultimi appartiene ai delusi della democrazia.

Quanto alle minacce poste dall’emergenza Covid-19, alla domanda “Quali aspetti dell’emergenza in atto potrebbero essere più pericolosi per la democrazia in Italia?”, il 62,3% risponde “La crisi economica e la perdita di posti di lavoro, che potrebbero alimentare la rabbia e l’invidia sociale”; il 21,3%: l’indebolimento della solidarietà europea ed internazionale e l’avanzata dei sovranismi; il 21,3%: “Le tensioni tra il governo centrale e i governi regionali”; e con percentuali minori: “La limitazione delle libertà personali, a partire dalla libertà di spostamento”, “Le differenze nella gestione della crisi tra regioni del Nord e regioni del Sud “.

Dalle interviste in profondità agli opinion leader, il tema dei conflitti tra Governo e Regioni emerge come rilevante“si è ricavata l’impressione di un Paese che, anche in situazioni estreme, fatica, a livello istituzionale e politico, a viaggiare compatto”; “Il balletto Regioni Governo e il reciproco scaricabarile è anche un problema di democrazia”.

La ricerca dell’Ipsos fornisce una graduatoria della fiducia riscossa dai vari attori politici e sociali: le Associazioni del volontariato arrivano al 72%, l’Amministrazione pubblica locale al 49%, l’Amministrazione pubblica regionale al 42%, l’Amministrazione pubblica statale al 31%, i Sindacati al 28%, i Partiti politici all’11%, di cui l’1% soltanto dà “molta fiducia”, il 10% “abbastanza fiducia”. I partiti stanno in fondo alla scala. In loro il 50% ha poca fiducia, il 39% nessuna.

Se i partiti sono l’architrave istituzionale del sistema politico e della democrazia italiana e se la fiducia nei loro confronti è inversamente proporzionale alla loro importanza, questo basta a spiegare la crisi di fiducia nella democrazia in Italia. Perché la sfiducia? Le risposte relative ai difetti della democrazia sono illuminanti. Gli elettori delegano i propri rappresentanti a risolvere i problemi – questa è la domanda di governo, non, rigorosamente, di rappresentanza – ma i rappresentanti da decenni e decenni non li risolvono.

Così, solo per fare un esempio, il divario tra il Pil del Nord e quello del Sud è tornato al livello del 1861.

La reazione populistica e “la tentazione” della “democrazia fai da te”, a mezzo social e computer, è solo la conseguenza dell’impotentia gubernandi dei partiti. Manca al momento una qualsiasi consapevolezza nei partiti che la questione sia esattamente questa. Controprova: l’idea di tornare ad un sistema elettorale proporzionale, in cui gli elettori votino solo le liste di partito. Era certamente più democratico il sistema delle preferenze personali, perché garantiva la scelta diretta dei rappresentanti. Più democratico, ma anch’esso altrettanto impotente. Perché poi lasciava agli eletti, tutti di strettissima ubbidienza partitica, la libera contrattazione dei governi, con gli esiti ben noti.

Democrazia diretta, dunque? Ci sono solo due strade: o quella informatico-grillina o quella della scelta diretta del Capo di stato e di governo, con un coerente sistema elettorale maggioritario a doppio turno. Resterebbe da spiegare – ma il discorso si farebbe prolisso – la crisi di fiducia, di cui soffrono anche i corpi intermedi, dagli ordini professionali ai sindacati. Una causa fondamentale è che la debolezza/assenza di governo ha spinto i corpi intermedi verso una corporativizzazione crescente: difesa accanita degli interessi particolari e applicazione del principio “a ciascuno secondo la sua capacità di minaccia”. Con ciò si è innescato un circolo vizioso, in cui governo e corpi intermedi si tolgono legittimazione sociale a vicenda. Di qui la paralisi e l’inviluppo del Paese.

È evidente che le “riforme istituzionali” a coriandolo, di cui oggi si discute nel Parlamento e che qualche fan entusiasta ci magnifica come l’inizio di una lunga marcia riformistica, stanno molto al di sotto della presa d’atto della drammatica crisi della democrazia italiana.

Sovranismo, populismo, astensionismo al 50% non sono la causa della crisi, ma la conseguenza del sonnabulismo dei partiti, che si aggirano imperterriti sul ciglio della crisi della democrazia italiana. La quale continua a stare in piedi solo sulla gamba della rappresentanza e sulla stampella del governare. Per camminare speditamente servono due gambe, fornite tutte e due dagli elettori: la rappresentanza e il governo.

 

Foto: Marco Testi – Unsplash

Questo articolo è stato pubblicato originariamente su Sant’Alessandro con il titolo “Partiti politici e corpi intermedi”

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